di SANTO STRATI – La dichiarazione programmatica (per i prossimi cinque anni) del nuovo presidente del Consiglio Giorgia Meloni induce tendenzialmente all’ottimismo, anche se a prima vista sorge spontaneo dire “film già visto”. Ma non bisogna essere necessariamente scettici: occorre tenere a mente una regola che nella vita aiuta molto, mettere alla prova chi fa promesse. Se le mantiene avrà riconoscenza eterna, se restano dichiarazioni d’intenti non succede nulla: al Sud siamo abituati a impegni programmatici mai portati a termine, conosciamo i bei discorsi e la convinzione di cui sono pervasi, ma troppe volte le promesse (soprattutto prima delle elezioni) si sono perse nel vento. I meridionali conoscono la rassegnazione che non significa però rinuncia ai propri diritti, semmai prevale, amaramente, la consapevolezza di avere ancora una volta sbagliato col voto.
Fatta questa premessa, stendiamo un po’ di cenere sul capo, e ritiriamo ogni riserva che in fondo in fondo non eravamo riusciti a dissipare: è stato, quella della Meloni Presidente del Consiglio, un discorso tosto, a tutto tondo sulle fin troppo note criticità del Paese, sulle scelte che occorrerà fare, sulle strategie da adottare. Giorgia a capo dei suoi “fratelli” ha smesso gli abiti della pasionaria rimbalzate dal piccolo schermo (Yo soy Giorgia – gridava agli spagnoli di Vox, con repetita – in italiano – all’ammirante popolo delle destra e del centro destra), e indossato l’abito buono delle istituzioni: «ci muoveremo secondo il mandato che ci è stato conferito su questo tema dagli italiani: dare all’Italia un sistema istituzionale nel quale chi vince governa per cinque anni e alla fine viene giudicato dagli elettori per quello che è riuscito a fare».
Parole non al vento, ma convincenti ma assolutorie verso chi ha gridato al lupo prim’ancora che del lupo s’intravedessero i peli (»non sono stata brava a spiegarmi, magari» e hanno mostrato determinazione e carattere. Anche per quanto riguarda il Mezzogiorno, pur ribadendo cose dette e stradette, il modo in cui le ha dette, però, permette di guardare con davvero poche perplessità ai suoi progetti: la Meloni ha preso una brutta gatta da pelare, per orgoglio e legittima aspirazione non poteva rinunciare, ma è solo all’inizio e dovrà mostrare di sapere gestire adeguatamente l’impossibile, continuando in quello che (anche i suoi) non hanno fatto completare a Draghi. Per ironia della sorte il suo “avversario” e oppositore politico è diventato un faro d’ispirazione. C’è la sensazione di voler cercare da parte della Meloni una velata trasversalità che si traduca in un’opposizione che non sia meramente di facciata: serve il contributo di tutti, pur avendo i numeri per governare. Occorre che ognuno faccia la sua parte, perché non è una questione di ideologie, ma di diligenza, nell’esclusivo interesse degli italiani.
Un suggerimento ci permettiamo, però, di darglielo: trovi il tempo e si rilegga Il principe. Machiavelli spiega in maniera semplicissima la ricetta per fare in modo che il principe riesca nella sua impresa: si deve circondare di giusti e capaci consiglieri, non può fare tutto da solo e, soprattutto, si deve guardare dai mistificatori del potere. I quali, inevitabilmente, tenteranno di curare i propri interessi e non quelli del principe, che sono poi quelle del principato, ehm, scusate, del Paese. Le analogie con l’Italia di oggi sono molte: leggere la storia per capire e interpretare il futuro. Con umiltà e voglia di fare: saranno, perciò, tante le occasioni per capire come risponderà questo nuovo esecutivo alle mille problematiche che attanagliano il Paese. e tra le mille insidie. E il Presidente Giorgia dovrà guardarsi dal fuoco amico, perché sia Lega sia Forza Italia già mostrano insofferenza per il suo (fin qui indiscutibile) successo.
Torniamo ai propositi del Presidente Giorgia sul Mezzogiorno: «Sono convinta che questa svolta che abbiamo in mente sia anche l’occasione migliore per tornare a porre al centro dell’agenda Italia la questione meridionale. Il Sud non più visto come un problema, ma come un’occasione di sviluppo per tutta la Nazione. Lavoreremo sodo per colmare un divario infrastrutturale inaccettabile, eliminare le disparità, creare occupazione, garantire la sicurezza sociale e migliorare la qualità della vita. Dobbiamo riuscire a porre fine a quella beffa per cui il Sud esporta manodopera, intelligenze e capitali che sono invece fondamentali proprio in quelle regioni dalle quali vanno via. Non è un obiettivo facile, ovviamente, ma il nostro impegno su questo sarà totale».
