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Calabria.Live quotidiano martedì 9 dicembre 2025

Il disastro di Reggio nella gestione dei Pinqua: tra revoche e risorse irrimediabilmente perdute

di PINO FALDUTO – Il fallimento dei PINQuA a Reggio Calabria non è un episodio isolato né un incidente amministrativo: è la prova materiale di un impianto nazionale profondamente sbagliato, costruito dai Governi Conte II e Draghi che, invece di approvare una Legge Obiettivo capace di centralizzare la progettazione e l’esecuzione delle opere strategiche, hanno scelto di scaricare sui Comuni italiani miliardi di euro del Pnrr, sapendo perfettamente che molte amministrazioni – soprattutto nel Sud – non avevano personale, competenze, strumenti e stabilità per gestire un piano così complesso e così vincolato nei tempi.

Questa impostazione ha prodotto ciò che chiunque conosce la macchina pubblica poteva prevedere: fallimenti, ritardi, revoche, perdita di risorse, con un danno enorme per territori che avrebbero avuto più bisogno degli investimenti previsti.

Reggio Calabria è diventata il simbolo di questo disastro annunciato.

I decreti di revoca dei PINQuA sono chiarissimi: assenza di obbligazioni giuridicamente vincolanti, nessun avanzamento, ritardi ormai irreversibili.

E soprattutto dimostrano quali quartieri e quali cifre sono state realmente perse.

Il primo progetto revocato è la Proposta PINQuA ID 399, che riguardava interventi di rigenerazione nelle aree urbane degradate (in particolare Arghillà). Finanziamento totale: 14.998.599,50 €.

Revocati i Lotti A e C: 4.999.533,17 €. Restituzione anticipazioni: 1.499.859,95 €. Il secondo progetto revocato è la Proposta PINQuA ID 496, che interessava Modena – San Sperato – Ciccarello – Gebbione – Ravagnese.

Finanziamento totale 10.000.000 €. Revocati i Lotti A e C: 6.666.666,66 €. Restituzione anticipata: 3.000.000 €. In totale, tra i due decreti, Reggio Calabria perde 11.666.199,83 € di finanziamenti, 4.499.859,95 € da restituire subito, più gli interessi passivi previsti dalla normativa.

È una perdita certificata, pesantissima e senza precedenti. Ma la responsabilità non è solo dei Governi che hanno costruito un modello destinato a fallire: è anche – e soprattutto – di un’amministrazione comunale che non ha mai avuto il coraggio di dire la verità.

Invece di ammettere che non esistevano le condizioni minime per rispettare i tempi del Pnrr, si è preferito andare avanti con una narrazione autoreferenziale fatta di annunci, rendering, conferenze stampa e post celebrativi, mentre da Roma arrivavano le prime segnalazioni di criticità.

La verità è che gli uffici non avevano personale, non avevano competenze specialistiche, non avevano una struttura stabile, e non avevano alcuna possibilità di reggere il ritmo imposto dall’Unione Europea.

Eppure è stato fatto credere ai cittadini che “andava tutto bene”, che Reggio Calabria stava correndo insieme al resto d’Italia.

Non era così. Non lo è mai stato.

Nel frattempo, in città si assisteva a un teatrino imbarazzante: Vice Sindaci sostituiti più volte, Assessori che entravano e uscivano a cadenza regolare, Dirigenti ruotati senza continuità, come se una macchina amministrativa potesse funzionare senza stabilità.

Gli unici dirigenti che non cambiano mai sono quelli del Contenzioso.

Un Comune che cambia continuamente la sua catena di comando non può gestire neppure l’ordinario: figuriamoci il Pnrr.

Era matematico arrivare a questo punto.

E mentre si perdevano fondi, mentre i decreti di revoca diventavano pubblici, mentre il Ministero chiedeva indietro milioni, la città si ritrovava un albero di Natale da 18 metri acquistato per 180.000 euro, trasformato nell’ennesimo grande evento mediatico, accompagnato da dichiarazioni trionfali, spettacoli, neve artificiale, mascotte e musica.

Lo scorso anno, gli atti ufficiali parlano chiaro: il Comune ha speso oltre 700.000 euro per “Reggio Città Natale”.

