I DUE VOLTI DELLA CALABRIA “DOLCIARIA”
TRA TRADIZIONE E FRAGILITÀ IRRISOLTE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Anche questa Pasqua 2025 mette in evidenza due volti della Calabria dolciaria: da un lato, la forza di una tradizione che resiste alle crisi e continua ad affascinare; dall’altro, le fragilità strutturali di un settore che ha bisogno di attenzione politica, sostegni concreti e visione di lungo periodo». È quanto emerso dai dati dell’Osservatorio Mpi di Confartigianato Imprese Calabria, in occasione della Pasqua.

I dati ci raccontano di una Calabria protagonista del settore dolciario regionale, con 2.500 le imprese attive nel settore, di cui 1.929 artigiane, pari al 77,2% del totale, con Vibo che detiene il primato dell’artigianalità, con l’85,6% di imprese artigiane. Seguono da Reggio Calabria (83,7%), Crotone (77,9%), Catanzaro (73,1%) e Cosenza (70,1%).

Un dato non indifferente, che conferma la vocazione artigianale nel comparto dolciario, facendo della qualità e della tradizione un tratto distintivo della sua identità produttiva.

Quello che emerge, dunque, è «un tessuto imprenditoriale solido, distribuito in modo significativo su tutto il territorio ma che, tuttavia, sente il peso dei rincari delle materie prime e la crescente difficoltà a reperire personale qualificato».

Nonostante il contesto economico incerto e l’aumento dei costi, i consumi alimentari non durevoli sono rimasti stabili, registrando un +0,5% nel quarto trimestre 2024 e un +1,0% nel primo bimestre 2025.

Tuttavia, l’intera filiera dolciaria ha dovuto affrontare rincari significativi delle materie prime: nei primi tre mesi del 2025, il cacao è aumentato del 68,3%, il caffè dell’88,5% e l’olio di palma del 74%. A febbraio, i prezzi al consumo registravano aumenti consistenti: burro +19,2%, caffè +18,3%, cacao e cioccolato in polvere +15,4%, cioccolato +9,7%.

Anche energia elettrica e gas, fondamentali per la produzione artigianale da forno, hanno subito un’impennata del +10,4% rispetto a marzo 2024. In questo scenario, i prezzi dei prodotti di pasticceria fresca hanno mantenuto un aumento contenuto del +3,0% a febbraio 2025, confermando una tendenza di moderata crescita rispetto agli anni precedenti.

Ma la vera emergenza per il comparto resta la carenza di manodopera qualificata. Nel 2024, in Calabria, su 1.020 assunzioni previste tra pasticcieri, panettieri, gelatai e conservieri artigianali, ben 650 – pari al 63,7% – sono state classificate come “di difficile reperimento”.

Un dato più che raddoppiato rispetto al 2023, quando la quota si attestava al 26,3%. Si tratta di un’emergenza che mette a rischio la trasmissione dei saperi, l’innovazione produttiva e la continuità aziendale delle botteghe artigiane.

Accanto ai numeri, a definire il valore culturale del settore c’è la biodiversità alimentare: la Calabria vanta 270 prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), di cui ben 87 appartengono al mondo della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria (32,2% del totale). Seguono le carni fresche e preparate con 73 prodotti (27%) e poi formaggi, pesce, miele, liquori e oli, che testimoniano la ricchezza di un patrimonio agroalimentare da tutelare e valorizzare.

In definitiva, «la Calabria – scrive Confartigianato – ha dimostrato anche quest’anno di saper preservare le sue radici artigianali e gastronomiche, nonostante le difficoltà del momento».

«La sfida, ora – dice ancora la nota – è rafforzare la formazione, rendere attrattive le professioni artigiane e continuare a valorizzare un comparto che rappresenta non solo un volano economico, ma anche un simbolo identitario del territorio.

«La pasticceria artigianale è un patrimonio da difendere, ma senza investimenti nella formazione, nei centri di eccellenza e nella trasmissione delle competenze, rischia di svuotarsi. Serve una strategia condivisa che coinvolga scuola, imprese e istituzioni per rendere attrattive le professioni del gusto e dare un futuro a migliaia di giovani», ha detto in una nota Confartigianato Imprese Calabria, sottolineando come «le mani che impastano e decorano sono le stesse che tengono vivo il senso di comunità e la cultura profonda di una terra ricca di gusto e passione», conclude la nota. (ams)

CARISSIMA PASQUA: TORNARE IN CALABRIA
È DIVENTATO DAVVERO LUSSO PER POCHI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Pasqua, quanto sei cara! Negli ultimi 20 giornI, infatti, si registra un aumento del 190% per i prezzi dei treni e di quasi 200 euro per gli aerei.Un fatto insostenibile e denunciato da Federconsumatori Calabria attraverso l’indagine sui costi di voli e treni verso la regione.

Quest’anno è stata simulata la partenza da alcune delle principali città, alla vigilia della Pasqua: sabato 19.04.2025. La ricognizione delle offerte di viaggio si è concentrata sulle offerte Italo e Trenitalia e sulle compagnie aeree che garantiscono i collegamenti verso la Calabria per la data del 19 aprile ed ha misurato gli aumenti delle offerte a distanza di 20 giorni.

Aumenti che per Mimma Iannello, presidente di Fedefconsumatori Calabria, «sono inaccettabili».

«Non possiamo assistere – ha sottolineato – come se fosse una pratica del tutto corretta a rincari sino a 219,00 euro sullo stesso treno e per lo stesso tragitto ed a percentuali di aumento sino al 190%. È una vergogna che si consuma impunemente da anni ma che non ci stancheremo di portare all’attenzione dell’opinione pubblica e a denunciare».

«Le politiche tariffarie slegate da ogni elemento di trasparenza e di sostenibilità sociale – ha proseguito – sono un meccanismo speculativo che come Federconsumatori continueremo a sottoporre all’attenzione delle Autorità dei Trasporti e della politica affinché assumano la gravità e gli effetti del fenomeno che si scarica in termini di grave iniquità e di limitazione del diritto alla mobilità per tante famiglie di studenti, lavoratori e villeggianti che ritornano o scelgono la nostra regione ed in molti casi sono costretti a rinunciare di raggiungere per l’insostenibilità dei costi».

Andando nello specifico, per quanto riguarda i treni, sono stati esaminati ti i costi massimi delle frecce senza alcun cambio.

Dai dati elaborati si confermano le speculazioni sulle offerte di viaggio che denunciamo da anni: prenotando la stessa freccia per la stessa destinazione di arrivo e per lo stesso giorno, a distanza di 20 giorni, con Trenitalia si registrano aumenti che variano dal +190% (Milano C. – Paola), + 158% (Torino – Lamezia T.), + 155% (Torino – Paola), + 154% (Torino – Lamezia), + 174% (Milano -Reggio Cal.), + 140% (Torino -Reggio Cal.). Quasi stabili le offerte di Italo fra le due date di rilevamento con aumenti sino a 28,00 euro nelle partenze da Milano per le fermate regionali di Paola, Vibo Pizzo, Rosarno, Villa S. Giovanni e Reggio Calabria.

Per quanto riguarda i voli, invece, si registrano aumenti medi sino a 192,34 euro Torino – Reggio Cal., +184,71 € Torino- Lamezia T.; +132,00 € Bergamo – Lamezia T., in alcuni casi sempre più competitivi alle frecce (es. Milano – Lamezia T. e e Reggio Cal. o Torino – Reggio Cal.). Verso l’aeroporto di Crotone, con Ryanair, si registra come unica data di arrivo più prossima alla Pasqua il 18 aprile ed aumenti di 160,05 euro.

Si conferma così l’allarme sul progressivo e incessante aumento dei prezzi dei viaggi e ciò alza denuncia di Federconsumatori sulle politiche tariffarie applicate dai principali vettori verso la Calabria e che devono essere ben scandagliate dall’Autorità dei trasporti perché superano ogni plausibile meccanismo di mercato per divenire delle vere speculazioni sulla pelle dei consumatori e dei calabresi. Ciò dimostra ancora una volta che le pratiche tariffe sono in balìa di logiche di profitto che continuano a scaricarsi sulle tasche dei consumatori che per raggiungere la nostra regione devono sopportare costi davvero elevati e molte volte con non pochi sacrifici pur di ritrovarsi con i propri cari. (ams)

PROVINCIA DI CS, I CONTI IN ROSSO, POCHE
RISORSE E 2200 KM DI STRADE DA GESTIRE

di MASSIMO CLAUSI – C’è stato un tempo in cui la Provincia di Cosenza era un vero e proprio modello amministrativo, una palestra di governo in cui si sono forgiati tanti amministratori del territorio. Gente che poi ha dimostrato le sue capacità come sindaci, consiglieri regionali, ecc.

