;

Polemiche per il tv-film Rai su Duisburg: ha offeso la Calabria

Il tv-film RAI sulla strage di Duisburg, trasmesso in occasione della giornata della legalità sulla prima rete, ha offeso la Calabria e i calabresi. Un prodotto scadente e superficiale che non rende un buon servizio al paese e tantomeno ai calabresi, come se la ‘ndrangheta fosse nel dna di tutti. Una visione manicheista e intollerabile.

Il sen. Marco Siclari (FI), prima della trasmissione aveva dichiarato di sentirsi «amareggiato, da calabrese, per aver letto dichiarazioni, da parte del Produttore e della Direzione Rai, che lanciano un’ombra sulla mia terra. Si parla, addirittura, di pressioni subite che avrebbero costretto a spostare le riprese. Comunque apprezzo il lavoro fatto dalla produzione, ma su temi così delicati occorre fare chiarezza. Ad affrontare di petto per evitare che si gettino ombre su una terra già martoriata dai pregiudizi è il senatore Siclari che intende presentare interrogazione parlamentare per chiarire i fatti.

«Presenteremo, come Forza Italia, un’interrogazione alla commissione vigilanza per capire che tipo di pressioni sono state fatte e qualora fossero concrete, perché non sono state denunciate. Un tema così sensibile non può essere liquidato con questa superficialità. Mi dispiace che la Rai abbia perso la possibilità di far conoscere i nostri territori e le bellezze dei nostri luoghi a tutto il Paese, queste fiction oltre a raccontare storie verosimili, potrebbero essere la vetrina ideale per dire al mondo che la Calabria non è sinonimo di ‘Ndrangheta, ma al contrario che e un luogo, un’opportunità dove fare sviluppo e turismo», ha concluso il senatore azzurro.

Il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Nicola Irto, ha inviato una lettera ad Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, in cui si legge che la trasmissione «ha destato gravi perplessità in seno alla comunità calabrese, contrariamente ad altre precedenti occasioni nelle quali il servizio pubblico ha fornito un contributo positivo alla promozione dell’immagine della nostra regione».

«Le devo dire, con grande franchezza – si legge nella missiva del presidente Irto – che condivido pienamente il sentimento diffuso nell’opinione pubblica calabrese, riguardo ad un film che nel complesso trovo malriuscito, soprattutto per la rappresentazione della Calabria spesso distante dalla realtà. La nostra è una comunità composta, nella sua stragrande maggioranza, da persone orgogliose, oneste e lavoratrici, che con la ‘ndrangheta non hanno nulla a che vedere. Una sottolineatura doverosa oggi più che mai, nel giorno in cui ricordiamo la strage di Capaci e il sacrificio del giudice Falcone, della moglie e degli uomini della scorta».

«Sono convinto – prosegue la lettera di Nicola Irto – che la produzione messa in onda ieri sera non abbia fornito un buon servizio né alla mia regione, di cui viene proposta una narrazione infedele e forzata, né al Paese, che della Calabria rischia di farsi, ancora più di quanto non sia avvenuto nel passato, un’idea totalmente sbagliata. E’ su questo che intendo soffermarmi, sorvolando sugli altri limiti di ‘Duisburg’: in Calabria si parla il calabrese e non il siciliano; e alcuni dialoghi, me lo conceda, sono ai limiti dell’offensivo. Non possiamo ammettere che si dica: ‘Duisburg è piena di calabresi’ quasi a voler sostenere che ‘i calabresi’ tout court siano soggetti pericolosi o criminali».

«Voglio rassicurarla – prosegue la lettera – questa non è una lettera di piagnistei. Noi siamo fieri di essere figli di una terra che una personalità straordinaria come suo padre, Beniamino Andreatta, il ‘trentino meridionalista’, ha amato come pochi, essendo stato il fondatore dell’Università della Calabria. Ma, Direttore, sono certo che converrà con me sulle criticità di una fiction che della mia terra dice poco e male e che aveva già creato aspettative negative alla vigilia, alla luce delle non documentate affermazioni della responsabile della produzione, riguardo a non meglio precisate ‘minacce’ che avrebbero determinato lo spostamento della location del film in Puglia».

