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Asp Reggio Calabria

Band Asp Reggio per assistenza domiciliare, la preoccupazione di Legacoop Calabria

La scelta dell’Asp di Reggio Calabria, di procedere con un bando finalizzato al reperimento di liberi professionisti per operare nell’Assistenza domiciliare integrata presso il territorio della Provincia di Reggio Calabria, preoccupa Legacoop Calabria, il Forum del Terzo SettoreFedersolidarietà.

«Occorre, infatti  – si legge in una nota dei presidenti Gianni Pensabene, del Forum Terzo Settore Calabria, Lorenzo Sibio, di Legacoop Calabria e Giuseppe Peri, di Federsolidarietà – considerare come sino ad oggi sia stato il mondo del Terzo Settore, attraverso le sue associazioni e cooperative sociali, a fornire tale servizio per conto dell’ASP su tutto il territorio provinciale».

«Un servizio reso attraverso accordi e forme convenzionali – prosegue la nota – che anticipavano, a nostro avviso meritoriamente, quanto successivamente avrebbe stabilito la Regione Calabria per tutto il territorio regionale introducendo con il Dca 144/2018 il regime di accreditamento per tutti i soggetti che intendono fornire servizio Adi. Un provvedimento che in realtà mancava considerando che il Terzo Settore da anni gestisce servizi verso i cittadini più deboli e fragili attraverso strutture accreditate diurne e residenziali per persone con disabilità, tossicodipendenti, anziani e pazienti psichiatrici. Mancava effettivamente la norma di riferimento per i servizi domiciliari, carenza alla quale finalmente nel 2018 ha fatto fronte la struttura commissariale regionale attraverso il Decreto 144 già citato».

«Ciò ha reso possibile, nell’Asp di Reggio Calabria – continua la nota delle organizzazioni datoriali – l’autorizzazione al funzionamento per le realtà che già operavano e che oggi sono in attesa del provvedimento definitivo di accreditamento. È, quindi, ovvia la preoccupazione del terzo settore reggino considerando che il bando pubblicato ad agosto rischia di lasciare fuori, a beneficio di singoli professionisti, proprio quelle realtà collettive che in questi anni hanno fatto fronte ai bisogni dei pazienti, superando enormi difficoltà burocratiche e sopportando ritardi enormi nei pagamenti, spesso superiori ai 12 mesi».

«Peraltro  – continua la nota – è bene precisare che sarebbe stato possibile, considerando anche l’attuale emergenza sanitaria, che ha visto sempre in prima linea nell’assistenza domiciliare le nostre organizzazioni, anche nel momento più duro del lockdown generale, affidare il servizio ADI ai soggetti formalmente autorizzati al funzionamento al fine di garantire la risposta ai bisogni emergenti dei pazienti. Ora, invece, si rischia di disperdere l’esperienza pluriennale di tante organizzazioni che hanno investito in professionalità e strumenti tecnologici, mettendo in ginocchio realtà che da sempre operano senza fini di lucro in un campo, quello della domiciliarità, estremamente delicato».

1Ed a risentirne maggiormente – si legge ancora nella nota – saranno proprio i singoli pazienti, gravi e gravissimi, già oggi privi di servizio e che continuano a chiamare le nostre organizzazioni per lamentare l’assenza del terapista o dell’infermiere, a cui “avrebbero” diritto. Sino ad oggi, infatti, i soggetti del Terzo Settore che hanno gestito l’Adi garantivano il servizio sia in termini di puntualità che di qualità, accompagnando e sostenendo i propri operatori attraverso formazione e aggiornamento professionale. Chi garantirà il livello adeguato di prestazioni domiciliari quando ad operare saranno liberi professionisti singoli senza una struttura organizzativa alle spalle che li possa sostenere ed accompagnare e che possa valutare e rispondere al meglio ai bisogni dell’utenza? Una garanzia di qualità e di attenzione che il Terzo Settore può fornire proprio perché non ha fini di lucro, ma opera per la realizzazione di interessi generali».

«È proprio per tale motivo che la normativa attuale, ed in particolare l’art.55 del D.Lgs.117/2017, prevedono che il rapporto tra Pubblica Amministrazione e soggetti del Terzo Settore sia improntato ad una fattiva collaborazione attraverso strumenti quali la co-programmazione, la co-progettazione e l’accreditamento. Concetti ripresi da una recentissima sentenza della Corte Costituzionale, la 131/2020, che ha rammentato come tale collaborazione orizzontale sia motivata dal fatto che pubblica amministrazione e Terzo Settore perseguono entrambi i medesimi obiettivi di interesse generale. Alla luce di quanto sopra chiediamo pertanto che l’Asp riveda le proprie posizioni e proceda con l’affidamento del servizio alle organizzazioni autorizzate al funzionamento e che garantiscono i requisiti necessari per la qualità e la regolarità delle cure».

«Ciò, al fine di garantire – prosegue la nota dei presidenti – la continuità del servizio, un’adeguata risposta ai bisogni su tutto il territorio provinciale, la corretta libertà di scelta da parte del paziente tra i diversi soggetti erogatori, e non ultima la regolarità normativa che, a nostro avviso, con un bando aperto a singoli professionisti, verrebbe violata. Su tutto questo, e proprio nel presupposto della leale collaborazione con la pubblica amministrazione, confermiamo la nostra piena disponibilità ad un confronto immediato con i vertici dell’Asp che possa risolvere in modo soddisfacente per tutti i soggetti interessati, ed in particolare per i pazienti, la questione dell’assistenza domiciliare. Infatti, non vediamo alcun valido motivo per l’Asp di privarsi dell’apporto degli Enti del terzo settore che rappresentano da sempre la parte propositiva, della società civile e che nel tempo hanno mantenuto sempre attivo il servizio tra mille difficoltà, reggendo un sistema che, appena privato del loro apporto, è crollato a discapito di migliaia di pazienti fragili».

«Attendiamo, quindi – conclude la nota – fiduciosi una convocazione urgente da parte dell’ASP, che ha già dimostrato nel recente passato grande disponibilità e sensibilità attraverso i suoi dirigenti, alla quale saremo ben lieti di rispondere con spirito di servizio e piena collaborazione nell’interesse collettivo. Sarebbe infatti una sconfitta per tutti dover adire la vie legali per riportare i servizi in un alveo adeguato di legalità e giustizia, ma saremo costretti a farlo se non riceveremo riscontro alla nostra piena disponibilità a collaborare, da parte dei vertici dell’Asp». (rrm)