10 agosto – Da oggi “Oikos” a Reggio, una mostra da non mancare, che racconta l’abitare dei magnogreci e dei sicilioti, ulteriore pretesto per una visita al Museo Archeologico di Reggio che, da domani riapre al pubblico la necropoli ellenistica.
La mostra s’inserisce nel programma delle iniziative per celebrare il 2018 Anno Europeo del Patrimonio Culturale, con lo slogan: “Il nostro patrimonio: dove il passato incontra il futuro”.
Il tema dell’abitare e della casa sarà il fil rouge per una narrazione sui modi di vivere degli antichi Greci nello spazio domestico della famiglia, in particolare nell’Italia Meridionale. In collaborazione con i Musei Archeologici Nazionali di Napoli e di Taranto, il Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, i Parchi Archeologici di Paestum e dei Campi Flegrei e il Museo Archeologico dell’Antica Kaulon, afferente al Polo Museale della Calabria, saranno esposti oltre 100 preziosi reperti in un percorso concepito in forma immersiva, che utilizza tutti gli strumenti della museologia e della comunicazione quali voci narranti di un solo grande racconto della memoria sull’oikos, termine che «per i Greci era la casa intesa come spazio fisico di vita dei suoi abitanti e, al tempo stesso, la famiglia con i suoi beni e i suoi legami con il territorio», come spiega Malacrino.
«Sarà un coinvolgente ritorno al passato, alle fonti delle nostre tradizioni di vita e di famiglia occidentale mediterranea», dichiara il direttore. «Varcata la soglia d’ingresso dell’oikos nel mondo magnogreco e siciliota, i visitatori saranno accompagnati alla scoperta delle abitudini di vita dei Greci d’Occidente, per comprendere il senso delle cose che oggi ci testimoniano quel tempo». La ricostruzione grafica di una facciata contrassegna l’inizio del percorso, con la donna alla finestra avvolta nel suo himation raffigurata nella piccola ma preziosissima lekythos di Taranto, con uno sguardo misterioso, che invita a compiere un viaggio meraviglioso.
«La casa è per i Greci antichi l’espressione dell’identità della comunità dei suoi abitanti e si evolve nel tempo a seconda di come cambia la società», afferma Cannatà. Il padrone di casa – spiega l’archeologo – «è il kyrios (signore), di cui conosciamo il ruolo all’interno della famiglia attraverso gli ambienti domestici a lui riservati, l’andron», il luogo dove – ci fa sapere Vitruvio nel suo De architectura – «si svolgono i banchetti degli uomini, perché non è nel loro costume che le donne prendano parte al convitto».
Tra i reperti provenienti da altri prestigiosi istituti museali dell’Italia Meridionale, anche il celebre mosaico del drago dall’andron dell’omonima casa dell’antica Kaulon. Spicca, nell’allestimento dell’ambiente maschile e nella ricostruzione dei simposi, il sontuoso cratere attico a figure rosse con scena di danza della collezione Sant’Angelo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Mentre la splendida anfora del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, il monumentale lebes gamikos – il vaso a figure rosse attribuito al “Pittore di Afrodite”– da Paestum e la pittura su marmo delle “Giocatrici di Astragali” da Ercolano, per esempio, rimandano al ruolo della donna, regina della casa per l’economia domestica e nel gineceo, che lo stesso Vitruvio ci dice essere «la sala in cui la padrona di casa lavora la lana insieme alle schiave addette a questa mansione». (rrc)