L’AV IN CALABRIA COSTA PIÙ DEL PONTE
MA IL REALE IMPORTO È UNA INCOGNITA

di MASSIMO CLAUSI – La commissione Via (Valutazione di Impatto Ambientale) del ministero dell’Ambiente ha approvato il primo lotto del raddoppio ad alta velocità della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. Il primo tratto (1a), va da Battipaglia a Romagnano, 35 km. i due lotti successivi, 1b e 1c da Romagnano a Praia. I costi di questo lotto sono passati da 7 a 9 miliardi, prima ancora di cominciare i lavori (chissà a lavori finiti…).

È questo, è tutto quello che si sa dell’alta velocità in Calabria che rimane un vero e proprio rebus, nonostante il fiume di parole che si è speso sulla centralità di quest’opera. Opera che qualcuno ha definito “regina” del Pnrr visto che è il progetto più importante anche se nessuno sa con esattezza i costi precisi: le previsioni ufficiali per l’intero collegamento sono vaghe, variando da 22,5 a 29 miliardi, cioè fino al doppio del Ponte sullo Stretto di Messina.

Che l’opera, così come pensata, sia davvero così centrale per il Meridione è anch’essa una incognita. Basti pensare che il risparmio di tempo del primo lotto fra Roma e Reggio Calabria è di soli 30 minuti. D’altronde del progetto intero non risulta essere mai stata fatta un’analisi costi-benefici (Acb), nonostante sia prevista dalla normativa vigente.

Il vero problema è che cosa succederà dopo Praia a Mare, nell’alto tirreno cosentino, nessuno sa dirlo con esattezza, nonostante sia stato espletato il dibattito pubblico per permettere a cittadini, imprese ed associazioni di esprimere pareri sul tracciato. Circa un anno fa in un brevissimo comunicato alla Commissione Trasporti della Camera, un sottosegretario del ministero ha dichiarato che il secondo lotto del progetto, quello centrale destinato a collegare le città calabresi di Cosenza e Catanzaro, non era fattibile per insormontabili problemi di costi e di tempi dovuti alla situazione geologica e alle falde idriche del tracciato.

Si è deciso così di scegliere un tracciato alternativo, parallelo alla vecchia linea storica che passa dalla dorsale tirrenica, tagliando fuori di fatto tutta la zona jonica che giorni fa ha festeggiato i cinque anni del Frecciarossa Sibari-Bolzano nemmeno fossimo nel dopoguerra.

Il Pd sta provando con una serie di interventi sui media a chiedere chiarezza sull’opera. Soprattutto sui finanziamenti che dovrebbero, condizionale quanto mai d’obbligo, rinvenire dal fondo nazionale complementare. L’ex deputata, nonché membra della commissione trasporti della Camera, Enza Bruno Bossio ha parlato di dieci miliardi messi dal Governo Draghi sull’opera cancellati dall’attuale governo Meloni. «Né la Regione, né il Governo nazionale hanno mai dato una spiegazione sul perché per consentire la realizzazione dell’Alta Velocità in Calabria siano stati cancellati dal ministro Salvini circa 10 miliardi di euro che la ministra del Pd, on. Paola De Micheli, ha proposto nel bilancio dello Stato – e che il Parlamento su espressa volontà del presidente Mario Draghi ha confermato».

Sia lei sia la responsabile infrastrutture del Pd, Franca Sposato, hanno chiesto al presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto di pretendere chiarezza dal Ministro Salvini al di là della retorica propagandista che nella Lega calabrese ha trovato una gran cassa. Arriveranno i treni in Calabria? (mc)

[Courtesy LaCNews24]

NON È QUESTO L’ANNO DEL PONTE: SLITTA
A UN ANNO E MEZZO L’AVVIO DEI LAVORI

di VINCENZO IMPERITURA – Un pozzo da realizzare ex novo nell’acquedotto Catona per rifornire d’acqua potabile il campo base di Santa Trada e un «impianto di affinamento reflui depurati per il riuso delle acque» da collegare al vecchio depuratore cittadino da cui tirare fuori 30 litri al secondo di acqua da destinare ai cantiere operativi di Cannitello e di Piale. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Stretto di Messina in risposta ai numerosi richiami messi nero su bianco dai tecnici del Mase incaricati di valutare il progetto del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia rispetto ai timori sul consumo eccessivo di risorse idriche in un territorio da tempo ormai affamato d’acqua.

Sparita l’ipotesi legata ai dissalatori che, una volta costruiti, sarebbero dovuti rimanere in uso alla città, ed evaporati i progetti di intervenire sulla centrale elettrica sul torrente Favazzina per recuperarne le acque di scarto, la Stretto di Messina ha fissato i paletti e, in due relazioni depositate la settimana scorsa alla Commissione del Ministero dell’Ambiente, ha cristallizzato gli interventi da realizzare. Interventi che, a leggere le tabelle di marcia segnate dalla stessa Sdm, allungheranno inevitabilmente i tempi di costruzione dell’opera, considerato che il rifornimento idrico per la montagna d’acqua necessaria alle opere (soprattutto quelle legate allo scavo delle numerose gallerie che dovranno collegare strade e ferrovia al ponte) deve essere disponibile prima ancora dell’inizio dei lavori.

E così, dopo i proclami del ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini sulla imminente fase di cantierizzazione per le opere connesse al ponte (e l’accelerazione della Stretto di Messina sugli espropri, che tanta paura ha accesso tra i cittadini di entrambe le sponde dello Stretto) le nuove argomentazioni presentate dalla società guidata da Pietro Ciucci mettono in chiaro che le opere che devono essere pronte prima dell’inizio del cantiere vero e proprio richiederanno tempo prima di essere realizzate.

Due i problemi maggiori messi in luce dalla Commissione del Mase, che in una delle numerose criticità segnalate rispetto al progetto del ponte chiedeva alla Stretto di Messina di «aggiornare e dettagliare i quantitativi di risorsa idrica necessari per le attività previste nelle attività di cantiere per la realizzazione di tutti gli interventi progettuali, individuando in dettaglio le fonti di approvvigionamento utilizzabili»: da una parte il rifornimento per il maxi campo base di Santa Trada (che sarà più che raddoppiato rispetto al vecchio campo base utilizzato per i lavori di ammodernamento dell’autostrada) e quello, molto più impegnativo, per rifornire di acqua i macchinari che saranno utilizzati per la costruzione dei piloni e per la realizzazione di chilometri e chilometri di nuove gallerie. Soluzioni che, burocrazia permettendo, potrebbero allungare i tempi di almeno un anno e mezzo.

Scartata l’idea di rifornire di acqua potabile il campo base con l’acqua depurata proveniente dalla piccola centrale idroelettrica sul torrente Favazzina, la Stretto di Messina ha puntato tutto sulla costruzione di un nuovo pozzo da affiancare ai dieci già esistenti che riforniscono la cittadina tirrenica: «In particolare – si legge nella relazione presentata al ministero – lo studio è stato mirato a valutare la possibilità di realizzazione di un nuovo pozzo nell’area di campo pozzi Catona, ipotizzando di emungere 10 litri di acqua al secondo in aggiunta al prelievo attuale». Una soluzione che “dimentica” gli antichi problemi del territorio nel reperimento di acqua, limitandosi ad aggiungere nuove bocche da “sfamare” (nel campo base sono previsti più di 500 operai in pianta stabile) alla già satura rete idrica cittadina e che, da solo, necessiterà di mesi di lavori prima di essere operativo: almeno 9 quelli messi in preventivo «fermo restando la redazione del progetto esecutivo degli interventi». Mesi che serviranno ad ottenere tutte le necessarie autorizzazioni e per l’esecuzione dei lavori stessi.

