IL PARADOSSO (DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE) DENUNCIATO DAL SEGRETARIO GENERALE UIL CALABRIA BIONDO;
Santo Biondo (segretario generale Uil Calabria)

IN CALABRIA DOVE NON C’È MAI IL LAVORO
MANCA PERSONALE PER LE RISORSE PNRR

di SANTO BIONDO La Calabria dei paradossi si riscopre debole davanti alla sfida che potrebbe cambiare il suo futuro. Nella regione che spicca a livello nazionale per il più alto indice di disoccupazione, soprattutto fra i giovani e le donne, l’incapacità amministrativa degli enti territoriali, conseguenza di anni di tagli al comparto pubblico da parte di una politica incapace di costruire corrette pratiche di promozione occupazionale, rischia di mettere a repentaglio la progettazione e la finalizzazione dell’imponente dote di finanziamenti che l’Europa, in uno slancio solidaristico, accantonati gli anni di ristrettezze legate ai vincoli del patto di stabilità, ha messo a disposizione del nostro paese. 

La carenza di personale e di competenze, purtroppo, si evidenzia in tutto il comparto della pubblica amministrazione. Tutti gli enti locali, Regione e Comuni, che saranno chiamati a gestire la fase progettuale dei bandi del Pnrr e a seguirne la messa a terra concreta, sono in enormi difficoltà di pianta organica e di qualificazione professionale. 

Nasce così il paradosso di una regione senza lavoro nella quale la mancanza di lavoratrici e lavoratori, che riguarda tutte le amministrazioni, nei cui bilanci la spesa per il personale è al di sotto dei tetti massimi, contribuisce non solo a mantenere alti i tassi di disoccupazione regionale soprattutto giovanile, ma impedisce, in questa fase di grandi opportunità, di creare nuova occupazione nel settore privato nella nostra regione, dato che una pubblica amministrazione inefficiente, non permetterà alla Calabria di mettere in moto la propria economia attraverso la messa a terra delle risorse europee. 

Questa cronica mancanza di personale, rimanendo così le cose, impedirà la realizzazione dei programmi europei, non permetterà l’apertura dei cantieri, non permetterà di migliorare i servizi di cittadinanza e di crearne di nuovi; non permetterà di modernizzazione e innovare il tessuto produttivo e non consentirà di attrarre in regione nuovi e importanti investimenti privati. 

Occorre lanciare l’allarme a Roma. Perché occorre fermare il cane che si sta mordendo la coda. 

Questa rivendicazione ai piani alti la deve porre la politica calabrese, la quale deve chiedere al governo nazionale di consentire alla Calabria l’apertura, in via straordinaria, di una stagione di concorsi pubblici e meritocratici all’interno di tutte le articolazioni pubbliche regionali. 

Se questo non sarà fatto, nel mentre il cane fuori controllo insisterà ad inseguire la propria coda, i giovani continueranno ad andare via dalla Calabria, la nostra regione si impoverirà ulteriormente e le prospettive di rinascita e di ripartenza del territorio sbiadiranno. 

Il Pnrr per la Calabria deve rappresentare anche l’occasione per modernizzare e innovare la propria macchina pubblica. Un’amministrazione pubblica efficiente è un argine contro la criminalità organizzata e contro il rischio dell’applicazione di pratiche clientelari e collusive.

Inoltre se la politica calabrese non mette sotto la propria lente di ingrandimento la voce personale pubblico, potrebbe verificarsi, anche che grazie ai fondi del Pnrr vengano costruite delle infrastrutture che, per la grave mancanza di personale, potrebbero rischiare di diventare delle nuove cattedrali nel deserto.

Cose se ne possono fare i calabresi, infatti, di nuovi ospedali se poi non ci sono gli operatori sanitari necessari per farli diventare i luoghi della salute? Cosa se ne possono fare i calabresi di scuole e asili nido nuovi di zecca se poi non ci sono le insegnanti e gli insegnanti per far crescere i nostri ragazzi?

Il rischio concreto, quindi, è quello di far precipitare il territorio della Calabria nel labirinto del sottosviluppo. Una ipotesi inaccettabile che dobbiamo assolutamente scongiurare.

Un sottosviluppo che potrebbe segnare il destino della sanità calabrese, che potrebbe trovare ossigeno nell’incapacità di infrastrutturare una regione povera nei suoi asset viari, che potrebbe amplificarsi a causa dell’odiosa mancata applicazione della clausola del 34% degli investimenti in conto capitale che dovevano essere destinati alle regioni del Mezzogiorno, che potrebbe essere appesantito dai miasmi nefasti di un federalismo fiscale a trazione padana.

Infine sul Pnrr, gli enti territoriali, che devono e dovranno svolgere da qui al 2026 un ruolo da protagonisti nello sviluppo sociale, occupazionale ed economico del nostro territorio, devono mettere da parte le barriere campanilistiche e devono avanzare nella capacità di mettersi insieme, consorziarsi, fare sinergia affinché insieme possano affrontare le criticità amministrative e mettere a fattore comuni i punti di forza.  Per fare tutto questo è necessario che i Comuni calabresi si associno sostanzialmente e non formalmente in ambiti provinciali ottimali. 

In una visione solidaristica, infine, dovrebbero essere soprattutto i grandi comuni calabresi a muovere il primo passo verso i piccoli e medi comuni, che sono gli enti in cui si riscontrano le maggiori difficoltà.