Mara Carfagna, presidente di Azione e deputata, ha denunciato in una intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno a cura di E. Imperiali, come «il Fondo per la perequazione infrastrutturale è stato tagliato dall’attuale Governo, c’erano 4 miliardi e 600 milioni, sono rimasti sì e no 700 milioni». Un definanziamento «azzerato dal mio successore, attraverso un definanziamento ben nascosto tra i vari capitoli della legge di Bilancio 2024», ha denunciato ancora Carfagna, chiedendo al ministro Raffaele Fitto di spiegare «ai cittadini meridionali il perché. Quando era all’opposizione saliva in cattedra a dare lezioni di coerenza in materia di Sud e Coesione, ora è diventato afono?».
Un taglio «fatto nel silenzio dell’intero Governo – ha rimarcato –. Una scelta miope, grave, irresponsabile. Un altro schiaffo al Sud, a conferma di quanto poco il Mezzogiorno interessi all’attuale esecutivo. D’altro canto, nella lunghissima conferenza stampa di inizio anno, la presidente del Consiglio non ha mai minimamente fatto neppure un accenno al Meridione. Chiedo alla maggioranza in Parlamento: come mai nessuno dice nulla, per esempio, sul tema dell’abbandono delle zone interne, per le quali ci sono fondi immediatamente disponibili che non sono mai stati spesi? E sulle risorse dei Contratti istituzionali di svilupро?».
La deputata ha ricordato come il fondo sia stato creato dal Governo Conte 2, ma reso operativo dal Governo Draghi.
«La ricognizione fu fatta sulla base di precisi criteri metodologici e statistici, per poter quantificare con precisione i differenti fabbisogni in-frastrutturali», ha detto, spiegando come erano stati individuati quattro macro settori su cui intervenire per «coprire il gap infrastrutturale: le opere idriche, l’istruzione, la sanità e i trasporti. Poi, a loro volta, suddividemmo questi macro-comparti in sottosezioni, per esempio per l’istruzione distinguemmo tra edilizia scolastica e asili nido, e così via».
I 4 miliardi e 600 milioni, infatti, erano stati suddivisi «in questo modo: circa 1 miliardo e 300 milioni per il settore idrico, circa un miliardo e 100 milioni per il comparto dell’istruzione, poco più di un miliardo per il divario infrastrutturale in campo sani-tario, infine un miliardo e cento milioni per i trasporti».
Criteri che, come ha spiegato Carfagna, «garantivano complementarietà con il Pnit e il Pnc e tenevano conto di alcuni parametri tra cui insularità e fabbisogni del Sud».
Inoltre «dalla puntuale ricognizione che facemmo – ha ricordato al Corriere del Mezzogiorno – emerse che i maggiori fabbisogni riguardano le aree meridionali per 1’80% del Fondo perequativo infrastrutturale. In concreto significa che su 4 miliardi e 600 milioni, al Sud dovevano essere destinati circa 3 miliardi e 700 milioni proprio con l’obiettivo di avviare in tal modo il superamento dei divari infrastrutturali».
Sulla Zes, Carfagna vede incertezza e decisioni tardive, oltre che «ancora non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del presidente del Consiglio per regolare la transizione. Nel frattempo, l’adozione di una serie di provvedimenti ad opera degli 8 commissari è paralizzata. In Campania ci sono 30 Conferenze dei Servizi sospese. In Calabria 15 e così via».