OLTRE IL MEDITERRANEO, NIENTE MIOPIE
UNO SGUARDO DAL PONTE DELLO STRETTO

di ENZO SIVIERO – Il tema del rapporto Nord-Sud non riguarda la sola Italia. Si tratta di un atteggiamento culturale (o meglio in-culturale…) che attraversa le genti e i luoghi perdendosi nella notte dei tempi. Ma il caso Italia merita una particolare attenzione sia per l’avvenuta globalizzazione sia per il fiume di denaro che l’Europa ha stanziato per il nostro Paese proprio a partire dalle acclarate diseguaglianze che ci connotano.

Tanto palesi da orientare l’Europa come ben noto, a riservare una quota del 40% proprio al Sud. Pur tuttavia con il “gioco delle tre carte” (che vogliamo sperare sia frutto più di necessità che di vera e propria volontà vessatoria), sembra ai più che al Sud siano stati finanziati con i fondi del Pnrr, molti progetti già in itinere (e quindi già finanziati con altri capitoli di spesa) e conseguentemente definanziati, sottraendo di fatto risorse già allocate. Non vogliamo pensar male, ma qualche dubbio sembra lecito… vedremo prossimamente quale sarà il reale quadro della situazione.
Con questa premessa si intende fare chiarezza sui diversi punti di vista tra nord e sud , con un occhio non miope verso, o meglio oltre, il Mediterraneo. Se è vero come nessuno può negare che l’Italia è il molo naturale verso il Mediterraneo, ad una visione strategica che interessa già l’oggi (e siamo già notevolmente in ritardo) ma soprattutto le prossime generazioni, non può negarsi che sia l’Africa il vero futuro dell’Europa! Ed è ovvio che da questo come da molti altri punti di vista, in questa prospettiva geopolitica è l’Italia a giocare il ruolo principale utilizzando quel “ponte liquido” che è il Mediterraneo, come è stato nel passato più o meno recente e com’è oggi ancor più pregnante visto anche il raddoppio del Canale di Suez. Non a caso Turchia (e lo stesso Egitto…) unitamente a Russia e Cina stanno pressoché spadroneggiando nel Mare (non più) Nostrum approfittando di un’Europa intrinsecamente debole, incapace di una politica unitaria visti gli interessi contrastanti di taluni, non pochi, suoi membri.

Ebbene il Sud è indiscutibilmente il vero trampolino di lancio verso l’Africa, così come l’Africa si proietterà verso l’Europa tramite il Mezzogiorno. In una prospettiva geostrategica gli investimenti al sud sono vieppiù necessari certamente per lo stesso sud ma anche e soprattutto per il nord che avrebbe tutto da guadagnare per la propria vocazione oggi mutata dovendo guardare a sud sia per le proprie esportazioni verso il nuovo immenso mercato africano sia per ricevere e far transitare le merci verso il centro e il nord Europa anziché come avviene oggi riceverle dai porti tedeschi e olandesi ben attrezzati per accogliere le navi in transito nel Mediterraneo.

Ma vi è di più in una prospetto ancora più ampia, guardando a Est con le vie della seta (: ) la Cina approda al Pireo con la prospettiva di raggiungere tramite i Balcani, e nuove infrastrutture ferroviarie ormai in esecuzione, il centro Europa . E così l’Italia (non solo il Sud) resterà tagliar fuori. Altro che Marco Polo o Matteo Ricci!

Immaginando anche collegamenti stabilì Tunisia Sicilia (TuneIt) e Puglia Albania GRALBeIT) che da oltre un decennio vengono proposti da chi scrive senza alcun riscontro da parte di chi ci governa, l’ingegneria visionaria (ma non troppo…) che ha fatto la storia del progresso, il Sud e l’Italia stessa sarebbero la cerniera tra tre continenti Africa Europa Asia. Ovvero una eccezionale piattaforma logistica ben più importante a livello globale, andando oltre il Mediterraneo.

È chiaro quindi che con questi presupposti il Ponte sullo Stretto di Messina è un piccolo ma fondamentale tassello di un disegno più complesso (indiscutibilmente praticabile purché lo si voglia…) capace di dare prospettive concrete per i nostri giovani (soprattutto del sud) perché restino a costruire il proprio futuro a partire dai loro lunghi di origine. Senza contare che il crescente indebitamento che ricadrà sulle generazioni future, potrebbe non essere sufficiente a ridare al Sud e all’intera Italia quella lucentezza che merita. Non limitiamoci al Sole al Mare alla cultura e al turismo.

Il Sud È il nostro futuro. Da questo punto di vista (e non solo…) il ponte di Messina va visto come asset strategico per l’Italia che guarda al Mediterraneo. Ormai tutti (o quasi..) si sono convinti che il futuro dell’Italia passi dal Mediterraneo per proiettarsi verso l’Africa. È del tutto evidente che in questo quadro geostrategico il ruolo della Sicilia e dell’intero Meridione è cruciale e con esso il Ponte sullo Stretto di Messina diventa fondamentale e improcrastinabile. Del resto il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia è da decenni sancito dall’Unione Europea come parte del corridoio Berlino Palermo più di recente ridenominato Helsinki La Valletta.

Ne consegue che i tentennamenti dell’Italia verso quest’opera, con ricorrenti “stop and go” puramente politici, sono del tutto incomprensibili a livello europeo. Ora finalmente è giunta la conferma della necessità di un collegamento stabile. E le attività connesse al riavvio dei cantieri sono ormai una certezza. Del resto giusto per tornare su cose note ma su cui i NoPonte tornano in modo ricorrente senza pudore, il ponte a campata unica ha avuto il placet tecnico ma uno stop politico da parte del governo Monti generando un pesante contenzioso da parte del contraente generale Eurolink fortunatamente annullato con la ripresa del contratto iniziale.

Ebbene voglio qui richiamare a futura memoria ciò che scrivevo un paio di anni fa in merito alla discussione allora in atto in parlamento prima delle elezioni.“Ma ecco spuntare l’ennesimo ostacolo. Archiviata la proposta “assurda” di un tunnel , “non volendo” incomprensibilmente accettare la soluzione più logica di aggiornare il progetto definitivo già approvato (tempo pochi mesi) ed eventualmente indire una nuova gara, si da credito ad una soluzione già bocciata da decenni come esito degli studi di fattibilità propedeutici all’indizione della gara internazionale (vinta da Eurolink ). Ovvero un Ponte con piloni a mare così giustificato “presumibilmente ti costa meno”. Affermazione priva di riscontro oggettivo.

