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L'on. Maria Tripodi

Maria Tripodi (FI): Il Governo ha leso il diritto alla salute dei calabresi

Durante la discussione alla Camera per la conversione in legge del nuovo Decreto Sanità Calabria, la deputata azzurra Maria Tripodi ha fermamente condannato l’azione del Governo, accusandolo di aver leso il diritto alla salute dei calabresi.

«La sanità in Calabria – ha detto la deputata Tripodi – è commissariata da ben 11 anni. Una vergogna. Un tempo enorme che pertanto non giustifica alcun utilizzo del termine ‘emergenza’. Il fallimento della sanità calabrese è tutto sulle spalle dei Governi che si sono succeduti e che hanno imposto i commissari ad acta e i commissari straordinari, finendo per occupare tutti gli enti sanitari della regione. In questi anni la gestione dell’emergenza da parte dei vari commissari governativi non ha fatto altro che produrre e aumentare una situazione sanitaria disastrosa che quotidianamente pagano i cittadini calabresi.
«Il Governo – ha detto ancora la Tripodi – prendendo di fatto il controllo delle nostre strutture sanitarie, ha leso il diritto primario alla salute della popolazione, in totale spregio della nostra Carta costituzionale. È paradigmatico, del resto, nel totale caos e nella assoluta inadeguatezza di questo Governo, l’ignobile balletto di queste settimane. Nonostante ciò con questo provvedimento lo Stato continua ad espropriare la nostra regione di ogni funzione e potere: cosa che rappresenta un’evidente forzatura e produce una ferita profonda. Ai calabresi, a differenza di tutti gli altri cittadini, non viene concessa la possibilità di partecipare alla gestione della sanità regionale. Non si può trattare la Calabria come una colonia, o, peggio, come una terra di nessuno, o, peggio ancora, come qualche esponente della maggioranza che occupa ruoli di rilievo la vorrebbe, come una terra irrecuperabile. Rispediamo al mittente non solo questa frase, ma anche questa situazione. La Calabria – ha concluso – è molto altro! È una terra fiera, con professionalità vive e cittadini che non chiedono altro di vedere riconosciuti i loro inalienabili diritti, sanciti dalla Costituzione». (rp)