di PASQUALE AMATO – Le immagini parlano della tragedia che colpì la regione dello Stretto, con la perdita del 95%degli edifici e con essi di tutti quegli oggetti della memoria di vita di ciascuno; con quasi tutte le famiglie distrutte o mutilate di alcuni membri; con la moltitudine di orfani rimasti senza genitori; con tanti genitori privati dei figli; quindi distruzioni di case con tutti gli oggetti cari e perdita di affetti familiari.
Nel contempo ci raccontano dell’enorme mobilitazione di solidarietà nazionale e internazionale che suscitò; dell’epopea delle città di legno in cui i superstiti vissero non tanto provvisoriamente complice la grande guerra che interruppe l’avvio della ricostruzione. Ci fanno infine intendere quanto fu dura la ricostruzione e quanta determinazione ancora una volta fu necessaria ai popoli dello Stretto di Scilla e Cariddi per risollevarsi e rinascere.
Emersero in quella fase storica personalità forti che in mezzo alle macerie non si persero d’animo e riuscirono ad immaginare la rinascita coadiuvate da personalità che accorsero da lontano e si legarono a noi collaborando per una splendida ricostruzione. A Reggio furono decisivi gli apporti del Ministro Giuseppe De Nava, dell’Assessore e poi grande Sindaco Giuseppe Valentino e dell’ing. Pietro De Nava autore del piano di ricostruzione; di personalità che pur venendo da lontano scelsero di porsi al nostro fianco come Umberto Zanotti Bianco e Don Luigi Orione ; di tecnici di grande valore che, sebbene inviati dallo Stato, si impegnarono prendendo a cuore la missione e lasciando un segno indelebile nella caratterizzazione liberty delle nuove città.
Se ci riuscirono allora i nostri antenati dopo una tragedia di quelle proporzioni, è inaccettabile che di fronte a problematiche molto meno gravi di quelle ci siano reggini e messinesi che dicono che “non si può”. Si può se si ama la propria comunità. E se si è animati dall’amore riesce tutto. (amp)
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