«Mi preme appellarmi – si legge nella lettera – alla sua sensibilità per sollecitare da parte delle produzioni maggiore attenzione e rispetto verso questa magnifica terra, nella quale mi pregio di invitarla alla scoperta dei tesori archeologici, culturali e naturalistici che la caratterizzano».

Anche il rappresentante degli industriali reggini Giuseppe Nucera ha polemizzato con le affermazioni della produttrice Laurentina Guidotti circa le intimidazioni ricevute prima della lavorazione del film: «Dimostri di aver denunciato le presunte minacce, altrimenti per quanto ci riguarda potrebbe essere candidata alla vittoria del prossimo Oscar come migliore attrice non protagonista. È un trucco vecchio come il mondo, quello di tirar fuori questa scusa ‘a effetto’ per ottenere due risultati: creare un po’ di attesa attorno al film e giustificare il motivo per il quale la scelta dei luoghi non è ricaduta sulla nostra regione».

Nucera ha espresso “sconcerto, incredulità e una dose di sana rabbia per l’ennesimo tentativo di screditare l’immagine della nostra meravigliosa terra sulla quale stiamo lavorando duramente. Guidotti perché non ha denunciato pubblicamente quanto sostiene, all’epoca dei fatti? Esiste un esposto alle forze dell’ordine e alla magistratura rispetto a quanto accaduto? Qual era il contenuto delle lettere? Interrogativi che stabiliscono il limite assai labile che divide la realtà dalla fiction, la tragedia dalla farsa. Confindustria Reggio Calabria, in questi anni, ha condotto una lunga e dura battaglia per ripristinare la giusta reputazione della nostra comunità, a cominciare da realtà straordinarie come San Luca, dove la nostra associazione ha aperto lo sportello ‘Informa Impresa&Lavoro’ che sta dando ottimi risultati».

Il massmediologo Klaus Davi (candidato a sindaco a San Luca), dal canto suo, ha presentato un esposto alla procura della Repubblica dopo le affermazioni della produttrice sulla necessità di girare altrove e non in Calabria il film per presunte minacce di mafia.

 

Ruggero Pegna
Il promoter e scrittore calabrese Ruggero Pegna

Anche il promoter e scrittore Ruggero Pegna, calabrese e attento conoscitore della sua terra, ha espresso la sua indignazione per il film trasmesso dalla Rai. «Ho visto – ha commentato Pegna – il film trasmesso da Rai1 sulla strage di Duisburg, rimanendone sconcertato innanzitutto per la pessima qualità cinematografica, al di sotto di ogni standard possibile per la prima rete della Rai. Un film brutto, dilettantistico, d’infimo livello, che ha solo messo insieme ogni tipo di bruttura per offendere un’intera regione; un film talmente mal scritto, diretto e recitato, da diventare a tratti una grottesca caricatura della ‘ndrangheta e della Calabria. La ’ndrangheta esiste, ma è il cancro della Calabria, non la Calabria! Peraltro, oramai è un cancro che non parla solo calabrese (peraltro il dialetto di ieri sera era inquietante quanto inverosimile), ma anche milanese, bolognese, romano e perfino molte lingue del mondo; le lingue e i dialetti di tutti i colletti bianchi dell’imprenditoria, della politica, dell’affarismo che, grazie alle loro collusioni, consentono che questo male sopravviva. Un cancro che, seppur rappresentato da poche cellule impazzite, minaccia e sopravvive alla Calabria onesta, operosa e accogliente, alla magistratura coraggiosa, alle battaglie di tanti giovani che, anche e soprattutto con la cultura, lottano per estirparla, alla Calabria della ricerca e di Università assurte a modelli mondiali come quella di Arcavacata, alla Calabria dell’arte in tutte le sue forme, dell’umanità in ogni sua espressione dell’animo, della fede e dei sentimenti».

