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Marcello Manna

Laurea detenuto Unical, Manna (Anci Calabria): Buona prassi da replicare

Il presidente di Anci CalabriaMarcello Manna, ha evidenziato come «con la proclamazione del primo dottore magistrale del Polo Universitario Penitenziario dell’Università della Calabria (PUP) si è scritta un’importante pagina di democrazia, con l’auspicio che questa possa divenire buona prassi da replicare in molte regioni e realtà territoriali che al momento ancora non offrono questa grande oltre che doverosa opportunità».

Il Polo, istituito nel 2018 grazie al protocollo d’intesa fra l’Ateneo di Arcavacata e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato regionale per la Calabria, ma, di fatto, operativo da circa un decennio: «un plauso all’Unical, ai docenti del polo penitenziario, al penitenziario di Rossano. Nello studio e nella cultura e’ possibile ritrovare un motivo di riflessione profonda sia sulla propria condizione ma anche sulle motivazione che la hanno determinata acquisendo e integrando oltre al proprio capitale culturale anche una maggiore consapevolezza».

Il neo dottore in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ha discusso la tesi dal titolo I poteri clemenziali del Parlamento. L’indulto del 2006, davanti alla Commissione presieduta dal professore Ercole Giap Parini, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (Dispes), e composta dal Prorettore Francesco Scarcello, e dagli altri docenti Roberto De Luca, relatore della tesi, Franca Garreffa e Pietro Fantozzi, delegato del rettore al PUP.

«Come pensiamo o trattiamo i detenuti – ha dichiarato bLisa Sorrentino, assessore ai Diritti Civili del Comune di Rende e membro dell’Associazione Yairaiha Onlus – mostra il nostro essere civili, il nostro essere persone all’interno di una comunità. Lo scopo del carcere è principalmente quello rieducativo così per come enunciato dall’art. 27 della nostra Costituzione. Ciò implica il permettere alle persone che scontano una pena di rientrare in società e di ricostruirsi un’identità, una vita anche attraverso il riconoscimento dei principali diritti come il diritto allo studio».

«Tuttavia – ha concluso – il diritto allo studio universitario non è ancora considerato un vero e proprio diritto esigibile in maniera incondizionata e così la possibilità di esercitarlo non è data a tutti coloro che avrebbero l’interesse a farlo. Dipende, infatti, da molti fattori: dal carcere nel quale il detenuto si trova, dalla capacità di attivazione presso le amministrazioni, dalle strutture didattiche universitarie ma anche dall’interesse e sensibilità di alcuni docenti. Tutti questi fattori si sono combinati perfettamente dimostrando che una perfetta sinergia può contribuire a fornire gli strumenti più idonei per permettere a chi ha sbagliato  di tornare dalla parte del bene». (rrm)