di ALBERTO PORCELLI – C‘è un’area industriale gigantesca, ormai ex, abbandonata dalle Ferrovie a Saline Joniche, a pochi km da Reggio Calabria e c’è una realtà industriale nella zona Sud della città, l’Hitachi Rail, che avrebbe necessità di allargare la produzione (Trenitalia ha già firmato con il gruppo giapponese una commessa miliardaria per la fornitura di 40 Frecciarossa ETR1000).
Molti ci domandano “ma vi siete mai confrontati con i proprietari dell’Hitachi Rail di Reggio Calabria per proporre l’eventuale spostamento alle Officine Grandi Riparazioni di Saline Joniche? Al momento, l’areaè totalmente abbandonata alle ortiche e utile solo a rappresentare una cattedrale nel deserto al pari della vicina Liquichimica o del confinante porto, costruiti ma mai entrati in funzione.
Le Officine Grandi Riparazioni delle FFSS sono state chiamate “Grandi” non a caso, ma piuttosto perché il sito che li ospita ha una estensione di mq 470.000 mentre l’attuale polo industriale occupato dall’Hitachi, a ridosso dell’abitato sud di Reggio Calabria, ha un’estensione di circa mq 40.000 (quarantamila) e nessuna possibilità di ampliamento.
Qualcuno forse più ottimista di altri e con la vista lunga si spinge anche ad ipotizzare che certamente i Giapponesi, attenti più agli investimenti che non ai sentimentalismi, baceranno le mani a chi avrà la fortuna di prospettare loro tale possibilità.
Ma la triste realtà è che nessuno ha avuto l’ardire di bussare anche timidamente alle porte dell’Hitachi o di chiedere di poter conferire con i vertici della società.
Qualcuno in passato si è offerto di intervenire ma poi, forse non riuscendo a comprendere la lingua giapponese o forse temendo reazioni negative da parte dei propri concittadini o dei sindacati ci ha rinunciato.
L’economia mondiale ci insegna che quando un’operazione commerciale si rivela “interessante” si costruiscono ponti d’oro e si sollecitano tutte le istituzioni pubbliche ad intervenire per realizzare quello che si rivela utile sia per gli operatori commerciali che per la comunità, e questa idea, per quanto fantasiosa ed irta di ostacoli nel lungo periodo consentirà a tutti di uscirne vittoriosi
L’Hitachi, nella nuova location potrebbe aumentare le proprie esistenti linee di produzione, ma potrebbe anche produrre batterie, climatizzatori, proiettori, televisori, software, utensili elettrici e del tutto macchine movimento terra, ampliando così notevolmente i propri interessi commerciali.
Se ciò dovesse avvenire e se l’Hitachi dovesse manifestare la propria disponibilità ed interesse, non mancheranno certamente gli incentivi governativi, stante il prevedibile rilevante incremento di impiego di unità lavorative.
Ma i soliti detrattori si chiederanno a cosa serve tutto ciò, ritenendo che sia prioritario nella nostra città chiudere le buche presenti sulle strade o raccogliere i rifiuti sparsi un po’ dovunque o altro ancora, anche se tali aspetti hanno la loro innegabile importanza.
Ai ben pensanti desideriamo invece spiegare che tutto ciò potrebbe servire anche a destinare l’attuale sede Hitachi di via Padova, dopo il trasferimento dello stabilimento a Saline, per i servizi aeroportuali, ospitando la nuova aerostazione del Tito Minniti. L’attuale aerostazione, anche ristrutturata e rivestita d’oro, non avrà mai un significativo incremento di traffico perché non agevolmente raggiungibile sia dai messinesi che dagli abitanti della stessa città metropolitana.
La nuova aerostazione, se riqualificata con saggezza e maestria, da progettisti di chiara fama (a livello di Renzo Piano e altri archistar), potrebbe divenire un’opera d’arte, posta a sette metri dalla stazione ferroviaria ex O.ME.CA e a pochi metri dal mare dove si potrebbe realizzare un adeguato attracco per mezzi navali veloci, utili a garantire il collegamento con Messina, Taormina e con le Isole Eolie.
Questa possibilità di sviluppo, indurrebbe certamente le compagnie aeree a rivedere le condizioni di utilizzo dell’aeroporto, stante la possibilità di poter avere una movimentazione di circa 800.000/1.000.000 passeggeri. Numeri che porterebbero certamente all’incremento dei voli e, soprattutto, a un auspicabile abbattimento del costo dei biglietti, ormai quasi inavvicinabili per i viaggiatori da e per lo Stretto sulle rotte di Roma e Milano (le uniche attualmente attive).
È importante comprendere che nessuna perdita di tempo ci potrà essere in quanto l’Hitachi di via Padova si trasferirebbe solo dopo aver riadattato i nuovi locali acquistati direttamente (“pochi spicci per il colosso ferroviario”) oppure eventualmente concessi in uso da un Ente territoriale lungimirante (Regione, Comune o Città Metropolitana) che con i propri fondi potrebbe provvedere all’acquisizione dalle Ferrovie dello Stato, odierne proprietarie. Le Ferrovie richiedono la modica cifra di € 4.500.000,00, pari a circa € 13,00 al mq, che comprende oltre all’intera superficie libera anche circa 75.000 mq di costruito.
In questo scenario, subito dopo il rilascio dell’area si potrebbe dare seguito ai lavori di riadattamento dei manufatti esistenti sulla base del progetto che nelle more sarà redatto, ragionato, valutato, approvato, etc, consentendo così alla città di Reggio di poter avere un aeroporto di tutto rispetto, raggiungibile velocemente con il treno, evitando così di utilizzare l’autovettura da lasciare poi in parcheggio a pagamento.
Un aeroporto accessibile in tal modo anche ai messinesi dopo la realizzazione del ponte che favorirà il passaggio veloce dei treni, ma costituirà anche importante ed utile trampolino di collegamento con i paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo, nonché base logistica per le isole Eolie e per Taormina, da cui deriverebbe un innegabilmente un forte incremento per il derelitto turismo di tutta l’area dello Stretto. (ap)