«Un film di pessima qualità come quello che ho visto, a tratti ridicolo e inguardabile, non ha alcun senso, se non quello di fare cassetta, dipingendo in modo vergognoso un’intera regione piena di gente perbene, professionisti, intellettuali, artisti, sportivi, scienziati. Stupisce che una rete come Rai1 non selezioni ciò che trasmette, innanzitutto, in base alla qualità dei prodotti. Un simile film, dal punto di vista tecnico, non avrebbe superato nemmeno l’esame all’asilo del cinema!. Mi chiedo: come mai non si esita a trasmettere continuamente pellicole malfatte, umilianti di un’intera regione e della sua gente, mentre un film come quello su Mimmo Lucano e Riace, che mostra i veri valori della Calabria ammirati in tutto il mondo, rimane chiuso in un cassetto? Come mai non si producono opere sulla storia millenaria di questa regione, da sempre al centro di scambi artistici e culturali con tutti i centri della Civiltà del Mediterraneo e del mondo intero, esaltandone figure storiche e territori unici per bellezza e potenzialità turistiche?».

«La ‘ndrangheta – ha concluso Pegna – non si estirpa con libri e pellicole dozzinali, utili solo a nutrire la morbosità  di appassionati del genere, ma con la presenza dello Stato, troppo spesso lontano da questa regione, abbandonata a se stessa; una regione con strade e infrastrutture inadeguate, con un’autostrada fintamente inaugurata ma ancora non finita, con una rete ferroviaria da terzo mondo. La parodia di ieri, perfino girata altrove, può servire soltanto a improbabili gare di audience televisive, non certamente a creare coscienze e rendere giustizia a un pezzo d’Italia che merita di essere rappresentata per le sue tante e indiscutibili eccellenze e positività.  I calabresi sono stanchi di queste ‘farsificazioni’, termine inesistente ma che in questo caso rende bene l’idea di becere operazioni commerciali tra il falso e la farsa, come quella andata in onda ieri».

Gianluca Gallo, Consigliere Regionale e capogruppo della Cdl, la definisce «un’offesa alla Calabria». «Sorvolo sui giudizi critici su attori e regia – premette il capogruppo della Cdl – ma non credo sia giusto né possibile cancellare la sensazione di profonda amarezza lasciata dall’assistere alla riproposizione, coi soldi del canone e dunque degli italiani, di una sequenza infinita di luoghi comuni».

«Che in Calabria ci sia la ‘ndrangheta è noto. – ha proseguito il consigliere Gallo – Che la Calabria sia tutta ‘ndrangheta, come racconta il film in parola, è cosa fuori dal mondo. La nostra è stata ed è, nonostante tutto, una terra di grandi civiltà, fini intellettuali, grandi talenti. Fissare le telecamere solo sulle zone d’ombra può anche essere legittimo, ma spingersi a lasciar intendere che null’altro vi sia oltre quelle è assurdo, scorretto, falso».

Un atteggiamento, sottolinea ancora l’esponente della Cdl, «negativo anche sotto il punto di vista del messaggio che passa sul piano della lotta alla ‘ndrangheta: sostenere che la Calabria sia tutta e solo coppole e lupara vuol dire fare un grande favore ai clan, dal momento che dove tutto è ‘ndrangheta nulla è ‘ndrangheta. Noi pensiamo che la Calabria sia altro, e che la lotta alle ‘ndrine, anche attraverso il cinema e la tv, siano altro. Per questo ci ribelliamo ad una rappresentazione buona soltanto a deridere un intero popolo per chissà quale interesse».

«Trattandosi di produzioni – ha concluso il Consigliere Gallo – in genere sostenute anche dalla Regione, sarebbe opportuno che la giunta regionale chiarisse la portata del sostegno garantito e la propria posizione di fronte ai frutti avvelenati del film: il silenzio del governatore di fronte all’ennesima mortificazione ingiustificata inflitta ai calabresi è davvero assordante. Presenterò un’interpellanza perché della questione si discuta in Consiglio regionale, valutando anche la possibilità di adire le vie giudiziarie per ottenere un risarcimento da destinare al finanziamento di progetti di educazione alla legalità nelle scuole».

Per il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà «La fiction RAI racconta una Calabria rassegnata che non esiste. Sempre la solita solfa. Sempre la Calabria dipinta in maniera arcaica, arretrata, asfissiata dalla mafia, abulica, apatica, rassegnata, senza volontà, senza coraggio, senza voglia di riscatto e di emancipazione dal male. Una Calabria che Calabria non è, considerato che il set era in Puglia. Insomma, per svariati motivi, non c’è piaciuta la fiction andata in onda ieri sera su “Rai uno” dedicata alla strage di Duisburg, un fatto di sangue tanto efferato quanto complesso trattato con una superficialità ed una teatralità da lasciare attoniti».