Il seggio nel bellissimo palazzo nel cuore del centro storico era molto ambito. Non è un caso se alle Provinciali si sono registrate grandissime sfide politiche come, ad esempio, nel 2009 videro scontrarsi Pino Gentile, Mario Oliverio e un giovane Roberto Occhiuto. Vinse Oliverio e la Provincia divenne il suo trampolino di lancio verso la presidenza della Regione. Poi è arrivata la riforma Del Rio che di fatto ha reso le Province un vuoto simulacro istituzionale.

Le elezioni provinciali sono diventate di secondo livello, una roba riservata solo ai professionisti della politica. Gli amministratori dei 144 comuni della provincia cosentina eleggono fra loro i rappresentanti con un sistema complesso che prevede anche un voto ponderato determinato in relazione alla popolazione complessiva della fascia demografica del Comune in cui si è sindaci o consiglieri.

Una volta erano quattordici, oggi, dopo l’ennesima spending review, sono stati ridotti a dodici. Nessuno fra i cittadini per la verità si è accorto del taglio perché in base alla riforma tutto il potere è accentrato nelle mani del Presidente che è anche presidente del consiglio provinciale. Fra l’altro c’è una discrasia politica fra presidente e consiglio, il primo dura in carica quattro anni mentre il secondo solo due. È chiaro che anche questo finisce per incidere sull’irrilevanza dei consiglieri che alla fine finiscono per votare in base all’appartenenza. Favorevoli ad ogni pratica la maggioranza, contrari quelli dell’opposizione.

In questi giorni, ad esempio, la Presidente Rosaria Succurro è andata in Senegal, come si può leggere sui social a ratificare un patto di amicizia. Ma se provate a chiedere ai consiglieri provinciali nessuno sa dire alcunché dei dettagli di questa missione. Le sedute del consiglio sono rarissime. A Cosenza l’ultima si è tenuta in dicembre. Di solito ci si limita a ratificare atti necessari. Anche la Commissione controllo e garanzia si riunisce poco perché poco ha da discutere. Il termine per ratificare il bilancio era fissato per febbraio, ma è abbondantemente scaduto senza troppi clamori.

L’ultimo che si ritrova sul sito istituzionale dell’ente è il consuntivo 2022 che fa registrare un passivo di 43 milioni.Una situazione finanziaria simile a tante altre province d’Italia. Tutta colpa della famosa Del Rio, che ha tagliato nettamente i trasferimenti alle Province, senza però toglierle le funzioni.

La Provincia di Cosenza, così, è chiamata a gestire qualcosa come 2200 km di strade di sua competenza, con entrate ridotte al lumicino. Non solo. Ma dovrebbe provvedere anche all’edilizia scolastica di licei e istituti professionali, di tutte le scuole secondarie di secondo livello. Il tutto con pochissime risorse.

Dopo il tagli pesante dei trasferimenti statali, la maggior parte delle entrate dovrebbe derivare dai gettiti garantiti dall’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli (Rca), dall’imposta provinciale di trascrizione e dal tributo per l’esercizio delle funzioni ambientali. Sulla prima qualche entrata arriva, sulle altre invece siamo davvero a poca roba. Il bilancio, poi, risulta ingessato anche perché ha una spesa complessiva per il personale (che ammonta a 427 unità) per quasi 15,5 milioni. A questi si aggiungono i costi di mantenimento della struttura e le indennità riservate agli eletti, altri costi fissi e quindi resta davvero poca cosa.

Di riforma della Del Rio si parla da tempo, ma nulla si muove. Eppure qualcosa bisognerebbe farla o questi enti di aboliscono del tutto o li si rendono in qualche modo efficienti. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

L’ACQUA POTABILE DELLA CALABRIA È TRA
LE MIGLIORI D’EUROPA: SERVE TUTELARLA

di MARIO PILEGGIIn occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, anche in questo inizio di primavera si rileva la mancanza di adeguate e necessarie iniziative per promuovere un uso responsabile ed equo della risorsa idrica in Calabria, una regione paradossalmente ricca d’acqua di ottima qualità ma interessata dal più diffuso degrado idrogeologico del BelPaese.

Riflettori spenti sulla ricorrente mancanza d’acqua in molti comuni e sulla specificità degli assetti idrogeologici del territorio che rendono la Calabria ricchissima di sorgenti e falde idriche con acque di ottima qualità e tra le migliori di Europa.

Le ingenti disponibilità d’acqua sono documentate da approfondite e varie indagini del secolo scorso come lo “Studio Organico Risorse Idriche della Calabria” che conferma un precedente censimento di oltre 20 mila sorgenti con una portata complessiva di ben 43.243 litri al secondo; in pratica una disponibilità annua d’acqua superiore ad un miliardo e 363 milioni di metri cubi.

Per farsi l’idea di questo dato basta considerare che, secondo i dati Istat disponibili più recenti, la quantità d’acqua immessa nel 2022 nelle reti di distribuzioni dei comuni calabresi è stata complessivamente pari a 356 milioni di metri cubi, in pratica molto meno di un terzo delle disponibilità censite.

Va ricordato che a causa delle perdite delle reti, stimate pari al 48,7%, la quantità che realmente arriva e viene complessivamente contabilizzata nei contatori di tutti i comuni della Regione risulta di 185,12 milioni di metri cubi, poco più della metà dei 356 milioni di metri cubi immessi.  

Le attuali perdite delle reti idriche oltre ad essere superiori alla media nazionale (del 42,4%) risultano più elevate anche rispetto al passato. Infatti, ad esempio, nel 2012 le perdite erano di circa 155 milioni di metri cubi pari al 34,6% della quantità complessiva di 448,16 metri cubi di acqua immessa nelle reti di tutti i comuni calabresi nello stesso anno.

Oltre ad essere abbondanti, le acque potabili della Calabria sono d’ottima qualità e tra le migliori d’Italia e d’Europa. Grazie alla specificità e composizione delle rocce nelle quali circolano e si mineralizzano e alla purezza dell’aria, l’acqua che sgorga dalle sorgenti è caratterizzata da una composizione chimica e biologica ideale per la potabilità.

Assetti idro-geomorfologici e piovosità elevata rendono il territorio calabrese ricco di suoli fertilissimi e sorgenti anche termali di rilevante importanza. Suoli e acque ricche di minerali e sostanze che alimentano la più grande grande varietà di esseri viventi, in particolare animali e vegetali unici nel resto d’Europa, come ad esempio il Bergamotto e il Cedro.

Specificità ed effetti delle acque calabresi sui viventi sono noti e descritti fin dai tempi più remoti. Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale, riferiva delle proprietà differenti dei fiumi Crati e Sibari, che influenzavano persino l’aspetto fisico delle persone e degli animali che le bevevano.

Riferendosi alle diverse proprietà delle acque dei due fiumi della Piana di Sibari ed in modo suggestivo, Plinio riferisce che: “A Turii, secondo Teofrasto, il Crati conferisce biancore a buoi e pecore, il Sibari color nero; perfino le persone risentono di tale differenza di effetti: quelli che bevono dal Sibari, infatti, sono più scuri, più duri e di capelli ricci, quelli che bevono dal Crati chiari di carnagione, più molli e con la chioma lunga”.

Il mancato ed irrazionale utilizzo del prezioso patrimonio di risorse idriche disponibile, oltre ad impedire il pieno e continuo soddisfacimento del fabbisogno d’acqua in ogni settore d’utilizzo antropico, ha favorito il diffondersi del dissesto idrogeologico e generato gravi conseguenze ambientali, economiche e sociali.

