Il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi, alla vigilia della festa della Presentazione del Signore, giornata della vita consacrata, ha presieduto la concelebrazione eucaristica in Cattedrale alla presenza dei religiosi e delle religiose della diocesi.
«Dio, in Gesù Cristo, si è fatto vicino alla nostra umanità. Come ci ricorda l’autore della Lettera agli Ebrei, Egli “si prende cura” della stirpe di Abramo, della nostra umanità. Dio si prende cura di noi. Mentre Dio risolleva l’umanità dalla sua contingenza segnata dal peccato, ci proietta nel futuro accompagnandoci. Questo fa il Signore con noi: non ci lascia soli, ci accompagna. Siamo chiamati ad essere nel mondo con lo stesso stile amoroso di Dio, che si prende cura di noi», ha detto il vescovo.
«La consacrazione non è un arroccamento, una chiusura in una campana di acciaio, per cui si immagina di essere inattaccabili – ha proseguito monsignor Parisi – Cristo, come ci ricorda l’autore della Lettera agli Ebrei, divenne in tutto simile ai fratelli, senza vergognarsene, per poter venire in aiuto a coloro che sopportano la prova. Questo è il senso anche della nostra consacrazione. Cristo non ha vissuto la sofferenza a distanza, ma è entrato dentro. Il Figlio di Dio è entrato e continua ad entrare nella storia dell’umanità, la patisce come noi, la porta dentro la sua carne e, dal di dentro, può ridare all’umanità la forza di riprendere la vita. L’amore di Dio è una forza generativa che ridà vita, speranza, redime dal male e accompagna l’umanità ferita dentro la realizzazione del nostro futuro».
Per il vescovo Parisi, la grandezza e la straordinarietà dell’annuncio cristiano «è il fatto che Dio ha scelto di farsi uomo, si è svuotato, ha messo da parte la sua divinità per recuperare la nostra umanità. Dio ha deciso di scendere dentro il baratro dell’umanità, nella voragine dell’ inconsistenza umana fatta di fragilità, di provvisorietà, di peccato. É lì che Dio, facendosi uomo, ha deciso di stare».
Dal vescovo Parisi, l’augurio ai consacrati «di vivere la nostra consacrazione come adesione alla storia concreta dell’umanità, senza guardarla con quel “ghigno” di chi guarda le cose con atteggiamento di superiorità. La storia ci appartiene e noi apparteniamo alla storia, siamo “sposati” con la storia. Dentro questa storia, siamo chiamati a comunicare la forza dell’amore di Dio. Il senso della nostra consacrazione è quello di essere partecipi della prova dei fratelli per aiutare coloro che sono nella prova ad aprire le loro ferite perché, attraverso quelle ferite, possa passare la luce dell’amore di Dio, che è salvezza e amore per sempre».
Nel corso della celebrazione, le religiose e i religiosi hanno rinnovato la loro consacrazione. (rcz)