Afferma Falcomatà: «Così, mentre attori improvvisano un dialetto – che è qualsiasi idioma fuorché calabrese – e mangiano pasta con la ‘nduja, ancora una volta viene tramandata una realtà distorta e fuorviante di una terra che ha davvero bisogno di ogni cosa tranne che dell’immagine stereotipata emersa dagli schermi tv in prima serata. E non è un inedito. Potremmo dire che “Duisburg linea di sangue” è un film noiosamente e pericolosamente già visto. Altre pellicole, ricordo “Il miracolo”, quella sul rapimento Getty o “Lo spietato”, hanno trasmesso l’idea di una Calabria tribale, fatta solo di capre sgozzate, patti di sangue o giuramenti celebrati dando alle fiamme santini religiosi. Nuovamente, dunque, all’Italia è stata raccontata una storiella che offende, umilia e rischia di isolare un popolo che, ogni santo giorno, lotta in trincea contro un male che per primo subisce sulla propria pelle. Una battaglia che, purtroppo, diventa più difficile se non si esce dalla narrazione del “Lì è tutto ‘ndrangheta”. No, permettetemi, ma non è così. Qui la ‘ndrangheta c’è, ma non è il tutto!».

«Chiaramente – spiega Falcomatà – sarei un ipocrita se dicessi che la criminalità è un fenomeno marginale. Anzi, è pervasiva e ci fa stare sempre “sul chi va la”. È l’impegno costante della magistratura e delle forze dell’ordine che ci dice quanto sia difficile nascere, crescere e vivere in certi territori. Centinaia di inchieste e migliaia di arresti, negli anni, hanno dimostrato, però, che solo uniti si può vincere. Ma serve il contributo di tutti, compreso quello di produttori, sceneggiatori e registi che hanno voglia di cimentarsi con i nostri problemi che sono, al tempo stesso, i problemi dell’intero Paese».

«Alla Napoli raccontata da Gomorra – continua l’inquilino di Palazzo San Giorgio – preferisco di gran lunga quella degli uomini e delle donne di “Pollici verdi”, i volontari di un’associazione civica che hanno ridato decoro, dignità e speranza ad un quartiere difficile come Scampia. Qualcuno conosce le loro storie? Pochi. Perché lo storytelling del buono, forse, è meno efficace nel bucare lo schermo di quanto non possa fare il male. Ed esempi simili, nella nostra realtà, ne esistono a centinaia: imprenditori che resistono, gente sotto scorta per essersi ribellata al pizzo, maestre che insegnano il buono ed il giusto ai bambini, amministratori pubblici che sfidano i mafiosi a viso aperto, ragazzi e ragazze impegnati nel volontariato, in politica, nelle parrocchie, nelle associazioni civiche, nelle società sportive. Sono persone che quotidianamente, con forza, abnegazione e con coraggio, mettono anima, corpo e cuore per affermarsi in quei luoghi che oggi ci vengono descritti come “luoghi senza scampo”. Già, i luoghi: «Inviterei le persone rimaste colpite dal film Rai a visitare le bellezze dell’Aspromonte, la casa di Corrado Alvaro a San Luca, i paesaggi onirici che, dall’entroterra al mare, sin dai tempi di Edward Lear, lasciano i visitatori ammaliati e quasi senza fiato per la loro unicità e bellezza».

«Il mio mandato da sindaco – aggiunge Falcomatà – è il primo dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa, un fatto che mi responsabilizza ulteriormente rispetto all’impegno preso davanti ai miei concittadini. L’azione della nostra amministrazione è completamente improntata sulle prassi di trasparenza, legalità e lotta costante e incessante ad ogni forma di corruzione, sopraffazione e malaffare. Per primi, in Italia, ci siamo dotati di un Regolamento per l’utilizzo dei beni comuni e confiscati raccogliendo il plauso di Libera e delle altre associazioni antimafia. Oggi, a Reggio Calabria, le ville dei boss sono abitate dalle persone in difficoltà e bisognose di un alloggio popolare. E’ un lavoro duro, ma indispensabile. Ne siamo coscienti. Ecco perché, nella lotta per l’affermazione della legalità e per la libertà dalla ‘ndrangheta, ognuno deve fare la sua parte».

