di FRANCO CIMINO – A Natale siamo tutti buoni. Siamo più buoni. Anche di tutti gli altri. Forse, un po’ meno di uno, il solito del villaggio, che conosce le Sacre Scritture e il Vangelo a memoria, e in questo giorno te ne fa lezione. Comunque, a Natale è certo che siamo buoni. È necessario esserlo. È regola ferma e chiara. Rispettarla significa che potremo essere cattivi per tutto il nuovo anno in attesa del prossimo Natale. A Natale, per esempio, la politica sospende la più classica delle belligeranze, i suoi componenti non si insultano a vicenda e le sedute parlamentari, come quelle proseguite fino a stamattina, non accettano gli scontri fisici cui siamo da decenni ormai abituati. A Natale la povertà non esiste, esiste solo la generosità che la copre. Esistono i poveri davanti ai bar e alle chiese, che durante i mesi precedenti vediamo con fastidio. Talvolta con disprezzo. Specialmente quando ci mostrano la condizione che noi avremmo potuto subire se fossimo nati in un’altra regione del mondo, quella da cui molto di questi provengono. Oppure, se quella povertà, fatta di arretratezza e di ogni forma di aridità, avesse colpito la nostra terra, quella in cui siamo nati e viviamo. A Natale quei poveri li vediamo bene, e siamo noi, che prima li scansavamo, ad attraversare la strada per raggiungerli. Una moneta e via, la povertà scaccia via. Anche quella della nostra coscienza che, liberata, a Natale, dai sensi di colpa collettiva, ci consente di sedere con i nostri cari alla tavola riccamente imbandita. Del vicino di casa, di parentela o della via, che nasconde la povertà dietro il suo orgoglio di persona cui resterebbe solo l’onore e la dignità, facciamo ancora finta di non sapere. Son fatti suoi se non ci ha fatto vedere l’Intervenuta povertà. Anzi, meglio che ci risparmi questa sua condizione che potrebbe essere la nostra, ci rovinerebbe il Natale.
C’è tempo, anche più di una settimana, per fare i conti con le nostre tasche svuotate dalle spese “ compulsive” che abbiamo fatto, dimentichi delle vecchie promesse. Del tipo:” il prossimo Natale basta con queste spese inutili e offensive, dei carrelli pieni di cibo inutile e in parte già da prima destinato allo spreco. E quelle del bagagliaio pieno di regali inutili che consegniamo a parenti e amici, cui abbiamo donato mille volte le stesse cose. E pure ci maledicono perché è tardi per riciclarli. Di più quelli che, imbambolati, non sanno rincartare il regalo non gradito. A Natale siamo tutti più buoni. È proprio vero. Non abbiamo più nemici, non odiamo nessuno, verso nessuno nutriamo invidia e gli altri, buoni come noi, fanno la stessa cosa. Ci amano e hanno trasformato l’invidia in ammirazione diretta. Sì, conosco l’obiezione:” è quello più buono di tutti nel villaggio?” Anche quello, magari avrà un po’ più di difficoltà con l’invidia, ma non eviterà di essere il più buono di tutti. A Natale siamo buoni. Lo ripeto con forza. Anche gli ultrà delle squadre di calcio si abbracciano con quelli della tifoseria nemica. E da una curva all’altra non si lanciano parole di guerra e qualche petardo, ma applausi di amicizia e canti natalizi, appunto. In più, non di aspettano fuori dallo stadio per farsi la guerra. A Natale ritorna l’amore in tutte le famiglie e la fedeltà nelle coppie che l’avevano dimenticata. I telefoni rossi diventano verdi con quel numero, a Natale, bloccato. A Natale i poveri più poveri, quelli dei senza tetto e senza fissa dimora, hanno un abito pulito sul corpo riscaldato da una buona doccia calda, e nella solita mensa all’interno della solita chiesa sono tutti invitati al pranzo di Natale, preparato e donato da mani caritatevoli. Le mani più buone. A Natale sono buoni anche i signori della guerra, quelli che mandano i nostri figli a morire, sempre con la stessa pesante divisa e i più pesanti scarponi, negli inverni freddissimi e nelle estati soffocanti. Ché tanto per morire conta essere giovani con le armi e bambini, donne e vecchi sotto le macerie dei bombardamenti. Il colore della divisa neppure conta, il sangue, il sudore, le lacrime e il fango, le rendono tutte dello stesso unico colore. A Natale, ma solo in quella notte, però, non si fa la guerra. Quella classica, ché le altre si fanno nel mare delle traversate, nelle campagne delle raccolte, nelle fabbriche degli sfruttati, nelle strade degli emarginati, nelle fughe degli abbandoni. E quelle impossibili delle torture e della ingiustizia. Le armi per le munizioni tacciono da sole. È un bene. Ché se si è così buoni a Natale, poi si potrà fare la guerra tutto l’anno. E noi, che siamo stati buoni, a Natale, possiamo guardarla, la guerra, e le a,tre guerre, dalle dirette televisive, tra una cena buona e un film. A noi, tra l’altro, cosa potrebbe importare? La guerra è lontana da qui. E poi mica siamo statisti per poterci fare qualcosa! Anzi, visto che Natale passerà presto, cerchiamo di renderci neutrali rispetto ai nemici che si lottano, ché altrimenti non arriva né grano, né il gas e i prezzi di tutti i prodotti cresceranno enormemente, con gli stipendi e l’occupazione, invece, sempre più bassi. Meno male, allora, che a Natale siamo più buoni.
Dura solo il giorno Natale. Passerà presto. E tutti torneremo a essere come prima. Quelli di sempre. E di quel pianto di Francesco, il Papa, davanti alla statua dell’Immacolata, a Roma, nel giorno della festa della Madonna, faremo finta di non aver saputo. Ma se molti o anche solo pochi di quei tutti, uomini della Terra, cattolici e persone di altre fedi, credenti e non, laici e agnostici, ci si fermasse solo per un minuto davanti al Presepe e alla nascita del Bambino, pregando o soltanto pensando, per questo mondo che gira all’incontrario della sua perfezione, allora, potremmo fare dell’ Evento o grandioso e dell’Avvento festoso un’occasione stupenda, per quanto forse unica. Probabilmente, l’ultima.
Quella di concepire e vivere il Natale in modo più autentico e profondo. Viverlo anche come nascita, in ciascun essere umano, dell’uomo nuovo. Un uomo che ritorni bambino. E ci resti per un po’. Quel poco tempo che basterà per cambiare il mondo. E fare la guerra alla guerra. A tutte le guerre, che uccidono la vita e la dignità della persona, dei popoli. E della Libertà, che è vita per la Vita e dignità per le libertà. Il mondo che torni bambino sia il paradiso, qui, popolato di bambini che giocano non l’umanità adulta. In particolare, con i giovani che non avranno più paura di vivere. E con i vecchi, che non avranno più paura di morire. Buon Natale. A tutti. Un Natale finalmente vero, che resti nel cuore. Per tutti i giorni dell’anno che ne prepareranno sempre uno migliore. Anche per le nostre case. E per le nostre singole esistenze. (fci)