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Addio ad Amedeo Ricucci, il più grande inviato di guerra della Rai

Addio ad Amedeo Ricucci, il più grande inviato di guerra della Rai

di PINO NANO Ai suoi amici più cari e ai lettori del suo blog personale ripeteva in continuazione: «Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che si sappia. tutto il resto è propaganda». 

Amedeo Ricucci, il prossimo 31 luglio avrebbe compiuto 62 anni. Era nato a Cetraro, dove ci tornava appena gli era possibile farlo. Giornalista professionista, lavorava in Rai dal 1993. Dove praticamente ha fatto di tutto. Inviato speciale di Professione Reporter, Mixer, TG1 e La Storia siamo noi, certamente uno dei più grandi inviati e cronisti di guerra di questo secolo, uno di quei cani da guardia e di giornalisti di razza che non dovrebbero morire mai.

E invece se lo è portato via il cancro, con cui condivideva ormai da due anni. E se lo è portato via in una stanza d’albergo a Reggio Calabria dove da ieri stava girando il suo ennesimo reportage contro la mafia in Calabria.

Amedeo in Rai ha fatto di tutto e di più. Ha seguito in presa diretta i più importanti conflitti degli ultimi vent’anni, Algeria, Somalia, Bosnia, Ruanda, Liberia, Kosovo, Afghanistan, Libano, Iran, Iraq Palestina, Tunisia, Libia, Siria. Era con Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel viaggio in Somalia, che il 20 marzo del 1994 si concluse con l’uccisione della giornalista del TG3 e del suo cameraman. Presente al momento dell’uccisione del fotografo del Corriere della Sera, Raffaele Ciriello avvenuta a Ramallah il 13 marzo 2002, ha pubblicato su questo episodio il libro La guerra in diretta- Iraq, Palestina, Afghanistan, Kosovo. Il volto nascosto dell’informazione televisiva.

In una intervista rilasciata il 19 agosto 2019 a Rossella Pagano per TeleDiamanteTV il grande inviato speciale della Rai confessa candidamente di sentirsi ormai “un animale in via di estinzione”.

«Io faccio quello che un tempo facevano tutti i cronisti di guerra. Vado sui fronti di guerra, o nelle aree più calde del mondo, guardo, mi informo, vado in giro, e poi con l’aiuto delle immagini racconto quello che ho vissuto e conosciuto. Questa figura di giornalista-inviato e testimone del nostro tempo purtroppo va sempre più scomparendo. Ci sono sempre meno inviati che vanno in giro, perché ormai siamo tutti sommersi da notizie e immagini che ci arrivano sui social e via internet, e questo porta a pensare di non aver più bisogno di un giornalista inviato sul campo. È un grave errore pensare questo della professione».

«La mia idea è invece che i bravi giornalisti che vengono mandati sul campo per raccontare quello che accade nel mondo, siano un valore aggiunto al linguaggio giornalistico e al racconto che si fa nel mondo della vita che scorre. Nel mio lavoro non dimentico mai la regola base che mi hanno insegnato i miei maestri: un cane che morde un uomo non è una notizia, ma un uomo che morde un cane invece lo è, e come».

«Questo si insegna ancora nelle scuole di giornalismo. Sui social invece tutto diventa notizia, anche quello che notizia non è. Per carità, questo arricchisce di informazioni chi sta sui social e segue i social, ma attenzione la domanda che ci deve porre è questa: tutte queste news che mi arrivano dai social mi aiutano a capire meglio cosa accade nel mondo che mi circonda? Io ho bisogno di capire sempre meglio, e i giornalisti in questo possono diventare i veri testimoni del loro tempo. Un bravo giornalista, serio, libero, severo con sé stesso ti fornisce alla fine gli strumenti più utili per capire meglio da che parte va il mondo».

Ai suoi amici più cari in RAI parlava sempre invece della sua vecchia mamma, che per tutta la vita ha continuato ad aspettarlo nella sua casa natale di Cetraro.

Dal 2013 Amedeo entra a far parte della redazione di Speciale TG1. Una carriera davvero avventurosa, rischiosissima, piena di fatiche immani e di dolori anche personali. Il 3 aprile 2013 viene infatti sequestrato in Siria, assieme ad altri tre giornalisti italiani. Sono con lui Elio Colavolpe, Susan Dabbous e Andrea Vignali. Il rapimento porta la firma del Fronte al-Nuṣra , gruppo eversivo passato in quegli stessi giorni all’ISIS, appena costituito. Una vicenda che viene seguita da tutto il mondo in diretta con il fiato sospeso. I quattro vengono poi liberati dopo 11 giorni, il 13 aprile 2013. 

Nel 2019 pubblica il libro Cronache dal fronte (Castelvecchi Editore). Il libro è vincitore del Premio Acqui Storia, nella sezione “La storia in tv” e nel 2020 pubblica Caro COVIDiario, la storia della sua quarantena nei mesi di lockdown per la pandemia da Covif-19. 

«Più che un libro – scriveva Amedeo Ricucci nella prefazione – questo è un album di ricordi   da sfogliare senza pretese, di tanto in tanto, quando per i motivi più diversi tornerà alla vostra mente qualche frammento – un  oggetto, una sensazione,  un gioco di luci, un volto – che vi ricordi i giorni dell’interminabile quarantena che abbiamo vissuto fra  marzo, aprile e maggio, per via del Covid 19».

Tra i suoi lavori più importanti la sua scheda biografica ci ricorda: Russicum-Le spie del Vaticano (2004), Morire di Politica (2005), Hezbollah, il partito di Dio (2006), La Maledizione iraniana (2007), Un segreto di Stato: Il caso Toni-De Palo (2007), La santa alleanza (2008), Guerra, bugie e TV (2010), Cartoline dall’Iraq (2010), La guerra di Gheddafi e le bombe della Nato (2011), Muhammar Gheddafi: Tutti i volti del potere (2011), I fiori di Sidi Bouzid (2011), I fantasmi della nuova Libia (2012), Siria 2.0: La battaglia di Aleppo (2012), Libia: La polveriera (2014), Il futuro alle spalle (2015), La lunga marcia (2015), Giulio Regeni: Il corpo del reato (2016), Mosul: Cartoline dal fronte (2016), L’Imbroglio (2017), A Piedi Nudi (2017), ISIS: È Finita? (2018), Figlie di un Dio minore (2019). 

E non si contano davvero i mille diversi riconoscimenti ufficiali conquistati sul fronte, e che oggi danno di lui l’immagine fiera e straordinaria di un grande inviato speciale, che al giornalismo scritto e parlato ha dedicato praticamente tutta la sua vita. Un maestro, un esempio, sul piano personale un grande signore d’altri tempi. (pn)