Le popolazioni locali subiscono disagi quotidiani con razionamenti d’acqua e difficoltà nell’accesso a un servizio essenziale. Significativa in proposito la “Richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza nazionale in relazione alla situazione di grave deficit idrico nel comparto idropotabile in atto nei territori della Città Metropolitana di Reggio Calabria, della provincia di Crotone e dei comuni di Calopezzati, Caloveto, Cariati, Corigliano Rossano, Cropalati, Crosia, Longobucco, Mandatoriccio, Paludi, Pietrapaola, Scala Coeli, Acri, Bisignano, Luzzi, Rose, S. Cosmo Albanese, S.Demetrio Corone, S. Giorgio Albanese, Santa Sofia d’Epiro, Vaccarizzo Albanese in Provincia di Cosenza” come si legge nella Deliberazione delle Giunta Regione Calabria n. 430 del 7 agosto scorso. Stato di emergenza idrica che è stato prorogato di sei mesi dal Consiglio dei ministri del 21 marzo 2025.

Tra gli effetti della cattiva gestione dell’oro blu disponibile: ricorrenti crisi idriche anche in inverno, desertificazione di alcune aree, perdita di produttività agricola e inquinamento ambientale.

D’altra parte, nel febbraio 2025, la Commissione Europea, in merito alle direttive quadro sulle acque (2000/60/CE) e sulle alluvioni (2007/60/CE), ha pubblicato una serie di relazioni sullo stato delle acque nell’Unione Europea, evidenziando la necessità di accelerare i progressi nella protezione delle risorse idriche e nella gestione dei rischi legati alle alluvioni.

La Calabria, come altre regioni europee, è chiamata ad allinearsi alle raccomandazioni dell’UE per migliorare la gestione delle risorse idriche. Pertanto, occorre: ridurre l’inquinamento agricolo e urbano, implementare pratiche agricole sostenibili e migliorare gli impianti di depurazione per ridurre l’inquinamento delle acque; investire nelle infrastrutture idriche per modernizzare le reti di distribuzione dell’acqua per ridurre le perdite e garantire un approvvigionamento idrico efficiente; gestire il rischio di alluvioni con l’adozione di misure preventive e interventi per mitigare i rischi legati a frane e alluvioni, considerando l’aumento della frequenza di eventi climatici estremi. 

L’adozione di queste misure, oltre a contribuire agli obiettivi ambientali fissati dall’Unione Europea, è una necessità improrogabile per porre fine sia alla diffusione del degrado idrogeologico che alla mancanza d’acqua nei comuni della Regione con le migliori e abbondanti disponibilità di risorse idriche del BelPaese. 

D’altra parte, solo attraverso un uso razionale e responsabile dell’acqua, la Calabria potrà tutelare il suo prezioso patrimonio naturale e garantire un futuro più equo e sostenibile alle nuove generazioni. (mp)

[Mario Pileggi è geologo del Consiglio nazionale Amici della Terra]

IN NOME DI CORRADO ALVARO, LO STATO
RIDIA DIGNITÀ AL PAESE DI SAN LUCA

di SANTO STRATI – Oggi è l’anniversario della nascita di Corrado Alvaro. 130 anni fa vedeva la luce a San Luca uno dei più grandi scrittori del Novecento. Ma c’è poco da festeggiare: il Comune è stato commissariato per mafia, la terza volta in 22 anni, ma in realtà dallo scorso maggio era senza Consiglio comunale, dopo la naturale decadenza del sindaco Bruno Bartolo. Lo reggeva fino al 27 marzo, data del decreto di scioglimento un commissario, Rosario Fusaro, che peraltro è stato cooptato nella terna prefettizia che dovrà occuparsi del Comune per 18 mesi, come prescrive la legge.

Proprio di recente San Luca ha subito l’onta dell’azzeramento del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Corrado Alvaro (che ha sede nella casa natale dello scrittore) con palate di fango gettate senza ritegno sul Presidente, il massimo esperto italiano di Corrado Alvaro (e non solo), Aldo Maria Morace e sui componenti del CdA. E alcuni mesi prima analogo trattamento era stato riservato al sindaco-galantuomo Bruno Bartolo. Insomma, San Luca nel mirino dello Stato come male assoluto, come cancro da estirpare in nome di una legalità che – ci permettiamo di osservare – sembra però pelosa e cieca.

Non si può far passare tutti i sanluchesi come delinquenti abituali, in stretta connessione con la ‘ndrangheta, così come non si può colpire nel mucchio senza che sussistano inequivocabili indizi di malaffare e prove concrete di infiltrazione mafiosa.

Intendiamoci, la mafia – quella sì – è un cancro da estirpare che ha fatto tante vittime (morti ammazzati o perseguitati e afflitti con le peggiori angherie e prepotenze) e, inoltre, ha rovinato la reputazione di una terra bellissima epperò abbandonata da tutti (incluso lo Stato).

Uno Stato che si è dimenticato a lungo del Sud e tutto fa tranne che porgere una mano d’aiuto a San Luca che chiede da tempo immemorabile un intervento importante per il ristabilimento dell’ordine e della legalità.

Dov’era lo Stato quando su nomi e cognomi di mafiosi conosciuti nulla veniva fatto? E dov’è adesso lo Stato che pensa di risolvere tutto con una, pur rispettabilissima, terna prefettizia a commissariare un Consiglio comunale decaduto dieci mesi fa e mai rieletto, perché nessuno presenta la una candidatura?

La risposta non è lungo il torrente Bonamico né nel vicino Santuario di Polsi, anche questo vittima di un’insopportabile nomea di “capitale della ‘ndrangheta”. Che non merita e falsa la verità e offende la genuina devozione di un numero straordinariamente grande di fedeli.

Ecco, finisce che colpiscono più le parole e i gesti del Governo che la pur evidente presenza mafiosa, ma la ‘ndrangheta, quella sì è l’impero del male, ha fatto famificazioni dovunque e continua a espandersi, va fermata, è chiaro, ma è una misisone pressoché impossibile. Ci sono più ‘ndraghetisti a Roma, al Nord, nelle zone produttive del Paese, che nella desolata Calabria. Non è primato di cui menare vanto, ma è anche l’inevitabile constatazione che certi atteggiamenti “punitivi” verso la popolazione calabrese risultano profondamente ingiusti e sopra le righe.

La magistratura ha fatto moltissimo e continua a condurre una battaglia senza arretrare di un passo, ma la spinta vera sta nei Palazzi che contano, a Roma, nella sede del Governo che deve impegnarsi – questa volta seriamente – a “salvare” San Luca, ridando dignità al paese di Corrado Alvaro e alla sua: gente lo dicono fior di studiosi e magistrati in prima linea come Nicola Gratteri, il quale indica i pericoli del dark web che consente il proliferare di traffici illeciti gestiti per lo più dalla ‘ndrangheta. La mafia calabrese da pastorale e contrabbandiera è diventata temibilmente tecnologica e pronta a utilizzare la Rete (quella nascosta, supersegreta) per continuare a crescere. Seminando morti e terrore, distruggendo famiglie e aziende ed educando alla violenza nuove generazioni di futuri delinquenti perché manca cultura e impegno sociale a trasformare il vuoto terribile che circonda i nostri ragazzi meno fortunati.

Per chi non ha lavoro, non ha studio e cultura, non ha prospettive di futuro, l’unica risposta   sono il malaffare e la malapianta della ‘ndrangheta. È qui che bisogna agire, intervenire per fermare la crescita e lo sviluppo dell’antiStato che, certamente, non vuole il bene del territorio, perché nel sottosviluppo può continuare a crescere. Che certamente non ama la Calabria e la sua gente, ma colpisce corrompendo, minacciando, uccidendo.

Ecco dunque che l’anniversario di Alvaro oggi diventa una festa triste, che mestamente ricorda e sottolinea come lo Stato continui a dimenticare la Calabria, che in realtà è il vero propulsore dello sviluppo del Paese partendo dalla sua centralità mediterranea. Servono più risorse umane, più mezzi, più strutture al servizio di chi combatte ogni giorno la delinquenza mafiosa locale e la multinazionale “‘ndrangheta SpA” che sparge il seme della violenza e dell’illegalità diffusa. Ci sono giudici che rischiano ogni giorno in prima persona, ma confessano a bassa voce, con vergogna, di sentirsi soli e dimenticati.

Non servono commissariamenti e terne di prefetti, serve l’impegno a risolvere i problemi del territorio e garantire piena dignità ai suoi abitanti. Utilizzando anche l’esercito, se serve: la gente perbene (e a San Luca lo sono quasi tutti) non ha timore di vedere le strade pattugliate: i sanluchesi vogliono ordine e sicurezzza, vogliono vivere serenamente col rispetto di tutte le regole democratiche. Ma esigono rispetto e su questo mi sento di dire che siamo tutti sanluchesi.