Certamente censurabile in un documento ufficiale. Tanto più che per valutarne la realizzabilità sono necessari studi e indagini molto estesi e costosi! Ma tant’è! Se non vi è consenso politico c’è sempre qualche “tecnico” pronto ad avallare i voleri del ministro di turno! Ma quel che più indigna è il fatto che non viene spiegato in linea tecnica il perché di debbano spendere altri 50 mln per studi di fattibilità già sviluppati nel passato (con non marginali profili di danno erariale), studi che semmai andrebbero aggiornati. E come giustificare gli oltre 350 mln spesi dallo Stato per il progetto definitivo a campata unica? Va ricordato che il progettista è la danese Cowi e la verifica parallela indipendente sviluppata dalla statunitense Parson, società con decine di migliaia di dipendenti e con acclarata esperienza su ponti di grande luce, a livello mondiale.

Ma vi è di più, abbandonando il progetto iniziale. l’ulteriore ritardo nell’inizio dei lavori per la realizzazione dell’opera è valutabile in almeno 5 anni. Orbene procrastinare nel tempo una infrastruttura strategica come questa (del valore di 5-6 mld per il solo Ponte), significa penalizzare ulteriormente il Mezzogiorno. Mentre il costo dell’insularità è stimato in oltre 6 mld (ovvero un Ponte all’anno).

I livelli occupazionali sono valutati in decine di migliaia. E il solo indotto fiscale conseguente agli investimenti sulla “metropoli della Stretto” consentirebbe un rientro in pochi anni dei costi che lo Stato dovrebbe sostenere. Va da se (ma non sembra così chiaro a taluni contrari all’opera) che sarebbe ridotto drasticamente l’inquinamento dello Stretto senza contare gli attuali rischi per la sicurezza conseguenti alle possibili collisioni dei traghetti.

L’amara conclusione è che si “buttano” centinaia di milioni per ripartire da capo, ignorando le conseguenze di un ulteriore ritardo. Perché queste decisioni “masochistiche”? La quasi totalità dei tecnici “qualificati” e non asserviti alla politica la pensano allo stesso modo. (es)

[Enzo Siviero è Rettore E-Campus]

«E VOGLIONO PURE IL PONTE»: PREVALGONO
INCOMPETENZA, IGNORANZA E MALAFEDE

di PIETRO MASSIMO BUSETTAPuò essere che Gentiloni non abbia una visione d’insieme? Può essere che dal suo osservatorio privilegi alcuni indirizzi e perda di vista la proiezione di sviluppo complessiva? La sua affermazione circa l’esigenza di concentrarsi sul Pnrr piuttosto che sul ponte sullo stretto di Messina o sulla flax tax dà la sensazione di una mancanza di visione globale.

«In Italia riusciamo a dare enorme attenzione a molti problemi che talvolta non sono dietro l’angolo, come il Ponte sullo Stretto e la flat tax, ma c’è un tema di enorme importanza come il Pnrr, che non mi sembra sufficientemente al centro delle attenzioni», sono state le sue parole. A parte la considerazione che il ponte sullo stretto è diventato ormai la pietra di paragone di qualunque affermazione, stupisce che anche un commissario europeo, che di visione ampia dovrebbe vivere, si muova come un qualunque e improvvisato commentatore, che di fronte ad ogni problematica non sa fare altro che dire: “e vogliono il ponte sullo stretto”. 

Se c’è un terremoto, dopo qualche secondo che la notizie viene diffusa dalle agenzie, il commento sui social di dichiarazioni avvertite dicono: “e vogliono il ponte sullo stretto”. 

Se c’è un’alluvione o le case a Ischia o nel messinese vengono sommerse da una  frana,  dopo qualche minuto, la frase di rito è sempre la stessa. 

E che tutto questo possa essere patrimonio dei commentatori della domenica ci può stare, ma che è un Commissario all’economia dell’Unione, rispetto ai ritardi che si stanno accumulando sul PNRR, ma che arrivano da lontano dalle impostazioni generali del piano di ripresa e resilienza che la stessa Unione Europea ha approvato, possa dire “e volete la flax tax o volete il ponte” dimostra o un’insufficienza ed una inadeguatezza non sospettabile oppure che da commissario super partes il nostro, già Presidente del Consiglio, si sia iscritto al partito del no  e abbia perso un’occasione di stare zitto. 

Era facile rispettare i termini che l’Unione aveva dato per incassare le prime tranches del Pnrr, ma mano che il tempo passa e che le scadenze si cumulano ovviamente sarà sempre più difficile rispettare la tempificazione voluta dall’Unione, soprattutto in considerazione del fatto che molte delle amministrazioni locali, che devono essere il motore per la richiesta e la spesa delle risorse messe a disposizione, soprattutto nel Sud, sono assolutamente inadeguate, poiché da anni continuano per problemi di risorse disponibili a depauperare il proprio patrimonio di capitale umano a disposizione, per cui spesso non esiste nemmeno un ufficio tecnico ma un ingegnere capo che presta la sua attività, contemporaneamente, per più comuni. Nel frattempo a mò di corvi, molti da Sala a Toti si dichiarano disponibili ad utilizzare le risorse che il Sud non riesce a spendere, come era ampiamente prevedibile. 

Invece di offrirsi in aiuto ai sistemi più periferici e che si dimostrano inadeguati all’effettuazione degli investimenti necessari si candidano a lanciarsi sui cadaveri accumulati per sbranare le carni già deboli. 

Il coro si amplia con lo stesso De Benedetti che, dalla sua residenza Svizzera e forte del suo quotidiano, fondato recentemente seguendo la strada di quella impresa provinciale italiana che pretende di avere una sua voce, che poi spaccia come indipendente ed autonoma, dichiara: «D’altra parte, abbiamo un ministro delle Infrastrutture che vagheggia le mirabolanti potenzialità del ponte sullo Stretto di Messina, mentre non abbiamo i soldi per farlo e non serve a nessuno, se non alle mafie per arricchirsi sugli appalti. Le cosiddette «grandi opere» sono fumo negli occhi, un insulto all’intelligenza del popolo che si pretende di impressionare con sfoggi di presunta potenza edificatrice»,  dimostrando di non aver capito nulla della geopolitica dei prossimi anni che vede nell’Africa e nei rapporti con l’Estremo e il Medioriente la chiave di volta per diventare quella piattaforma logistica che naturalmente siamo, ma che la miopia di una classe dirigente nazionale si è fatta sfuggire di mano, regalandola agli improbabili frugali olandesi piuttosto che a Tangermed o al Pireo. 

A Gentiloni risponde a muso duro Matteo Salvini: «Da un commissario europeo mi aspetto aiuti e proposte, non polemiche. Oltretutto rivolte al suo Paese, dichiara il leader leghista. Perché tagliare le tasse e fare piccole e grandi opere è quello per cui mi pagano ed è il futuro del Paese. Da un commissario europeo mi aspetto consigli, suggerimenti su come non perdere neanche un euro di questo Pnrr, magari rivedendo tempi e modalità di spesa».  

