di b SANTO STRATI – La Corte dei Conti non dà il visto di legittimità al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina e formalmente blocca l’opera di cui si attendeva la pubblicazione del relativo decreto del Cipess sulla Gazzetta Ufficiale. È un provvedimento che susciterà polemiche a non finire: da un lato già ieri sera i no-ponte esultavano di gioia, mentre chi crede ed è convinto delle grandi opportunità di sviluppo del territorio che l’Opera porterà ci è rimasto male. Delusi e confusi calabresi e siciliani per questa nuova “perdita di tempo” che farà slittare qualsiasi programma operativo. La Corte dei Conti, al termine di una lunga Camera di Consiglio ha bocciato la registrazione della Delibera del Cipess dello scorso agosto, negando il visto di legittimità necessario per sbloccare in via definitiva l’iter realizzativo. La Corte dei conti aveva chiesto al governo di spiegare in modo più approfondito la compatibilità del progetto con il parere negativo della commissione di Valutazione d’Incidenza Ambientale (VIncA), motivato con 62 prescrizioni. Per aggirare quel parere negativo, il 9 aprile il Consiglio dei ministri aveva approvato la cosiddetta relazione IROPI (Imperative Reasons of Overriding Public Interest, “motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico”) dichiarando il ponte un’infrastruttura di interesse militare. La procedura seguita dal governo era stata contestata da associazioni ambientaliste e comitati, che avevano presentato ricorsi all’Unione Europea.
Tra le altre cose, i magistrati contabili avevano segnalato al governo aumenti delle spese non motivati, come quelli relativi ai costi per la sicurezza, passati da 97 a 206 milioni, e quelli per le opere compensative. Un altro rilievo riguardava l’esclusione dalla procedura dell’Autorità di regolazione dei trasporti, che interviene su concessioni, accesso alle infrastrutture e tariffe. Bisognerà attendere le motivazioni per capire su quali punti l’organo contabile dello Stato si è irrigidito, bloccando di fatto l’avvio dei lavori.
È un film già visto, purtroppo: se non ci fosse stata l’”insano” stop di Mario Monti e del suo governo nel 2011, oggi probabilmente calabresi e siciliani utilizzero tranquillamente il Ponte e tutta l’area dello Stretto avrebbe subito una sraordinaria trasformazione in termini di benessere, mobilità e sviluppo. Ancora una volta, forse pretestuosamente (a pensar male si fa peccato, diceva Andreotti, ma spesso ci si azzecca), c’è chi rema contro lo sviluppo del Mezzogiorno e dice sempre NO (M5S, tanto per fare qualche nome, assieme ai Verdi di Bonelli e Fratoianni) a qualunque idea di progresso e crescita del Paese, ma nel caso specifico del territorio delle regioni più derelitte d’Italia.
Per Calabria e Sicilia il Ponte significa un volano di sviluppo eccezionale: basti pensare che alla prima richiesta di presnetare candidature per manovalanza, hanno risposto il primo giorno in oltre 4.000. Questo conferma che il Sud ha fame di lavoro e non vuole più chiacchiere e “nientismi” inutili e dannosi. Il Ponte significa anche tantisismi posti di lavoro e un indotto formidabile per i territori: chi verrà a lavorare per il Ponte (occorre essere ottimisti, questo blocco è solo temporaneo) dovrà trovare un alloggio, mangiare, acquistare vestiti per sé, giocattoli per i bambini, un profumo per la moglie (o il marito), consumerà caffè e acqua al bar, solo per fare un modesto esempio di quanta ricchezza si vuole negare al territorio.
Il blocco – dev’essere chiaro – è temporaneo: bisognerà aspettare entro il 30 novembre le motivazioni per presentare, a chi compete, i necessari ricorsi. Non si ferma il progetto, ma si impone un ritardo illogico e ingiusto. Il Governo dovrà fare la sua parte e riproporre, motivando le ragioni di necessità e urgenza, una nuova delibera che ha il poter di travalicare la delibera odierna della magistratura contabile. Che dovrebbe badare alla correttezza dei conti e non entrare in valutazioni che, a naso, sembrano esulare dalle sue competenze.
Il Governo è, comunque, furioso: la premier Giorgia Meloni parla di “un ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. I ministri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i quesiti formulati». La premier ha anche aggiunto che «per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer. La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento»
Molto irritato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che parla di «scelta politica e un grave danno per il Paese», sottolineando che il progetto non si ferma: «Andremo avanti». Salvini ha poi stigmatizzato la sua posizione: «In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora, visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da sud a nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori».