Capisco che non sarà semplice, ma bisogna pensare che non è nemmeno difficile o impossibile. Ci vuole volontà politica e detrminazione. Stato, se ci sei, batti un colpo! (s)

TRA SPOPOLAMENTO E DESERTIFICAZIONE
PALMI , UN MODELLO PER FERMARE LA FUGA

di GIUSEPPE MANCINI – Lo spopolamento dei comuni è un fenomeno che interessa molte aree d’Italia e in particolare il Mezzogiorno. La Calabria è una regione che sta subendo un processo di desertificazione costante. Molti giovani, e non, sono costretti ad abbandonare la propria terra e migrare altrove in cerca di migliori opportunità lavorative e servizi. La popolazione tende ad invecchiare, progressivamente diminuiscono gli abitanti, con conseguenze sociali ed economiche.
I Comuni si adoperano per contrastare la tendenza e affrontare il problema. Così come sta facendo Palmi, nel Reggino. L’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Ranuccio sta mettendo in atto varie strategie con l’intenzione di attrarre investimenti, accrescere consumi e redditi, garantire diritti e servizi, coinvolgere i giovani, restituendo linfa vitale al territorio e favorire la cosiddetta “Restanza”.

«È fondamentale che le amministrazioni e, in generale, tutte le istituzioni, si impegnino, per dare servizi adeguati – spiega Ranuccio –, la conseguenza sarà che le persone troveranno terreno fertile per prosperare qui alle nostre latitudini. Ecco perché è importante eseguire una serie di azioni amministrative, politiche, ma anche economiche, affinché i giovani trovino le condizioni per restare volutamente sul territorio. Per invertire il trend attuale, è chiaro che dobbiamo colmare lacune importanti come l’offerta sanitaria e occupazionale. Bisogna lavorare tutti insieme in questa direzione, partendo dal livello comunale, passando poi alla regione e al governo centrale, che è colui il quale può dare gli strumenti in termini di agevolazioni fiscali e snellire la burocrazia».

Palmi prova a mettere in campo iniziative per indurre la gente a restare e che nel tempo si spera possano dare risultati.

«Abbiamo predisposto progetti per attrarre giovani imprenditori e contribuire a rinvigorire l’economia locale – afferma il sindaco Ranuccio –. Attraverso un bando, abbiamo assegnato chioschi per dare la possibilità di aprire piccole attività commerciali, e proprio così sono sorte nuove realtà anche in aree prima abbandonate, con la nascita di zone playground ed esercizi commerciali. Sono in corso lavori di realizzazione di opere pubbliche e infrastrutturali come il Palazzetto dello sport, il Parco della civiltà contadina, il Centro tennis, interventi di riqualificazione alla Tonnara, alla Marinella, a Sant’Elia, ed è in dirittura d’arrivo il piano spiagge, così, nei prossimi mesi, sorgeranno tante attività ricreative e lidi».

Il miglioramento dei servizi e le opere in ambito sociale possono contribuire a rendere più vivibili i Comuni e incentivare le persone a rimanere in Calabria.
«Da questo punto di vista sono svariate le azioni disposte – evidenzia il primo cittadino di Palmi – solo per citarne alcune, basti pensare alla settimana della prevenzione, visite gratuite che, ogni anno, assumono un rilievo importante, soprattutto nel quadro della drammatica situazione sanitaria calabrese. Nel campo sanitario, quando le strutture saranno adeguate e moderne, è pensabile un ripopolamento, e per questo ci stiamo battendo; il servizio civile, un’esperienza formativa che dà opportunità professionale ai giovani; il Taxi solidale, per contrastare l’esclusione e l’emarginazione delle persone anziane, con disabilità e delle fasce più svantaggiate, facilitandone le uscite esterne; i progetti di formazione del lavoro, attraverso i quali, ad esempio, tutti gli agenti che hanno partecipato con la polizia locale, poi hanno trovato reale occupazione».

Lo sviluppo del turismo, gli stimoli ad iniziative culturali, la valorizzazione delle risorse locali, possono concorrere a rinvigorire l’economia, e dare un impulso positivo per attrarre residenti.

«Sono molteplici le iniziative in campo culturale e turistico che abbiamo predisposto – afferma Ranuccio –,hanno non solo lo scopo di promuovere il territorio, ma portano anche benessere economico a Palmi. Abbiamo dato il la alla riqualificazione del Parco dei Taureani e Villa Repaci, a breve speriamo di dare una nuova gestione permanente al cineteatro “Manfroce”, anche questo potrà fornire una buona possibilità occupazionale. In città sono molto attive associazioni culturali che pianificano iniziative di spessore, siamo costantemente operativi presso la Casa della Cultura, ospitiamo kermesse importanti, per citarne alcune, il festival del libro e il più recente, Festival nazionale di diritto e letteratura giunto alla sua dodicesima edizione, con incontri e dibattiti che coinvolgono magistrati, docenti universitari e studenti».

La questione dello spopolamento è complessa e richiede un ampio approccio per trovare soluzioni sostenibili e a lungo termine, che incoraggino a rimanere a vivere felici in Calabria.

Il conteggio della popolazione di Palmi, al 31 dicembre 2015, faceva registrare 19031 residenti (9231 uomini – 9800 donne) di cui 3278 minorenni, 1886 nella fascia d’età 18-25 anni e 4571 over 60. Lo stesso censimento effettuato oggi riporta 18450 abitanti totali (8944 uomini – 9506 donne) di cui 2987 minorenni, 1625 nella fascia d’età 18-25 anni e 4749 over 60. (gm)

Courtesy LaCNews24]

EMILIO E RRIGO, IL “NEMICO” CHE VUOLE
SALVARE CROTONE E LA CALABRIA

di SANTO STRATI – Quando il generale della Guardia di Finanza Emilio Errigo, che stava facendo ottimamente il lavoro di commissario all’Arpacal, mi disse che il Governo della Meloni gli chiedeva di andare a “bonificare” da commissario straordinario i tre Siti di Interesse Nazionale di Crotone, Cerchiara e Cassano allo Ionio, lo guardai con ammirazione e sincero apprezzamento, ma smontai subito il suo genuino entusiasmo di “uomo dello Stato”: «è un importantissimo riconoscimento alla sua capacità, ma, generale, non si aspetti riconoscenza. Anzi, conoscendo bene questa terra, le anticipo che con questo delicato incarico si farà molti nemici. Non sarà una passeggiata e si prepari a masticare amaro. Nulla, comunque, che possa sconvolgerla, generale, abituato com’è a ben altre e più pericolose sfide».

Mai profezia è stata più facile, c’è voluto un anno di fatica e impegno costante per diventare, Errigo, da “salvatore” dell’inquinamento da rifiuti tossici nei cosiddetti Sin a “nemico” da combattere a colpi di carta bollata. La diffida del Governatore Roberto Occhiuto contro la sua ordinanza che ordina di smaltire i rifiuti di Crotone a Crotone, nella discarica autorizzata di Columbra là dove arrivano ogni giorno rifiuti tossici da ogni parte d’Italia, è l’ultimo tassello di quella che si profila come una nuova indigesta “guerra” Stato-Regione. L’ordinanza di Errigo – che prevale sulla Regione e che rientra nei poteri del commissario straordinario del Governo – si basa su un ragionamento logico: visto che nell’area crotonese si smaltiscono (con adeguata sicurezza) i rifiuti tossici mandati da ogni parte del Paese, perché non possiamo far “lavorare” le scorie radioattive e gli altri rifiuti speciali dell’ex area industriale di Crotone?

Perché inviarli, con costi stratosferici, attraverso navi speciali ad altre discariche che trattano questo tipo di scorie? Siccome il nostro è un Paese che va sempre contro la logica e le soluzioni funzionali, com’era da aspettarselo, è successo il finimondo. Sindaco, Amministrazione Provinciale e, ora, il Presidente della Regione, tutti contro Errigo, diventato improvvisamente il “nemico” numero uno di Crotone. Il commissario “sgradito” da cui pretendere le dimissioni immediate a causa dell’ordinanza che vuole solo il bene del territorio. Ordinanza, che, peraltro, è un atto di Governo, non la “scellerata” trovata di un altissimo ufficiale della Finanza (generale a riposo) che ama visceralmente la sua terra e ha ha sempre rivelato un profondissimo senso dello Stato.