Per fortuna al di là delle esternazioni di un commissario europeo che scivola su un’affermazione che riguarda il Sud, ma anche il Paese, tanto con i parenti poveri ci si può consentire di tutto anche di dar loro qualche schiaffo ogni tanto, vi sono a supporto di un Matteo Salvini, dichiarazioni di altri componenti la maggioranza. 

Egli intanto sta spendendo sul ponte tutta la sua credibilità, per cui dobbiamo assolutamente supportare questa sua determinazione, perché gli alberi si riconoscono dai frutti che danno e se il frutto è quello del ponte sullo stretto è certamente un frutto buono per il Mezzogiorno e per il Paese. Arriva infatti un assist della senatrice Ronzulli che riprendendo l’idea sempre sostenuta da Berlusconi che in verità aveva fatto partire l’opera afferma che  «il Ponte sullo stretto rappresenta un’infrastruttura fondamentale per il futuro dell’Italia, per unire il Mediterraneo all’Europa» e quindi «ora è opportuno adottare procedure, se necessario commissariali, che superino i vincoli burocratici e la stratificazione normativa che rallentano o bloccano la realizzazione delle opere pubbliche».       

Purtroppo quello che è incomprensibile e che viene in qualche modo sostenuto da molti e l’idea che ci debba essere una presa di posizione da parte di tutti su quello che risulta soltanto un collegamento necessario per consentire che l’alta velocità arrivi da Milano a Palermo, che vi sia una sana competizione tra aria e ferro in maniera da evitare lo scandalo dei prezzi dei biglietti da pagare per arrivare a Roma, equivalente  il Palermo Roma ormai a quello che serve per fare il Roma New York. 

Pensi il nostro Commissario Europeo a far si che parte delle opere necessarie per il ponte, perlomeno quelle a terra si possano finanziare col Pnrr, invece di abbandonarsi a dichiarazioni fuori tempo e fuori luogo.Sperando che il Governo non torni indietro sulle sue decisioni utilizzando quel “salvo intese” molto pericoloso, e che le voci delle correzioni del DL, circolate, riguardino soltanto piccoli aggiustamenti. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Dopo il decreto sul Ponte sullo Stretto tra esultanza e pessimismo

Dopo il via libera del Consiglio dei Ministri al Decreto Ponte presentato dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, si sono registrati, a seconda delle contrapposte posizioni, entusiasmo e pessimismo. Tra i primi a esultare per la ripartenza del progetto, è il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi: è un progetto concreto, che rappresenta l’idea di futuro che abbiamo sempre avuto. Già 20 anni fa  – ha scritto in un post su Instagram – con il mio governo avevamo pronto il progetto, un’opera strategica che si sarebbe realizzata se la sinistra non fosse intervenuta con la politica dei no».

«Questa volta non ci fermeranno – ha evidenziato –. Sarà un ponte che collegherà la Sicilia non solo alla Calabria, ma anche all’Italia e all’Europa intera: con il nuovo collegamento si metterà in moto un volano per l’economia siciliana che garantirà occupazione a più di centomila persone e la Sicilia potrà così diventare una base per la logistica dei trasporti internazionali in arrivo dal Mediterraneo. È un’altra promessa agli italiani che siamo finalmente in grado di mantenere».

Il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha definito il Ponte «un’opera ingegneristica capace di un’attrattività smisurata».

«Avviare, dopo decenni di tentativi andati a vuoto – ha spiegato Mancuso – la realizzazione di un’opera così prestigiosa, innalzerà la reputazione dell’Italia nello scenario internazionale. Consentendo alla Calabria e alla Sicilia, con l’attraversamento stabile dello Stretto, l’Alta Velocità ferroviaria e la modernizzazione delle altre infrastrutture, così come richiesto dal presidente Occhiuto, di valorizzare la loro posizione strategica nel Mediterraneo e di aprirsi al futuro».

«Sarà – ha concluso – un’opera ingegneristica che, una volta realizzata, oltre agli effetti positivi per lo sviluppo dell’intera area, potrà essere una delle grandi meraviglie del mondo con una capacità attrattiva smisurata».

L’assessore regionale alle Politiche Sociali e Infrastrutture, Emma Staine, ha parlato di «un risultato importante raggiunto dalla Lega che rappresenterà per la Calabria una grande opportunità di sviluppo e avrà una ricaduta positiva sull’economia locale».

«Le opere pubbliche, infatti – ha proseguito – costituiscono un pilastro fondamentale per il rilancio dei territori. Finalmente il Mezzogiorno, in particolare Sicilia e Calabria, potrà mettersi in pari con il resto del Paese e recuperare un ritardo infrastrutturale non più tollerabile».

«Ringrazio il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini per l’impegno profuso nella realizzazione di questa grande opera – ha concluso – strategica per l’intero Paese, che sarà finalmente collegato nella sua interezza».

Giuseppe Mangialavori, deputato di FI e presidente della Commissione Bilancio, ha ricordato che si tratta di «un’opera strategica che, connettendo Calabria e Sicilia, rappresenta un volano economico per tutto il Mezzogiorno, in particolare sotto il profilo occupazionale e commerciale».

«L’opera – ha continuato – ha forti impatti sistemici sia dal punto di vista culturale, perché invertirà la tendenza che vede il Sud più indietro nello sviluppo infrastrutturale, sia sul piano della logistica».

«Il Meridione – ha concluso – ha l’opportunità di diventare la piattaforma strategica al centro del Mediterraneo in un crocevia fondamentale per il traffico merci internazionale». «Aveva ragione il presidente Berlusconi a proporlo primo tra tutti 20 anni fa e fa bene oggi il governo a metterlo tra le priorità».

Per il senatore di FI, Mario Occhiuto, ha detto che si tratta di «un obiettivo qualificante per gli Esecutivi guidati da Silvio Berlusconi, che avevamo cominciato a compiere ma poi la sinistra ha puntualmente interrotto».

«L’opera darà lavoro a migliaia di persone – ha continuato – creando un indotto per la nazione di 100 miliardi in trent’anni, riducendo l’inquinamento e consentirà di portare l’alta velocità ferroviaria in Sicilia velocizzando il transito di persone e merci».

«Ora siamo di fronte ad una svolta – ha evidenziato – anche grazie all’azione determinante del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. Si tratta di un’infrastruttura che toglierebbe la Sicilia dall’isolamento, rendendo la Calabria una fondamentale terra di passaggio, porterebbe Italo e Frecciarossa sull’isola, permetterebbe la costruzione dell’alta velocità Napoli-Palermo nel corridoio di Berlino, potenzierebbe enormemente i porti di Sicilia e Calabria, permetterebbe alle aziende di stabilirsi in Calabria e Sicilia per fornire merci, ridurrebbe fino a sei ore i transiti nello stretto durante gli esodi e tantissimi altri vantaggi, con decine di migliaia di posti di lavoro e liquidità immessa nel sud Italia fino a 10 miliardi. Un’opera fondamentale che deve essere fatta il prima possibile per il bene di questa terra».