Cosa succederà adesso? Di sicuro un ulteriore slittamento dell’inizio dei lavori di cui non viene cancellata l’esecuzione: è un ritardo che peserà sulle spalle dei calabresi e dei siciliani, soprattutto per quanto riguarda la creazione di migliaia di posti di lavoro, di cui il Sud ha estremo bisogno.
C’è da osservare che, da un punto di vista strettamente tecnico, anche in presenza del parere negativo della Corte dei Conti il Governo può ugualmente decidere di andare avanti con il progetto.
È stato, infatti, spiegato che nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, secondo la legge, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti, può chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri. Quest’ultimo può ritenere, a sua volta, che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso.
Tra i diversi punti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale. Le eccezioni sollevate durante l’adunanza della Sezione centrale della Corte, dal consigliere, Carmela Mirabella – secondo quanto riferisce l’Ansa – sarebbero state diverse: tra queste anche quella sulla competenza del Cipess, considerato organo “politico”.
Il ministro Salvini in un question time molto acceso alla Camera ha spiegato che «la Corte dei Conti ha deciso di sottoporre la valutazione alla sezione centrale di controllo», ma «si tratta di una scelta che non modifica il termine previsto per la determinazione sulla registrazione fissato per il 7 novembre». Salvini ha voluto sottolineare che il lavoro svolto sul progetto «è stato serio, articolato e trasparente nel rispetto delle norme italiane ed europee, è stata rispettata la normativa ambientale». E ha ribadito che «il ponte farà risparmiare tempo, denaro e salute».
Per cui, secondo il ministro non c’è «nessuna violazione, nessun ritiro della delibera Cipess. Il mio impegno è fare questo ponte e farlo bene».
Salvini si è poi scontrato nuovamente con il deputato di Avs, Angelo Bonelli, che aveva posto l’interrogazione sull’opera da 13,5 miliardi e bollato come «vecchio di 26 anni» il progetto.
Secondo Bonelli, «Nella delibera Cipess ci sono gravi profili d’illegittimità che sono stati evidenziati dalla Corte dei Conti e in un paese normale un governo che rispetta la legge e le istituzioni avrebbe ritirato il progetto sul Ponte che sottrae 15 miliardi di euro ai cittadini dopo aver tagliato fondi al trasporto pubblico».
L’irritazione di Salvini si è stemperata con una battuta: «Se avessimo adottato le sue politiche del no, non avremmo l’autostrada del Sole e l’Av ma andremmo a cavallo nel nostro Paese». Poi, più serio, Salvini ha affermato che «Nessuna opera sarà definanziata per pagare il Ponte da Bolzano a Palermo. Ognuno la pensa come vuole, noi intendiamo andare avanti con il Ponte. Che un ponte non abbia interesse pubblico lo scopro oggi, un’opera pubblica che coinvolgerà 120 mila posti di lavoro e quindi dire di no a questi posti di lavoro mi sembra curioso da parte di alcune forze politiche o sindacali di sinistra».
Numerose le reazioni da parte delle forze politiche che sostengono la fattibilità dell’Opera.
Il Presidente della Regiona Calabria Roberto Occhiuto ha dato ragione al vicepremier Salvini: «La decisione della Corte dei Conti è un grave danno per il Paese. Il Ponte sullo Stretto non rappresenta solo una grande infrastruttura che il Mezzogiorno attende da decenni, ma anche un’immensa occasione per la Calabria e per la Sicilia: la concreta possibilità che queste Regioni hanno di dimostrare al mondo intero che sono capaci di condurre a termine opere straordinarie.
Il Sud vuole opportunità, vuole misurarsi con sfide entusiasmanti, vuole concorrere per creare sviluppo e per competere con il resto del Paese.
«Trovo assurda la presa di posizione della Corte dei Conti, ma sono certo che il governo andrà avanti in un processo ormai non più reversibile».
Analoga la posizione del sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Matilde Siracurano (compagna del Presidnete Occhiuto e deputata di Forza Italia): «Il governo ha creduto sin dall’inizio nella realizzazione del Ponte, un’infrastruttura non più rinviabile, indispensabile per lo sviluppo e la modernizzazione dell’intero Mezzogiorno. Attendiamo di leggere le motivazioni, ma è difficile comprendere la logica di una decisione che appare più politica che tecnica».
