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La renderizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto

L’OPINIONE / Il Ponte sullo Stretto il nostro Øresund di Sergio Dragone

di SERGIO DRAGONE – “Il ponte riunisce presso di sé, nel suo modo, terra e cielo, i divini e i mortali”. La frase del filosofo tedesco Martin Heidegger, tratta da un saggio del 1951, mi aiuta ad approfondire un aspetto finora molto trascurato nel dibattito sul Ponte sullo Stretto. 

Certo, la politica e la tecnica fanno molto bene ad occuparsi di questioni legate al rapporto costi/benefici dell’opera, all’impatto ambientale, alla sicurezza e ai rischi dei venti, delle correnti e dei terremoti, al pericolo – per la verità niente affatto campato in aria – di infiltrazioni della mafia siciliana e della ndrangheta nei futuri appalti.

Pochi però si sono soffermati sul valore simbolico dell’opera, di ciò che potrebbe rappresentare per le due Regioni interessate, ma soprattutto per un Paese che aspira a riprendersi un ruolo-guida nel mondo post pandemia. Calabria e Sicilia, attraverso la realizzazione di questa grandiosa opera, diventerebbero protagoniste della rinascita italiana e dell’affermazione dell’ingegno italico nel pianeta.

Il fascino che il ponte ha esercitato nei secoli è racchiuso nella sua funzione tecnica e utilitaristica: l’unione tra due entità separate e la nascita di un nuovo “luogo”. I romani l’utilizzarono per allargare i confini dell’Impero e favorire scambi commerciali impensabili per l’epoca. Ci sono Città e Nazioni, in ogni angolo della Terra, che hanno costruito attorno ai ponti il loro presente e il loro futuro.

L’Oresundsbron, che con i suoi 16 chilometri collega stabilmente Svezia e Danimarca, non è semplicemente un ponte o un’opera spettacolare, ma è giustamente definito uno dei simboli più forti dell’Europa unita che cancella le frontiere e i confini. L’esempio non è campato in aria perché molti leader europei hanno osservato che grazie all’Oresundsbron è stato creato un corridoio intercontinentale che consente di partire in auto dalla Lapponia e arrivare fino in Calabria.

Cosa abbia prodotto l’Oresundsbron lo dicono i numeri. 

Costruito nel 2001, il ponte ha letteralmente creato un nuovo “luogo”, la Grande Copenaghen, un’area metropolitana che genera ricchezza e occupazione con il turismo, il biotech, tecnologie verdi avanzate, l’alta formazione. 

Si è passati dai 3 milioni di veicoli transitanti agli attuali 8-9 milioni, più di 70.000 persone che passano ogni giorno da una parte all’altra. Qualcuno ha calcolato che, a fronte dei 4 miliardi di euro spesi per costruirlo, l’Oresundsbron ha generato benefici sociali che superano gli 8 miliardi in 12 anni. Si pensi, a mò di esempio, che grazie al ponte 18.000 svedesi della regione della Scania hanno trovato lavoro a Copenaghen. Questo miracolo dell’ingegno umano è ormai una meta turistica ambitissima e non c’è negozio sulle due sponde che non venda quantità industriali di gadget, per non parlare degli alberghi e della ristorazione che viaggiano a gonfie vele.

Potenzialmente, il Ponte sullo Stretto potrebbe replicare alle nostre latitudini l’effetto moltiplicatore dell’Oresundsbron, recuperando ampiamente nel giro di dieci anni la spesa prevista. 

Così come avvenuto per la Grande Copenaghen, si creerebbe, sia pure  in condizioni economiche e sociali diverse da quelle scandinave, un nuovo “luogo”, la “Regione dello Stretto”, dal valore fortemente simbolico, che allungherebbe il Continente fino alla Sicilia.

Credo che un dibattito su questi aspetti – che sono psicologici, simbolici, d’immagine, ma come abbiamo visto anche economici e sociali – possa risultare utile, aiutando il Governo centrale e le due Regioni ad assumere decisioni conseguenti, ma soprattutto vincendo le resistenze di ordine ideologico a questo ambizioso progetto.

Quando si dice, con una buona dose di approssimazione e infantilismo, che il ponte sullo Stretto non serve e che questi soldi servirebbero per riparare le buche sulle nostre strade statali e provinciali, mi corre un brivido lungo la schiena. Cosa c’entra l’ordinario, cosa c’entrano gli impegni che lo Stato deve in ogni caso assicurare alla Calabria e alla Sicilia, con un progetto visionario come il Ponte? Si trovino altri argomenti, altre scuse. Si ragioni piuttosto su come un sogno, come quello idealizzato da Martin Heidegger, potrebbe cambiare il destino e la storia di due popoli, di due terre e di un  Continente.