Il ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, ha ribadito che il Ponte sullo Stretto «non è un capriccio, ma la necessaria soluzione per consentire continuità al corridoio che, dal Nord Europa, deve arrivare a Palermo».

«Il Ponte – ha proseguito – non avrà ricadute positive solo per la Calabria e la Sicilia, ma serve a dare al Mezzogiorno la funzione di base logistica dell’Europa nel Mediterraneo, perché oggi il Mediterraneo non è più un mare di frontiera, ma di cerniera e dal punto di vista della crescita economica può diventare il motore di crescita delle regioni del Sud».

Il Ponte sullo Stretto, per il commissario regionale della Lega, Giacomo Saccomanno, rappresenta «un’opera imponente che segnerà una nuova era di progresso e sviluppo per l’Italia».

«Il Ponte sullo Stretto– ha proseguito – rappresenta una risposta concreta alle esigenze di 5 milioni di siciliani e 2 milioni di calabresi, migliorando la connettività tra le due regioni e promuovendo lo sviluppo socio-economico del territorio. Il progetto, inoltre, contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico, riducendo le emissioni di CO2 di almeno 140.000 tonnellate e salvaguardando l’ambiente».

«L’opera  – ha spiegato – favorirà l’efficienza nei trasporti e la mobilità, riducendo i tempi di percorrenza e promuovendo lo sviluppo di nuove linee ferroviarie ad alta velocità. Il ponte diverrà, inoltre, un simbolo di eccellenza ingegneristica italiana e un’attrazione turistica di eccezionale richiamo, valorizzando il patrimonio culturale e naturale delle regioni coinvolte».

«Il progetto del Ponte sullo Stretto – ha detto ancora – gode dell’approvazione e della partecipazione delle istituzioni europee e prevede un rigoroso controllo degli appalti per garantire trasparenza e legalità nella realizzazione dell’opera. Con l’approvazione del progetto esecutivo entro l’estate 2024, si darà il via alla costruzione del ponte, avvicinando sempre più la realizzazione di questa storica infrastruttura».

Il referente della Lega della Piana di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, ha evidenziato come «si sta finalmente dando una risposta concreta alle aspettative di 5 milioni di siciliani e 2 milioni di calabresi, migliorando la connettività tra le due regioni e promuovendo lo sviluppo socioeconomico».

Bellofiore ha evidenziato come «il progetto del ponte contribuirà alla salvaguardia dell’ambiente, riducendo l’inquinamento atmosferico e marino grazie all’evitata emissione di almeno 140.000 tonnellate di CO2. Inoltre, il ponte permetterà un’efficienza maggiore nei trasporti, con un risparmio di tempo significativo per automobilisti, autotrasportatori e viaggiatori su rotaia».

Il Referente Lega Calabria Piana di Gioia Tauro ha messo in risalto anche l’importanza del potenziamento delle linee ferroviarie ad alta velocità, in particolare tra Palermo, Catania, Messina e Salerno-Reggio Calabria, che sarà facilitato dalla realizzazione del ponte.

L’opera, che prevede la presentazione del progetto esecutivo entro l’estate del 2024, «è il frutto di un impegno costante e determinato di Salvini e della Lega  – si legge nella nota – nel promuovere lo sviluppo delle infrastrutture e la crescita economica del Sud Italia. Il cantiere creerà oltre 100.000 posti di lavoro, dando un impulso significativo all’occupazione e al benessere delle comunità locali».

Renato Bellofiore riconosce il ruolo determinante di Salvini e della Lega nel portare avanti questo storico progetto, che apporterà numerosi benefici alla popolazione, all’ambiente e all’economia locale, contribuendo al progresso e ad una maggiore unità dell’intera Italia.

Silvia Bono, già senatrice di FI, ha evidenziato come l’approvazione del Decreto Ponte è «il punto di partenza per un’opera infrastrutturale ora strategica e inserita nel Piano nazionale e che permetterà la realizzazione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia».

«Un lavoro cominciato durante la scorsa legislatura con la costituzione dell’intergruppo parlamentare, che sono onorata di aver creato e guidato nelle azioni politiche e che ha riportato con forza l’attenzione su questa opera ingegneristica di grande valore per il nostro Paese».

«Il decreto di oggi (giovedì ndr), grazie all’operatività del governo di centro destra, è una svolta epocale soprattutto per quello che rappresenterà a livello di sviluppo economico e sociale che parte finalmente dal Sud».

«Ringrazio il Presidente Berlusconi – ha concluso – che per primo ha riconosciuto l’importanza di quest’opera infrastrutturale, e continuerò a lavorare in Forza Italia, come ho fatto fin da subito proponendo anche il ddl sul ponte che prevedeva di inserire quest’opera nell’albo nazionale delle opere infrastrutturali strategiche, per sostenere lo sviluppo economico-sociale direttamente legato alla realizzazione dell’infrastruttura e di tutte le opere di compensazione».

Il Comitato Ponte Subito ha parlato di «giornata storica per il Ponte sullo Stretto di Messina: con il decreto legge approvato dal governo Meloni, il grande sogno del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia torna a materializzarsi in modo concreto».

Il Comitato, inoltre, ha sottolineato la rapidità «con cui questo governo, trainato dalla tenacia del ministro Salvini, in meno di cinque mesi ha bruciato le tappe e recuperato oltre undici perduti per la balorda politica dei ‘no’».

«Il decreto legge di oggi (ieri ndr) – prosegue il comitato che si batte per la realizzazione dell’opera – determina il riavvio delle attività di programmazione e progettazione del Ponte in modo molto pratico: finalmente si torna a parlare della grande opera dello Stretto dal punto di vista tecnico e operativo. L’elemento principale è il cronoprogramma di realizzazione, che prevede la relazione di adeguamento del progetto definitivo e l’approvazione del progetto esecutivo entro il 31 luglio 2024, cioè tra poco più di un anno».

«La posa della prima pietra è quindi vicinissima: la cantierizzazione delle prime opere accessorie – continua il Comitato – potrà infatti precedere abbondantemente l’approvazione del progetto esecutivo. Nel decreto si fa esplicito riferimento anche alla copertura finanziaria dell’investimento, alle tariffe del pedaggio e all’aggiornamento del piano di espropri. Particolare importanza ha l’istituzione di un comitato scientifico che guiderà le attività tecniche e progettuali: il decreto sancisce che opererà secondo principi di autonomia e indipendenza, e siamo certi che sarà la massima espressione delle straordinarie eccellenze ingegneristiche che esalteranno le qualità della scienza italiana per la realizzazione della grande opera che diventerà il più importante simbolo virtuoso dello sviluppo e della modernità del nostro Paese in tutto mondo».