Più complicato (e con tempi molto più lunghi) l’intervento che la Società di Ciucci intende realizzare per rifornire il maxi cantiere di Cannitello (dove sorgeranno i piloni alti 400 metri) e di Piale, dove andranno posati i cavi di ancoraggio dell’intera struttura. In questo caso non sarà utilizzata acqua potabile ma si dovrebbe intervenire sulle acque reflue del depuratore di Cannitello: «Relativamente al cantiere industriale – scrivono i tecnici della Sdm – la soluzione progettuale proposta prevede la realizzazione di un sistema di trattamento e affinamento per riuso, per le acque trattate dal depuratore di Cannitello». Ed è qui che le cose si complicano. L’impianto per il riuso di acque reflue previsto infatti deve essere costruito ex novo e collegato all’attuale impianto esistente che in soldoni significa: tre mesi di indagini per la progettazione, 4 mesi per vedere il progetto esecutivo e altri 3 per espropri e concessioni demaniali a cui si devono aggiungere i tempi tecnici per l’espletamento della Vinca e altri 12 per l’esecuzione dei lavori. Con tanti saluti ai proclami di Salvini sulla prima pietra da posare entro l’anno. (vi)

[Courtesy LaCnews24]

RITROVARE FINE ULTIMO DELLA SCUOLA IN
CALABRIA: UN LUOGO DI LEGALITÀ E VALORI

di GUIDO LEONECon il mese di settembre la scuola sono iniziate le lezioni del nuovo anno scolastico. Una ripartenza anche  per la scuola di Reggio Calabria che coinvolge decine di centinaia di persone tra alunni, personale docente e amministrativo e le stesse famiglie.

Ma che anno sarà per la scuola reggina in particolare? Se la scuola, così come la sanità e la giustizia, misura lo stato di salute sociale e democratico di uno stato, di un territorio, non c’è da stare allegri. Tutto è rimasto come prima, gli stessi disagi, gli stessi problemi di prima.

Vari aspetti di criticità irrisolti nella scuola calabrese e reggina in particolare

Il nostro sistema scolastico ci restituisce severi aspetti di criticità: una crisi nei risultati scolastici che si manifesta già nella scuola dell’obbligo e che sembra prefigurare successivi scacchi formativi; una stratificazione sociale nelle scelte tra i diversi indirizzi della scuola secondaria superiore, che si ripercuote nei livelli di apprendimento; una difficoltà supplementare di intervento nei confronti dell’utenza straniera ,che ottiene risultati scolastici più modesti dei coetanei italiani, in particolare a livello di competenze linguistiche; l’emergere di un disagio sottile, di una difficoltà a coinvolgere fino in fondo gli allievi nella loro esperienza scolastica, testimoniato dal fenomeno dei debiti scolastici, che, comunque, indica un rapporto non positivo con gli apprendimenti scolastici (matematica, lingua straniera, ecc.); tendenza alla licealizzazione del sistema scolastico; i dati più sconfortanti in materia di sicurezza e di adeguamento degli edifici scolastici; un forte turn-over nei comprensori decentrati: la rotazione del personale docente è molto elevata e rappresenta un forte vincolo alla continuità e alla programmazione didattica.

E, ancora, la permanenza di squilibri territoriali: è stato più volte rimarcato che molti comprensori delle aree interne della Calabria sono tagliati fuori da una offerta formativa extra-curricolare per la mancanza dei servizi, trasporti in particolare, che penalizzano la partecipazione degli studenti alle attività pomeridiane che le istituzioni scolastiche pongono in essere per il completamento del percorso educativo. Questo stato di cose non assicura equità e qualità. Non garantisce il diritto allo studio per tutti; un discutibile processo di dimensionamento che non tiene conto delle peculiarità territoriali, dei bisogni formativo/educativi di determinate aree a rischio della regione, che non razionalizza i processi di accorpamento delle singole scuole in termini di moderna consortilità intercomunale, come avviene per altro genere indispensabile di servizi alla comunità.

Inoltre il divario che c’è tra Nord e Sud continua a permanere. A tal proposito parlano chiaro i risultati dei test Invalsi per il 2024 che confermano questo gap esistente soprattutto per quanto riguarda gli apprendimenti in italiano e matematica. Per la Calabria, ultima tra le regioni italiane, i risultati sono estremamente negativi.

Dati che confermano la necessità di interventi mirati per garantire a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e di successo scolastico. È sul territorio, dunque, che si misura la capacità della politica ad affrontare i nodi strutturali di un sistema scolastico come il nostro che manifesta delle criticità ormai consolidate. 

La scuola, poi, quale protagonista educativa nella società civile, ha il ruolo insostituibile di dare visibilità, significato ai fatti e avviare all’interpretazione critica della realtà sociale che circonda gli allievi, agli esempi, ai fenomeni e agli stimoli  che da essa provengono.

Interroghiamoci sul ruolo che la nostra scuola svolge nel nostro territorio pervaso dal fenomeno mafioso e delinquenziale. Perciò, non si può nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e far finta di nulla. Ripeto, questo ci riguarda come città di Reggio Calabria, e come regione in maniera particolare, e ci si deve interrogare costantemente sul ruolo che la scuola svolge nei nostri territori pervasi dal fenomeno mafioso e delinquenziale.

E proprio noi reggini abbiamo dei doveri in più, e, in quanto operatori scolastici, noi per primi, dobbiamo immettere anticorpi nelle relazioni che abbiamo dentro e fuori le scuole rispetto a contesti di illegalità, di prevaricazione, di intolleranza, di intimidazione, di violenza, di deresponsabilizzazione.

È compito primario della scuola reggina attivare una pedagogia del coraggio civico fondato su un concetto di dignità umana che riconosca quella degli altri, che veda nel prossimo una persona portatrice di pari diritti. Ecco perché occorre puntare sui contenuti fondamentali della scuola, ponendo la attenzione a ciò che accade ogni  giorno dentro le classi, alla didattica, al rapporto formativo, educativo fra i docenti, fra il mondo della scuola e i nostri ragazzi.

Certo, bisogna ritrovare il senso ultimo della scuola. Dare un senso alle cose nella scuola vuol dire ricomposizione di una filiera che è fatta anche di valori, di riforme adeguate ,di investimenti per scuola e università (che devono comporre un unico sistema) ricerca, politiche giovanili, politiche culturali. Insomma, investimento sulla risorsa umana, sui talenti che ci sono dentro la nostra comunità e che sono capitale umano ,capitale sociale. Si tratta di cose che sono l’altra faccia della stessa medaglia e che è giusto ricordare quando parliamo di scuola calabrese.

E, infine, è necessaria una presa di coscienza diffusa che la nostra scuola è oggi lo specchio di una crisi radicale di valori che rischia di desertificare la nostra società e che le speranze di quest’ultima di non restare asfissiata dal nichilismo sono in buona misura legate alla capacità delle nuove generazioni di ritrovare ,nelle nostre grandi tradizioni culturali, quelle che la scuola ogni giorno cerca di trasmettere ai giovani, i semi di prospettive nuove e più costruttive.

I fallimenti sperimentati nella quotidianità con i gravi fatti di cronaca nera di violenza e corruzione rendono consapevoli insegnanti e famiglie dell’impossibilità di farcela da soli, ciascuno per proprio conto, e della necessità di una cooperazione corresponsabile fra tutti i protagonisti del processo di crescita umana e professionale dei nostri ragazzi e dei nostri giovani per ritrovare faticosamente un orizzonte di significati condivisi in grado di riscattare le vite di questi ragazzi dall’insignificanza dove sono stati precipitati dalle politiche governative e amministrative di questi anni. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

SOTTOVALUTARE IL DISAGIO DEL SUD È DA
SUPERFICIALI: STANCHI DEI DIRITTI NEGATI

di PIETRO MASSIMO BUSETTALa mancanza dei diritti fondamentali, dovuti ad un welfare insufficiente, oltre a quello della possibilità di una occupazione adeguata alle skill possedute da ciascuno, costituisce la ragione fondamentale di un processo emigratorio che toglie al Sud ogni possibilità di futuro.