E anche quest’anno, per il Natale 2025, l’Amministrazione ha già programmato una spesa certa di 550.000 euro tra luminarie, eventi nei quartieri, attività nel centro storico e accensione dell’albero.

Tutto questo mentre Reggio Calabria viene collocata all’ultimo posto in Italia per qualità della vita, e mentre la città perde fondi strutturali, è costretta a restituire milioni, paga interessi e fallisce i progetti strategici del Pnrr.

In più, il Comune sta utilizzando somme consistenti di fondi comunitari e nazionali per finanziare feste, festini, luminarie e animazioni natalizie, iniziative effimere che non producono alcun risultato duraturo di crescita economica e turistica, come certificato dalla collocazione di Reggio Calabria all’ultimo posto nelle graduatorie nazionali sulla qualità della vita.

È un paradosso intollerabile: perdiamo fondi strutturali, restituiamo milioni, paghiamo interessi,

falliamo progetti chiave, mentre si celebrano “successi” perché viene acceso un albero di Natale.

Ma la scena più grave deve ancora arrivare.

Mentre l’amministrazione procede con enorme lentezza nell’utilizzo dei fondi europei e del Pnrr, quando si tratta di richiedere pagamenti ai cittadini diventa improvvisamente rapidissima ed efficientissima.

La Tari, tra le più elevate d’Italia, continua a crescere senza alcun miglioramento del servizio, e qualsiasi contestazione del contribuente si inserisce in un meccanismo regolato da norme che – per come sono strutturate – finiscono per creare uno squilibrio evidente a favore dell’Ente, rendendo molto complesso per il cittadino far valere le proprie ragioni.

Il risultato è chiaro:

lentezza totale quando si tratta di realizzare opere pubbliche, massima tempestività quando si tratta di applicare tariffe, notificare atti o attivare procedure di recupero.

È una dinamica che pesa sulle famiglie e sulle imprese, aggiungendo difficoltà a una città già schiacciata da inefficienze e fallimenti amministrativi.

E come se non bastasse, il Sole24Ore ha collocato Reggio Calabria all’ultimo posto in Italia per qualità della vita, confermando ciò che i cittadini sperimentano ogni giorno: inefficienza, immobilismo, incapacità di gestire il presente e progettare il futuro.

Il Consiglio Comunale è rimasto in silenzio, incapace di un’assunzione di responsabilità collettiva,

e la Prefettura non ha ritenuto necessario intervenire, nonostante un disastro amministrativo certificato da atti formali del Ministero.

Nessuna indignazione. Nessuna reazione. Nessun sussulto istituzionale.

E il problema, purtroppo, è che questo è solo l’inizio.

Se non si cambia immediatamente rotta, tutti gli altri interventi del Pnrr – scuole, rigenerazione urbana, mobilità, impiantistica sportiva, digitalizzazione – sono destinati a seguire lo stesso identico percorso, perché presentano gli stessi sintomi: ritardi, fragilità procedurali, assenza di progettazioni esecutive, mancanza di personale, uffici allo stremo.

L’Europa non valuta i post su Facebook. L’Europa valuta le opere eseguite.

E qui, di opere eseguite, non c’è praticamente nulla.

Il fallimento dei PINQuA non è un episodio tecnico: è la fotografia crudele di un modello istituzionale sbagliato e di un’amministrazione comunale impreparata, inefficiente e incapace, da anni impegnata a negare la realtà anziché affrontarla.

Lo Stato ha sbagliato nel metodo. Il Comune ha fallito nell’attuazione. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: una città ferma, ultima in Italia, priva di investimenti, obbligata a restituire risorse e a pagare gli interessi degli errori altrui.

Una città che non pretende competenza, verità e responsabilità continuerà a essere trattata come se non le meritasse.

Ma una città che apre gli occhi e inizia a dire le cose come stanno può ancora tornare a costruire il proprio futuro, senza inseguire illusioni e senza nascondere i fallimenti dietro un albero di Natale o un post celebrativo. (pf)

(Imprenditore, exassessore della prima Giunta di Italo Falcomatà)