«I progettisti – si legge nella nota – avranno l’occasione per adeguare la qualità architettonica delle opere infrastrutturali di raccordo tra il Ponte e l’asse stradale e ferroviario calabrese e siciliano: una lunga serie di ponti, viadotti e gallerie che nel passaggio al progetto esecutivo potranno essere migliorati all’insegna delle più moderne tecnologie e soprattutto dello stile contemporaneo di integrazione delle grandi infrastrutture architettoniche nel contesto paesaggistico dei luoghi».

«Con enorme e rinnovato entusiasmo – ha concluso il Comitato Ponte Subito – non solo Calabria e Sicilia ma l’Italia intera può tornare a guardare al futuro con prospettive di fiducia per crescita e sviluppo infrastrutturale, economico, culturale e sociale».

Gli ambientalisti al contrattacco

Per Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, «il progetto del Ponte sullo Stretto, a campata unica di 3.300 metri, è irrealizzabile in particolare per il trasporto ferroviario, come confermato dalla commissione nominata dall’ex Ministro Giovannini».

«Alla fine, il progetto esecutivo del ponte – ha aggiunto – si scoprirà non essere realizzabile, specie per i treni: il ponte a campata unica con linea ferroviaria più lunga finora realizzato in Turchia supera di poco i 2000 metri, secondo i dati del Ministero dei Trasporti. Il decreto di ieri, pertanto, espone i conti pubblici in assenza di piani di fattibilità economica e per questo presenterò un esposto alla Corte dei Conti. L’unico obiettivo di questo progetto squinternato sembra essere quello di assicurare stipendi ai membri del CdA senza alcuna garanzia di fattibilità e rifinanziare progetti milionari futuri, mentre il Sud ha altre priorità».

«Chiunque conosca la Sicilia e la Calabria – ha continuato – sa in che situazione versano le infrastrutture di quei territori: ferrovie che non esistono, ponti crollati e non ricostruiti, strade nel dissesto più totale, acquedotti e depuratori che mancano o non funzionano. Per arrivare da Messina a Trapani in treno, ci vogliono tra le 8 e le 9 ore per fare poco più di 300 km. E per arrivare da Palermo a Trapani, 100 km, si impiegano 4 ore, con treni che vanno a 40 all’ora e alcuni sono ancora alimentati a gasolio».

«Con i 10 miliardi che si prevede di spendere per la realizzazione del Ponte – ha concluso Bonelli – si potrebbero acquistare 175 treni intercity e 500 regionali o sistemare gli acquedotti e le reti idriche, per un costo di 7,2 miliardi».

«Un’inutile opera faraonica che in tutti questi anni è costata al Paese tra studi, consulenze e stipendi della società stretto di Messina circa un miliardo di euro». È così che Legambiente ha definito il Ponte sullo Stretto, criticando, aspramente, l’approvazione del decreto in Consiglio dei ministri.

Per l’Associazione, infatti, «la vera urgenza da affrontare in un decreto-legge è la partenza di quei cantieri per la transizione ecologica necessari per permettere ai cittadini e alle merci di muoversi in Calabria e Sicilia come in un paese civile e industrializzato e per contribuire alla lotta alla crisi climatica».

«Questo oggi non è garantito né agli uni, né agli altri e non sarà certo il Ponte sullo Stretto a permetterlo – hanno ribadito, in una nota congiunta, Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, in una nota congiunta con Anna Parretta e Giuseppe Alfieri, rispettivamente presidente di Legambiente Calabria e Sicilia –. Serve una drastica cura del ferro, un potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile, con linee ferroviarie elettrificate e a doppio binario, percorse da treni moderni, frequenti e puntuali, e non una cattedrale nell’evidente ‘deserto della mobilità’ come il Ponte sullo stretto di Messina».

«Chiediamo al ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini di fare un esercizio molto più utile ai cittadini meridionali e a chi si sposta in queste due regioni per lavoro o turismo», hanno suggerito, ricordando come il Ponte è uno «sperpero di soldi pubblici che ora rischia di essere ulteriormente aumentato, senza contare che quelle risorse si sarebbero potute investire per la cura del ferro e per il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e del trasporto via nave».

«Su questi tre interventi, l’Italia è in netto ritardo rispetto agli altri Paesi europei e agli obiettivi che ci sta chiedendo l’Europa in termini di lotta alla crisi climatica, decarbonizzazione dei trasporti e accelerazione della transizione ecologica del Paese. Le risposte che sono arrivate dal governo Meloni invece – ha detto Ciafani – sono state la riattivazione dello Stretto di Messina Spa, prevista nell’ultima legge di bilancio, e un decreto-legge che oggi approderà in Cdm attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza e in cui si dice che i lavori inizieranno del Ponte inizieranno entro il 2024».

«Il Ministro dovrebbe spiegare ai cittadini calabresi e siciliani – ha aggiunto – quali sono questi motivi “straordinari e urgenti” per cui si ricorre alla decretazione d’urgenza e perché l’Italia, dall’altra parte, continua ad essere in ritardo nel realizzare e migliorare quelle infrastrutture di mobilità sostenibile di cui il Paese, e soprattutto il Meridione, ha bisogno».

Per l’associazione ambientalista la cura per il Sud si traduce con più treni per il Meridione, elettrificazione e collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portando le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, potenziando il trasporto via nave lungo lo Stretto e rafforzando i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari, ripristinando la possibilità di imbarcarsi sulle navi di qualunque vettore con un unico biglietto. (rrm)

PONTE, ANCHE LANDINI È UN BENALTRISTA,
INTANTO RIPARTE LA ‘STRETTO DI MESSINA’

di SANTO STRATI – Ci mancava anche il “benaltrismo” del segretario nazionale della Cgil Maurizio Landini come ciliegina sulla torta degli “antagonisti” a 360 gradi del Ponte sullo Stretto. Sono 50 anni che tutti parlano di “priorita” che devono avere la precedenza sul Ponte, opere pubbliche di cui si parla ma non si realizzano, e prevale la logica che “ci vuole ben altro”. Senza che nessuno abbia il minimo senso di vergogna per le tante parole spese al vento, pur di contrastare un’opera che non serve solo ai calabresi e ai siciliani, ma è utile al Mezzogiorno e soprattutto all’Europa. E allora sorge spontanea la domanda: ma dove erano tutti questi strenui oppositori del Ponte che in nome di un benaltrismo di facciata in questi ultimi 50 anni sono rimasti a guardare (e parlare)? E dove sono adesso?

