di EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO – Uno strano equilibrio aleggia tra noi. Da una parte la grave situazione determinata dalla pandemia, che fortunatamente, ci ha solo lambito e dall’altra, chi cerca di continuare nelle attività sociali, sia corrette che delinquenziali. Tutte figlie della vita comune di ogni giorno. Tutte comprensibili, molte non condivisibili, anche se reali componenti della quotidianità. Cosi assistiamo, oggi con grandi amplificazioni mediatiche, a grotteschi tentativi di mostrare una normalità che non c’è, a istituzionali, per cosi dire, tentativi di approfittare del momento, per farsi una miserabile pubblicità. Abbiamo grossi problemi nella organizzazione sanitaria, dalla penuria di dispositivi alla pericolosa situazione ricettiva, del tutto insufficiente in caso di massiccia richiesta di ricoveri – come è capitato nel nord italia – tuttavia non rinunciamo a virtuali momenti di celebrazioni evocative. Un fatto, certamente virtuoso, che non ci fa vivere come bruti e che rimette, sotto una stessa bandiera, un popolo che, nei fatti, non lo è. La bandiera è il tricolore, non c’è dubbio, in virtù della carta costituzionale che la riconosce come simbolo di unità, ma le dichiarazioni di soggetti, dissociati mentalmente, vorrebbero ancora una differenziazione lombrosiana che lascia il tempo che trova, ma fa male, solo quando gli insulti sono palesi. E negli altri giorni? Non è forse vero che il Sud vive ancora in modo sottosviluppato? Abbiamo noi gli stessi diritti soddisfatti nel campo della sanità? Abbiamo garantiti i livelli essenziali della salute? Non vi sembra che stiamo rivivendo i tempi della Legge Pica? Cosa hanno di diverso le schiere di commissari governativi, peraltro digiuni totali di conoscenze nel campo, dai sabaudi attuatori della legge più iniqua, mai scritta a danno del sud dal 1861 ad oggi ?
Eppure noi facciamo finta di niente, insorgiamo quando Feltri ci insulta, ma quando ci vengono denegati diritti sacrosanti, stiamo in assoluto silenzio, accontentandoci delle briciole, spesso inventate, di premi e premiucci che non si negano a nessuno, e che non trovano nessuna giustificazione in nulla che non sia una forma di captatio benevolentiae, pressoché vicina a consultazioni elettorali. Ma chi premia chi? Un riconoscimento ha i suoi canoni. Risponde a precisi requisiti. Viene assegnato da una attenta analisi fatta da rigorose commissioni, quando viene conferito da un singolo, ancorchè, munito di conforti di pseudorappresentatività, che vale ?
Il dramma è che siamo in pochi in questa città violentata, denigrata, abbandonata, stuprata e nel novero degli insigniti da questo o quel premio, ci troviamo sempre un amico, al quale non possiamo fare il torto (ma sarebbe tale?) di contestare una grottesca forma di elevazione di un merito che non si intravede neppure, per il semplice fatto che non c’è!
È duro dover scrivere cosi, ma la libertà è anche onestà intellettuale, quella stessa che non ti fa guadagnare le simpatie del potere, ma ti fa respirare aria pura e la soddisfazione di dire ciò che pensi. Costi quel che costi. Il dramma è che molti, moltissimi la pensano come te, ma tacciono… in attesa delle briciole. (elc)