La spesa storica, che sottrae al Mezzogiorno 60 miliardi ogni anno, e porta a una spesa procapite inferiore,  per cui nascere a Sondrio è un privilegio e a Reggio Calabria una disgrazia, porta ad un welfare totalmente differente  tra le due parti. Per cui in una la sanità pubblica é sufficiente nell’altra devi rivolgerti a quella privata e così di seguito per la mobilità, il possesso di un auto é problema di sopravvivenza, o per la formazione scolastica. Peraltro la stretta  sul reddito di cittadinanza ha portato molte famiglie di nuovo nella povertà assoluta, dalla quale lo strumento li aveva affrancati. 

Anche di questi temi si occupa il mio saggio, che viene distribuito in questi giorni nelle librerie e sulle maggiori piattaforme digitali: “la rana bollita”, che completa un ciclo di quattro volumi che inizia con “il coccodrillo si é affogato”, continua con “il lupo e l’agnello”, poi con “la rana scorpione” per completarsi con “la rana bollita”, tutti editi da Rubettino. 

Lo zoo che ho creato in questi ultimi anni ripercorre i luoghi comuni e i mantra più diffusi che hanno caratterizzato il racconto del nostro Sud.  E propone un’interpretazione assolutamente differente rispetto a quella prevalente, che proviene fondamentalmente da chi ha vinto la battaglia economica. Quel Nord bulimico che ritengo abbia avuto in mano il volante del Paese e che ha fallito nel suo primo obiettivo teorico, che era l’unificazione economica dopo quella politica. 

Con questo nuovo lavoro si completa una ricerca che parte nel 2018. E che si compone di quattro saggi.

Nei tre volumi precedenti esploro alcune tematiche con una chiave di lettura personale e stimolante, su alcuni argomenti, ancora di strettissima attualità, riguardanti il Sud. Il primo lavoro è stato Il coccodrillo si è affogato, pubblicato da Rubbettino nel 2018.

In esso si metteva in evidenza come l’esigenza dello sviluppo del Sud non fosse interesse soltanto dei 20 milioni di meridionali, ma una necessità per tutto il Paese. Perché non era pensabile avere dei tassi di crescita consistenti se si lasciava il 33% della popolazione e il 40% del territorio fuori dai processi di sviluppo che attraversano tutta l’Europa.

Il secondo lavoro della quadrilogia, pubblicato nel 2021, sempre dallo stesso Editore, dal titolo Il lupo e l’agnello, rifletteva sull’idea che la colpa del mancato sviluppo del Sud fosse da attribuire allo stesso Sud che, nella vulgata, era stato dissipatore di risorse che i meridionali avevano sprecato con ruberie, sottrazioni, sprechi e incapacità varie.

La metafora della fiaba mette in evidenza come il racconto  fosse praticamente falso e la dimostrazione più evidente il fatto che l’infrastrutturazione, che evidentemente dipendeva dallo Stato centrale, fosse rimasta al palo.

Si parla dell’Alta Velocità Ferroviaria oltre che dell’Autostrada del Sole, che già nella sua concezione si ferma a Napoli, lasciando tutto il Mezzogiorno isolato con la pretesa poi che si sviluppasse.

Con il lavoro più recente, La rana e lo scorpione, Rubbettino 2023, si è cercata la motivazione per la quale non è stata adottata anche dal nostro Paese una politica economica più lungimirante, che hanno invece impostato molti Paesi dell’Unione. In particolare lo ha fatto la Germania e anche la stessa Spagna, tra i Paesi più grandi, ma in realtà tutti quelli che hanno problemi di aree estese a sviluppo ritardato.

La risposta è stata che in realtà un Nord, alcune volte provinciale e bulimico, governato da forze spesso localistiche e miopi, lontane dalle visioni di De Gasperi o di Pasquale Saraceno, abbia imposto politiche molto egoiste. Vedasi cosa ha fatto la Lombardia e lo stesso Veneto, ma non sono state da meno Emilia-Romagna e Toscana, che hanno portato a una distribuzione delle risorse basata sulla spesa storica, che ha sottratto ogni anno al Mezzogiorno oltre 60 miliardi.

In tale  lavoro si faceva anche una riflessione importante e cioè che la problematica non fosse tecnica, che il tema non fosse più quello di trovare come si potesse sviluppare il manifatturiero, il turismo, e la logistica. Ma forse quello di trovare le forze che fossero in grado di imporre al Governo nazionale di andare avanti senza quegli stop and go che hanno portato il Mezzogiorno a essere sempre una realtà statica che, negli ultimi vent’anni, ha aumentato di poche unità i propri addetti, compresi i sommersi.

Guardare i dati dell’occupazione complessiva ci fa capire quale dramma abbia vissuto questa parte del Paese, nella quale lavora una persona su quattro, che ha bisogno di milioni di posti di lavoro nuovi, e che invece al massimo per qualche mese è stata destinataria di risorse assistenziali come il reddito di cittadinanza.

Ma il progetto politico che portasse ad avere voce è stato interpretato in tanti modi e disperso in mille rivoli, per cui non è riuscito a formare una forza parlamentare adeguata a imporre al Paese una linea che non fosse frammentaria e discontinua.

Con questo nuovo lavoro ci si pone la domanda seguente: come mai una Comunità che è stata maltrattata per anni da un Paese rivelatosi ostile, che ha impostato un progetto di sviluppo che si realizza con le migrazioni di oltre 100.000 tra giovani e adulti ogni anno verso il Nord, verso l’Europa e anche verso i Paesi d’oltremare, non si ribella? Visto che ha a disposizione la possibilità di votare periodicamente e manifestare il suo dissenso e la sua opposizione.

Come mai la mancanza di infrastrutturazione, che prevede che la stessa distanza possa essere percorsa in ferrovia in una parte d’Italia in un’ora e in un’altra in tre, non fa scattare reazioni?

E perché subisce una sanità che costringe quelli che se lo possono consentire, nei casi più delicati, a prendere un aereo per poter avere un servizio di eccellenza e gli altri spesso a subire trattamenti inadeguati? E un processo formativo mancante di asili nido, di lotta alla dispersione scolastica, di tempo pieno, non fa reagire pesantemente? E infine l’ultimo schiaffo in pieno viso, quell’autonomia differenziata le cui conseguenze saranno devastanti.

E il rosario dei diritti di cittadinanza negati potrebbe continuare senza soluzione di continuità tanto da far dire ad alcuni che questa parte del Paese è utilizzata come se fosse una colonia.

Su questo tema ci si intrattiene con  l’obiettivo di capire le dinamiche, svegliare le coscienze ed evitare che la conclusione di tali differenze di sviluppo e le ingiustizie subite portino a una rabbia diffusa che sfoci in una richiesta di separazione, già molto sentita da una parte non marginale della popolazione. Probabilmente l’abitudine a vivere in una realtà degradata progressivamente ha portato a non reagire. Mentre l’individualismo, tipico delle realtà meno sviluppate, ha portato a cercare soluzioni personali piuttosto che ad azioni di ribellioni collettive, mediante l’indirizzamento del consenso o anche con mai augurabili azioni violente. Ma nulla è per sempre e forse sottovalutare il disagio del Sud è da superficiali. Completa il lavoro la prefazione del direttore dello Svimez, Luca Bianchi, la postfazione che viene riproposta a fianco di Giuseppe Savagnone e tre commenti di Francesco Saverio Coppola, di Nino Foti e di Nino Germaná(pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

ADOZIONE, MILLE CRITICITÀ IN CALABRIA
SI DEVE APRIRE A SINGLE E COPPIE DI FATTO

di ANNA COMI – Nel mio ruolo di Coordinatrice delle Pari Opportunità della Uil Calabria, e in quello di mamma di due bambini nati fuori dal nostro Paese, mi preme ringraziare e nel contempo rispondere, con alcune precisazioni, all’assessora Caterina Capponi in merito alla riflessione pubblicata sul suo giornale, dal titolo “Cari cittadini calabresi parlate di adozione”.