Il curriculum del generale Errigo, del resto, parla da solo: ha combattuto la mafia in Sicilia con Falcone, rischiando sempre in prima linea sul Mediterraneo quando era giovane ufficiale della Finanza, e i suoi gradi li ha conquistati tutti sul campo. Ovunque sia stato mandato a difendere e proteggere lo Stato per il quale ha prestato, tantissimi anni fa, giuramento sulla Costituzione e le leggi. Lo stesso Stato che più volte gli ha affidato missioni quasi “impossibili” (inclusa quest’ultima dei Sin calabresi) riconoscendogli capacità, competenza e assoluta fedeltà alla Repubblica. Un uomo tutto d’un pezzo, oggi giustamente amareggiato, che non viene mai a patti con nessuno, al di sopra o al di fuori della Legge.

E tutto quello che ha fatto lo certifica: conosce il mare come pochi in tutte le sue angolazioni, inclusa quella economica (è docente di Diritto del Mare all’Università della Tuscia) ed è abituato a svolgere con assoluta dedizione qualunque incarico gli sia stato affidato. Perché da uomo dello Stato sa deve difenderlo, proteggerlo, salvaguardarlo, per il bene comune e quello dei cittadini. Basti vedere l’ottimo lavoro svolto in qualche anno come commissario dell’Arpacal, l’Agenzia regionale per l’ambiente incarico assegnatogli con convinzione (e successiva e lusinghiera soddisfazione per i risultati raggiunti) dallo stesso Presidente Occhiuto che oggi, invece, lo “combatte”.

Crotone un tempo era la “Stalingrado” del Sud con i suoi stabilimenti industriali altamente inquinanti, autorizzati a produrre perché avevano portato lavoro e occupazione in una terra dimenticata da Dio e dagli uomini. Poi la crisi ha lasciato il deserto industriale con un micidiale deposito di scorie radioattive e tossiche da smaltire, di cui per anni ci si è bellamente dimenticati, ovvero la trascuratezza dei governanti ha avuto la meglio sui rischi per la salute degli abitanti di quel territorio.

I numeri relativi a malattie derivate dall’inquinamento industriale del Crotonese, sono impietosi e danno il senso di come, spesso, lo Stato si dimentichi del Sud o lo metta nelle ultime pagine della sua agenda. La nomina del commissario straordinario ai Sin di Crotone, Cerchiara e Cassano allo Ionio aveva interrotto questa “dimenticanza” e il generale Errigo, lasciata l’Arpacal – risanata e fatta ripartire con nuovi ed efficaci programmi e progetti di attività a salvaguardia dell’Ambiente calabrese – si è dedicato anima e corpo a studiare il problema e individuare le migliori soluzioni. Non dev’esser stato un lavoro facile dare ascolto a tutte le realtà del territorio coinvolte, valutare l’inefficienza di quanto fatto finora e scegliere un percorso ottimale di risanamento.

La verità è che il gen. Errigo è stato lasciato solo, a combattere donchisciottamente contro la burocrazia, la cecità amministrativa, l’insulso atteggiamento dei politici della zona. La sua scelta, possiamo dirlo, è stata coraggiosa e deriva dal suo essere uomo di azione e non di carte: lo ha spiegato chiaramente con un’accorata lettera ai cittadini di Crotone.

La politica, però, vuole il sopravvento, perché ogni soluzione – in Calabria, anzi, in tutto il Paese – deve rispondere a logiche partitiche o correntizie, dove qualunque pretesto è buono per attaccare l’avversario politico, in assenza di quella sana dialettica sempre auspicata e benedetta dal buon senso, ma mai applicata.

Lo Stato, attraverso il generale Errigo, ha individuato la soluzione più consona e più efficace per affrontare il problema delle tonnellate di scorie da smaltire. Se ne facciano una ragione gli amministratori locali, oppure facciano “guerra” allo Stato in nome di un ambientalismo che mostra troppe idealizzazioni e poco realismo.

Abbiamo fin troppi esempi cui riferirsi per capire che in questo caso la dilazione, i continui rinvii, l’indecisionismo, non fanno altro che aggravare una situazione già da troppo tempo insostenibile che rischia di divenire irreversibile.. E i cittadini di Crotone dovrebbero dire grazie al loro “salvatore”: Gen. Errigo non arretri, il tempo le darà ragione! (s)

QUALITÀ AMMINISTRATIVA, IN CALABRIA
C’È UNA DEBOLEZZA SISTEMICA DIFFUSA

di FRANCESCO AIELLO – A fine maggio 2025, 19 comuni calabresi saranno chiamati a rinnovare le proprie amministrazioni locali, in un voto che inciderà sulla governance di ciascun territorio per i prossimi 5 anni. Si tratta dei seguenti comuni: Cropani, Jacurso, Lamezia Terme, Maida, Petronà, Cassano all’Ionio, Cetraro, Paola, Rende, Scalea, Casabona, Isola Capo Rizzuto, Melissa, Marina di Gioiosa Ionica, Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, San Luca, Scilla e Spadola. Sebbene questi enti siano diversi per dimensione e localizzazione, le questioni legate alla capacità amministrativa, solidità finanziaria, alla qualità della classe politica e all’efficienza burocratica si rivelano cruciali per garantire servizi adeguati, attrarre risorse esterne e attuare progetti di sviluppo locale.

Si offre un quadro aggiornato sullo stato della “qualità amministrativa” di ciascun comune, ponendo particolare attenzione ai punti di forza e di debolezza emersi tra l’inizio degli anni Duemila e il periodo 2021-2022. L’obiettivo è di fornire qualche spunto di riflessione in vista dell’imminente consultazione elettorale.

La qualità amministrativa dei comuni

Per ottenere indicazioni sulla qualità amministrativa dei 19 comuni calabresi al voto, in questa nota si fa riferimento al Municipal Administration Quality Index (MAQI), un indicatore composito sviluppato di recente da un gruppo di ricercatori italiani (Cerqua et al., 2025)[1]. Il MAQI misura dal 2001 al 2022 il livello di efficienza e solidità delle amministrazioni locali, fornendo una base informativa per il confronto sia tra enti diversi, sia nel tempo. L’indice composito dagli autori è basato su tre pilastri principali, che colgono dimensioni chiave della governance comunale: Capacità Burocratica (Pillar 1): Valuta la qualità e l’efficienza della macchina amministrativa comunale, includendo aspetti legati alla gestione del personale, alla digitalizzazione, alla trasparenza e alla capacità di programmazione; Qualità della Classe Politica (Pillar 2): Riguarda le caratteristiche della leadership locale, tenendo conto di indicatori come il rinnovamento, l’equilibrio di genere, la stabilità delle cariche, la presenza di esperienze professionali pregresse e la propensione all’innovazione; Performance Economico-Finanziaria (Pillar 3): Misura la sostenibilità dei conti pubblici locali e la capacità di investimento, analizzando parametri come l’equilibrio di bilancio, la pressione fiscale, la spesa per investimenti e il grado di autonomia finanziaria.

Nel prosieguo della discussione si farà prima riferimento all’indicatore complessivo (MAQI generale), per poi soffermarsi su ciascun singolo pilastro, considerando in particolare le differenze osservate ad inizio e fine periodo, in modo da evidenziare tanto le tendenze generali della qualità complessiva di ciascun comune, quanto le differenze osservate nei tre pilastri nel tempo.

Modalità di rappresentazione delle informazioni

Per sintetizzare tutte le informazioni disponibili si ricorre ad un grafico a dispersione (scatter plot), in cui per ciascun indicatore – MAQI complessivo, Capacità Burocratica, Qualità Politica e Performance Economico-Finanziaria si riporta sull’asse orizzontale il livello medio nel biennio 2001–02 e sull’asse verticale (Y) quello relativo al 2021–22. La scelta di usare medie biennali è legata al tentativo di smussare eventuali oscillazioni legate ad eventi isolati di singolo anno. La retta a 45° permette di comprendere se l’indice è aumentato (punti sopra la diagonale) o è diminuito (punti sotto) nel corso del tempo. Inoltre, in tutti i grafici si riportano il primo (Q1) e al terzo quartile (Q3) della distribuzione italiana, sia per l’asse X (dati 2001–02) che per l’asse Y (dati 2021–22). Ciò consente di comprendere se un comune si colloca nelle code più basse (< Q1) o più alte (> Q3) della distribuzione nazionale dell’indicatore in esame. Infine, abbiamo aggiunto due punti, rappresentati da un rombo viola (Italia) e da un cerchio giallo (Calabria), così da confrontare i 19 comuni rispetto alla media nazionale e regionale. Grazie a questa rappresentazione grafica, è possibile inquadrare ciascun comune sia in termini di “livello” (essere o meno fra i migliori/peggiori rispetto alla distribuzione nazionale) sia di “tendenza” (progresso o regressione fra inizio anni Duemila e periodo recente). Questa lettura rapida aiuta l’identificazione dei punti di forza e di debolezza di ogni territorio.