«Fa ancora più male – incalza il sindaco – dover commentare questo film nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci, quando si creò definitivamente uno spartiacque fra il bene ed il male in un Paese che, in quel momento, conobbe il volto più devastante della mafia. In questa data, avrei soltanto voluto ricordare Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, ovvero le vittime di un’ideale, sognatori di un mondo senza più mafie e mafiosi, eroi autentici che fattivamente hanno segnato un solco e su quello noi ci siamo incamminati per affermare i sacri valori della giustizia e della legalità. Ahimè, di nuovo, ci troviamo costretti a spostare la nostra attenzione anche su chi narra la ‘ndrangheta rischiando, forse inconsapevolmente, di affossare un intero territorio. La prossima volta – conclude il primo cittadino – ci piacerebbe poter assistere pure alla Calabria che resiste, vorremmo che la gente ed i telespettatori ci conoscessero per quello che siamo: una stragrande maggioranza di persone per bene, orgogliose e testarde nell’abitare la terra dei nostri nonni, felici di poter operare accarezzati dall’aura mistica dello Stretto di Messina, respirando il profumo morbido del mandorlo, della zagara, del bergamotto, certi che un giorno saremo finalmente liberi dalla ‘ndrangheta e da ogni stereotipo».

Una dura presa di posizione viene anche dalla deputata Wanda Ferro, componente della Commissione Antimafia: «Basta con la narrazione alla Saviano di una Calabria che non è terra di ‘ndrangheta, ma una regione meravigliosa, che offre infinite bellezze paesaggistiche, natura incontaminata, luoghi ricchi su storia e preziosi giacimenti culturali. Una regione abitata da gente onesta, laboriosa e ospitale, che non ha nulla a che spartire con i pochi criminali che cercano di soffocarne le potenzialità di crescita e di riscatto». L’on. Wanda Ferro considera «non meno dannoso della ‘ndrangheta il racconto che della Calabria ha fatto il servizio pubblico della Rai con la fiction sulla strage di Duisburg. Il Sud è stanco di una industria editoriale e cinematografica che fa soldi compromettendo l’immagine dei territori e affossandone le opportunità di sviluppo anche turistico. Chi come me fa parte della commissione antimafia sa bene quanto la ‘ndrangheta sia potente e pervasiva nei territori calabresi, ma sa anche quanto forte sia lo spirito di ribellione e il rifiuto delle logiche criminali da parte della stragrande maggioranza della popolazione. I calabresi hanno forse le scarpe sporche di fango, ma le mani pulite, si spezzano la schiena ogni giorno per competere nel lavoro, nelle professioni, nell’impresa e in ogni altro settore della vita sociale rispetto a chi, nelle altre regioni, gode di una condizione di evidente vantaggio geografico e infrastrutturale. L’equazione ‘Calabria uguale ‘ndrangheta’ sarà forse suggestiva e proficua per l’industria cinematografica, ma è totalmente falsa.  La Calabria positiva, che è la Calabria reale, è stata completamente ignorata e offesa dalla tv pubblica. Anche la scelta di girare in Puglia le scene della fiction ambientate in Calabria è di estrema gravità, ed invito la Rai, come ha già fatto in un esposto Klaus Davi, a chiarire e denunciare davanti gli organismi competenti e alla opinione pubblica quali siano state le minacce che hanno impedito alla produzione di lavorare in Calabria, o se piuttosto questa scelta non sia stata dettata da ragioni economiche e dal sostegno della Film Commission pugliese, e da eventuali inefficienze della Film Commission calabrese. In Calabria sono state girate decine di produzioni cinematografiche internazionali senza che sia mai successo nulla, ora i calabresi pretendono di sapere quali episodi criminali hanno impedito alla produzione di girare in Calabria». L’on. Ferro ha annuncia una interrogazione parlamentare «perché – spiega – da queste accuse la Calabria ha subito un gravissimo ed intollerabile danno di immagine, ma soprattutto un’offesa ai suoi cittadini e al loro spirito di accoglienza». (rrm)