di PINO NANO – Che Pasqua sarà questa di oggi per un sacerdote? Che cosa dirà il sacerdote di ogni nostro piccolo paese a chi si prepara oggi a vivere la Domenica di Resurrezione?
Per don Mimmo Battaglia, attuale Arcivescovo di Napoli, lui originario di Satriano e figlio più autentico del catanzarese, la giornata di oggi va interamente dedicata al tema della pace.
La preghiera che ha scritto per la Pasqua di quest’anno, e che è diventata il suo biglietto ufficiale di auguri, rivendica con forza la pace nel mondo, la pace nei cuori, la pace nelle famiglie, la pace del lavoro, la pace del carcere, la pace dei malati, la pace dei disperati, la pace degli illusi, la pace dei senza Dio, la pace del silenzio, la pace di ha perso la fede e il coraggio di vivere, la pace della politica, la pace del disordine e della confusione.
Solo lui e nessun altro meglio di lui avrebbe potuto scrivere un appello così corale e così diretto al cuore degli uomini.
Signore della Pace, perdona la nostra pace sazia!
Perdonaci la pace del ricco, che banchetta sul sopruso del povero.
Perdonaci la pace del potente,
che si accampa tra le afflizioni del debole.
Signore della Pace, perdona la nostra pace armata!
Perdonaci la pace, che prepara la guerra.
Perdonaci la pace del dittatore, che imprigiona il dissidente.
Perdonaci la pace dei vecchi,
che inneggiano alla morte in guerra dei giovani.
Signore della Pace, perdona la nostra pace sicura!
Perdonaci la pace del padrone, che sfrutta il lavoratore.
Perdonaci la pace delle città, che disdegnano il lavoro dei campi.
Perdonaci la pace della casa,
che non guarda chi non ha una casa.
Perdonaci la pace della famiglia,
che non si fa famiglia per le solitudini altrui.
Don Mimmo Battaglia è uno di quei sacerdoti che per tutta la sua vita ha inseguito i più poveri per aiutarli e per dare loro conforto, uno di quei sacerdoti che pareva essere destinato a rimanere per sempre soltanto e per tutta un profeta del dolore e della miseria, figlio del Sud, in una regione lontana come la Calabria che è la sua terra di origine e in una città piena di problemi come Catanzaro. E invece, un giorno per uno strano gioco del destino il profeta dei poveri diventa vescovo. Anzi, diventa Arcivescovo di Napoli.
Signore della Pace, perdonaci la nostra pace prudente!
Perdonaci la pace per timore della verità.
Perdonaci la pace del compromesso.
Perdonaci la pace corrotta.
Perdonaci la pace che non è pace.
Signore della Pace, perdonaci questa pace minuscola,
che è incapace di cogliere la potenza pacificatrice del tuo Vangelo,
una pace che si nasconde dietro le convenzioni del mondo,
una pace che tarda a divenire giustizia,
una pace pigra,
una pace che non è pace.
Quella di don Mimmo Battaglia sembra la trasposizione della favola del brutto anatroccolo che diventa cigno bellissimo del grande lago della vita. Se posso paragonare questo sacerdote a qualcosa o a qualcuno vi dico subito che mi riporta con i ricordi indietro nel tempo, quando per la prima volta incontrai Hélder Pessoa Câmara, famosissimo vescovo delle favelas brasiliane.
«Quando io do da mangiare a un povero – raccontava – tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista». Don Mimmo Battaglia è ancora molto di più di mons. Hélder a Câmara.
E allora ti preghiamo, Signore della Pace:
donaci il coraggio della Pace!
Donaci una Pace scomoda, che tende la mano all’affamato,
apre la porta cello straniero e libera il prigioniero,
disarma il potente e sostiene il debole,
non accetta compromessi e non si lascia corrompere.
Donaci una Pace maiuscola come la tua Risurrezione,
la Pace, la tua Pace, che ci liberi dai cenacoli delle nostre paure,
che irrompa nelle nostre quiete sicurezze.
La tua Pace, fratello Gesù, la sola che duri per sempre.
Non quella del mondo, ma la tua.
Fratello Gesù, perdonaci la pace, donaci la Pace!
Don Mimmo è un uomo buono, un pastore alla vecchia maniera, educato all’ascolto e alla pazienza, ma quando scrive è l’infinito. Ho letto decine di suoi scritti, e vi assicuro che è un uomo che scrive col cuore immerso nelle nuvole. Don Mimmo è il simbolo della Chiesa contemporanea, che non conosce il senso della mediazione quando c’è da ricordare al mondo esterno della politica la gente che soffre. E finalmente, per una volta almeno, non si poteva scegliere un pastore migliore di lui per la grande Napoli, e a cui la Domenica delle Palme don Mimmo ha regalato e dedicato una delle sue omelie più intense e più belle. Qui per voi, solo un passaggio.
La Passione di Cristo non è ancora conclusa. Investe il presente. Coinvolge ciascuno di noi. La Passione di Cristo si prolunga nella passione dell’uomo, di milioni di creature. La sua interminabile via crucis ha stazioni obbligate negli ospedali, in tante case, soprattutto dove la vita viene annullata, uccisa, per via di guerre, e in un’infinità di luoghi segreti. E ancora: Nelle sue piaghe, le piaghe di chi non ha lavoro; di chi è tormentato dall’angoscia per il futuro; di chi ha conosciuto il dolore della morte a causa dell’incuria dei nostri territori, per il veleno disseminato nei nostri terreni e nella nostra aria; delle donne vittime di violenza; degli esclusi; di chi soffre a causa della giustizia; dei giovani che non riescono a mettere insieme i pezzi della loro vita. La cosa più importante che possiamo fare è sostare accanto alla santità delle lacrime, presso le infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. E deporre sull’altare di questa liturgia qualcosa di nostro: condivisione, conforto, consolazione, una lacrima. E l’infinita passione per l’esistente. Ma anche schiodare i crocifissi di oggi dalle loro croci.
Ecco che il sacerdote si fa pastore, e il pastore non fa altro che pregare per il suo gregge, che è sempre più sperduto e confuso. Ma questa oggi è la Pasqua di molti di noi. (pn)