Parlo innanzitutto in prima persona, in nome di chi i fatti li ha vissuti e può raccontarli davvero dal di dentro.
L’esistenza e la funzionalità dell’ente regionale per le adozioni è di fondamentale importanza per chi vorrebbe adottare un bambino seguendo il percorso dell’adozione internazionale e per questo deve essere potenziato e il suo finanziamento reso strutturale. L’ente regionale infatti si occupa di adozioni internazionali, mentre sono i tribunali per minorenni ad occuparsi delle adozioni nazionali.

A differenza di queste ultime, le adozioni internazionali seguono un iter particolare per cui è necessario dare mandato ad un ente riconosciuto dalla commissione adozioni Internazionali per poter procedere. Uno di questi enti è proprio quello regionale a cui la nostra assessora fa riferimento nel testo. E’ da precisare che solo le coppie sposate, e purtroppo non i single, possono accedervi. Sarebbe buona cosa però se la nostra Regione iniziasse a pensare di farsi promotrice di un’azione forte nei confronti del Governo, affinché single e coppie di fatto tutte, possano avere l’opportunità di accogliere un bambino.

C’è da specificare che le coppie, prima di arrivare a dare mandato ad un ente devono essere in possesso di una idoneità derivante da una serie di relazioni attitudinali e quindi, dopo aver presentato domanda presso il Tribunale per i Minorenni, si devono rivolgere ai servizi sociali del territorio di appartenenza.

Ed è già qui che sorgono le prime difficoltà: in Calabria la rete welfare legata agli enti locali è pari a zero, aggravata dai continui tagli alle risorse. Unico supporto potrebbero essere i consultori ma, come evidenziato da un report presentato proprio dal coordinamento Pari Opportunità della Uil Calabria, a causa di poco personale, tendono a limitare le attività provenienti sia da enti locali che da tribunali per i minorenni cercando di attenersi strettamente alle loro competenze specifiche. La conseguenza è un serio rallentamento di una procedura già difficile di suo e che porta sconforto e frustrazione alla coppia stessa. Pertanto, se realmente stanno a cuore le adozioni, il primo passo per migliorare il sistema è proprio quello di rendere più operativi i consultori attraverso l’assunzione di assistenti sociali e psicologi, figure professionali queste carenti ovunque nella nostra regione.

Un altro punto è quello di dare strutturalità al finanziamento destinato alla operatività di questo servizio. Non di meno deve essere presa in seria considerazione la necessità di un potenziamento di organico per renderlo stabile e sempre più efficiente.
Il servizio delle adozioni, nato qualche anno fa e legato alla regione Piemonte, fino a questo momento ha fatto fatica a decollare. Purtroppo la sua esistenza è legata al mandato politico pertanto funziona a singhiozzo e, come successo già in passato, potrebbe ritrovarsi senza personale lasciando le coppie in balia delle onde. Nè tantomeno è possibile pensare che le coppie possano rivolgersi, per le loro stringenti necessità legate all’iter adottivo e post adottivo, ad operatori che fisicamente si trovano a Torino!

Pertanto, nel ringraziare l’assessora, ci auguriamo che la nostra riflessione venga presa in considerazione rendendo quindi più efficienti i consultori e stabilizzando una volta per tutte il servizio dell’ente regionale che attualmente procede con una programmazione proiettata in avanti soltanto di due anni.

La Uil, inoltre, è da sempre favorevole a incentivare misure a sostegno della genitorialità. (ac)

[Anna Comi è Coordinatrice Pari Opportunità Uil Calabria]

CON L’AUTONOMIA IN CALABRIA SI RISCHIA
STOP ALL’EXPORT: È UN SETTORE CRUCIALE

di MASSIMO CLAUSI – La frenata decisiva all’applicazione dell’autonomia differenziata, Antonio Tajani l’ha impressa quando si è reso conto che fra le materie che potevano essere trasferite subito alle Regioni c’era il commercio estero, di sua stretta competenza. È stato allora che il segretario nazionale di Forza Italia, nonché ministro degli Esteri e vicepremier, ha intimato l’altolà.

«Bisogna vigilare affinché l’Autonomia differenziata venga ben applicata – ha detto –. Anche oggi se ne parlerà in Consiglio dei ministri, io ribadirò che, per quanto riguarda il commercio estero, c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato».

Non sappiamo bene cosa vuol dire “vigilare” visto che la legge è chiarissima. Il commercio estero è fra le materie non soggette all’individuazione dei Lep, quindi le regioni potrebbero chiedere immediatamente il trasferimento di funzioni e al massimo il ministro degli Esteri potrebbe fare solo melina per ritardare il trasferimento. Di più non potrebbe fare a norma di legge.

La questione non è di poco conto perché l’export rappresenta per l’Italia, come ha detto lo stesso Tajani, il 40% del nostro Pil. Il problema è che Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni che, quantomeno in valore assoluto, contribuiscono maggiormente all’export nazionale. Cumulativamente le tre regioni sopra citate nel 2022 hanno realizzato il 53,5 per cento delle esportazioni italiane per un volume d’affari prossimo ai 329 miliardi di euro. Se queste regioni dovessero gestire in autonomia l’export e i suoi proventi, facendo un po’ i conti della serva, il Pil del Paese potrebbe avere una contrazione del 20% circa.

Ma cosa succederebbe alla Calabria? Certamente una brusca frenata all’impennata che sta conoscendo in questi anni nell’export. Il dato assoluto è tutto fuorché positivo. Siamo la regione che pesa di meno sull’export del Paese. In valore assoluto rappresentiamo uno scarso 1%. C’è da dire però che negli ultimi anni le nostre esportazioni stanno crescendo. Il valore totale è passato infatti, secondo i calcoli della Sace, da 411,42 milioni del 2020 agli 879,38 del 2023.Quindi un raddoppio in pochi anni.

Come prevedibile la parte del leone la fanno i prodotti agroalimentari che rappresentano il 33% delle merci esportate per un controvalore nel 2023 pari ad oltre 220 milioni. Seguono i prodotti chimici (26%), tessile e abbigliamento (9%); meccanica strumentale (9%) e a seguire il resto. I principali Paesi verso cui esportiamo sono, per quanto riguarda l’Europa, Germania, Francia e Repubblica Ceca. Extra Ue invece esportiamo soprattutto in Usa, Inghilterra e, a sorpresa, in Iraq (4%). La provincia più dinamica in questo settore è quella di Reggio Calabria che rappresenta il 48% delle nostre esportazioni, seguono Catanzaro (21%); Cosenza (17%); Crotone (8%) e Vibo (6%). Abbiamo messo in fila questi numeri per dire che la Calabria in questi anni ha dimostrato una sua vitalità sull’export. Una spinta che ha, o dovrebbe avere, il suo centro propulsivo in una infrastruttura strategica come il porto di Gioia Tauro. Il problema è che questa vitalità rischia una brusca frenata con l’autonomia differenziata.

