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Alla Nuova Scuola Pitagorica la statua in cera di Pitagora

Alla Nuova Scuola Pitagorica la statua in cera di Pitagora

di SALVATORE MONGIARDODurante le guerre contro i Sanniti nel IV e III secolo a. C., ai lati del Comizio nel Foro i Romani eressero una statua in bronzo di Pitagora con la dedica: Al più sapiente degli uomini. Essa rimase lì a lungo e fu poi rimossa da Silla per il rifacimento del Foro. Nel ginnasio di Zeusippo a Costantinopoli c’era una famosa statua di Pitagora seduto, ed inoltre nel mondo antico c’era una infinità di busti, erme, monete e statue, ma non a Crotone né in Calabria.

È una particolarità che poteva derivare dai sommovimenti antipitagorici che si verificarono nella Magna Grecia, cominciando proprio da Crotone, da dove Pitagora dovette fuggire con la famiglia per salvarsi. 

Erigere in seguito statue o diffondere immagini del Maestro poteva significare un voler riaprire le ostilità che avevano dilaniato le poleis magnogreche. Ma forse era proprio la dottrina pitagorica che bloccò il nascere di statue ed effigi in suo onore. Pitagora era contro le manifestazioni che innalzavano la persona, perché ciò voleva dire rompere la comunità e diventare oggetto di invidia.

Egli era perciò contrario a ogni immagine, tanto che sconsigliava perfino di incidere figure sugli anelli, quello che era stato il mestiere di suo padre Mnesarco, col quale era venuto a Crotone la prima volta da ragazzino. 

Dopo quaranta giorni di volontario digiuno dentro il tempio delle Muse a Metaponto, dove si era rifugiato come supplice per sfuggire alla cattura da parte dei suoi nemici, a novanta anni egli attese la morte con animo sereno. Era l’anno 500 a. C. e i suoi nemici esultarono, credendo di essersi liberati di lui, ma non immaginavano che invece gli avevano aperto la via dell’immortalità. A distanza di venticinque secoli dalla morte, Pitagora ritorna ora a Crotone più vivo che mai, un ritorno trionfale annunciato dalla Nuova Scuola Pitagorica, che diffonde la sua luminosa dottrina dell’etica universale. 

Già prima della fondazione della Nuova Scuola Pitagorica, lo scultore Gaspare Brescia si arrovellava per erigere a Crotone una statua di Pitagora. Gaspare e la Nuova Scuola non si conoscevano, anche perché Gaspare da anni viveva in Sardegna. Ad appena quindici anni, egli se ne era andato da solo in Germania e in Francia, e si stabilì poi a lungo a Roma, dove si inserì nel mondo degli artisti.

Aveva successo, ma non era contento, perché il suo animo era lacerato da un richiamo irresistibile verso una civiltà molto antica, Gaspare aveva quello che egli stesso chiama bisogno di neolitico. Quel bisogno non poteva essere soddisfatto in una grande città con tutte le attrattive e la confusione del mondo moderno, e così un giorno Gaspare decise di abbandonare Roma e si trasferì in Sardegna, a San Pantaleo, arroccato ai piedi di grandi rocce dalle forme suggestive. 

Conoscevo quel borgo delizioso che frequentavo nei dieci anni che lavoravo per il Principe nella Costa Smeralda, vicina a San Pantaleo. Andavo lì a visitare Olaf Christiansen e la moglie Eliane, due importanti artisti della prima ora, che avevano scelto quel posto per vivere e lavorare. Gaspare si era stabilito lì dopo la mia partenza, ma ci conoscevamo virtualmente tramite comuni amici che ci ricollegavano per la comune origine calabrese. Così a giugno del 2022 decisi di andare a trovarlo a San Pantaleo, anche per rivedere gli amici dei vecchi tempi. 

Alloggiavo presso un’amica, Susy, a pochi passi dalla piazzetta sulla quale si apriva l’atelier di Gaspare che frequentavo giornalmente. La cosa che più di tutto mi colpì era l’assenza nei suoi dipinti di paesaggi della Sardegna, che abbonda di scorci di sovrumana bellezza. Ricordavo il grande pittore inglese Eduard Seago, che frequentava la Costa Smeralda e aveva più volte dipinto quei paesaggi. La cosa mi incuriosì al punto che chiesi a Gaspare se ci fossero altri suoi dipinti con paesaggi sardi, ed egli mi disse di no.

Tutti suoi dipinti erano un richiamo accorato a figure e a paesaggi di Crotone antica, il luogo mistico dove la sua anima anelava. Gaspare si mise allora a formare la statua con l’argilla della Vrica, come sono chiamate le colline di creta appena fuori Crotone, vecchie di miliardi di anni. Poi dovette creare la forma di cera, che stese sulla forma di argilla, necessaria per la fusione in bronzo con l’antica tecnica della cera persa. Per il lavoro di finitura, la statua fu portata nel salone della Nuova Scuola, dove è stata visitata da migliaia di persone. 

Quando entro nella Sede e guardo la statua, mi sembra di vedere un impercettibile sorriso sul morbido viso di cera e gli rivolgo un saluto confidenziale: Ciao, Pita’, chi non muore si rivede! (sm)