Il MAQI complessivo

Il confronto dei dati del MAQI tra il biennio iniziale (2001-02) e quello finale (2021-22) mostra un quadro diversificato. Ad inizio periodo, la media nazionale dell’indice è pari a 99,49 ed è aumentata di circa 4 punti nel 2021-22, passando a 103,5 (rombo viola nella figura 1), segnalando che nel corso degli ultimi 20 anni la qualità complessiva dell’amministrazione dei comuni italiani è mediamente aumentata. La media dell’indice MAQI è aumentata anche in Calabria, passando da 99,24 ad inizio periodo a 101,9 a fine periodo (cerchio giallo nella figura 1). Questi dati segnalano che nel corso di 20 anni la differenza tra il dato medio regionale e quello nazionale è aumentata attestandosi a circa 2.5 punti. In questo quadro di riferimento generale, si osserva che alcuni comuni, come Scalea e Melito di Porto Salvo, hanno registrato un significativo incremento, passando rispettivamente da valori iniziali di 95,82 e 100,47 a 107,26 e 108,42, collocandosi quindi ben oltre il terzo quartile della distribuzione nazionale (105,99 nel 2021-22). In modo analogo, un netto miglioramento si osserva a Lamezia Terme (da 101,41 a 107,65) e Isola di Capo Rizzuto (da 99,48 a 108,05). Al contrario, Jacurso registra un sensibile peggioramento, passando da valori elevati (107,01) a valori (99,46) perfino inferiori al primo quartile italiano del 2021-22. Maida e Petronà, con valori attuali inferiori o appena attorno al primo quartile nazionale (101,28), evidenziano situazioni stabili, ma fragili.

La capacità burocratica

I dati relativi al primo pilastro, che misura la capacità burocratica delle amministrazioni comunali, mostrano variazioni più contenute rispetto al MAQI complessivo. A livello nazionale, l’indicatore passa in media da 99,68 nel biennio 2001–02 a 99,23 nel 2021–22, registrando dunque un lieve calo di circa 0,45 punti nell’arco di vent’anni (Figura 2). In Calabria, la media regionale risulta più elevata ad inizio periodo (100,32), ma scende a 98,50 a fine periodo, evidenziando un arretramento di quasi 1,8 punti. Nel 2021–22, pertanto, la differenza tra la media calabrese e quella nazionale si attesta intorno a 0,7–0,8 punti.

Per meglio comprendere il posizionamento dei singoli comuni all’interno della distribuzione italiana, è utile fare riferimento al primo (Q1) e al terzo quartile (Q3) nazionali: per il 2001–02 le soglie sono 98,18 (Q1) e 101,56 (Q3), mentre nel 2021–22 i valori sono 97,38 e 101,83. Alcuni enti calabresi che, a inizio periodo, si trovavano nettamente sopra la soglia superiore (Q3 = 101,56) hanno successivamente perso terreno; è il caso di Scalea (da 103,14 a 96,35) e di Maida (da 102,06 a 93,96), i quali nel 2021–22 si collocano persino sotto del primo quartile italiano (97,38), segnalando un rilevante deficit della propria capacità amministrativa.

Altri comuni mostrano, invece, modeste fluttuazioni: Casabona (da 98,45 a 99,21) e Lamezia Terme (da 98,65 a 99,04) si mantengono vicini ai valori centrali della distribuzione. All’estremo opposto, alcuni enti hanno guadagnato qualche punto, pur rimanendo in fasce intermedie: San Luca (da 100,65 a 103,09) e Melissa (da 100,50 a 103,45) registrano un lieve miglioramento, posizionandosi appena sopra il terzo quartile 2021–22 (101,83). Jacurso, partendo da 100,63, sale a 102,39 e resta comunque nella porzione medio-alta della distribuzione. Sette comuni evidenziano un calo rispetto al biennio iniziale (2001–02): Cassano all’Ionio, Paola, Scalea, Maida, Marina di Gioiosa Ionica, San Lorenzo e Scilla. Spadola, invece, fa registrare un incremento significativo Nel complesso, la maggior parte dei centri si colloca attorno alla media regionale (98,50), leggermente inferiore a quella nazionale (99,23), confermando un quadro di relativa stabilità intra-regionale, pur non mancando casi di regressione marcata o, in misura ridotta, di crescita. In particolare, Spadola registra un incremento significativo nel ventennio considerato, ma resta, comunque, collocato sotto il primo quartile nazionale, a conferma di valore molto basso dell’indicatore ad inizio periodo.

Qualità della classe politica locale

I dati relativi alla qualità della classe politica locale evidenziano la presenza di marcate differenze tra i 19 comuni esaminati e nel corso del tempo. Nel complesso, la media nazionale dell’indicatore è aumentata sensibilmente, passando da 99,06 nel biennio 2001–02 a 107,58 nel 2021–22, con un incremento significativo di circa 8,5 punti. Anche in Calabria la media ha seguito un andamento analogo, passando da 99,24 ad inizio periodo a 107,45 a fine periodo: con un aumento di oltre 8 punti il dato regionale è sostanzialmente in linea con la media nazionale. Con riferimento ai quartili della distribuzione italiana, nel biennio iniziale (2001–02) le soglie sono di 93,00 (Q1) e 104,34 (Q3), mentre nel biennio finale (2021–22) risultano essere 102,10 (Q1) e 114,26 (Q3) (Figura 3).

Nel gruppo dei 19 comuni analizzati si osservano miglioramenti molto rilevanti. Ad esempio, Scalea, che partiva con un valore estremamente basso (91,04, sotto il primo quartile), raggiunge 124,32, superando ampiamente il terzo quartile del 2021–22 (114,26). Analogamente, Isola di Capo Rizzuto (da 101,56 a 125,87) e Lamezia Terme (da 112,32 a 124,37), partendo da posizioni più favorevoli, hanno ulteriormente rafforzato la qualità della propria classe politica locale, collocandosi ben oltre la soglia superiore della distribuzione nazionale. Altri comuni mostrano dinamiche di miglioramento, seppur meno ampie, come Paola, Rende e Cropani.

Tuttavia, non mancano casi di evidente peggioramento della qualità della classe politica comunale: Jacurso (da 115,50 a 102,85) e San Luca (da 115,73 a 101,97), entrambi inizialmente situati in posizione elevata (sopra il terzo quartile di 104,34 del primo periodo), arretrano fino a posizionarsi in prossimità del primo quartile del 2021–22 (102,10), segnalando una perdita significativa nella qualità politica.

In estrema sintesi, la Calabria registra a fine periodo un valore medio (107,45) sostanzialmente coincidente con quello nazionale (107,58), segnalando che questo pilastro rappresenta un ambito di relativa forza per la regione, in termini comparativi rispetto al quadro nazionale. I dati evidenziano, però, ampie differenze interne, con alcuni comuni che emergono per una classe politica di qualità notevolmente elevata, e altri che mostrano preoccupanti fragilità.

Performance Economico-Finanziaria

L’indicatore relativo alla performance economico-finanziaria dei comuni mostra variabilità più contenute rispetto a quella osservata per la qualità della classe politica. A livello nazionale, la media è aumentata da 99,74 nel 2001–02 a 103,69 nel 2021–22, mentre la media calabrese è aumentata da 98,17 a 99,74, evidenziando una crescita più contenuta e un divario che, a fine periodo, si attesta attorno a 4 punti (Figura 4). Con riferimento alla distribuzione nazionale, i valori del primo e terzo quartile sono pari a 97,83 e 101,96 nel 2001–02 e a 101,91 e 105,91 nel 2021–22. Queste soglie permettono di delimitare le fasce di posizionamento dei 19 comuni calabresi al voto. Emerge una situazione di stabilità generalizzata, con oscillazioni modeste sia in positivo che in negativo.