I principali fattori di crescita dell’export non risiedono tanto nella qualità dei prodotti, che comunque è importante, ma in due fattori che sonole strutture e il capitale relazionale. Se ogni regione dovesse fare da sé verrebbero meno strutture importanti come ad esempio l’Ice (Istituto per il commercio estero) che aiuta le imprese ad entrare nei mercati come quello statunitense che ha regole sui prodotti agroalimentari molto particolari e molto rigide. Ma anche le varie Camere di commercio estere non si capisce bene che fine faranno. E per assurdo anche la Farnesina verrebbe in parte svuotata del suo ruolo. Come farebbe la Calabria con i pochi mezzi economici che gli derivano dall’export ad arrivare sui mercati esteri? È illusorio pensare che basti partecipare a qualche fiera internazionale.

Infine c’è quello che abbiamo definito il capitale relazionale ovvero i contatti con i buyer interessati al Made in Italy. Su questo ci sono strutture e persone specializzate che favoriscono la domanda e l’offerta. Persone che ovviamente in caso di autonomia differenziata si orienterebbero sulle regioni più forti e con margini di guadagno maggiori. Insomma Tajani se n’è accorto un po’ tardi ma l’autonomia differenziata sarebbe nociva per le regioni più deboli e per tutto il Paese. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

ANCHE IN CALABRIA SUONA LA CAMPANELLA
LA SCUOLA TRA EMERGENZE E CRITICITÀ

di FRANCESCO RAOA distanza di poche ore dall’avvio del nuovo Anno Scolastico, con l’emozione di chi si appresta a varcare le porte di un mondo infinito chiamato scuola per la prima volta, credo sia opportuno porgere un caloroso augurio a tutta la Comunità scolastica calabrese, anteponendo per una volta le opportunità alle criticità, con il chiaro intento di valorizzare la narrazione qualitativa della nostra terra e della sua gente, da sempre impegnata in un percorso di forte riscatto sociale e culturale praticato soprattutto attraverso lo studio.

La strada da percorrere è lunga ma sotto i nostri occhi, contrariamente al passato, è presente molto più entusiasmo e voglia di essere protagonisti di un futuro considerato non più lontano e irraggiungibile, ma realtà nella quale la cultura e il sapere potranno generare coesione, crescita e sviluppo nonché dare vita al superamento emergenziale dell’emigrazione. 

La Calabria ed i calabresi, per superare il divario Nord-Sud, hanno bisogno di culture capaci di creare opportunità positive, da sempre individuate altrove come fatto naturale ma puntualmente irrealizzabili a casa nostra per motivi poco noti. Ebbene, affermare che la Calabria e altre regioni del Meridione possano diventare in un prossimo futuro la “Silicon Valley” dell’Europa, oggi credo non sia più una blasfemia ma può essere un auspicio reale al quale il mondo della scuola non dovrà sottrarsi ma al contrario dovrà considerarlo uno tra i propri obiettivi prioritari. Oggi i nostri studenti hanno una marcia in più. Apprendono velocemente e, da nativi digitali, hanno un approccio naturale con la tecnologia e l’informatica, ricorrono con facilità all’approccio offertoci dall’intelligenza artificiale e assorbono in un modo incredibile i linguaggi del mondo che li circonda.

Queste importantissime caratteristiche, considerabili parte di un capitale invisibile da valorizzare, impongono una particolare attenzione tesa a coinvolgere in un progetto comune, oltre ai docenti e alle famiglie, le realtà territoriali che rappresentano il tessuto socioeconomico e produttivo del territorio. In tal senso, grazie all’autonomia scolastica e alla particolare professionalità dei docenti, si potranno inserire nei rispettivi curricula delle scuole curvature specifiche tese a far conoscere agli studenti la realtà locale storica ed economica con l’intento di superare il pericoloso paradosso del disimpegno scolastico e della noia, potenzialmente individuabili quali cause principali della dispersione scolastica. 

Intere Comunità potrebbero formare i nostri giovani, fornendo loro maggiori conoscenze e soprattutto intravedendo nella storia la chiave di lettura utile per scrivere un futuro nel quale il Meridione, in concorso al Settentrione, possa essere a pari dignità motore di crescita e sviluppo per l’intero Paese. Ai nostri giovani dovremo chiedere anche soluzioni innovative per risolvere annose questioni che in futuro li riguarderanno in prima persona. Penso alle criticità strutturali quali l’organizzazione dei trasporti, alla distribuzione di centri sportivi, alle opportunità d’inserimento nel mondo del lavoro e alla partecipazione politica.

Per esempio, attraverso sessioni di “debate”, sarà possibile far apprendere e migliorare le tecniche di confronto con quanti la pensano in modo differente, lavoro indispensabile da svolgere tanto in classe quanto all’aperto insieme ai docenti e con l’intento di trasmettere agli studenti l’importanza della non violenza da praticare come metodo di vita per tutelare la vita. Infine, la Scuola è chiamata a mettere in campo tutti gli strumenti utili per affrontare l’incombente pericolo dell’analfabetismo funzionale, fatto che ostacola la corretta comunicazione e rischia di minare la tenuta sociale e democratica del Paese a seguito del crescente atteggiamento relativistico praticato da tutte le generazioni con epiloghi sempre più tristi e violenti. 

Dalla nostra parte, questa volta, non ci sono più le solite stime o le previsioni ma dati concreti da considerare come un incoraggiante punto di partenza. La Calabria in particolare ha registrato una crescita nell’esportazione, manifestando una chiara inversione di tendenza del Sud rispetto al Nord; cresce la presenza turistica nazionale e internazionale; le nostre Scuole, il sistema ITS e in modo particolare le nostre Università, rappresentano un validissimo sistema formativo, capace di attrarre studenti e docenti non solo da altre regioni ma anche da altri stati. 

Insomma, l’arduo lavoro svolto nel corso di questa fase post-pandemica ha aperto un nuovo scenario nel quale le giovani generazioni, insieme ai loro docenti e alle rispettive famiglie, dovranno essere accompagnati per toccare con mano una realtà in costante evoluzione dalla quale si potranno trarre nel medio periodo importanti segnali occupazionali e di sviluppo socioculturale da considerare elementi indispensabili per mantenere il passo con la velocissima evoluzione tecnologica e superare la desertificazione sociale ed economica del Mezzogiorno, paragonabile ad una spada di Damocle pronta ad infierire sulla nostra testa.

Ecco perché lo studio va considerato dagli studenti come una missione sociale e gli insegnanti dovranno ricordare ogni giorno il valore del loro delicatissimo ruolo, seppur poco retribuito ma ancora tra le professioni più belle al mondo perché attraverso la trasmissione del sapere, l’approfondimento critico e la bellezza delle scoperte, sarà possibile consentire ai nostri giovani di potersi presentare all’appuntamento dell’inserimento occupazionale con le giuste competenze, con la propensione di mantenere vivo per tutta la vita il desiderio di imparare e la curiosità di scoprire sempre nuove mete, alimentando sentimenti di cooperazione a sommatoria positiva tesi a generare pace tra i Popoli. 

Con questi presupposti e con la fiducia di chi ha iniziato la scuola da quasi 50 anni, senza esserne più uscito, auguro buon Anno Scolastico a tutta la Comunità scolastica calabrese. (fr)

[Francesco Rao è docente a contratto, cattedra di sociologia generale, presso l’Università “Tor Vergata” di Roma]

ALLA BELLA CROTONE DIVENTATA UN SITO
DI (DIS)INTERESSE NAZIONALE SERVE AIUTO

di EMILIO ERRIGOConoscevo la città di Crotone da ragazzo, perché trascorrevo qui un periodo delle mie vacanze estive fino gli inizi anni ’70; già allora, tra un tuffo e le tante risate con gli amici della città, era impossibile non notare la zona industriale, portatrice a quei tempi, di benessere sociale e positività.