Secondo la deputata leghista Simona Loizzo, «Il Ponte sullo Stretto è un’opera strategica, inserita nel corridoio Ten-T, capace di creare sviluppo, essere motore per la crescita di Calabria e Sicilia e di tutto il Mezzogiorno. Eppure, la Corte dei Conti sceglie di bloccare tutto. Una scelta illogica, che non fa il bene del Paese, una ingerenza contro un Governo che vuole costruire».
Ovviamente, l’opposizione gongola per il temporaneo blocco dell’Opera. Il segretario regionale calabrese del PD, Nicola Irto, senatore e capogruppo in Commisisone Ambiente ha affermato che «La mancata approvazione della delibera CIPESS non è un cavillo tecnico, ma proprio la prova che il progetto bandiera della destra è stato costruito in fretta, senza basi giuridiche solide e con una gestione delle risorse a dir poco opaca. Una illusione, come abbiamo più volte detto. Meloni e Salvini hanno venduto agli italiani un’illusione, mentre gli organi di controllo dello Stato certificano che non tutto quello che si annuncia nei talk show può diventare realtà per decreto. È un fallimento politico e istituzionale: mesi di conferenze stampa, slogan e passerelle e alla fine l’illusione si ferma davanti alla prima verifica di legalità. Invece di cercare capri espiatori, il Governo dovrebbe fare autocritica e smettere la propaganda elettorale. L’Italia ha bisogno di serietà, non di cantieri fantasma».
Come si ricorderà, il Cipess (Comitato Interminisateriale per la Programmazione economica e lo Sviluppo Sostenibile) aveva varato la delibera sul Ponte lo scorso 6 agosto. A settembre la Corte dei conti, cui toccava verificare il rispetto da parte della delibera del Cipess di leggi e norme, aveva chiesto una serie di chiarimenti al governo sul progetto definitivo del ponte. Nelle sei pagine di osservazioni inviate alla presidenza del Consiglio, i magistrati contabili avevano espresso dubbi sulle procedure seguite dal governo, in particolare sulle deroghe ai vincoli di protezione ambientale e sull’aumento delle spese per la costruzione del ponte e delle opere collegate, come strade e ferrovie. Nelle scorse settimane erano stati gli ulteriori approfondimenti richiesti e la documentazione necessaria a sostegno della validità del progetto. ieri, inattesoa la bocciatura e il mancato visto che avrebbe autorizzato la pubblicazione della delibera Cipess sulla Gazzetta Ufficiale con il consgeuente avvio dei lavori preliminari già programmati.
L’amministratore delegato della Stretto di Messina Pietro Ciucci ha detto di aver accolto «con grande sorpresa l’esito del controllo di legittimità operato dalla Corte dei Conti che non ha ammesso al visto e alla conseguente registrazione la delibera Cipess n. 41/2025 del Ponte sullo Stretto. Tutto l’iter seguito è stato sempre svolto nel pieno rispetto delle norme generali e speciali italiane ed europee relative alla realizzazione del ponte. Restiamo in attesa delle motivazioni mantenendo l’impegno di portare avanti l’opera, missione che ci è stata affidata da tutto il governo e dal ministero delle Infrastrutture in attuazione delle leggi approvate dal Parlamento italiano».
Caustico il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha così commentato su Twitter (X) la decisione della Corte dei Conti: «Non è ammissibile che in un Paese democratico la magistratura contabile decida quali siano le opere strategiche da realizzare. Quella sul Ponte dello Stretto da parte della Corte dei Conti è una decisione che mi lascia esterrefatto e che arriva alla vigilia dell’ultimo voto in Parlamento per realizzare la riforma della giustizia. Il Governo andrà avanti».
Anche da parte siciliana c’è molta amarezza. Secondo il Presidnete della Regione Siciliana Renato Schifani si tratta di «una decisione che sa molto di ingerenza e che rischia di paralizzare l’azione di governo, ostacolando un’opera strategica per lo sviluppo dell’Italia e per il futuro della Sicilia. Un conflitto apparente tra poteri che abbiamo già vissuto e segnalato anche in Sicilia. Il Ponte sullo Stretto è un’infrastruttura attesa da decenni dai nostri cittadini e dal nostro sistema produttivo. Ribadisco la mia piena sintonia con il governo nazionale e con il ministro Salvini, che ringrazio per la determinazione dimostrata in questi anni. Continueremo a difendere con forza il diritto della Sicilia a colmare un divario infrastrutturale che dura da troppo tempo».







