di FRANCO CIMINO – Quant’è bella la Città quando si colora di luci e di gioia. Di mani e di sorrisi. Di voci e di canti. Di rumore e di musica. Di vociare e di calpestio. Di abbracci e sgomitate. Di persone e di folla. Di traffico e di casino. Di aria fresca dell’aria. E di aria asciutta dell’odore di birra e di cocktail. Quant’è ricca la Città, quando le sue chiese restano aperte a tarda sera con tanti ad entrarvi per contemplare pur senza pregare. Con i vicoli poco illuminati per i rapidi baci rubati dagli amanti. Con i teatri pieni di gente e anche i cinema. I musei e le biblioteche. Quanto è luminosa la Città quando le vetrine dei negozi pur non sempre pieni, proiettano le loro luci sulla via, tanto da coprire quelle spente sulla Bertucci da una settimana a porte serrate.
È la Catanzaro del Natale. È la Città dell’ultimo dell’anno. È quella dei giovani che trovano lo spazio desiderato per smuovere le loro pigrizie e attivare quella strana voglia di esserci. Di comparire. Di incontrarsi. Di stare insieme. Parlare con il bicchiere in mano e la voce alta per superare il rumore di sottofondo che non la fa udire. Eppure, parlano, i giovani. Si parlano. Questa volta viso a viso. E si capiscono con gli occhi. E i sorrisi. Fanno tenerezza, così belli e tutti ben vestiti. Le ragazze elegantissime e bellissime, tutte. Nessuna esclusa. È la Città della festa. Quando i giovani si ritrovano nello stesso spazio, anche se stretto, è sempre festa. Se lo spazio, pur piccolo, è la propria Città la festa si colora di gioia. Di sorrisi. Di mani. Di abbracci. Li ho visti questi ragazzi, in queste sere di Natale verso l’Anno Nuovo. Tutti li ho visti. Erano in fila, affollati lungo Corso Mazzini. Dal Cavatore fin quasi piazza Roma. Solo in quei vicoli non mi sono addentrato. Per pudore e discrezione. Ma il Corso l’ho percorso tutto e più volte, felicitandomi, quando dal gruppo spuntava una qualche mia alunna e uno dei tanti miei studenti, che mi sono venuti “addosso” abbracciandomi con una forza davvero travolgente. Sì, quella che rischia di farti cadere sull’asfalto, mentre tu in cuor dici “ma che m’importa se cado, loro mi proteggeranno con il loro abbraccio”.
Mi sarebbe piaciuto, scorrendoli tutti nei piccoli e grandi comizi che essi stessi formavano, entrarvi per ascoltare i loro discorsi. E “sentendo” le loro parole associandole a sguardi e sorrisi, scoprire cosa pensano davvero, quali sono i loro più profondi pensieri. Se sognano ancora. E di quali sogni è costituito il loro sognare. Se amano come davvero si ama. Se sperano e in cosa. Se hanno e paura e di che. Mi piacerebbe spiare i loro cuori e leggere il diario segreto della loro anima. Se credono. E in cosa credono. Se in Dio, nel Cristianesimo, nel comunismo. Nella tecnologia. Nel futuro. Negli esseri umani. Nella loro intelligenza o in quella artificiale che si vorranno far “ prestare” dall’invisibile potere che non li vuole far pensare. Sentire. Sognare. Amare.
Li avrei ascoltati, in quel loro incessante parlare. E parlarsi. Parlarsi addosso. Per sentirli tutti. Non mi importa se non credano nella Politica e di questa non dicano una parola. Non mi importa perché la Politica verrà. Se loro continueranno a incontrarsi nella loro Città. Se si guarderanno negli occhi e negli occhi guarderanno la Città. Ché quando l’avranno guardata, incominceranno a conoscerla davvero. Nel profondo del suo animo e della sua storia. Come Lei chiede. E scopriranno quanta Bellezza in essa ci sia ancora, nonostante i “vecchi” di ieri e di oggi non abbiano saputo difenderla. La difenderanno loro, se tutti insieme si sposteranno un po’ più in là. In una di quelle tante piccole originali piazze, costruite tutte davanti alle nostre “cento” chiese. Perché il loro sentire si faccia preghiera. Laica o religiosa. O ambedue insieme. Perché pregare insieme dall’amare insieme, anche Lei, la loro Città, è amare la Bellezza. A partire dalla loro, la gioventù. Ché conoscere, amare, sentire, difendere, sognare, pensare alto, lottare, ricevendo Bellezza da trasferire alla prossima gioventù, immaginare il futuro vivendo il presente e nutrendosi del passato, tutto questo è la Politica. E, allora, non sarà la “sbornia” d’euforia della festa in calendario ad averli fatti salire sui tre colli più alti, ma la loro voglia di esserci e di contare. La loro responsabilità di poterla cambiare davvero la loro Città. E torneranno. Da domani torneranno. Tutti i giorni e tutte le sere.
Inonderanno gli spazi urbani di gioia e di fatica, di idee e di propositi, di protesta e di proposta. Di speranza e ottimismo. Di fiducia piena nella Città, la nostra Città. E sarà bellissimo, perché di questa gioia contageranno i loro padri e le loro madri, che tratterranno dalla loro breve passeggiata del mattino. Parleranno con loro come non hanno fatto nelle abitazioni mute e delle stanze sempre chiuse. Le case dei televisori sempre accesi e dei figli ininterrottamente connessi. Si guarderanno negli occhi. Si prenderanno per mano. E insieme cammineranno verso il più felice futuro. Nella Città bellissima. Quella dei padri e dei figli, che l’hanno insieme amata. E difesa. Ché la Politica è Amore. E Catanzaro è bellissima! (fc)