;
A Chiaravalle Centrale l'incontro pubblico sulle Energie alternative tra opportunità e rischi per l'ambiente

A Chiaravalle Centrale l’incontro pubblico sulle Energie alternative tra opportunità e rischi per l’ambiente

Domani pomeriggio, a Chiaravalle Centrale, in località Foresta, è in programma l’incontro pubblico sul tema Energie alternative tra opportunità e rischi per l’ambiente, organizzato dal Laboratorio Territoriale di San Lorenzo e Condofuri e dal Movimento Ambientalista delle Preserre, col patrocinio del Gal Serre Calabresi.

«L’ iniziativa – viene spiegata in una nota –è sollecitata dall’ennesima sconcertante approvazione di un parco eolico a scapito dell’ ecosistema forestale nel comune di San Vito sullo Jonio, e il pomeriggio di riflessione collettiva sarà l’occasione di approfondire alcune questioni connesse alle fonti d’energia rinnovabili solitamente trascurate dai mezzi d’informazione».

Intervengono Marziale Battaglia, presidente del Gal Serre Calabresi, Angelo Calzone, delegato del WWF Calabria, Giorgio Berardi, Lipu, Teresa Liguori, consigliera nazionale di Italia NostraFerdinando Laghi, consigliere regionale, Ernesto Alecci, consigliere regionale e Margherita Corrado, senatrice. Modera il giornalista Dario Macrì.

«La Calabria ha già dato – si legge nella nota congiunta del Movimento Ambientalista Preserre, Laboratorio territoriale e Associazione Il Brigante di Serra San Bruno –. Sull’altare dello sviluppo e della modernizzazione ha sacrificato la variegata bellezza del suo territorio, ammirata per un paio di secoli da numerosi visitatori stranieri,  gli autori di tante pagine meravigliate e poetiche mediante le quali si è espressa una pluralità di sguardi esterni che avrebbero potuto giovare ai calabresi se ne avessero fatto tesoro per riflettere meglio su sé stessi e sulle scelte da adottare in materia di paesaggio e ambiente mentre alla porta della loro regione bussavano affaristi di ogni risma avvolgendo i propri intenti speculativi con il manto luccicante del progresso».

«I settori più avvertiti della società calabrese – viene spiegato – stanno provando a fare la loro parte, ad esercitare una pressione sulle istituzioni nella piena consapevolezza che l’ affermazione di una rivoluzione antropologica, mossa dal rigetto di crescita e sviluppo e dal desiderio di armonia e pace con l’ambiente, non sarà un pranzo di gala. I poteri forti resistono e continueranno a farlo, preferendo a un mondo migliore ( più giusto, più felice, meno pericoloso) la transizione ecologica, vale a dire una verniciatura verde, anzi green, del paradigma culturale tecnocratico dominante, sostenuto dall’ arraffa – arraffa, il valore occidentale esportato con maggiore successo a tutte le latitudini. Bisognerà dunque essere capaci di impiantare e alimentare battaglie politiche anche contro la nuova frontiera dell’ affarismo, già affollata di pionieri che cavalcano “l’ onda verde” per fare profitti sventolando il vessillo dell’ ambiente. Cittadini, associazioni e intellettuali calabresi hanno fatto un primo passo nella direzione del coordinamento e dell’azione comune indirizzando alla Giunta regionale l’invito a rendere cogente il Piano paesaggistico che la Regione stessa si era data, per poi vanificarlo con l’eliminazione di tutte le norme applicative di cui era corredato. Un secondo passo, curato da alcune associazioni locali, consiste nell’organizzazione di un dibattito pubblico ( vedi la locandina nella foto allegata) sul massacro delle Serre calabresi in nome dell’ energia rinnovabile, che nell’ area si manifesta in una forma giustamente definita “eolico selvaggio”».

Per gli organizzatori, «la necessità di lasciarci alle spalle l’ epoca dell’ energia fossile, e dunque la necessità di incrementare l’ energia prodotta dall’ eolico e dal fotovoltaico, va bilanciata con la necessità altrettanto stringente di tutelare il territorio. Senza piani paesaggistici pronti a definire gli argini, in particolare per le grandi strutture e per il consumo di suolo, la bilancia penderà sempre dalla parte degli affaristi senza scrupoli e dei soliti noti che gavazzano nel ciclo del cemento e della movimentazione di terra»; «tutela del territorio, nel caso specifico, significa smettere di immolare alberi, essenziali per il contrasto ai cambiamenti climatici, di creare ulteriore dissesto idrogeologico e ulteriore inquinamento delle falde acquifere, e significa smetterla una volta per sempre con gli interventi, come le pale eoliche edificate nel cuore dei boschi e dei terreni utili a ricavare cibo, che danneggiano o impediscono le attività socio – economiche legate alle risorse locali, alle filiere corte, al turismo non distruttivo».

«Pensiamo, per esempio – viene spiegato – al trekking Coast to Coast, che presuppone il coinvolgimento di piccoli contadini e allevatori e di piccole strutture ricettive: il giornalista Antonio Polito del Corriere della Sera, reduce dall’ esperienza delle giornate di cammino dallo Jonio al Tirreno con l’ attraversamento delle faggete secolari, ha giudicato assurdo il programmato scempio del parco eolico di San Vito. Senza contare che – e citiamo ancora Paolo Cacciari – la natura è più di un semplice bene economico, c’è un’ imprescindibile dimensione spirituale, da cui provengono ” l’ attaccamento emotivo, lo stupore e la meraviglia per il mondo naturale, non meno importante di quella biologica».

E, ancora, viene evidenziato come «il bilanciamento di cui al punto 1, secondo studi e calcoli dell’ ISPRA, sarebbe perfettamente praticabile: l’Italia deve installare entro il 2030, per ridurre del cinquantacinque per cento le emissioni di gas climalteranti, 70 GigaWatt di nuova potenza energetica da fonti rinnovabili: utilizzando i tetti ( esclusi quelli dei centri storici) e le aree già impermeabilizzate si potrebbe generare una potenza dal solo fotovoltaico compresa tra  59 e 77 GigaWatt. Viene il dubbio che l’ insistenza sulle centrali eoliche a impatto ambientale negativo non discenda da necessità energetiche ma dalla persistenza delle dinamiche del sistema da superare per garantirci la sopravvivenza».

«Le esigenze energetiche – è stato ribadito – vanno discusse e ridefinite se vogliamo uscire dal vicolo cieco: non potremmo evitare di produrre l’ energia che genera tutte le merci dall’ obsolescenza programmata ( chi non ha mai visto nelle nostre fiumare o nei fondali dei nostri mari, lavatrici, frigoriferi, forni a microonde e altri elettrodomestici defunti senza ricevere le dovute onoranze funebri?) e quella destinata a incrementare a dismisura l’ inquinamento luminoso notturno?».

«Come è stato osservato da Giovanni Carrosio – conclude la nota – un altro problema da sollevare a proposito degli sfregi eolici di montagne e colline, cioè delle ferite inferte da grandi centrali scollegate dai contesti locali sui quali come abbiamo visto hanno solo ricadute negative, è quello della colonizzazione ulteriore delle aree interne da parte delle città per l’ accaparramento delle risorse energetiche». (rcz)