Tra i miglioramenti più evidenti si segnalano Melissa, che passa da 98,89 a 105,19, superando il terzo quartile nazionale, e Scilla, che cresce da 93,98 a 102,08, collocandosi oggi al di sopra della media regionale. Anche Spadola e San Luca guadagnano alcuni punti percentuali, sebbene rimangano in prossimità o poco oltre la soglia del primo quartile nazionale del 2021–22. Sul versante opposto, Jacurso registra un arretramento significativo, passando da 104,91 a 93,15, scendendo, quindi, al di sotto della soglia minima nazionale (Q1) del biennio 2021-22. Analogamente, Cetraro, Petronà e Lamezia Terme mostrano lievi cali, pur mantenendosi in fasce intermedie. Nel complesso, i dati sul terzo pilastro evidenziano un livello di dispersione inferiore rispetto agli altri due, con la maggior parte dei comuni concentrata attorno ai valori medi. Ciò suggerisce una discreta stabilità dei conti pubblici e della gestione finanziaria nell’arco del ventennio considerato. Tuttavia, non mancano eccezioni locali in cui la performance economico-finanziaria mostra segnali di regressione o miglioramenti molto limitati, indicando la necessità di interventi mirati per rafforzare la sostenibilità e la capacità di bilancio a livello comunale.

I dati analizzati dei 19 comuni calabresi chiamati al voto nella primavera del 2025 mostrano una chiara relazione tra dimensione demografica e qualità amministrativa complessiva. Comuni con popolazione più ampia, come Rende (circa 36 mila abitanti), Lamezia Terme (circa 67 mila abitanti), e Isola di Capo Rizzuto (oltre 17 mila abitanti), evidenziano performance superiori rispetto ai comuni più piccoli, con miglioramenti consistenti, soprattutto sul piano della qualità della classe politica locale e della capacità burocratica. Viceversa, comuni di dimensioni minori, quali Jacurso (566 abitanti), Petronà (circa 2400 abitanti), San Lorenzo (circa 2300 abitanti), e Casabona (circa 2400 abitanti), manifestano maggiori criticità e instabilità amministrativa. In particolare, i comuni più piccoli registrano oscillazioni significative nella qualità della governance locale, con un peggioramento marcato, per esempio, nel caso di Jacurso e Petronà, e più generalmente fragilità strutturali che possono limitare la loro capacità di garantire servizi efficienti e continuità amministrativa.

Inoltre, è utile evidenziare che solo in pochi casi la qualità amministrativa complessiva si colloca stabilmente al di sopra del terzo quartile nazionale, indicando una debolezza sistemica diffusa in Calabria. Tale considerazione vale anche osservando i singoli indicatori relativi alla capacità burocratica, alla qualità della classe politica e alla performance economico-finanziaria, con limitate eccezioni (ad esempio, Scalea e Melito di Porto Salvo per il MAQI complessivo e per la qualità della classe politica locale, Lamezia Terme e Isola di Capo Rizzuto sempre per la qualità della classe politica). Questa situazione conferma ulteriormente la necessità di un investimento significativo nella formazione e selezione della classe politica locale, in particolare, nei comuni più piccoli e fragili.

La tornata elettorale della primavera 2025 rappresenta, dunque, un’occasione strategica per affrontare in modo concreto la questione cruciale evidenziata da questa analisi descrittiva, ovvero la qualità della classe politica locale. Tale aspetto si conferma, infatti, indispensabile per assicurare una governance efficace e uno sviluppo sostenibile nelle comunità interessate. In quest’ottica, diventa cruciale selezionare candidati non solo con elevate competenze tecniche, ma anche con visioni politiche innovative e capacità di gestione adeguate, soprattutto nei comuni di minori dimensioni, dove le criticità strutturali sono più evidenti e i margini di errore significativamente più ristretti.

Un impegno concreto per il rafforzamento della qualità della classe politica locale, a partire dai piccoli centri, può generare effetti positivi a cascata sulla capacità burocratica e sulle performance economico-finanziarie, migliorando così la vita quotidiana dei cittadini. È, dunque, indispensabile che la prossima consultazione amministrativa sia vissuta dalle comunità locali, dai partiti e dalle istituzioni come un momento di selezione consapevole, responsabile e lungimirante della futura classe dirigente dei territori.

A rafforzare questa esigenza, si aggiunge una difficoltà ulteriore che riguarda soprattutto i comuni di minori dimensioni: in questi contesti, la selezione della classe politica è ostacolata non solo dalle fragilità strutturali, ma anche dalla scarsa partecipazione civica e dalla riduzione demografica legata ai processi di spopolamento. Trovare candidati con le competenze necessarie, la disponibilità all’impegno e una visione di sviluppo diventa, dunque, ancora più complesso, restringendo ulteriormente le possibilità di scelta delle comunità locali.

Questi elementi dovrebbero essere attentamente considerati da partiti e istituzioni, che sono chiamati ad accompagnare i piccoli comuni nella costruzione di una classe dirigente adeguata, anche attraverso strumenti mirati e politiche capaci di incentivare una partecipazione civica più ampia e consapevole. (fa)

[Courtesy OpenCalabria]

NON SI FERMA L’ESODO DEI GIOVANI DALLA
CALABRIA: CERCANO LAVORO ALL’ESTERO

di BRUNO MIRANTE – La valigia di cartone ha rappresentato un simbolo per tutti quei cittadini che nel secolo scorso hanno deciso di cercare la propria realizzazione umana e professionale lontano dalla propria terra. Poche competenze e tanta voglia di mettersi in gioco per costruire un futuro migliore per sé stessi e per la propria famiglia. Al giorno d’oggi, i giovani hanno ripreso a partire ma a differenza dei loro predecessori, si tratta di profili con un alto grado d’istruzione.

Un’Italia che fatica sempre di più ad essere competitiva – perché terzultima in Europa per percentuale di laureati – li spinge altrove, verso altri Paesi del Continente. Nel 2024 le emigrazioni verso l’estero, con un aumento del 20%, hanno fatto registrare il valore più elevato finora osservato negli anni Duemila: si è passati da 158mila del 2023 a poco meno di 191mila nel 2024. I dati emergono dall’ultimo rapporto Istat sulla popolazione italiana.

Germania, Spagna e Regno Unito le mete preferite

Ma l’aumento delle migrazioni verso l’estero è dovuto esclusivamente all’impennata di espatri di cittadini italiani (156mila, +36,5% rispetto al 2023) che si dirigono prevalentemente in Germania (12,8%), Spagna (12,1%) e Regno Unito (11,9%), mentre circa il 23% delle emigrazioni dei cittadini stranieri è riconducibile al rientro in patria dei cittadini romeni.

Il saldo migratorio con l’estero complessivo – spiega Istat – pari a +244mila unità, è frutto di due dinamiche opposte: da un lato, l’immigrazione straniera, ampiamente positiva (382mila), controbilanciata da un numero di partenze esiguo (35mila); dall’altro, il flusso con l’estero dei cittadini italiani caratterizzato da un numero di espatri (156mila) che non viene rimpiazzato da altrettanti rimpatri (53mila). Il risultato è un guadagno di popolazione di cittadinanza straniera (+347mila) e una perdita di cittadini italiani (-103mila).

Bolzano in testa per le partenze, Taranto la città meno abbandonata

La quota di espatri ogni mille residenti più alta risulta essere nel Nord-est e nelle zone di confine. Tra le prime 40 province per migrazioni figurano due grandi città come Milano e Bologna e solo nove territori del Mezzogiorno: Campobasso, Vibo Valentia, Cosenza, Ragusa, Teramo, Pescara, Chieti, Isernia e Reggio Calabria. Le province del Sud, infatti, si concentrano per lo più nella parte di classifica, dove si trovano i territori che pochi lasciano per andare oltre confine. La città meno abbandonata risulta essere Taranto con 4,4 emigrati ogni mille abitanti pur essendo una delle province italiane con i numeri peggiori in termini di occupazione. Di converso, a riprova che la partenza verso altri paesi non è sempre il risultato di una situazione economica depressa, in cima alla classifica figura Bolzano, una delle città che vantano un’alta qualità della vita nonché il primato nazionale in termini di natalità.

