di FLAVIO STASI – L’attuale dibattito pubblico scaturito dalla istituzionalizzazione della Facoltà di Medicina all’Unical ci offre la rappresentazione di come sono stati pensati, in passato, determinati servizi in Calabria, con una assurda ed improduttiva spartizione politico-territoriale, forse sconosciuta ai giovani calabresi ma ben nota a chi mastica di queste cose, che ha coinvolto persino la sede del Consiglio Regionale e della Giunta Regionale. L’università è stata parte di questo surreale ragionamento.
Ecco per quale ragione la decisione della governance regionale di arricchire l’ateneo di Arcavacata con la Facoltà di Medicina, nel momento in cui da anni i concorsi proposti dalle Aziende Sanitarie per medici specializzati vanno deserti o quasi, ha provocato veri e propri smottamenti istituzionali.
La discussione, tuttavia, evidenzia i limiti del ruolo che abbiamo e continuiamo a riconoscere all’Università dalle nostre parti, quasi come se fosse uno mero strumento per garantire ed arricchire il mercato immobiliare locale (ed altri piccoli segmenti di mercato locale) di questa o di quella città, con affitti, acquisti, valorizzazioni. L’università in Calabria può e deve giocare ben altri ruoli.
Ecco perché credo che l’intera Calabria debba essere felice per l’apertura di una nuova Facoltà, soprattutto di Medicina, ma ritengo anche che sia il momento di aprire un confronto generale sulla rete universitaria regionale.
L’Università può e deve essere in grado di affrontare la doppia sfida dell’accessibilità, in una regione con il reddito pro-capite tra i più bassi d’Italia, e della competitività, valorizzando le intelligenze vive che da decenni arricchiscono i territori del Centro-Italia anche alla luce di un sistema di welfare più efficiente. Ma vi è una terza sfida sulla quale, come è noto, ho trovato finora pochi riscontri nei nostri atenei, anche in quelli a cui sono maggiormente affezionato: l’università non può risultare avulsa dal territorio in cui si innesta, dalle sue vocazioni economiche, produttive, sociali e storiche. Questo, a mio avviso, con le dovute eccezioni, è stato il limite dei nostri atenei finora.
L’apertura della facoltà di medicina a Cosenza apre finalmente uno squarcio che vede l’università aderire alle esigenze dei territori, ed è fin troppo evidente che la Calabria tutta, quindi anche l’area urbana di Cosenza, ha bisogno di un centro di sviluppo scientifico università-ospedale che rigeneri il tessuto medico ed infrastrutturale del territorio, in competizione positiva con l’equivalente di Catanzaro, e che integri l’intera rete ospedaliera provinciale.
Ebbene come si fa a non comprendere che vi sono anche altre esigenze funzionali e necessarie per garantire a questa terra gli strumenti per svilupparsi in maniera sostenibile valorizzando le proprie vocazioni territoriali, integrandole con lo studio e la ricerca, dando la possibilità alla Calabria di migliorare la propria competitività rispetto al resto del Paese?
Davvero nel 2023 non si coglie l’esigenza di sviluppare e potenziare l’economia agroalimentare della Piana di Sibari, sviluppando una facoltà di Agraria in quello che ormai è un polo urbano tra i più importanti? A chi farebbe torto garantire al territorio maggiormente vocato e produttivo, una filiera completa che generi innovazione e competenza nel campo dell’agricoltura? Oppure, a chi farebbe torto sviluppare competenze ed innovazione aprendo dei corsi di laurea nelle scienze del turismo o nella valorizzazione dei beni culturali e storici, in uno dei territori con la ricettività ed i siti archeologici tra i più importanti della regione della regione?
La risposta è: a nessuno. Farebbe bene all’intera Calabria. Perché lo sviluppo di questa terra è possibile solo se riusciremo a renderla competitiva con l’Europa, e la competitività di sviluppa con investimenti e competenze al servizio dei territori.
Ecco perché la fase attuale è importante. Credo che a livello regionale si debba decidere se le università o le facoltà siano ancora il contrappeso di qualche altro ufficio pubblico, finalizzate a garantire qualche affitto e qualche colata di cemento, oppure siano strumento per lo sviluppo e la valorizzazione della Calabria e conseguente miglioramento della qualità della vita di tutti i calabresi.
In questo dibattito, noi ci siamo, ancora una volta, a completa disposizione della Regione e della Governance universitaria per agevolare con tutti i mezzi a nostra disposizione questo percorso, che riteniamo non campanilistico ma virtuoso e plurale, perché anche la Sibaritide può essere un’area funzionale allo sviluppo dell’intera Calabria. (fs)
[Flavio Stasi è sindaco di Corigliano Rossano]