Il Presidente Giorgia non ha trascurato di parlare anche dell’autonomia differenziata, un «progetto virtuoso già avviato da diverse regioni italiane». Non ha ragionato sui rischi di allargamento del divario Nord-Sud nel caso passi l’autonomia, ma ha rasserenato sull’idea di unità: «ogni campanile, ogni borgo è un pezzo della nostra identità da difendere. Penso in particolare a quelli che si trovano nelle aree interne, nelle zone montane e nelle terre alte, che hanno bisogno di uno Stato alleato per favorire la residenzialità e combattere lo spopolamento».
A proposito di Sud, la Meloni ha detto che «se le infrastrutture al Sud non sono più rinviabili, anche nel resto d’Italia è necessario realizzarne di nuove, per potenziare i collegamenti di persone e merci, ma anche di dati e comunicazioni. Con l’obiettivo di ricucire non solo il Nord al Sud, ma anche la costa tirrenica, la costa adriatica e le isole al resto della Penisola. Servono – ha sottolineato – investimenti strutturali per affrontare l’emergenza climatica, le sfide ambientali, il rischio idrogeologico e l’erosione costiera, e per accelerare i processi di ricostruzione dei territori colpiti in questi anni da terremoti e calamità naturali».
È l’economia del mare, grazie alla favorevole posizione dell’Italia nel Mediterraneo «che può e deve diventare un asset strategico per l’Italia intera e in particolare per lo sviluppo del Meridione. E penso alla bellezza. Sì, perché l’Italia è la Nazione che più di ogni altra al mondo racchiude l’idea di bellezza paesaggistica, artistica, narrativa, espressiva. Tutto il mondo lo sa, ci ama per questo e per questo vuole comprare italiano, conoscere la nostra storia e venire in vacanza da noi. È un orgoglio certo, ma soprattutto è una risorsa economica di valore inestimabile, che alimenta la nostra industria turistica e culturale. E aggiungo che tornare a puntare sul valore strategico dell’italianità vuol dire anche promuovere la lingua italiana all’estero e valorizzare il legame con le comunità italiane presenti in ogni parte del mondo che sono parte integrante della nostra».
«Non è un Paese per i giovani – ha detto –. La nostra società nel tempo si è sempre più disinteressata del loro futuro, persino del diffuso fenomeno di quei giovani che si autoescludono dal circuito formativo e lavorativo, così come della crescente emergenza delle devianze, fatte di droga, alcolismo, criminalità. E la pandemia ha decisamente peggiorato questa condizione e, di fronte a questo scenario preoccupante, la proposta principe di certa politica in questi mesi è stata promettere a tutti la cannabis libera, perché era la risposta più facile. Ma noi, a differenza di altri, non siamo qui per fare la cosa più facile. Intendiamo: lavorare sulla crescita dei giovani a 360 gradi, promuovere le attività artistiche e culturali e, accanto a queste, lo sport, straordinario strumento di socialità, di formazione umana e di benessere; lavorare sulla formazione scolastica, per lo più affidata all’abnegazione e al talento dei nostri insegnanti, spesso lasciati soli a nuotare in un mare di carenze strutturali, tecnologiche e motivazionali; garantire salari e tutele decenti, borse di studio per i meritevoli; favorire la cultura di impresa e il prestito d’onore. Lo dobbiamo a questi ragazzi, ai quali abbiamo tolto tutto per lasciar loro solo debiti da ripagare. E lo dobbiamo all’Italia, che 161 anni fa è stata unificata dai giovani eroi del Risorgimento e che oggi, dall’entusiasmo e dal coraggio dei suoi giovani, può e deve essere ricostruita».
Ottimi intenti e applausi a scena aperta dalla maggioranza della coalizione: il presidente Giorgia deve convincere ora il resto del Paese che tornare a crescere è un obiettivo possibile. Citando Steve Jobs, ai giovani ha ribadito «siate affamati, siate folli e vorrei aggiungere anche siate liberi». Se si offrono le opportunità, in Calabria e nel Mezzogiorno, si scoprirà che i nostri ragazzi questi slogan li hanno assimilati già prima del discorso del fondatore della Apple: sono soprattutto “liberi”, ma vorrebbero anche la libertà di scegliere il proprio futuro a casa loro. Non partono più braccia, ma, più drammaticamente, cervelli a impoverire ulteriormente il territorio calabrese: dovrebbe essere questo il primo obiettivo dell’esecutivo Meloni, offrire lavoro e opportunità di crescita. Gli altri governi hanno contributo a rubare il futuro ai nostri giovani, bisogno cominciare a restituirgliene un bel po’. (s)