Accanto a discutibili posizioni (nel rispetto, ovviamente, delle singole idee, purché suffragate da dati scientifici e non da ambientalismo di facciata o da strategia politica) arriva, per fortuna, una notizia buona per chi aspetta (e spera) che sia giunta l’ora giusta per il Ponte. Questa settimana, all’Anas, si (ri)aprono gli uffici della riesumata società Stretto di Messina, nata nel 1981 per progettare, realizzare e gestire il collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto e – inopinatamente – messa in liquidazione il 15 aprile 2013. È un segnale forte di un cambiamento di rotta e, probabilmente, sempre questa settimana il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini convocherà i sindaci metropolitani di Reggio e Messina per concordare il coinvolgimento degli enti locali nel progetto destinato (?) a stravolgere, in termini positivi, i territori di Calabria e Sicilia.

L’uscita – infelice, permettetecelo – di Landini non aiuta certo a rasserenare gli animi, anzi alimenta un evitabile dissidio tra i no-ponte (che continuano a portare avanti pretestuose e infondate motivazioni, prive di qualunque fondamento scientifico) e la maggior parte della popolazione calabrese e siciliana che, invece, vede nel Ponte un’occasione di riscatto, di crescita e sviluppo del territorio.

Si sono dette e si continuano a dire cose inesatte sul Ponte e i suoi costi (ultima la somma dei dati progressivi delle spese già affrontate che fornisce un dato falso e fuorviante) e sarebbe opportuno che tra i primi impegni del ministro Salvini (che ha detto, convinto, che si metterà mano al Ponte nel corso di questa legislatura) ci sia quello di avviare una campagna di comunicazione seria e onesta che spazzi via ridicoli dubbi su venti, correnti, pericolo sismico e quant’altro, in modo tale che non possano esserci ulteriori alibi per i no-ponte e, soprattutto, per i politici che oscillano – pericolosamente – tra atteggiamenti a favore o contro.

È sicuramente un momento favorevole: il Governo sta dando indicazioni chiare sulla volontà di mettere mano al Ponte e le dichiarazioni d’intenti, a partire dalla premier Meloni, indurrebbero a un moderato ottimismo. Il condizionale è d’obbligo, visti i precedenti.

Ma la compattezza della coalizione al Governo nei confronti dell’attraversamento stabile dello Stretto dovrebbe giocare a favore della realizzabilità dell’Opera.

Intanto, con grande sollievo, si sono risparmiati i 50 milioni di nuovi studi che avventatamente l’ex Ministro Giovannini aveva stanziato con l’evidente obiettivo di rinviare ogni decisione. Ed è già un buon risultato sulla gestione del denaro pubblico. Poi c’è da registrare l’idea di Salvini di rimettere in piedi tutti i contratti “congelati”, incluso quello dell’assegnazione al general contractor Eurolink (oggi WeBuild di Pietro Salini), in modo da interrompere ogni controversia giudiziale che avrebbe – sicuramente – visto soccombere lo Stato al pagamento di penali ultramilionarie (quasi 800 milioni). E, soprattutto, la riattivazione dei contratti in essere facilita e accelera l’adeguamento del progetto esistente (approvato nel 2010 e poi fermato dal Governo Monti nel 2011) in modo che i progettisti che saranno individuati per le necessarie modifiche dei costi e dei materiali (in questi ultimi 12 anni la tecnologia ha fatto passi da gigante nel campo delle costruzioni) non debbano partire da zero.

Cos’ha detto Landini a Messina? «Il Sud e la Sicilia non possono perdere il treno del Pnrr e il lavoro deve essere al centro di nuove politiche. Il governo Meloni ha però iniziato male, introducendo di nuovo i voucher e non combattendo il precariato. Il Ponte sullo Stretto? Non è una priorità, mentre i trasporti, penso alla lentezza dei treni, e l’emergenza occupazionale lo sono». Benaltrismo sul modello ormai diffuso da tempo per tutte le grandi opere del Paese.

Al leader sindacale ha replicato subito il senatore leghista Nino Germanà: «Per Landini la ricetta sarebbe ‘no al Ponte, sì al Reddito di cittadinanza’? Si occupasse dei lavoratori».

Sul Ponte si è, quasi contemporaneamente, espresso su Instagram lo stesso Berlusconi, non facendo mancare un pesante attacco ai no-ponte ispirati dai 5 Stelle: «I nostri governi di centrodestra hanno certamente reso l’Italia più moderna ed efficiente. All’ambientalismo ideologico della sinistra, ai propositi di decrescita infelice del Movimento 5 Stelle, che avrebbe voluto un’Italia solo agricola, senza più industria, abbiamo risposto con progetti e opere che oggi consentono ai nostri cittadini di viaggiare comodamente e rapidamente da una parte all’altra del Paese, consentono a milioni di turisti di visitare il nostro Paese ogni anno, consentono alle nostre imprese di trasportare e consegnare i loro prodotti in poche ore». Ottimisticamente, il leader di Forza Italia parla addirittura di mesi per l’avvio dei lavori: «Abbiamo creato le condizioni per realizzare una grande opera necessaria, il Ponte sullo Stretto di Messina, che, però, è stata poi fermata dei governi della sinistra. Oggi, finalmente, si sono convinti tutti della bontà della nostra intuizione: apriremo finalmente i cantieri nei prossimi mesi».

Gli ha fatto eco la sottosegretaria ai Trasporti Matilde Siracusano: «Le parole del presidente Silvio Berlusconi rappresentano un’ulteriore conferma della volontà politica del centrodestra di riavviare il progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. La costruzione di questa infrastruttura rappresenta una battaglia storica di Forza Italia. I governi guidati dal nostro leader hanno più volte dato il via libera a questa grande opera, ma l’ideologia della sinistra, dei 5 Stelle, ed errori tragici fatti da passati esecutivi tecnici, hanno sempre stoppato l’apertura dei cantieri. Per il centrodestra le infrastrutture sono la colonna portante attorno alla quale si può creare lavoro, sviluppo e crescita, sono un fattore indispensabile per attrarre imprese e con esse investimenti: al Sud più che in altre zone del Paese. Per queste ragioni siamo convinti che la realizzazione del Ponte sullo Stretto non sia più rinviabile, anche in virtù del ruolo strategico che sta sempre più assumendo l’area del Mediterraneo. La Sicilia e il Mezzogiorno non possono perdere questa grande occasione. L’impegno del premier Meloni, del ministro Salvini e del presidente Berlusconi va nella giusta direzione».

Pare evidente, dunque, che ci siano le condizioni “politiche” per un’Opera che l’Europa ci chiede. Le altre opere pubbliche, di cui in tanti si sgolano in nome delle “priorità”, hanno un senso specifico in presenza del Ponte: occorre quindi ragionare in termini di visione complessiva sulla mobilità del Mezzogiorno e la necessità di infrastrutturare adeguatamente tutto il Sud. A partire dalla vergognosa realtà della Statale 106, la famigerata strada della morte, per finire ai collegamenti stradali interni che in Calabria penalizzano oltre ogni ragionevole misura chi vive nei piccoli centri.

