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Dopo il silenzio

La Calabria narrata dai suoi scrittori, il film di Marcello Villari

Il Circolo del Cinema “Charlie Chaplin” di Reggio Calabria qualche giorno fa ha proiettato nell’ambito della sua rassegna il documentario Dopo il silenzio. Nuovi scrittori calabresi, prodotto da ManaFilm con la regia di Mario Canale. Al Cinema Teatro Metropolitano, nel corso della proiezione, era presente anche Marcello Villari, giornalista e scrittore, ideatore e curatore del documentario che, dopo il film, ha partecipato ad un dibattito sulla produzione letteraria calabrese degli ultimi anni, coordinato da Claudio Scarpelli presidente Circolo del Cinema “Charlie Chaplin”, con il contributo di Francesca Orefice di Lab Donne gruppo di lettura di Gioia Tauro, Angela Curatola presidente del Circolo Guglielmo Calarco e il magistrato Roberto Lucisano.

La letteratura contemporanea calabrese è il tema del documentario ‘Dopo il silenzio’, il cui titolo è emblematico nel sottolineare la presenza di un vuoto nella produzione letteraria regionale che è stato colmato solo negli ultimi anni. Dopo grandi scrittori come Corrado Alvaro, Leonida Repaci, Mario La Cava, Saverio Strati, Fortunato Seminara, la Calabria è rimasta silente per decenni, ma oggi nuovi interpreti si sono guadagnati meritati riconoscimenti. Carmine Abate, Gioacchino Criaco, Mimmo Gangemi, Annarosa Macrì, Domenico Dara, sono i protagonisti di questo film, che si presenta come una conversazione sulla Calabria e sulla letteratura. Ogni scrittore si riferisce alla sua storia e alla storia della sua terra, raccontando ognuno la propria Calabria, poiché non esiste una sola Calabria ma tante Calabrie quanti sono gli sguardi di chi la racconta.

«Mi sono ripreso il diritto di raccontare la mia terra» – afferma Gioacchino Criaco nel corso dell’intervista, sottolineando che la sua opera non è finalizzata alla costruzione di una bella cartolina, ma è la manifestazione della possibilità che ha un calabrese di raccontare, «noi possiamo raccontare il nostro mondo e lo possiamo fare in modo sincero e alla fine può darsi che sia utile più questo tipo di racconto rispetto a una narrazione, a una rappresentazione che è fatta da un punto di vista esterno».

La produzione letteraria calabrese servirebbe così ad allontanare il rischio che ha la Calabria di essere in un immaginario collettivo nazionale la terra degli ultimi, un luogo in cui vive gente che sta peggio, la cui idea diventa quasi consolatoria. Per uno scrittore calabrese produrre diventa una responsabilità e il dovere è quello di far emergere attraverso la narrazione la complessità di questa terra. «La Calabria è una terra bellissima, ma ferita» – sostiene Carmine Abate e prosegue dicendo che «le ferite le conosciamo tutti, a partire dalla ‘ndrangheta, però molto spesso ne ignoriamo le bellezze». E così nei suoi testi numerosi sono i personaggi non calabresi che rimangono ammaliati e incantati dalla Calabria e scelgono di rimanervi. La Calabria va difesa e la letteratura può servire a rinvigorire l’orgoglio dell’essere calabresi, allontanando gli stereotipi.

«La Calabria non è una specie di lontano West –  afferma Annarosa Macrì – in cui ogni giorno vengono combattuti i mafiosi. A prescindere dalle problematiche e dalle complessità di questa terra, va anche rivendicato il dovere di raccontare una normalità calabrese e dinamiche che pur ambientate in Calabria mantengano una universalità».

E così anche alcune scelte stilistiche, come quella di Domenico Dara di utilizzare per i suoi testi il dialetto, vanno interpretate come volontà di rendere il calabrese un linguaggio letterario e la Calabria metafora di un luogo che appartiene all’umanità, poiché in esso tutti i grandi sentimenti vengono messi in gioco. La speranza espressa da tutti gli scrittori protagonisti del documentario è quella che si crei un’inversione di tendenza che faccia tornare i tanti giovani emigrati e allontani l’idea della Calabria come ‘terra persa’.

«Più che la scrittura” – sostiene Mimmo – è la lettura che può influire sul cambiamento, poiché è la lettura che fa sorgere pensieri nuovi e permette alla cultura di fiorire abbattendo quelle forze che immobilizzano questa terra».

Non solo le idee e le opinioni degli autori che rappresentano la letteratura calabrese contemporanea, il documentario affianca alle parole immagini di una terra che incanta e luoghi spesso sconosciuti ai calabresi stessi. Dopo il silenzio è dunque un invito a rapportarsi alla Calabria senza pregiudizi o stereotipi, a scoprire le sue tante narrazioni e a coltivare uno sguardo personale su questa terra. (Martina Polimeni)