La successiva cronistoria dei disastri ambientali e le conseguenze dannose e pericolose per la salute dei cittadini dovute alle nocive attività industriali metallurgiche e chimiche di Crotone, sono oggi tristemente famose in tutto il Paese: nessuno può permettersi di avere il coraggio di dire di non sapere cosa sia accaduto e cosa accade a Crotone, facendo finta di non capire, sapere, vedere e sentire.

Un dramma umano e ambientale di vastissime dimensioni, consistenza e ambiti territoriali. 

Molte sono state le Commissioni Parlamentari di inchiesta e tante altre le puntuali inchieste della magistratura che, a seguito di approfondite indagini di polizia giudiziaria ambientale e mirate perizie tecnico giudiziarie, eseguite da consulenti tecnici d’ufficio di indubbia professionalità, hanno fatto emergere danni e responsabilità soggettive e oggettive, per i danni causati all’ambiente e alla salute pubblica dei lavoratori delle ex Fabbriche (c.d. dei Veleni) e dei loro familiari. Le politiche di sicurezza sociale, le azioni di bonifica ambientale e sanitaria, purtroppo, nel tempo, non sono state tutte attuate e alcune, si sono rivelate a posteriori, poco idonee e incomplete.

Il caso ha voluto, dopo un lungo arco temporale di oltre  45 anni, il mio ritorno in Calabria, per volontà del Presidente della Regione, Roberto Occhiuto, prima come Commissario Straordinario dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, (Arpacal) e poi, su incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale Commissario Straordinario di Governo con i precisi compiti di “coordinare, accelerare e promuovere”, la realizzazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel Sito contaminato di interesse nazionale (Sin) di Crotone – Cassano e Cerchiara di Calabria. 

Sono passati dodici mesi, un anno della mia vita in cui mi considero come ancora in missione (una delle più difficili professionalmente in termini di impegno psicofisico) tra la meravigliosa Gente di Calabria, insieme ad intraprendenti e capaci industriali, imprenditori coraggiosi e cari cittadini di Crotone. 

In questo anno, come ricordavo, ho potuto ritrovare in città, quella umanità solidale e accogliente; voglio sottolineare ad esempio, la reale disponibilità e attenzione avuta nei confronti della Struttura Commissariale, dal Presidente della Provincia di Crotone, il dott. Sergio Ferrari che, insieme al vice Presidente dott. Fabio Manica, ai dirigenti e ai funzionari, mi hanno consentito di allocare all’interno dell’immobile sede della Provincia il mio ufficio operativo.

Purtroppo, questa umanità genuina, si scontra e si combina con un velato pessimismo, alla voglia di scappare via, di trovare altrove quel futuro che si pensa di non poter trovare in Calabria e a Crotone; ne ho avuto conferma alcuni giorni addietro quando sono stato invitato all’Istituto d’Istruzione Superiore “Ciliberto-Lucifero” di Crotone, diretto dal dirigente scolastico dott. Girolamo Arcuri, per la presentazione di una opera letteraria collettiva, dal titolo emblematico e molto significativo, “Crotone un sito di di(s)interesse Nazionale”, una reale esperienza partecipata di scrittura collettiva.

Ascoltando i giovani studenti intervenuti nel dibattito, sono rimasto colpito dal loro orgoglio di essere Crotonesi, dal loro intenso impegno scolastico e politico ma ho potuto toccare con mano la loro disillusione, la loro sicurezza nel non intravedere a breve termine, un futuro ricco di speranza per la loro città e la quasi totale certezza di dover andare via dal loro luogo del cuore, per poter vivere una vita felice.

Nel testo del libro emerge in modo netto, preciso e chiaro, uno spaccato della realtà umana, sociale e ambientale di Crotone, il cui territorio, è stato individuato e dichiarato per legge, Sito contaminato di Interesse Nazionale dal 2001; si afferma che fino ad oggi, Crotone, è stata privata dalla necessaria attenzione istituzionale, (un inaccettabile dis-interesse nazionale) riguardante un contesto territoriale e ambientale considerato senza futuro, proprio dalla forza migliore della società civile, le nuove generazioni.

Prima della cerimonia, in cui era presente il sindaco, ing. Vincenzo Voce, uno degli eccellenti autori del libro e testimonianza diretta dei fatti crotonesi e di quella voglia di cambiamento, mi sono intrattenuto a dialogare con i genitori e gli amici, dei compianti, Dodò Gabriele, Arturo Caputo e Gianluca Canonico, tre giovanissime vittime innocenti della criminalità organizzata, che non avevano e non potevano aver fatto del male ad alcuno. 

Questi pensieri del tutto comprensibili, si scontrano con il mio innato ottimismo; non mi trovo d’accordo con coloro che non credono che la città di Crotone, nel prossimo futuro, sarà migliore, più giusta e produttiva di benessere collettivo in tutti i sensi.

Il passato, quello più triste e inquinante per il territorio, è un giorno che non torna e non dovrà più ritornare.

Il presente e futuro della comunità che fu di Pitagora, sarà in un prossimo breve futuro sicuramente più denso di opportunità di lavoro qualificato, specializzato appagante generalizzato e ben retribuito.

La realtà economica, la logistica intermodale sostenibile, portuale, aeroportuale, ferroviaria, registra molte crescenti presenze operative nell’area industriale ed imprenditoriale, registrando, se pur con le molte difficoltà e criticità ambientali, redditi d’impresa e bilanci in attivo. 

Il previsto e decretato completamento degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale, deve riaccendere la speranza!

A tal proposito voglio ribadire, in questo anniversario, che non mi considerino di parte i cittadini, le istituzioni e le altre componenti del tessuto imprenditoriale e sociale crotonese; non lo sono affatto e non è mio intendimento esserlo in futuro, sono e rimarrò per sempre, dalla parte della legge, a difesa e protezione dei cittadini e città di Crotone.

Per far chiarezza del mio pensiero costruttivo di cui sono fermamente convinto posso affermare, che Eni Rewind S.p.A., nel corso di questo anno coincidente con la mia presenza a Crotone, ha manifestato molta fattiva, leale e concreta cooperazione a favore del completamento delle opere già iniziate e che, per vari motivi, non sono ancora stati completati.

Leggendo con attenzione la mole imponente di documentazione, posso affermare che le risultanze investigative, presenti in atti di inchiesta e indagini dell’Autorità Giudiziaria, hanno escluso sino ad oggi la responsabilità penale personale storica del danno da parte del Management di Eni Rewind S.p.A. ed Edison S.p.A.

Allo stato degli accertamenti e delle perizie eseguite su delega dell’Autorità Giudiziaria competente, le aree Sin non sono risultate inquinate e contaminate da parte di Eni Rewind S.p.A. né da Edison S.p.A., perché subentrati nella proprietà in tempi in cui le fabbriche e la loro attività produttive erano già state già fermate e gli impianti dismessi definitivamente. 

I cittadini di Crotone, hanno diritto di conoscere la verità derivante dagli atti ed essere informati compiutamente e correttamente senza forzature psicologiche o ideologiche di alcun genere.

Per maggiore e completa chiarezza espositiva della realtà giudiziaria, la sentenza emessa dal Tribunale Civile di Milano e datata 2012, ha ritenuto responsabile in diritto e perciò condannato, quale proprietaria delle aree risultate contaminate, la Società Eni Syndial S.p.A., obbligandola al risarcimento monetario, calcolato per equivalente e rapportato al danno ambientale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18, della legge n.349 datata 8 luglio 1986, istitutiva del Ministero dell’Ambiente e alle norme sul danno ambientale.

Occorre credere alla buona volontà della vera politica del bene comune, il governo e il parlamento hanno già deciso di aiutare e sostenere la crescita di Crotone, della Calabria.