Un discorso a parte merita l’Alta Velocità ferroviaria in Calabria, il cui suicida progetto che allunga i tempi di percorrenza, per fortuna non è ancora stato approvato. Ma l’Alta Velocità – ammesso che veda finalmente la luce – a cosa serve se poi si ferma a Villa San Giovanni con la strozzatura dell’attraversamento a mezzo traghetti? I siciliani (che sognano ugualmente l’AV) si fermerebbero al molo di Messina. Il Ponte non è un capriccio, ma una effettiva e provata necessità, con buona pace  di quanti remano contro. ν

«TROPPI MURI E MAI ABBASTANZA PONTI»
STRETTO: IL PROBLEMA NON SONO I SOLDI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Per il Mose di Venezia, nel bilancio del Consorzio Venezia Nuova (concessionario dell’opera), sono stati iscritti lavori per un costo di quasi 7 miliardi di euro. Si stima poi che la manutenzione del Mose costerà 100 milioni di euro per ognuno dei 100 anni in cui dovrebbe restare in funzione.  E sono più di 800mila euro i costi di quattro giorni di funzionamento per salvare la città dall’acqua alta.  

Il costo della Tav si avvicina a 12 miliardi, solo nella parte italiana. Ma due studiosi Foietta ed Esposito hanno stimato che, se la Torino-Lione fosse costruita tutta insieme e quindi non per “fasi funzionali” avrebbe un costo totale di 24,7 miliardi di euro. Terna sta costruendo un elettrodotto che costa circa 4 miliardi per portare l’energia dal Marocco alla Sardegna, alla Campania e alla Sicilia. Considerata la rilevanza strategica del Tyrrhenian Link, uno dei principali interventi infrastrutturali del Paese, fondamentale per lo sviluppo e la sicurezza del sistema elettrico nazionale, l’iter autorizzativo dell’opera si è concluso in tempi record: sono infatti trascorsi 11 mesi tra l’avvio del procedimento e l’approvazione del progetto definitivo da parte del MiTE.

La Toto Holding Renexia vuole costruire un maxi parco eolico al largo delle isole Egadi, con un progetto da 9 miliardi. Vale 1 miliardo e 100 milioni di euro il bando di gara pubblicato da Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo Fs Italiane) in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea per la realizzazione del passante e della stazione AV del nodo di Firenze. Un’opera, riporta un comunicato, considerata «strategica» per il Gruppo Fs e Rfi.

Bene perché questo elenco di opere pubbliche  e private con ordini di grandezza di parecchi miliardi, spesso superiori al costo previsto per il ponte sullo stretto? Perché si vuole dimostrare che il problema che è sorto con quest’opera pubblica non è quello del suo costo, considerato che opere con importi molto più elevati sono state decise da pochi amministratori talvolta e sono state portate avanti in tempi estremamente brevi.      Chiedersi allora perché vi è tanta attenzione su questa opera pubblica, tanto da  fare  annullare un bando di assegnazione, mettendo in discussione la credibilità dell’intero Paese e andando incontro alla possibilità che lo Stato sia condannato ad un maxi risarcimento di 700 milioni, considerato che è ancora in corso un procedimento da parte della società vincitrice, può essere molto interessante.  

Qualcuno sostiene che la motivazione principale sia stata quella che l’opera se l’è intestata Silvio Berlusconi, qualcuno la definì il suo mausoleo e per questo non doveva essere costruita. Se questa spiegazione fosse corretta stiamo facendo un errore analogo, in quanto adesso se la sta intestando Matteo Salvini,  con il rischio che si ripeta il percorso già compiuto.

A me pare che questa spiegazione non sia convincente, come non lo è quella del benaltrismo per cui con quelle risorse si potrebbero fare tante altre cose. A mio parere il motivo principale per cui l’opera continua ad avere grandi difficoltà ad essere realizzata, malgrado si è dimostrato addirittura che il suo costo verrebbe pagato in un anno dai risparmi che ne avrebbe l’economia siciliana, sono altre. Verrebbe pagata in un anno non per il parere di qualche buontempone, ma per le evidenze di uno studio non solo della Regione siciliana, ma fatto in collaborazione con Prometea, la cui credibilità scientifica nessuno mette in discussione. 

Ed allora  la spiegazione deve essere probabilmente più ampia e deve guardare alla geopolitica di quest’area del mondo. Se è vero che il 20% del traffico mondiale passa attraverso il Mediterraneo, se è vero che nella graduatoria dei mezzi trasporto più inquinanti dopo l’aereo, viene l’auto e dopo la nave e infine il treno, allora il ponte sullo stretto ed il corridoio che da Hong Kong, attraverso il Canale di Suez ed il porto di Augusta potrebbe portare le merci a Berlino sposterebbe interessi consistenti da una parte all’altra  dell’Europa.  Per avere dimensione ricordo che il solo porto di Rotterdam  occupa direttamente 1.100 persone e 384.500 posti di lavoro dipendono in qualche modo dal porto.

Genera un fatturato annuo di 707,2 milioni di euro con un valore aggiunto (diretto e indiretto) di oltre 45,6 miliardi di euro. É peraltro evidente che prima o  poi la stessa Unione, in presenza di un corridoio che evitasse di far attraversare le maxi navi porta container tutto il Mediterraneo, costeggiando l’Egitto, la Libia, la Tunisia, l’Algeria, passando lo stretto di Gibilterra, per poi risalire per le coste del Portogallo, della Spagna, della Francia, attraversare Calais, e poi costeggiare il Belgio per arrivare finalmente ai Paesi Bassi ed entrare nel porto di Rotterdam, potrebbe proibire o scoraggiare tale circumnavigazione fonte di tante emissioni di CO2. 

Se si pensa che è bastato collegare Gioia Tauro con “un’idea” di ferrovia per farla diventare il primo porto merci italiano si capiscono gli interessi in campo. E come molti porti, compresi Trieste e Venezia, avrebbero da temere la concorrenza di nuove vie. Allora forse tante cose si spiegano anche il costo, attribuito al progetto di 1,2 miliardi dal pezzo scritto da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, che commette già l’errore nel titolo stesso, visto che non è costato 1,2 miliardi ma molto meno addirittura un quarto o la fiction The Bud Guy che, con una tempistica eccezionale arriva su Amazon Prime, raccontando il  crollo catastrofico, proprio quando si rimette in funzione la società ponte sullo stretto. 

Può essere poi che fare il ponte obbligherebbe il sistema Italia a collegare con l’alta velocità ferroviaria tutto il Sud del Paese, con costi evidentemente importanti, che non possono incidere sulle altre opere pubbliche che potrebbero non trovare i finanziamenti necessari soprattutto al Nord? 

