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L'OPINIONE / Santo Gioffrè: E ora parliamo di Lorenzo Calogero

L’OPINIONE / Santo Gioffrè: E ora parliamo di Lorenzo Calogero

di SANTO GIOFFRÈDurante la bella iniziativa a Melicuccà su Calogero, ho sentito, da spettatore in ultima fila, che sta per nascere, su iniziativa del Comune e sull’onda della stessa riuscitissima manifestazione, una Fondazione Calogero e che, come prima cosa, chiederanno che tutti i quaderni del Fondo Calogero dell’Unical ritornino a Melicuccà per, poi, continuare il lavoro fin qui fatto con l’obiettivo non solo di pubblicarli, ma di renderli accessibili a tutti coloro che, nel mondo, hanno o stanno studiando Calogero.

Lì c’erano tre dei nipoti del grande Poeta. Compresa una signora dimorante in Firenze la quale, nel dire, qualche perplessità l’ha manifestata in relazione ai tanti “coglioniggiamenti” (espressione coniata da Lorenzo Calogero stesso subito dopo aver ricevuto il Premio Villa San Giovanni) dei quali, nei tanti anni, Calogero è stato vittima.

Su Calogero c’è stato, negli ultimi 25 anni, troppo fumo e niente arrosto in giro.

Essendo stato per ben 8 anni assessore alla Cultura della Provincia di R.C. (1998-2002/2007/2011) fumo ne ho incontrato parecchio.

Mi sono imbattuto in Calogero, la prima volta, quando andai a trovare la sua tomba a Melicuccà, nel 2000. Il camposantaro non riusciva a ricordare dove fosse. Dopo un giorno di ricerca, la individuai nel posto più infame del cimitero. In un sottoscala, appena si entrava in un grande stanzone di sepolture, nella parte più bassa in balia all’acqua ogni volta che pioveva.

Cioè, letteralmente, ogni volta che pioveva la sua sepoltura era bagnata dall’acqua, dimenticato da tutti. Grande fu la mia rabbia. Ma come, tutti, a parole e in cerca di affari, si riempivano la bocca su Calogero e, poi, da 40 anni le sue ossa erano lì, buttate come il più misero degli uomini senza la pietà né dei parenti né di tutti questi grandiosi uomini di alta cultura? Prima di tutte le barzellette, il rispetto della memoria sui resti, cazzo! Andai in Comune a chiedere, amareggiato, tornai a Reggio e, immediatamente, convocai tutti. Chiesi al sindaco d’individuare un’area del cimitero dove costruire, subito, una degna tomba-mausoleo. Finanziai in toto l’opera. Seguii i lavori della nuova tomba, giorno dopo giorno, insieme all’ing. Martino.

Quando fu finita, in una bella cerimonia, lo seppellimmo in questa nuova e degnissima dimora. Ecco cosa vuol dire l’amore e il ricordo.

Tra l’altro, io conservo un ricordo dolorosissimo e personale che mi riporta a Calogero. Quando, nel 1956-57 era ricoverato a Villa Nuccia, a Catanzaro, mia madre era ricoverata nel reparto femminile e mio padre mi raccontava, sempre, di averlo conosciuto. Ora, al di là di tutto, ritengo che la via della Fondazione, se nascerà , sia quella giusta, nella speranza che si possa fare ciò che finora non si è fatto.

Questi sono i fatti di una Terra periferica che rischia di scomparire insieme ai suoi immensi bacini culturali, tra Salvini e mercanti di ogni genere ed io ne ho incontrati parecchi in quel ruolo che per così tanti anni ho ricoperto.

E non li sopportavo, non li sopportavo proprio, con il loro bel parlare, i loro curriculum, le loro petulanti richieste precedute da preamboli di buone intenzioni e che si riducevano in richieste, sempre, di vil pecunia. Io non ho mai posseduto il senso dei soldi e della proprietà, porca la miseria. In vecchiaia dovrò resettarmi, cazzo! (sg)