di EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO – Non è tempo di farsi da parte né di fare finta di nulla o, peggio, di continuare a protestare nei salotti di casa. Non è tempo di protagonismi né di difesa di, sia pur legittimi, interessi personali.
Non è tempo di bagattellizzare con le negatività diffuse. Non è tempo di dimenticare. Anzi, è tempo di far tesoro delle vicende che hanno vista protagonista, nel bene e nel male, la nostra Città di Reggio.
Dobbiamo fare tesoro di vicende che ci hanno visto vincenti nella difesa di una delle tante cose delle quali avrebbero voluto spogliarci.
Ci hanno letteralmente strappato il capoluogo negli anni ’70 ed abbiamo avuto negli anni successivi pentimenti e ripensamenti di chi aveva, per ragioni di convenienza partitica, abbandonato la difesa; ci hanno defraudato della dogana, del porto, del teatro che non è di tradizione. Ci stavano per rubare, con artifici e raggiri, i Bronzi. Pronte le lettighe per trasferirli a Roma presso un inesistente laboratorio nazionale di restauro, fu letteralmente sventato il ratto, grazie alla sinergia virtuosa di reggini appartenenti a forze politiche diverse ma innamorati di Reggio e delle sue peculiarità. I nomi: Peppe Bova, Francesco Ali, Nuccio Amato, e chi scrive. Memorabile la manifestazione al Teatro sullo Stretto straripante e concorde. Oggi proponiamo la stessa cosa.
Eppure quando Reggio si sveglia, ottiene. È il caso del palazzo della cultura, intitolato a Pasquino Crupi, che ospita oggi tele quali quelle di Migneco, De Chirico, Dalì, Ligabue. Tele pronte a partire per i vari Musei e Pinacoteche: ma rimaste a Reggio per la caparbia difesa degli interessi cittadini di qualcuno. Non importa chi. Reggino, certo. Nei prossimi giorni, entro la fine dell’anno, ben preparando una possente manifestazione, partirà la difesa di Reggio attraverso l’organizzazione di una piazza gremita dai cittadini che amano la Città ed hanno il coraggio di scendere senza bandiere di partito o posizioni preconcette.
Ora è tempo di non tirarsi indietro. A breve le indicazioni precise. Gli altri se ne restino pure a casa, ma tacciano. Chiamo a raccolta tutti coloro che ritengono che la qualità della vita in Città, allargata alla metropoli, non sia accettabile. Chiamo a raccolta i genitori dei figli che, raggiunto un titolo di studio, volano via per lavorare nel mondo; chiamo a raccolta chi non si sente rappresentato da una politica fatta di consensi stereotipati e letteralmente scippati alla gente; chiamo a raccolta chi ha capito che qui non conta l’interesse supremo della collettività, ma l’affermazione di sé stessi, quando non di un potere becero che si crede di rappresentare senza capire di essere, invece, strumenti ciechi di occhiuta rapina.
Il riferimento è volutamente imperniato su quanto sta succedendo al Conservatorio musicale cittadino. Emblematico. Un virtuoso percorso didattico con un direttore di rango, viene in 24 ore interrotto bruscamente da una delibera del potere politico asservito che, rendendo un cavillo potente al pari di un detto di Zaratustra, ha posto fine, dall’oggi al domani, ad una sinfonia ben suonata, ad un generale consenso, ai sogni di tanti musicisti, docenti e discenti.
Una politica soffocante che, guarda caso, proviene da una provincia che la sta facendo da padrona sulla Città. Ho sempre considerato la cultura della provincia ottima affluente di quella cittadina, e confermo. Il problema è la subcultura che si è insediata nei palazzi cittadini e detta legge, distruggendo quanto di meglio abbiamo.
È ora, dunque, di riprenderci il diritto di decidere noi sulla nostra città.
Ultima chiamata alla democratica protesta. Non è tempo di invidie, avversità, di stupidità. È tempo di unirsi sotto la stessa bandiera, quella della nostra Città. (edl)