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Jole Santelli

La Camera ricorda Jole Santelli

di PINO NANOIl prossimo 15 ottobre saranno tre anni dal giorno in cui moriva a Cosenza il primo Presidente donna della Regione Calabria, Jole Santelli. Ieri la Camera dei Deputati l’ha ricordata con grande senso di partecipazione corale. Destra e sinistra, tutti insieme, ad inseguire il ricordo di una donna che ha lasciato una traccia indelebile del suo percorso politico e professionale.

Era bellissima. Altera. Autorevole. Influente. Profondamente fiera di sé stessa. Severa prima di tutto con sé stessa. Aperta al dialogo più di quanto lei stessa non avesse mai immaginato di poterlo essere. Statuaria, con questo suo portamento regale, sempre elegantissima. Ricercata e avvolgente, una star. Quasi una regina. Impossibile non vederla. Impossibile non accorgersi di lei. Impossibile che passasse inosservata. Emanava un carisma tutto suo, con questi occhi grandi e scuri, e questo suo sorriso sempre pronto ad accoglierti. 

Alla cerimonia che si è tenuta ieri a Montecitorio hanno preso la parola in tanti, il ministro degli esteri Antonio Tajani, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, le sue vecchie amiche di un tempo, Wanda Ferro, Mara Carfagna, Anna Maria Bernini, Catia Polidori, e poi ancora i parlamentari Roberto Giachetti, Nicola Irto, e Domenico Furgiuele. Nella “Sala della Regina”, mai location sarebbe mai stata più appropriata, c’era presente la famiglia di Jole al completo, soprattutto Paola e Roberta, le sorelle, che sono oggi la sua immagine riflessa tra la gente comune, e che continuano a raccontare Jole per come lei era nella vita di tutti i giorni, «Donna libera e coraggiosa, donna che ha sfatato molti luoghi comuni». 

Donne e sorelle meravigliose. 

Era convinta di farcela Jole, fino alla fine, e invece il cancro ha avuto la meglio su di lei. Lei se ne è andata nel cuore della notte del 15 ottobre di tre anni fa in assoluto silenzio, rispettando il rigore delle sue abitudini e la discrezione della sua casa natale, quasi non volesse disturbare nessuno nel momento più difficile della sua giovane esistenza. Una maledizione. Una tragedia privata che diventa nel giro di poche ora una tragedia pubblica. A piangere la sua scomparsa non c’era solo la Calabria, ma c’era il Paese intero, e non c’è stata televisione straniera che quel giorno non avesse dato la notizia della sua morte. 

“Come mai?”, si chiesero in molti. Ma perché Jole Santelli era diventata ormai una icona della Calabria moderna, un vessillo della nuova rivoluzione culturale di questa terra, l’emblema del riscatto di un popolo disperato e schiavo di anni di prepotenze, raggiri, calunnie, tradimenti, latitanze istituzionali di ogni genere. Una donna di una eleganza impareggiabile, elegante nei modi e nel modo di pensare e di vivere la sua vita quotidiana.

Lo ha raccontato meravigliosamente bene ieri sera Wanda Ferro, sottosegretaria di Stato agli Interni, La vera forza di Jole Santelli era quella di credere in alcune cose fondamentali che aveva ereditato dalla vecchia politica, prima di tutto nel lavoro di squadra, nei rapporti interpersonali, nel rispetto dei bisogni, nel sacrificio ad ogni costo, nel saper fare un passo indietro quando era necessario farlo, nell’impegno quotidiano. La politica insomma intesa come passione e come fatica fisica, in giro per la Calabria giorno e notte, niente feste, niente pause, niente distrazioni alternative, la politica come forma ossessiva di vita, e nel rifiuto totale dell’invidia che «Non ho mai saputo cosa fosse – diceva Jole – nell’esaltazione dell’amicizia «Fino a prova contraria», e nel tenere il più lontano possibile dalla sua vita il sentimento dell’ipocrisia. 

«Tanta gente intorno a me? Si fa l’abitudine anche a questo, ma guai a tentare di prendermi in giro dicendomi che sono la più brava». E se un giorno Jole Santelli dovesse rendersi conto di aver sbagliato? «Torno indietro e riprendo da dove ho sbagliato». 

La cosa che da Presidente di Regione più la terrorizzava era il senso di inadeguatezza che spesso avvertiva per il ruolo che ricopriva, ma Jole non si è mai fermata un attimo. Sembrava dovesse vivere in eterno, e sembrava che il cancro non appartenesse alla sua agenda quotidiana. 

Forse era un modo per esorcizzare la malattia, forse questo l’aiutava a dimenticare le sofferenze della notte. 

Ricordo che aveva il coraggio e forse anche la libertà di dire quello che pensava, e lo faceva senza remore, sempre e dovunque: «A volte sì, la politica mi ha anche provocato nausea. Soprattutto gli ultimi anni in parlamento, quando sono arrivati i nuovi inquilini del palazzo, assolutamente inadeguati e incapaci di confrontarsi con gli uomini del passato, politici e uomini di governo di grande spessore culturale e giuridico». Come soluzione a questo gap Jole immaginava una vera e propria scuola di formazione politica: «La politica non si improvvisa. La politica si studia, si imparano delle cose, si guardano gli altri e soprattutto, per fare politica è essenziale studiare la storia e credere nella giustizia”. 

Una lectio magistralis, la sua, che ieri sera alla Camera è risuonata più forse che mai. 

Il prossimo 15 ottobre saranno tre anni, eppure lei è ancora qui tra di noi, prepotentemente, e sempre più bella di prima. (pn)