I chiari, decretati intenti delle politiche nazionali e attività ambientali che si andranno ad attuare, nel corso dei pianificati e approvati progetti ed interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale, saranno tutti finalizzati a rigenerare e rilanciare la vita economica e sociale della bella e antica Città della Magna Grecia e di tutta la Provincia di Crotone

Questo crescente impegno a favore di Crotone e dei Crotonesi, consentirà ai giovani di essere più consapevoli e ottimisti; si stanno creando le giuste e tanto attese condizioni complessive per poter fare libera impresa sul territorio. 

Questo mio pensiero, è già stato esposto durante la mia audizione in IV Commissione Ambiente del Consiglio Regionale della Calabria; anche in quella occasione, non c’è stato un solo Consigliere Regionale appartenente ad ogni ideologia partitica e politica, che abbia manifestato contrarietà rispetto le attività della Struttura Commissariale; li ringrazio per la loro continua presenza, vicinanza, attenzione e sensibilità verso la necessaria e urgente attività di bonifica ambientale delle aree inquinate e contaminate di Crotone e Provincia.

Già in quella occasione, ed ancor di più oggi, è convinzione dello scrivente, che sia necessario progettare ed istituire, per ogni Sin regionale, un impianto di conferimento e trattamento, a gestione pubblica e con eventuale partecipazione nella fase realizzativa di capitali privati, esclusivamente dedicata ai rifiuti delle tipologie prodotte e presenti all’interno dei Siti contaminati di Interesse Nazionale.

Ai cari industriali, imprenditori e agli operatori economici presenti e operanti sul territorio provinciale di Crotone e a quelli che decideranno di insediarsi nelle aree Zes e industriali di Crotone e Provincia, lancio un invito: siate più fiduciosi di questa nuova Calabria che vuole crescere, sempre di più e in meglio, giorno dopo giorno. Questa parte sana, migliore e produttiva che già si afferma con forza in tutti i più importanti eventi nazionali ed incontri internazionali.

Il deciso concreto riposizionamento strategico della Calabria in tutti i mercati e settori della New Economy, in quegli ambiti produttivi e settori dei servizi di altissima specializzazione e qualità, saranno i modelli ideali per poter investire in sicurezza il capitale di rischio nei processi di riorganizzazione industriale e imprenditoriale, nelle attività industriali e d’impresa, che devono essere oggi, sostenibili sia economicamente che dal punto di vista ambientale.

La tutela, la rigenerazione urbanistica, la valorizzazione e la protezione dell’Ambiente, della Salute e del diritto al lavoro, saranno la vera forza economica trainante e fondante di questa rivoluzione economica della terra di Calabria.  (ee)

(Emilio Errigo è il Commissario Straordinario di Governo del Sito contaminato di Interesse Nazionale (SIN) di Crotone-Cassano allo Ionio e Cerchiara di Calabria) 

NUOVA PROVINCIA, OPPORTUNITÀ O CAOS?
SERVE UNA MAGGIORE MATURITÀ POLITICA

di MATTEO LAURIA – La questione della nuova provincia in terra jonica è emblematica del caos e dell’approssimazione che spesso dominano la scena politica e amministrativa comprensoriale. Due proposte, al momento, si contendono la scena: quella della Magna Graecia, che prevede un doppio capoluogo distribuito tra Crotone e Corigliano Rossano, basata su criteri di omogeneità territoriale e conforme alla legge Delrio (che stabilisce un minimo di 350mila abitanti per le nuove province); e quella della Sibaritide-Pollino, una proposta politica, non conforme a questa legge, che appare più come una mossa tattica in prospettiva di lotte di capoluogo.

Il punto cruciale della questione non è tanto la bontà o meno delle proposte, ma il clima di confusione e cambiamento di posizioni che sembra regnare sovrano. Ogni giorno vediamo sindaci, movimenti e rappresentanti della società civile cambiare opinione, apparentemente senza avere un’idea chiara del quadro complessivo o delle implicazioni normative delle loro scelte.

Le proposte vengono avanzate senza un confronto serio e approfondito, e spesso manca il necessario rigore per orientare le decisioni verso il miglior interesse delle comunità coinvolte. L’apparenza è che si navighi a vista, rincorrendo opportunismi locali e convenienze politiche più che una visione di lungo termine.

Preoccupante, inoltre, è la debolezza di una parte della stampa, che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale di informazione e vigilanza, ma che invece spesso si allinea a posizioni di parte, sacrificando l’analisi critica e l’approfondimento in favore di simpatie politiche o, peggio, legami personali e familiari. Un tale comportamento, quando non si basa su una solida comprensione del quadro normativo e territoriale, tradisce la funzione stessa della stampa e contribuisce a mantenere il dibattito a livelli superficiali.

L’amministrazione comunale di Corigliano Rossano, che rivendica il capoluogo, ad esempio, ha preso una posizione chiara a favore della proposta Sibaritide-Pollino, ma altre amministrazioni, come quelle di Cassano e Castrovillari, restano in un silenzio preoccupante sulla questione della individuazione del capoluogo. Questo silenzio, anziché essere interpretato come una forma di prudenza, sembra essere più il segno di una mancanza di strategia e visione condivisa.  

La speranza è che questo clima di approssimazione lasci spazio a una stagione di maggiore maturità politica. Le decisioni sulle nuove province dovrebbero essere prese con cognizione di causa, basate su dati concreti e nel rispetto delle normative vigenti, non su tatticismi elettorali o ambizioni personali.
Oggi, però, siamo immersi in una società liquida, dove si rincorrono slogan e titoli sensazionalistici, in cui la riflessione profonda e l’informazione dettagliata sono spesso sacrificati in nome della velocità e della superficialità.

E su questa superficialità si fonda il potere di chi fa politica.
Riusciremo, un giorno, a superare questa fase? O continueremo a prendere decisioni fondamentali con la stessa leggerezza con cui si sfoglia un social network?

La risposta, purtroppo, appare ancora lontana.

Nel frattempo, si auspica che i sindaci, i movimenti e le varie componenti della società civile comprendano l’importanza di una visione responsabile, che metta al primo posto il benessere collettivo e non gli interessi di parte. Solo così si potrà davvero avviare una nuova fase di sviluppo per i territori interessati, restituendo dignità e prospettiva a una Calabria che merita molto di più di questa perenne incertezza. (ml)

[Matteo Lauria è del Comitato Magna Graecia]

ALLA CALABRIA SERVONO 62 MILIARDI
PER REALIZZARE LE OPERE STRATEGICHE

di ERCOLE INCALZA La Regione Calabria è una delle Regioni del nostro Paese in cui è davvero difficile anticipare interventi che non trovano, nel tempo, una misurabile e concreta realizzazione. È una Regione che per molti anni ha ricevuto assicurazioni nella realizzazione di un centro siderurgico a Gioia Tauro, dopo il fallimento di tale ipotesi ne ha vissuto un altro con l’impegno del Governo a realizzare una centrale a carbone per lEnel.

Fortunatamente, grazie alla intuizione dell’architetto della Cassa del Mezzogiorno Alessandro Di Loreto e del fondatore del Gruppo Contship Italia Angelo Ravano, si trasformarono le finalità del nodo in un impianto logistico portuale. Ma accanto a questo esempio ce ne sono altri che sono rimasti o veri fallimenti programmatici o hanno accumulato, nel tempo, ritardi davvero inimmaginabili. Cerco di ricordarne alcuni solo a titolo di esempio: Il caso della Liquichimica a Saline Jonica. Una illusione programmatica davvero incomprensibile con investimenti realizzati, con forze lavoro coinvolte e tutto finito nel nulla; Il caso della Strada Statale 106 Jonica. Il progetto di adeguamento dell’asse viario nasce intorno agli anni ’60 e prevedeva una rilettura integrale dei circa 500 km di tracciato. Dopo praticamente oltre sessanta anni si sono completati solo alcuni segmenti. Grazie alla Legge Obiettivo sono in coso i lavori del Terzo Megalotto (Roseto – Capo Spulico) di circa 38 km per un importo di 1,3 miliardi di euro e, grazie all’intervento del Presidente della Regione Occhiuto, si sono ottenuti ulteriori 3 miliardi di euro per realizzare un altro lotto. Per completare l’intero percorso occorrono circa 9 miliardi di euro. Un asse che attualmente ricopre i primi posti nella classifica nazionale della incidentalità stradale.