In Calabria le città si ripopolano durante le festività

Nel 2024 gli emigrati all’estero cosentini sono stati 800 in più rispetto all’anno prima e quasi 1200 in più se si prende in considerazione il 2022. L’incidenza pari a 10 emigrati ogni 1000 residenti è speculare al dato di Vibo Valentia, leggermente inferiore a Reggio Calabria. Ma la caratteristica comune delle città calabresi e del Mezzogiorno è il fenomeno che si manifesta a ridosso di festività o ponti lunghi. Le città si ripopolano di giovani assumendo un volto effervescente seppur temporaneo.

Fecondità al minimo storico

La fecondità, nel 2024, è stimata in 1,18 figli per donna, sotto quindi il valore osservato nel 2023 (1,20) e inferiore al precedente minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. La contrazione della fecondità riguarda in particolar modo il Nord e il Mezzogiorno. Infatti, mentre nel Centro il numero medio di figli per donna si mantiene stabile (pari a 1,12), nel Nord scende a 1,19 (da 1,21 del 2023) e nel Mezzogiorno a 1,20 (da 1,24). Per ciò che concerne la Calabria, il dato si attesta leggermente al di sopra della media nazionale all’1,25%. Mentre l’età media al parto è di 32,4 anni. Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. Per la prima, il numero medio di figli per donna scende a 1,27 (contro 1,32 del 2023), mentre in Campania la fecondità passa da 1,29 a 1,26. In queste regioni le madri sono mediamente più giovani: l’età media al parto è pari a 31,7 anni in Sicilia e a 32,3 in Trentino-Alto Adige e Campania.

Nel Mezzogiorno coesistono regioni che registrano la più alta fecondità nel contesto nazionale (Sicilia, Campania e Calabria) e regioni caratterizzate da livelli minimi (Sardegna, Molise e Basilicata). Tra le province, quella in cui si registra il più alto numero medio di figli per donna è la Provincia Autonoma di Bolzano (1,51 contro 1,57 del 2023). Seguono le province calabresi di Crotone (1,36) e Reggio Calabria (1,34) e quelle siciliane di Ragusa, Agrigento (entrambe 1,34) e Catania (1,33). (bm)

[Courtesy LaCNews24]

LA PRECARIETÀ È UN PROBLEMA DIFFUSO IN
CALABRIA: BASTA LAVORATORI “INVISIBILI”

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Chiedete ai vostri figli, ai vostri nipoti, quanti hanno una stabilità lavorativa. C’è una situazione di precariato diffuso. Non è solo la quantità, ma la qualità dell’occupazione». Sono dure le parole di Pierpaolo Bombardieri, segretario nazionale di Uil Calabria, nel corso della Carovana Uil, l’iniziativa del sindacato che ha gremito piazza dei Bruzi a Cosenza.

Una vera e propria ondata azzurra che ha colorato la piazza cosentina per sensibilizzare sul tema dei lavoratori fantasma: «Con questa nostra iniziativa in giro per l’Italia, vogliamo richiamare la politica, l’opinione pubblica e gli imprenditori sulla necessità di affrontare il tema della precarietà, perché occorrono decisioni e scelte che facciano diventare queste ragazze e questi ragazzi delle persone in grado di rivendicare ed esercitare diritti e tutele come chiunque altro», ha spiegato Bombardieri nel corso della manifestazione di Pescara dello scorso 3 aprile, sottolineando come «nonostante  record sbandierati dal governo sull’occupazione, la vita quotidiana ci dimostra tutt’altro: ancora troppi sono i precari e i lavoratori in nero, persone ridotte a fantasmi per la società, perché chi non ha un contratto a tempo indeterminato non può rivolgersi a una banca per un mutuo, non può comprare una macchina, non può acquistare un cellulare, ma soprattutto non può programmare la propria vita».

«Chi ha un lavoro precario è un fantasma – ha tuonato il sindacalista a Cosenza – non lo vede nessuno, soprattutto le banche e chi deve vendergli le case. Allora è necessario fare degli interventi per dare a questi ragazzi e a queste ragazze la possibilità di diventare persone».

«Per l’Istat – ha proseguito – 6 milioni di persone sono povere e 7 si avvicinano alla povertà assoluta. Ed è ovvio che chi guadagna 20-24 mila euro lordi l’anno, anche se ha un lavoro, non è in grado di vivere dignitosamente».

«Il Senato stima una perdita di 50.000 posti di lavoro. Ci dicono “niente panico”, ma provate a dirlo a chi rischia di non pagare il mutuo o la rata dell’auto. Per loro è una catastrofe reale, non una crisi astratta», ha proseguito Bombardieri, per poi parlare del tema dei dazi: «il governo parla solo con le imprese. Ma se le aziende chiudono, chi perde il lavoro sono i lavoratori. Chiediamo che al tavolo siedano anche i sindacati, non solo una parte del Paese».

«Ci sono 400.000 lavoratori e lavoratrici in aziende che producono servizi e beni esportati soprattutto negli Stati Uniti d’America, per quasi 70 miliardi: in particolare il settore meccanico, con 11 miliardi e mezzo, quello della moda, con 5 miliardi e quello agroalimentare, con 7,8 miliardi», aveva spiegato Bombardieri a Napoli, nel corso del convegno organizzato dalla Uil Polizia sul tema della sicurezza.

«Se i dazi – ha precisato il leader della Uil – producono un ridimensionamento delle attività almeno del 10%, rischiamo decine di migliaia di posti di lavoro. È necessario intervenire subito differenziando i mercati: dobbiamo trovare altre zone dove poter esportare. E, poi, bisogna favorire i consumi nel nostro Paese: ecco perché rilanciamo l’idea di detassare gli aumenti contrattuali e di rinnovare i contratti. Serve, infine, che l’Europa dia una risposta chiara e non che a trattare sia ogni singolo Stato, perché questo ci renderebbe più deboli.

«In tale quadro – ha detto Bombardieri – ribadiamo anche che il Patto di stabilità è un errore dal punto di vista economico: finalmente anche la Presidente del consiglio ha assunto questa posizione».

Le soluzioni ci sono, secondo Bombardieri, e ne suggerisce alcune: diversificare i mercati, affidare all’Europa le trattative, aumentare i salati per rilanciare i consumi e sbloccare i contratti scaduti dei metalmeccanici e del pubblico impiego.

«Serve una svolta sul precariato: la Spagna ha limitato i contratti a termine e l’occupazione è cresciuta», ha detto ancora Bombardieri, passando poi sul tema della Questione Meridionale, «scomparsa dai radar».

«Ma senza il Sud, l’Italia non riparte – ha ribadito –. Il Mezzogiorno ha bisogno di infrastrutture, investimenti e attenzione reale. Chi vive lì ha la stessa dignità di chi vive altrove».

«Basta lavoratori invisibili. È il momento di scelte coraggiose per un’Italia più giusta, più inclusiva, più vera», ha concluso Bombardieri.

Mariaelena Senese, segretaria generale Uil Calabria, sa bene qual è la situazione regionale, a livello occupazionale: «il 61% dei giovani calabresi è assunto con contratti atipici o a tempo determinato».

«Noi oggi vogliamo parlare di lavoro stabile», ha detto Senese, sottolineando «la lungimiranza di questa iniziativa dedicata al precariato, che è una piaga che affligge in modo particolare questa regione. C’è un effetto di scoraggiamento evidente».

«Il Governo continua a mentire sull’occupazione, dicendo che la percentuale degli occupati è aumentata e siamo a livelli record. La maggior parte di questi occupati, però, sono precari o a tempo determinato. Di questi, tanti sono giovani: come si può pensare a un futuro se non si ha la certezza del lavoro?», ha chiesto la sindacalista.

Tanti, sul palco della Uil, a riflettere sul tema del lavoro: Emanuele Ronzoni, segretario organizzativo della Uil, la vicesindaca di Cosenza, Maria Locanto, che ha parlato dell’importanza di «parlare di lavoro oggi» e di come «il precariato è la vera piaga del lavoro di oggi. La parola sfruttato e la parola lavoro non possono stare insieme».

«Ogni testimonianza è importante e insieme abbiamo messo in luce le problematiche reali che meritano di essere ascoltate e affrontate. Come sempre porteremo ai tavoli del governo proposte concrete per costruire un futuro più giusto e equo per tutti», dice il sindacato in una nota.

La due giorni della carovana della Uil è stata, dunque, un’occasione di confronto e crescita «in una piazza, quella di Cosenza, piena di giovani che rappresentano il nostro futuro». (ams)