Alla favola del blocco perché ci sono i “no ponte”, o perché il progetto non è adeguato, o perché la faglia sismica tra le due coste si allontana, o perché le balene potrebbero soffrire dell’ombra dei piloni o gli uccelli potrebbero andare a sbattere contro essi, consentitemi, non ci crede più nessuno. 

Adesso è l’ora di fare i conti e capire se finalmente il Paese vuole sfruttare quel dono che la natura gli ha dato ponendolo al centro del Mediterraneo, oppure in una visione eurocentrica vuole dimenticare la sua vocazione mediterranea. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

Il dibattito di Calabria.Live sul Ponte / L’opinione dell’arch. Franco Zagari

di FRANCO ZAGARI –  Torna, a sorpresa dei più, nelle urgenze della cronaca la vicenda del Ponte dello Stretto di Messina. Il dibattito fra i pro e i contro si è riacceso per un recente orientamento a favore di gran parte del Parlamento,  che pur nell’incertezza dei reiterati attacchi da parte del covid con colpi di coda con varianti senza fine ha espresso l’idea che il Ponte potrebbe essere un’opera che favorisca la ripresa. L’argomento chiave in questo senso è che l’opera sarebbe in grado di poter giocare in modo competitivo nel mondo ad una scala progettuale che è propria del nostro DNA creativo, che altrimenti le sarebbe invece preclusa, mentre da un punto di vista della ingegneria istituzionale non è la prima volta che questa “economia di scala” si manifesta come un’opzione conveniente in coincidenza con improvvise grandi disponibilità di finanziamento pubblico.

Rivedo alcuni appunti di un passato nel quale questa discussione ci ha inghiottito, da una parte come dall’altra un baratro di atti mancati, nel quale abbiamo sprecato inventiva, fantasia e fiducia sempre spostando il quadro cognitivo e critico da argomenti appropriati a una montagna di statistiche strumentali e astratte, numeri su numeri invece di concetti e di idee.

Per quanto si sia parlato, discusso e spesso urlato molti argomenti seppure evidenti sono rimasti in ombra.

Per cominciare bisogna avere il coraggio di riporre delle domande partendo dai valori universali che l’opera rappresenta della nostra cultura e della nostra civiltà chiedendoci:

• bellezza: in primjs se è bella quanto potrebbe e dovrebbe essere,

• dignità: se è testimonianza sociale della dignità del lavoro umano,

• città: se è la spina dorsale di una città da mezzo milione di abitanti,

• arte: scienza, servizi. Se è il motore che può mettere in tensione vocazioni di grande città europea,

•ascolto: se vi è un ascolto profondo delle ragioni del luogo,

• orientamento geografico e nuova centralità strategica.

Sono questi i principi che possono dare significato a un’opera di questo respiro.

L’ultimo progetto. perché non riconoscere che era insopportabilmente brutto, anche se l’equilibrio strutturale pare sia rimasto insuperato per molto tempo? Perché non ammettere che le numerose aree per cave e depositi temporaneamente asservite al cantiere sarebbe stato quanto mai utile farne un sistema permanente di parchi pubblici come compensazione elementare della nuova infrastruttura,  sottrazione a prevedibili future pressioni speculative?

Perché non ammettere che su sessanta chilometri di ferrovie urbane di raccordo fra l’alta velocità e i centri abitati, una metropolitana di fatto dell’area dello Stretto si potevano prevedere stazioni per rendere questo servizio strutturale del sistema locale dei trasporti?

Ma, soprattutto perché parlare così poco della rivoluzione amministrativa che il ponte potrebbe servire di una unica città federata dello stretto di 500.000 abitanti, con risorse e servizi incomparabilmente superiori a quelli presenti?

Quando mai si è parlato in modo critico del progetto?

La dimensione spaventa, troppo grande, troppo costoso. Ma tutti sappiamo quanto siano temporanei questi limiti, pensate alle torri in costruzione che ogni giorno in tutto il mondo si contendono primati in altezza con continuità. Oltre all’ambizione e alla superbia altri motivi spingono in questa corsa, ad esempio che una grande opera comporta un’organizzazione del mercato produttivo delle cose come delle idee che ha un vasto indotto sia orizzontale, l’emulazione, la creazione di capacità e competenze del tutto nuove, sia verticale, tutte le filiere collegate della componentistica.

In ogni civiltà, da quando l’uomo si è messo in movimento mosso da un desiderio di scambio e di dialogo, in pace come in guerra, Il ponte, è uno dei massimi temi nei quali si esprimono le conoscenze dell’arte e della tecnica, sia in senso pratico che simbolico. È qualcosa di sacro, è quel tratto di fantasia, magia e follia che fra limite e attrazione stabilisce nello spazio la tensione fra due entità tesa a scoccare come una scintilla. È qualcosa di indicibile, Michelangelo lo ha descritto nella Cappella Sistina come il principio stesso  della creazione di Adamo.

È solo partendo da qui che credo si debba affrontare un tema del respiro del ponte dello stretto di Messina, con la stessa sacralità e la stessa carica simbolica che credo siano la sua grande vera utilità, la sua misura tecnica e economica.

Certamente molti non vedono l’ora di rigiocare l’eterna partita del pro e del contro con schieramenti effimeri perché quello che serve non è tanto avere una posizione, che gli interessi sono così complessi da essere difficilmente rappresentabili  con contrasti troppo assertivi, ma avere comunque titolo a parlare questo sì, per spazi dialettici del tutto estemporanei, strumentali a politiche di piccolo cabotaggio locale.

Ho letto con interesse le argomentazioni di Sergio Dragone su Calabria.Live, le condivido soprattutto per lo spirito diverso con il quale propone di riaprire una discussione spostando il centro della questione sul valore simbolico che l’opera verrebbe ad avere e sul prestigio conseguente nell’opinione pubblica, in Italia e all’estero, probabilmente trovando adesione in massima parte in chi ne può vedere una prospettiva come effetto progressivo nella propria vita, penso ai giovani, e a chiunque un lavoro debba oggi inventarlo perché attualmente non c’è.

Ponti e cattedrali. Come tante imprese umane il ponte è ineluttabile, questo penso che lo sappiano tutti, prima o poi si farà, il problema è se bene o male: Motivazioni estetiche, etiche, di conoscenza devono convergere in paesaggi che ritrovino un naturale spontaneo equilibrio fra attività, flussi e comportamenti della storia come del tempo presente, questo è il punto.

Nessuna ambizione deve apparire eccessiva.  L’opera è costosa? Troppo difficile, troppo complessa? All’Ordine di Roma Silvio Salvini il 15 luglio scorso ha proposto questa sfida con uno spirito del tutto nuovo. Bellezza, Dignità e Ascolto ecco i valori di una città di fronte alla sua storia e ai problemi del nostro tempo.

[Franco Zagari è uno dei più famosi architetti italiani. Paesaggista è conosciuto e apprezzato in tuto il mondo]