Il porto di Corigliano è rimasto per ora solo l’unico porto peschereccio-commerciale dell’alto Ionio cosentino pur disponendo di due darsene, di una superficie del bacino portuale di 1,3 milioni di metri quadrati, con piazzali di 270.000 metri quadrati e con una profondità dei fondali di 12 metri. In realtà gli investimenti erano stati fatti per offrire alla Regione la possibilità di un suo ruolo strategico nell’affaccio sullo Jonio ed ora il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio Ammiraglio Agostinelli sta cercando di costruire le condizioni per un rilancio adeguato di tale impianto portuale congeniale con le sue reali potenzialità; L’asse ferroviario Jonico Reggio Calabria – Taranto lungo 472 km è a semplice binario. Il 30 agosto 2018 iniziarono i lavori di elettrificazione della linea, a partire da Sibari in direzione di Melito di Porto Salvo, con la previsione di concluderli nel 2023: in seguito tale data è stata posticipata al 2026. Mi fermo qui perché penso sia sufficiente per descrivere la limitatezza della offerta ferroviaria su un’area così vasta del territorio calabro; Il completamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria avvenuto solo grazie alla Legge Obiettivo dopo oltre trenta anni di ritardi nell’avanzamento dei lavori e con un susseguirsi di blocchi sostanziali nelle coperture finanziarie.

In realtà questi esempi da soli (ne potrei aggiungere tanti altri) portano ad una conclusione: la Regione Calabria non può, in alcun modo, cascare nel triste equivoco di credere in annunci e in promesse non supportate da fatti e da riferimenti oggettivi.

Ho voluto fare questa lunga premessa per tentare di chiarire quali siano le reali certezze sulla realizzazione dell’asse ferroviario ad alta velocità – alta capacità Salerno – Reggio Calabria.

Appena diventato Presidente della Regione Roberto Occhiuto ha chiesto ed ottenuto: Una accelerazione dei lavori della prima richiamata strada statale 106 ed una copertura di un altro lotto del valore di circa 3 miliardi di euro; piene garanzie sul mantenimento dei 10 miliardi di euro inseriti nel Piano Nazionale Complementare al Pnrr; L’avvio dei lavori del primo lotto Battipaglia – Romagnano dell’asse AV – AC Salerno – Reggio Calabria per un valore di circa 2,2 miliardi di euro.

Ebbene, pochi giorni fa abbiamo potuto leggere il seguente comunicato stampa: «La Commissione Via del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha dato disco verde alla realizzazione di due lotti del progetto ferroviario AV – AC Salerno – Reggio Calabria per un importo di 9 miliardi di euro».

Senza dubbio il lavoro della Commissione Via è stato non solo encomiabile ma è avvenuto in un arco temporale davvero ristretto. Fin qui quindi tutto positivo; ora però dovremmo avere delle certezze su una serie di altri elementi che allo stato ci vedono ancora lontani da un reale avvio dei lavori. Intanto occorrerà ancora ricevere il previsto Parere del Ministero dei Beni Culturali e poi dovranno prendere corpo le fasi legate alla gara di appalto. Ma proprio questa fase necessita di un chiarimento; occorre conoscere in modo dettagliato: Quanto consta l’intera opera da Salerno a Reggio Calabria: la stima attuale è circa 30 miliardi di euro; Quanto è il valore del lotto Battipaglia – Romagnano i cui lavori sono già partiti: 2,2 miliardi di euro con Fondi Pnrr; Quanto è il costo della tratta approvata dalla Commissione Via: la stima oggi è di circa 9 miliardi di euro.

Questo chiarimento penso sia obbligato perché del valore globale di circa 30 miliardi di euro la copertura ormai garantita è quella legata ai fondi del Pnrr pari, come detto prima a circa 2,2 miliardi di euro, mentre gli interventi relativi ai 9 miliardi di euro ultimamente approvati dovrebbero essere garantiti dalle risorse inserite nel Piano Nazionale Complementare al Pnrr. In tale Piano infatti erano previsti, per tale finalità, 10 miliardi di euro, un importo questo che è stato oggetto di una riformulazione in quanto il Pnc aveva gli stessi vincoli temporali del PNRR e quindi essendo l’intervento ancora in fase istruttoria avremmo rischiato di perdere le risorse. È proprio questa rivisitazione va chiarita per poter, davvero, contare su una reale disponibilità, sin dal prossimo anno, quando cioè disporremo di tutte le autorizzazioni nell’avvio concreto delle opere.

Poche settimane fa ho elencato sinteticamente il quadro degli interventi che dovrebbero essere realizzati in Calabria nel prossimo quinquennio; riporto di seguito tale quadro: Il completamento e la messa in esercizio delle dighe presenti nella Regione (in Calabria ci sono 24 grandi dighe, alcune non completate altre non sono adeguatamente utilizzate); La realizzazione dell’asse ferroviario ad AV – AC Battipaglia – Reggio Calabria; La riqualificazione funzionale dell’asse ferroviario jonico per renderlo omogeneo alla rete nazionale (le caratteristiche attuali sono davvero pessime); La realizzazione del Ponte sullo Stretto; La realizzazione del completamento integrale della strada statale 106 Jonica; La realizzazione di un impianto retroportuale del porto di Gioia Tauro; La realizzazione di un sistema integrato di impianti interportuali con nodi chiave a Corigliano e Castrovillari; La riqualificazione funzionale degli aeroporti di Crotone, Lamezia e Reggio Calabria; La rivisitazione, di intesa con la Regione Basilicata, delle via di accesso e degli impianti interni al Parco nazionale del Pollino

Di questo rilevante elenco di interventi allo stato sono disponibili solo le risorse destinate alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, una quota di 2,2 miliardi per un tratto, non in Calabria, della Battipaglia – Reggio (la tratta Battipaglia – Romagnano) e 3 miliardi per un ulteriore tratto della Strada Statale 106 Jonica. Invece, effettuando un’analisi dettagliata delle reali esigenze legate ai nove atti strategici prima riportati scopriamo che il valore globale si attesta su un importo di circa 62 miliardi di euro; occorrono, ripeto, 62 miliardi di euro altrimenti continuiamo ad inseguire disegni teorici che, al massimo, arricchiranno i programmi dell’attuale e delle prossime Legislature.

Lo so non è facile assicurare un volano così rilevante di risorse ma è necessario, da subito, disporre di un Piano Fonti – Impieghi, articolato e garantito nel tempo, da cui si evinca, chiaramente, che ci sono tutte le condizioni per evitare un ulteriore tradimento delle aspettative di questa Regione chiave del Paese.

Il Presidente della Regione Occhiuto, a mio avviso, non solo è convinto di un simile approccio metodologico ma finora ha fatto sempre valere la logica della trasparenza e della ricerca sistematica di tutte le possibili coperture finanziarie (Fondi privati, Fondi europei, ecc.) per offrire un impianto pianificatorio coerente alle esigenze di una realtà territoriale ricca, da sempre, di potenzialità e priva, da sempre, di una adeguata e funzionale offerta infrastrutturale. (ei)