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mostra max marra

CATANZARO – Inaugurata al Marca la mostra “Max Marra”

Fino al 7 settembre, al Museo Marca di Catanzaro si può visitare la mostra Max Marra – L’inquieta bellezza della materia, a cura di Teodolinda Coltellaro e promossa dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e dalla Fondazione Rocco Guglielmo.

Alla conferenza stampa, assieme all’artista e alla curatrice, il presidente della Fondazione omonima, Rocco Guglielmo, direttore artistico del Museo, e l’architetto Giovanni Ronzoni che ha curato il progetto architettonico della mostra, hanno introdotto il pubblico che è tornato a animare le accoglienti sale del museo, verso il percorso espositivo che presenta ben 115 opere, tra cui 41 provenienti da collezioni pubbliche e private, comprendenti due assemblaggi polimaterici, una installazione e 38 “Timbriche” impaginate come opera unica.

A fare gli onori di casa, il direttore della rete museale e dirigente del settore della Provincia di Catanzaro, Gianmarco Plastino , che ha illustrato anche lo stato dell’arte dei lavori di ristrutturazione del Museo.

«Ancora una volta l’artista non offre certezze, ma dubbi e occasioni importanti di riflessione. La mostra di Marra dimostra come l’arte sia un’àncora di salvezza per tempi martoriati come i nostri – ha detto il presidente della Fondazione, Rocco Guglielmo –. L’esposizione, ha proseguito rappresenta il progetto di inclusività che ha sempre contraddistinto il Marca, cioè di abbandonare i canoni tradizionali delle esposizioni, facendone un luogo di aggregazione e promozione culturale».

Guglielmo ha ricordato che il Complesso monumentale San Giovanni ospita cinque opere di Marra nell’ambito della mostra dedicata a Marc Chagall, concretizzando la creazione della rete tra musei.

«È la mia lettura di un percorso filologico espositivo, che rompe gli schemi tradizionali, che ricorda quasi quelli di un elettrocardiogramma», ha spiegato invece l’architetto Ronzoni spiegando come si arriva ad impreziosire il tutto con una sezione fotografica che propone una ulteriore storicizzazione attraverso scatti di amici artisti che hanno ritratto Marra, e una bibliografia di esposizioni e accrediti in prestigiose location in Italia e all’estero, da Tokyo a Guangzou, da Bruxelles a Sofia in Bulgaria.

Secondo Giorgio Bonomi, autore insieme a Coltellaro dei testi presenti in catalogo, l’arte di Marra «è in continua ricerca e in incessante elaborazione senza, peraltro, cedere mai nell’eclettismo o alla provvisorietà, dato che è proprio la “ossessiva” attenzione alla materia e ai materiali la costante, il filo rosso che lega il suo quarantennale iter artistico».

Il lavoro ripercorrono l’arte di Marra, attraverso le sue fasi a partire dagli anni ’80, quando l’artista cosentino – originario di Paola – si trovava in Lombardia, provenendo dalla sperimentazione dell’organicità della materia e delle possibilità comunicative date dal segno grafico, e realizzando la serie “Scarti e recuperi”, nata da materiali di recupero, protagonista di alcune collettive organizzate dal poeta amodale Luigi Bianco, fondatore di Open Art.

È con lui – e con Mario De Leo, Nicola Frangione, Giuseppe Lotito, Ovidio Piras, Flavio Piras e Franco Reggi – che fonda il collettivo Osaon, un movimento sperimentale in cui «si intrecciano e contaminano i linguaggi di poesia, scrittura, gestualità, performance e musica», in uno spazio autogestito. Quello che la curatrice Coltellaro fa, con la selezione delle opere di Marra esposte al Marca, è evidenziare il filo conduttore, un riflessione sulla condizione dell’uomo, attraverso il percorso di evoluzione dell’artista, con i punti si svolta di Marra come tappe lungo il cammino che scandiscono l’approdo, attraverso i Pacchetti e le Pance ferite, alla metafisica delle Timbriche.

«È una materia inquieta, tormentata – ha dichiarato Coltellaro – che assomma in sé l’angoscia, la tragicità del vivere, le ansie, le sofferte decisioni della vita morale. L’artista ne cuce le lacerazioni, invocando la cicatrizzazione della pelle sofferta, squarciata da violente ferite, percorrendo il corpo dell’opera con un colore gravido di sofferenza».

Marra, calabrese doc racconta della sua infanzia e delle corse sulla spiaggia di Paola, di quando parlava con i pescatori e del papà che lavorava per le Ferrovie dello Stato, al quale dice di dovere tanto per gli insegnamenti tramandati.

«La mia sensibilità arriva da molto lontano – ha spiegato Marra –. D’inverno mi avvicinavo per sentire storie dei pescatori, mentre con la pece e la stoffa curavano le ferite delle barche, vere anime vive, che si aprono durante l’inverno. La materia erano la juta con cui coprivano le barche, le reti. All’epoca non ci facevo caso, ma sono cose che mi sono rimaste dentro».

Ad arricchire il percorso introduttivo, prima del taglio del nastro, le letture del testo del critico Luigi Bianco e del catalogo, Patrizia Fulciniti e Gianni Paone, dell’Associazione culturale “Terra di Mezzo”. (rcs)