NELLA GIORNATA DI OGGI ARRIVERANNO A ROMA CIRCA DUEMILA AGRICOLTORI PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA;
DAI TRATTORI UN URLO: NON SVENDERE A UE LA SACRALITÀ DELLA TERRA E IL SUO VALORE

DAI TRATTORI L’URLO: NON SVENDERE A UE
LA SACRALITÀ E IL VALORE DELLA TERRA

di GIUSY STAROPOLI CALAFATISe all’uomo è stata affidata una cosa preziosa, questa è la terra. Quella dura da cui da solo ha dovuto imparare a dissotterrare il pane per vivere. Rassodando la terra, i nostri padri, ci hanno consegnato nelle mani la loro vita, il sacrificio, il duro lavoro, la preghiera degli uomini retti e miti, unici ereditieri della terra; la raccomandazione di lasciare ai nostri figli un mondo migliore di come lo abbiamo trovato. Ed è per questo che, la terra, quella nera a zolle grosse, l’abbiamo rivoltata parecchie volte, prima a mani nude, poi con l’aratro, infine con i trattori per renderla meno dura, e potervi continuare a piantare il grano e, con la farina del nostro sacco, fare il pane, quella pitta sacra che attorno al tavolo riunisce la famiglia. 

Alla terra gli uomini hanno da sempre affidato ogni cosa: le gioie e i dolori. E chi l’ha bestemmiata per la fatica immane che la terra chiede, l’ha subito benedetta per quanto in cambio gli ha saputo dare: il pane e il vino. 

Abbiamo dedicato lotte di intere generazioni alla terra, abbiamo fatto battaglie ideali per tutelarla, abbiamo giurato sulla memoria di chi in nome della propria terra è nato morto, pur di renderla fertile. Per un pezzo di terra da coltivare, abbiamo pianto, siamo partiti e poi anche tornati, ci siamo fatti chiamare terroni. Noi del Sud, la terra l’abbiamo sempre difesa con le unghie e con i denti, con le spade e i bastoni, quando è servito. Giuditta Levato è stata uccisa per la terra. Incinta di sette mesi non è arretrata neppure di un millimetro davanti alle canne dei fucili dei latifondisti, e piuttosto morta nella terra, che viva senza.

Mio nonno se non fosse per il pezzo di terra che coltivava al paese, dalla Germania la famiglia in Calabria, non l’avrebbe mai più riportata. E se non fosse per quella terra lavorata da mio nonno, da mio padre non avrei mai imparato che le patate buone si fanno sottoterra e non sopra gli alberi. E oggi non avrei saputo coltivarmi l’orto, quello che produce la genuinità di cui sono testimoni i miei figli. Che dei cibi freschi dell’orto provano gusto, di quelli conservati in scatola molto meno. 

L’uomo è agricoltore dalla nascita, se solo non avesse avuto le basi dell’agricoltura, non sarebbe mai diventato l’uomo geniale che oggi tutti conosciamo, che ha salpato molti mari, scoperto l’America e arrivato persino sulla luna. Il progresso incalza, è vero, e l’uomo lo segue, ne è artefice, più che mai complice, ma l’agricoltore che c’è in lui non può modificarsi né evadere dalla sua forma mentis. Egli ha il dovere di rimane profondamente radicato alla tecnica primordiale dell’uomo agricolo.

La terra non si mercifica solo perché le lobby economiche europee hanno deciso che così deve accadere, il suo fine nemmeno; i prodotti buoni della terra hanno un protocollo genetico da rispettare, che nessuna Europa ha il diritto di riformulare. L’uomo, che è stato prima di tutto Robinson Crusoe, naufrago su una terra “margia” che per vivere sazio e non morire digiuno ha dovuto coltivare, non può perdere di vista la sua ragione, il suo status quo, egli ha l’obbligo morale di rimanere saldo nell’identità, essere illuminato dalla sapienza. Come? Giurando ancora una volta sul pane, il suo rispetto alla terra che il pane lo dona. Insomma, rimanendo fedele al suo credo.

Agricoltore non è solo colui che lavora la terra, che ara i campi, ma agricoltori siamo tutti. Chi semina nella terra e chi nella politica, chi nella scuola e chi nella pubblica amministrazione; chi semina nelle chiese e chi per strada, chi negli ospedali e chi in riva al mare, in mezzo al mare. Se dunque l’agricoltore è colui che porta avanti una produzione, il politico non deve forse produrre bene per la sua comunità? E un professore non deve produrre sapere in mezzo ai suoi studenti? E un prete? Un prete non deve forse produrre speranza per i suoi fedeli?

La Calabria è terra di agricoltori da generazioni, l’agroalimentare e il turismo rappresentano le sue due colonne portanti. Che passano a tre se al centro si pone la storia magnogreca della regione con l’iconico sito di Capo Colonna. Ed è sui trattori, spalla a spalla agli agricoltori, che oggi vorrebbe vedere scendere in campo la sua classe politica, quella dirigente, la scuola, le istituzioni, la chiesa. Finirebbero anche gli offertori altrimenti. E finiti i contadini, andrebbe perduta tutta la storia del presepe. Allora servono forza e coraggio per non svendere all’Europa la sacralità della terra che produce frutto; non liquidare l’Italia, la sua qualità, il suo valore, la sua potenza. 

Cara, Europa, l’agricoltore ha sempre salvaguardato l’ambiente e tu lo sai bene. Poteva fare meglio? Sì, certo, poteva, ma bisognava trovare una quadra unanime a questa questione. Giocare al pungo duro è una misera disfatta: per l’economia che tanto ti adoperi a salvaguardare, oltre che per le nostre vite. Quanto ai cibi sentitici, no, grazie. Farebbero bene ai tuoi conti correnti, ma non alla nostra salute. In merito ai grilli invece, sarebbe bene ascoltassi il tuo grillo parlante, piuttosto che farne farina. Tutti ne abbiamo uno. Pinocchio, io e pure tu. E non mi dire che tu non abbia mai letto Collodi, o conosciuto il burattino di legno più famoso del mondo! Ti si allungherebbe il naso. 

«Che cos’è la coscienza?» chiede Pinocchio. «Cos’è la coscienza?» risponde il grillo «Ora ti spiego… è una piccola voce interiore che la gente ascolta raramente. Per questo oggi il mondo va così male!».

Migliaia di agricoltori, allevatori e contadini sono scesi in strada in questi giorni, e ancora ci sono, e proprio perché il mondo va male; tu però non scendi mai nelle loro terre per capire com’è fatto il mondo, abbassarti fino al suolo per sentire il profumo del primo raccolto, te ne stai invece a Bruxelles, dove il raccolto arriva già trasformato. Te ne stai seduta comoda nelle tue aule parlamentari, impedita, mediante il chiacchiericcio di questo e di quello, persino a riconoscere la voce di chi protesta per lavorare, costretto a non lavorare per protestare. 

Non sei forse un agricoltore anche tu? Non è forse tuo il compito di produrre bene ogni forma di bene? Se il contadino non coltiva, non si mangia, e dover lasciare incolto un pezzo della sua terra per accedere ai tuoi fondi è ignobile, turpe e vergognoso.

In nome dell’unità, della solidarietà e dell’armonia tra i popoli dell’Europa, pianta nella ‘terra’, oggi, la tua bandiera. Al Sud, per raccontare gli uomini basta guardare la terra. Essere parte di essa e non corpi estranei. Tutto passa dalla terra: la vita e la morte. La terra dà e la terra prende. Ma se questa viene trattata avidamente, allora potrebbe fare cose terribili. (gsc)