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L'OPINIONE / Francesco Rao: Un Primo Maggio per riscrivere il futuro della Calabria

L’OPINIONE / Francesco Rao: Un Primo Maggio per riscrivere il futuro della Calabria

di FRANCESCO RAO – Il Primo Maggio, più che una semplice celebrazione, dovrebbe rappresentare una tappa riflessiva, un momento collettivo in cui guardare con onestà al passato e con responsabilità al futuro. In Calabria, regione attraversata da croniche fragilità economiche e sociali, questa ricorrenza assume un significato ancora più urgente e complesso. L’emigrazione intellettuale, la crisi demografica e la mancata valorizzazione delle nuove competenze hanno minato alla base ogni tentativo di costruzione di uno sviluppo duraturo.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una fuga costante di giovani menti, il cosiddetto “esodo dei cervelli”, che ha impoverito il tessuto produttivo e indebolito la capacità della Calabria di rinnovarsi. Non si è trattato solo di un impoverimento numerico, ma qualitativo: sono andati via i portatori di visione, di innovazione, di futuro. A questa deriva si somma la previsione ISTAT che, guardando al 2050, tratteggia uno scenario in cui l’invecchiamento e il calo della popolazione renderanno ancor più difficile mantenere in equilibrio il sistema sociale e produttivo.

Non basterà più “tamponare le falle”, come si è fatto sinora: serve il coraggio di ripensare un intero modello, perché l’attuale non è in crisi, è semplicemente obsoleto. La transizione tecnologica in atto, fatta di intelligenza artificiale, robotica e interconnessioni globali, impone nuove domande, nuove competenze e una nuova visione del lavoro. I bambini nati cinque anni fa, con ogni probabilità, svolgeranno lavori che oggi neppure esistono. Ciò significa che l’educazione, la formazione continua, la capacità di apprendere a disimparare e reimparare, saranno le vere risorse strategiche.

In questo scenario, la Calabria può scegliere se restare indietro o provare a colmare il divario, puntando su ciò che ancora possiede: le persone, la creatività, la resilienza sociale. Ma per farlo, occorre affrontare anche i temi più “tradizionali” con una nuova radicalità: sicurezza nei luoghi di lavoro, aggiornamento professionale costante, retribuzioni giuste, pari opportunità. Questioni che dovrebbero essere dati di fatto, e invece restano promesse disattese.

È impossibile non pensare a chi vive con 600 euro al mese da pensionato o a un docente che guadagna 1300 euro: non sono solo numeri, ma indicatori di una fragilità strutturale che genera ansia, frustrazione e talvolta disperazione. Questi lavoratori sono spesso costretti a vivere più nel timore del domani che nella dignità dell’oggi. Di queste storie si parla troppo poco: per impotenza politica o per distanza culturale?

Un Primo Maggio davvero significativo dovrebbe recuperare il senso profondo dell’articolo 1 della Costituzione – “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” – e tradurlo in pratica. Per farlo, bisogna restituire al lavoro la centralità che merita come strumento di realizzazione personale, coesione sociale e progresso collettivo.

Oggi, la Calabria ha bisogno di una visione chiara, alimentata da un nuovo patto educativo e sociale. I genitori di questa terra attendono risposte credibili, desiderano poter dire ai figli che studiare ha un senso, che impegnarsi può ancora cambiare le cose. Questa fiducia, oggi smarrita, va riconquistata con fatti, non con slogan.

Ecco perché il Primo Maggio deve tornare ad essere anche un “cantiere civile”, in cui si costruisce una società capace di garantire dignità, opportunità e speranza. Solo così questa data potrà davvero celebrare, oltre alla memoria delle conquiste sindacali, la possibilità concreta di un futuro migliore per tutti, in particolare per i giovani di Calabria.

Buon Primo Maggio, con l’augurio che torni ad essere il giorno in cui il lavoro non è solo celebrato, ma ripensato come motore di giustizia sociale e crescita collettiva. (fr)

[Francesco Rao è sociologo e docente a contratto Università “Tor Vergata” – Roma]