LA NOTA DI LUCA BIANCHI E CARMELO PETRAGLIA DOPO LA RELAZIONE DEL DIP. DELLE POLITICHE DI COESIONE;
Luca Bianchi, direttore della Svimez

L’ALLARME DOCUMENTATO DELLA SVIMEZ
QUOTA SUD DEL PNRR OBIETTIVO DIFFICILE

di LUCA BIANCHI e CARMELO PETRAGLIA – Il Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei ministri ha presentato la prima Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Fondo complementare (FoC).

Basandosi sulle informazioni aggiornate al 31 gennaio 2022 fornite dalle 23 Amministrazioni titolari dei 253 interventi previsti (di cui 223 finanziati dal PNRR e 30 dal FoC), la Relazione quantifica le risorse con destinazione territoriale, restituendo il quadro informativo da utilizzare come base per le verifiche in fase di attuazione dell’obbligo normativo della “quota Sud” del 40%. Al netto delle azioni di sistema (interventi di valenza nazionale per complessivi 11 miliardi di euro), la dimensione delle risorse destinate al Mezzogiorno si attesta su 86 miliardi, pari al 40,8% dei 211,1 miliardi in dotazione del PNRR e del FoC con destinazione territoriale.

A contribuire a questo risultato sono le quote del Ministero per il Sud e la coesione territoriale (79,4%) e delle altre Amministrazioni centrali che riportano percentuali significativamente al di sopra della soglia minima; nell’ordine, Infrastrutture e Mobilità Sostenibili (48,2%), Interno (47%), Innovazione tecnologica e transizione digitale (45,9%). Viceversa, le due Amministrazioni centrali che riportano “quote Sud” molto distanti dall’obiettivo sono il Ministero dello Sviluppo economico (24,8%) e il Ministero del Turismo (28,6%). Nel complesso risulta che, rispetto alla soglia minima del 40% (pari a 84,4 miliardi di euro), la fase di attuazione del Piano può avvalersi di un “margine di sicurezza” piuttosto limitato: 1,6 miliardi, appena 320 milioni di euro annui dal 2022 al 2026.

È questo, da solo, un dato che qualifica la “quota Sud” come un obiettivo che non sarà facile conseguire, a meno di non introdurre azioni correttive e di accompagnamento “in corsa”, sui quali la Relazione opportunamente si sofferma fornendo utili e condivisibili indicazioni. Deve trattarsi di necessari aggiustamenti da apportare alle procedure di attuazione già avviate, con particolare riferimento a due ambiti: gli interventi che vedono come soggetti attuatori gli enti decentrati beneficiari di risorse distribuite su base competitiva dalle Amministrazioni centrali; gli interventi di incentivazione a favore delle imprese. Aggiustamenti urgenti, non solo necessari.

Infatti, degli 86 miliardi potenzialmente allocabili al Mezzogiorno, ben 62 finanziano misure per le quali è stato espletato almeno un atto formale che già sta orientando l’allocazione territoriale delle risorse nelle fasi successive dell’attuazione. La Relazione fa emergere diversi profili di criticità, discussi in dettaglio per ciascuna delle quattro diverse modalità seguite dalle Amministrazioni centrali per quantificare le risorse da destinare alle regioni del Mezzogiorno. Le uniche risorse “certe” sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti. Meno di un terzo degli 86 miliardi della “quota Sud”.

Queste risorse sono per oltre la metà (14,6 miliardi) di titolarità del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e in buona parte finanziano “progetti in essere”, ovvero interventi per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello Stato poi sostituite da quelle del PNRR. I rimanenti 61,2 miliardi di euro rappresentano risorse “potenziali”, la cui destinazione effettiva alle regioni del Mezzogiorno dovrà realizzarsi in fase di attuazione superando diverse criticità che la Relazione tecnica porta all’attenzione del decisore politico. Una prima criticità riguarda i 28,2 miliardi “stimati” dai diversi Ministeri per finanziare prevalentemente misure non ancora attivate formalmente o attivate con procedure prive di specifici vincoli di destinazione territoriale. In diversi casi, le Amministrazioni dichiarano “solo un’adesione di principio” al rispetto del livello programmatico del 40% al Mezzogiorno.

Per alcuni Ministeri le risorse “stimate” incidono in maniera rilevante sulle risorse gestite che si prevede di allocare al Sud: l’82% per l’Agricoltura, il 61% per l’Istruzione e per il Lavoro, il 56% per la Transizione ecologica. Anche la destinazione finale dei 23,4 miliardi quantificati dai Ministeri per “riparto” (nel caso di misure attivate con procedure che prevedono una quota destinata al Mezzogiorno, ma non ancora arrivate alla selezione dei progetti da finanziare) è soggetta ad un certo grado di incertezza, con particolare riferimento alle risorse da distribuire agli enti territoriali su base competitiva. Al di là delle criticità legate alle diverse modalità di integrazione della clausola del 40% nei bandi ministeriali già rimarcate dalla Svimez e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la Relazione del DPCoe porta all’attenzione un aspetto particolarmente critico per il conseguimento dell’obiettivo del 40%. In ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. Un’eventualità tutt’altro che remota alla luce del primo anno di attuazione del PNRR.

