di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Dite, dite, cos’è esattamente il cuore della mafia?
È forse la clonazione forzata e abusiva del vitale muscolo umano, con effetto del medesimo formidabile battito? È un progetto ‘mpacchiuso di asini mezzi pazzi che si impappinano nel naturale verso del raglio? È una irreversibile febbre da parrasìa che slenta e sclera il cervello umano? È forse il piglio feroce dei diavoli contro il sentimento dei resistenti? Cos’è?
“Il cuore della mafia” è l’accusa più infamante e schifosa che si insiste nel far pesare sulla storia della Calabria, e su tutto il suo popolo. La mafia è un dramma universale che, forse, anzi certamente attecchisce con maggiore forza nelle terre più depresse, disagiate e sole, ma non per questo è necessario geolocalizzarla a Sud, tra i fuochi del Mezzogiorno, le diaspore del Meridione, facendo rapporto a una banale e assai stereotipata leggenda antica (Osso Mastrosso e Carcagnosso) in grado di umiliare la dignità di una terra gloriosa come la Calabria, e quella dei suoi uomini.
La mafia è un viaggio dal precario equilibrio che fa sosta dove più le aggrada. E gira il mondo intero anche in meno di 80 giorni. La Calabria è certamente una meta, ma il relativo non può sempre passare a tutti i costi per assoluto. Costa vite, come nelle guerre di mafia.
La Calabria è malata di questo cancro, è vero, ma non è il solo manicomio in cui la mafia folle sbarella. E se c’è un dolore che fa tremare il cuore dei calabresi, è l’offesa insistente di chi invece di guarirla, aiutarla a stare meglio, darle speranza, la sotterra. La confina al cuore della mafia.
Il vero hub della mafia, non è in Calabria che sta, (non solo) la bussola orienta di precisione, e indica oltre che i punti cardinali, il petto della più varia e svariata antimafia che la Calabria la tiene nel suo principale mirino, e che alla signora (mafia), nei bordelli comunitari di detenzione del titolo, tiene il filo del potere, e favorisce la logica della superbia. Scribi e farisei, maestri del nulla.
Ma che tipo di cuore avete voi che pur di mettere in croce una regione intera, arrivate a definirla il cuore della mafia? E fate gravare sul cuore dei figli l’errore dei padri, il disappunto degli occhi del mondo?
Un cuore di pietra forse, uno schifosissimo cuore di ferro. Un cuore arrugginito di latta. Venite a viverla e a soffrirla, la Calabria, invece di crocifiggerla. Sentirete batterle in petto il cuore di carne che ha. E piuttosto che infliggerle ulteriore dolore, le darete conforto. È questione di umanità.
The Times è crudele, non pensa a nulla se non all’effetto. Nei giorni scorsi, con un titolo assai bastardo e irregolare consegna la Calabria al massacro. Altro che morzello di Catanzaro!
“Mafia hub hires cuban doctors as Italy’s medics shun region”
Nel cuore della Calabria, The Times ‘people’, batte incessante il mio cuore, batte eccitato il cuore dei miei figli, batte forte quello di famiglie intere di gente per bene. Battono i sacrifici di molti, il lavoro di tanti, i lutti e le feste di tutti. E batte anche il cuore di giornali come The Times quando, per osservare la Calabria, anche nel dare appeal a un titolo di giornale, rigettano, con responsabilità e senso di giustizia, stereotipi e pregiudizi.
Saremo pure nati un lembo di terra un po’ malandato e forse anche un tantino maledetto noi calabresi, ma il cuore di chi vive quaggiù, batte più forte di quello della mafia. La Calabria è il nostro cuore. (gsc)