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Franco Zagari

Il dibattito di Calabria.Live sul Ponte / L’opinione dell’arch. Franco Zagari

di FRANCO ZAGARI –  Torna, a sorpresa dei più, nelle urgenze della cronaca la vicenda del Ponte dello Stretto di Messina. Il dibattito fra i pro e i contro si è riacceso per un recente orientamento a favore di gran parte del Parlamento,  che pur nell’incertezza dei reiterati attacchi da parte del covid con colpi di coda con varianti senza fine ha espresso l’idea che il Ponte potrebbe essere un’opera che favorisca la ripresa. L’argomento chiave in questo senso è che l’opera sarebbe in grado di poter giocare in modo competitivo nel mondo ad una scala progettuale che è propria del nostro DNA creativo, che altrimenti le sarebbe invece preclusa, mentre da un punto di vista della ingegneria istituzionale non è la prima volta che questa “economia di scala” si manifesta come un’opzione conveniente in coincidenza con improvvise grandi disponibilità di finanziamento pubblico.

Rivedo alcuni appunti di un passato nel quale questa discussione ci ha inghiottito, da una parte come dall’altra un baratro di atti mancati, nel quale abbiamo sprecato inventiva, fantasia e fiducia sempre spostando il quadro cognitivo e critico da argomenti appropriati a una montagna di statistiche strumentali e astratte, numeri su numeri invece di concetti e di idee.

Per quanto si sia parlato, discusso e spesso urlato molti argomenti seppure evidenti sono rimasti in ombra.

Per cominciare bisogna avere il coraggio di riporre delle domande partendo dai valori universali che l’opera rappresenta della nostra cultura e della nostra civiltà chiedendoci:

• bellezza: in primjs se è bella quanto potrebbe e dovrebbe essere,

• dignità: se è testimonianza sociale della dignità del lavoro umano,

• città: se è la spina dorsale di una città da mezzo milione di abitanti,

• arte: scienza, servizi. Se è il motore che può mettere in tensione vocazioni di grande città europea,

•ascolto: se vi è un ascolto profondo delle ragioni del luogo,

• orientamento geografico e nuova centralità strategica.

Sono questi i principi che possono dare significato a un’opera di questo respiro.

L’ultimo progetto. perché non riconoscere che era insopportabilmente brutto, anche se l’equilibrio strutturale pare sia rimasto insuperato per molto tempo? Perché non ammettere che le numerose aree per cave e depositi temporaneamente asservite al cantiere sarebbe stato quanto mai utile farne un sistema permanente di parchi pubblici come compensazione elementare della nuova infrastruttura,  sottrazione a prevedibili future pressioni speculative?

Perché non ammettere che su sessanta chilometri di ferrovie urbane di raccordo fra l’alta velocità e i centri abitati, una metropolitana di fatto dell’area dello Stretto si potevano prevedere stazioni per rendere questo servizio strutturale del sistema locale dei trasporti?

Ma, soprattutto perché parlare così poco della rivoluzione amministrativa che il ponte potrebbe servire di una unica città federata dello stretto di 500.000 abitanti, con risorse e servizi incomparabilmente superiori a quelli presenti?

Quando mai si è parlato in modo critico del progetto?

La dimensione spaventa, troppo grande, troppo costoso. Ma tutti sappiamo quanto siano temporanei questi limiti, pensate alle torri in costruzione che ogni giorno in tutto il mondo si contendono primati in altezza con continuità. Oltre all’ambizione e alla superbia altri motivi spingono in questa corsa, ad esempio che una grande opera comporta un’organizzazione del mercato produttivo delle cose come delle idee che ha un vasto indotto sia orizzontale, l’emulazione, la creazione di capacità e competenze del tutto nuove, sia verticale, tutte le filiere collegate della componentistica.

In ogni civiltà, da quando l’uomo si è messo in movimento mosso da un desiderio di scambio e di dialogo, in pace come in guerra, Il ponte, è uno dei massimi temi nei quali si esprimono le conoscenze dell’arte e della tecnica, sia in senso pratico che simbolico. È qualcosa di sacro, è quel tratto di fantasia, magia e follia che fra limite e attrazione stabilisce nello spazio la tensione fra due entità tesa a scoccare come una scintilla. È qualcosa di indicibile, Michelangelo lo ha descritto nella Cappella Sistina come il principio stesso  della creazione di Adamo.

È solo partendo da qui che credo si debba affrontare un tema del respiro del ponte dello stretto di Messina, con la stessa sacralità e la stessa carica simbolica che credo siano la sua grande vera utilità, la sua misura tecnica e economica.

Certamente molti non vedono l’ora di rigiocare l’eterna partita del pro e del contro con schieramenti effimeri perché quello che serve non è tanto avere una posizione, che gli interessi sono così complessi da essere difficilmente rappresentabili  con contrasti troppo assertivi, ma avere comunque titolo a parlare questo sì, per spazi dialettici del tutto estemporanei, strumentali a politiche di piccolo cabotaggio locale.

Ho letto con interesse le argomentazioni di Sergio Dragone su Calabria.Live, le condivido soprattutto per lo spirito diverso con il quale propone di riaprire una discussione spostando il centro della questione sul valore simbolico che l’opera verrebbe ad avere e sul prestigio conseguente nell’opinione pubblica, in Italia e all’estero, probabilmente trovando adesione in massima parte in chi ne può vedere una prospettiva come effetto progressivo nella propria vita, penso ai giovani, e a chiunque un lavoro debba oggi inventarlo perché attualmente non c’è.

Ponti e cattedrali. Come tante imprese umane il ponte è ineluttabile, questo penso che lo sappiano tutti, prima o poi si farà, il problema è se bene o male: Motivazioni estetiche, etiche, di conoscenza devono convergere in paesaggi che ritrovino un naturale spontaneo equilibrio fra attività, flussi e comportamenti della storia come del tempo presente, questo è il punto.

Nessuna ambizione deve apparire eccessiva.  L’opera è costosa? Troppo difficile, troppo complessa? All’Ordine di Roma Silvio Salvini il 15 luglio scorso ha proposto questa sfida con uno spirito del tutto nuovo. Bellezza, Dignità e Ascolto ecco i valori di una città di fronte alla sua storia e ai problemi del nostro tempo.

[Franco Zagari è uno dei più famosi architetti italiani. Paesaggista è conosciuto e apprezzato in tuto il mondo]