;
Giusi Fasano

Contro le morti bianche: a Rende il libro di Giusi Fasano (Ogni giorno tre)

di MARIACHIARA MONACO – Giusi Fasano, penna sensibile e intelligente del Corriere della Sera, ha fatto ritorno nella sua terra natía, (è nata a S. Agata d’Esaro, nel Cosentino), presentando presso il Museo del Presente, a Rende, una delle sue ultime creature di carta, Ogni giorno tre, con la prefazione della ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Presenti al tavolo con la giornalista, c’erano l’assessora alla cultura Marta Petrusewicz, Elisa Sorrentino, assessora alle politiche giovanili, Sandra Savaglio, astrofisica dell’ Università della Calabria e Vittorio Sacco, sindacalista.

Il titolo del volume riprende una statistica, secondo la quale, ogni giorno nel nostro paese muoiono circa 3 persone sul posto di lavoro. Si tratta di un trend in crescita, piuttosto che in decrescita, che va a riprendere ovviamente anche il numero delle persone che rimangono ferite, una al minuto. Ci sono poi le morti causate da fenomeni ambientali, strettamente legate all’inquinamento; per anni infatti si è parlato di Taranto, calpestata dalla violenza dell’Ilva, famosa acciaieria che ha condannato la città di Pirro, a piangere numerose persone, soprattutto bambini.

«Gli incidenti sul lavoro – afferma Elisa Sorrentino – non rappresentano una mera fatalità, infatti uno Stato di diritto dovrebbe tutelare completamente i lavoratori, ma spesso è negligente. La nostra carta costituzionale mette in luce il rapporto che ci dovrebbe essere fra lavoro, come accrescimento della persona, e diritto. La res publica però, ogni giorno diventa fragile, complice la crisi economica e la globalizzazione. I salari continuano a diminuire, manca la sicurezza, ed il lavoro smette di essere un diritto, mutando in concessione».

Spesso veniamo accecati da numeri, statistiche, ma la Fasano è da sempre in controtendenza sia sulle pagine del Corriere che su quelle dei suoi libri, perché mette al centro le storie delle persone con una profonda empatia. Ridà dignità alle numerose vite spezzate, donando loro l’eternità, perché dietro la notizia c’è una storia da raccontare e fare propria.

«È stata una specie di terapia per le famiglie e anche per me – afferma – ho parlato con la madre di due ragazzi di 27 e 24 anni, morti mentre lavoravano nell’azienda di famiglia a causa di una forte emissione di gas nocivi all’interno di un silos; mi sono confrontata con la madre di un giovane ragazzo, morto mentre svolgeva l’attività di alternanza scuola-lavoro, e  proprio per questo ho voluto raccontare le vite di ognuno in prima persona, perché il loro dolore in quel momento l’ho sentito anche un po’ mio », racconta con voce rotta.

 Passano gli anni, ma la passione per la verità, ed il desiderio di poter combattere contro il potere dissolutore del tempo, rendono forte una professionista che ha sempre desiderato poter fare qualcosa per gli altri, perché narrare è dare la possibilità anche di non cadere negli stessi errori.

La Fasano poi continua, ponendo ai presenti delle domande, quasi a voler mettere ognuno di loro davanti ad uno specchio per capire tutti insieme, cosa ne sarebbe stato di quelle vite andate via brutalmente: «Queste persone sono uscite la mattina e poi non sono più tornate a casa. Cos’è stato quindi, di queste vite spezzate? Dei loro affetti? Dei progetti per il futuro? ».

La prefazione del libro è stata affidata a Marta Cartabia, ministra della Giustizia, la quale durante il giorno d’insediamento presso il suo ministero, lesse nel suo ufficio e poi in Senato, una lettera inviatale da  una madre afflitta dopo la morte sul posto di lavoro del suo unico figlio, Roberto. 

La Guardasigilli, dopo aver scandito ogni singola parola, promise alla donna, di riportare i tempi della giustizia entro i limiti della ragionevolezza, perché una madre deve avere la possibilità di vedere condannate le persone responsabili della morte del proprio figlio.

«Il libro è scritto veramente bene – fa notare la Savaglio – si tratta di 21 storie raccontate in prima persona, per far sí che il lettore attraversi il dolore della perdita e ne faccia tesoro. Ho letto tutto, persino la biografia della scrittrice», scherza.

È stata narrata la storia di Luana D’Orazio, morta a soli 22 anni a causa di un meccanismo di sicurezza manomesso; quella di Giovanna Curcio, morta nel pieno fiore della giovinezza, in un’azienda che produce materassi nel napoletano, e tante altre, che ritroverete nel volume della Fasano.

«Per chi fa attivismo politico sindacale – afferma Vittorio Sacco – leggere queste storie è davvero provante. La legge che istituisce la sicurezza sul lavoro è la 883, la stessa che  istituí il SSN nel 1978, ma la salute, come il lavoro, è troppo spesso negata e dilaniata, soprattutto dalle nostre parti. Il nove giugno è stata una giornata tragica, hanno perso la vita lavorando, sei persone, tra cui un anziano di 75 anni caduto da un’ impalcatura a Lamezia terme. Per quale motivo era lì? Perché l’età pensionabile è aumentata, e probabilmente l’uomo in questione nonostante gli anni e gli acciacchi, ha continuato per necessità, non considerando minimamente i rischi ed i pericoli ».

L’autrice poi, si è soffermata sulla “gavetta”, e confessa che prima di spiccare il volo nel mondo del giornalismo, ha lavorato in una fabbrica per pochi spiccioli: «La dignità di una persona viene calpestata ogni minuto in questo paese – afferma – che non ha neppure una legge volta a garantire il famoso salario minimo di cui tanto si parla».

Ma la domanda è: perché non ci ribelliamo? Se un giorno arrivasse una banda di terroristi o di mafiosi e  uccidessero persone così a caso, allora cosa farebbe la politica?

Ci sarebbero manifestazioni, scioperi, e probabilmente anche un’acuta e attenta caccia all’uomo.

Perché questo non lo si fa per contrastare le morti bianche?