In altri casi, come nel bando Asili Nido, in presenza di insufficiente capacità 3 progettuale per circa il 50% delle risorse, è stata prevista una proroga dei termini, che però difficilmente sarà sufficiente a colmare il gap. In assenza di interventi sui meccanismi allocativi e sui soggetti attuatori, soprattutto nell’ambito dei diritti di cittadinanza, la mancata allocazione delle risorse nelle aree a maggiore fabbisogno richiederebbe l’attivazione dei poteri sostitutivi previsti dalla governance del PNRR. A completare il quadro vi sono infine 9,6 miliardi di euro di competenza del Ministero della Transizione ecologica (5,9 miliardi) e del Ministero dello Sviluppo economico (3,7 miliardi) per il finanziamento di misure nazionali già attivate per le quali sono disponibili dati storici di tiraggio a livello territoriale, anche se parziali.

La già citata notevole distanza dal target del 40% del Ministero per lo Sviluppo economico è determinata in larga misura ai crediti d’imposta previsti per l’intervento Transizione 4.0, che vale 13,4 miliardi (il 74% delle risorse gestite dal Ministero), e per il quale si fornisce un dato di “quota Sud” pari al 19,4% basandosi sui primi quattordici mesi di operatività dell’incentivo. Questa misura presenta quindi un’elevata problematicità dal punto di vista del rispetto del vincolo del 40%. Le risorse sono allocate in base alla dinamica “spontanea” delle richieste giudicate ammissibili, che a sua volta riflette la distribuzione delle imprese attive e dei relativi investimenti nelle diverse macroaree.

Ne consegue, come già evidenziato dalla Svimez, che il Sud vi accede in misura molto limitata, beneficiando di una parte molto esigua di risorse. Un quadro simile emerge anche con riferimento alla quota Mezzogiorno del Ministero del Turismo che si attesta solamente al 28,6%. Tale percentuale è riferita all’importo complessivo delle risorse con destinazione territoriale, che ammontano a 2,29 miliardi di euro, il 95% del totale delle risorse PNRR in capo al Ministero. Lo scostamento dal target del 40% è riconducibile a investimenti per 650 milioni di euro in cui il Mezzogiorno ha quota a pari a zero. Un rischio di ulteriore erosione della quota meridionale è imputabile al meccanismo spontaneo di allocazione territoriale delle risorse per i crediti d’imposta riservati alle imprese attive nel settore turistico.

Quest’ultimo, basato su procedure a bando o a sportello a livello nazionale, potrebbe penalizzare la partecipazione di imprese e iniziative localizzate nel Mezzogiorno potenzialmente beneficiarie. Analoghe conclusioni sussistono per le risorse PNRR a titolarità del Ministero per la Transizione ecologica (39,2 mld di euro, di cui poco più di 38,5 con destinazione territoriale), la cui quota complessiva destinata al Mezzogiorno è inferiore di 3 punti percentuali rispetto al vincolo normativo del 40%. Oltre al fatto che per alcuni interventi le risorse sono state territorializzate ex 4 ante nel Centro-Nord mentre per altri la quota al Sud è stata stimata modesta o nulla (per vincoli tecnologici, assetto di mercato, etc.), per gli investimenti per i quali non sussistono vincoli tecnici alla localizzazione nel territorio meridionale sono previste procedure competitive rivolte a imprese o a enti locali il cui esito finale è dipendente dalla capacità progettuale e di risposta dei territori.

Proprio per questi motivi, l’adesione delle regioni del Mezzogiorno potrebbe essere insufficiente ai fini del pieno utilizzo di tali risorse. Timori sulla capacità di spesa delle regioni meridionali riguardano anche le risorse in capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la cui quota destinata al Mezzogiorno si attesta al 37%. Il mancato rispetto del vincolo normativo è in questo caso giustificato dai criteri di riparto adottati, che hanno privilegiato la spesa storica per gli obiettivi di occupabilità, e dalla massima capillarità e copertura territoriale per ciò che concerne i progetti in infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore a titolarità degli Ambiti Territoriali Sociali. Per raggiungere la quota del 40%, per questi come per altri strumenti di sostegno, è necessario prevedere meccanismi correttivi che compensino eventuali inefficienze nelle capacità progettuali e attuative delle Amministrazione meridionali, e favoriscano la partecipazione dei soggetti economici del Sud. È necessario altresì predisporre modalità di salvaguardia in caso di mancato assorbimento.

Il tema è quello della declinazione a livello territoriale degli interventi nazionali di incentivazione da conseguire con una pluralità di strumenti come, ad esempio, maggiori aliquote di agevolazione per il Sud o criteri privilegiati di accesso agli interventi, soprattutto per quelle attività produttive e quegli ambiti tecnologici che presentano eccellenze nelle regioni meridionali. In definitiva, dalla Relazione arriva un forte monito al livello politico: il 40% è tutt’altro che un risultato acquisito, è un obiettivo che sarà possibile conseguire solo se saranno rimosse diverse criticità, avvalendosi di tutti gli strumenti di cui si è dotata la governance del PNRR, incluso il potere sostitutivo da parte dello Stato nei casi di palese inadeguatezza progettuale e realizzativa degli enti decentrati. Con efficacia, la Relazione evidenzia il trade-off tra efficienza allocativa ed equità perequativa che connota l’attuazione del Piano.

Esiste il rischio concreto, cioè, che per rispettare target e milestone da rendicontare in Europa, si debba sacrificare l’obiettivo del superamento dei divari territoriali che il governo italiano ha declinato con l’impegno a destinare alle regioni del Mezzogiorno almeno il 40% delle risorse con destinazione territoriale. Un rischio che va scongiurato. Sarebbe davvero 5 paradossale sacrificare l’equità in nome dell’efficienza per rispettare i tempi di attuazione di un Piano che ha per obiettivo la riduzione delle disuguaglianze. (lb – cp)