IL PROGETTO PER LO STRETTO ESISTE ED È SUBITO CANTIERABILE: SOLO IL MINISTRO CONTINUA A IGNORARLO;
Lo Stretto di Messina

PONTE, IN ATTESA DEI NUOVI INUTILI STUDI
C’È SPAZIO PER ALIMENTARE LE POLEMICHE

di ROBERTO DI MARIA – In un articolo comparso il 25 settembre scorso sul quotidiano on-line L’Ecodelsud.it, dal titolo Ponte sullo Stretto… quando si vuole dimostrare l’indimostrabile, il prof. Aurelio Misiti contesta il contenuto della lettera che gli ex componenti del Comitato scientifico dello Stretto di Messina hanno inviato al Presidente Draghi in difesa del progetto del Ponte sullo Stretto a campata unica. Un progetto costato centinaia di milioni e decine di anni di lavoro, sbertucciato pubblicamente anche dal Ministro Giovannini.

Schierandosi a sostegno del Ministro, Misiti ritiene che la lettera ignori “passaggi essenziali e rilievi giuridici”, preferendo “inseguire sogni di gloria ingegneristica che non tengono conto della realtà mondiale”. Un’accusa pesante che richiede alcune precisazioni.

Secondo Misiti l’affermazione del Ministro secondo il quale “Al momento non esiste alcun progetto” è veritiera. Un inizio perentorio che chiuderebbe la questione se non fosse logicamente e documentalmente inconsistente. Se non esistesse alcun progetto, di cosa parlano le migliaia di documenti ufficiali che lo citano? Di cosa parla, ad esempio, il voto n. 220 con il quale il Consiglio Superiore dei lavori pubblici (presieduto dallo stesso prof. Misiti!!!), nell’adunanza del 10 Ottobre 1997, si è espresso sul progetto di massima redatto dalla società Stretto di Messina?

Se, poi, si vuole giocare con le parole, puntualizziamo che, con “caducato”, si intende “privo di efficacia giuridica, non “inesistente”. Sostenere che un progetto di oltre 8 mila cartelle si è dissolto perché è stato riposto in un magazzino, non è solo un’assurdità ma ha pesanti conseguenze politiche sul futuro di milioni di cittadini (?) meridionali.

Ricordando con tristezza quanto si sia dimostrato “caduco” l’amore – un tempo forte e appassionato – del prof. Misiti per il progetto del Ponte a campata unica, fingiamo di ignorare che lo stesso Cipe, ne ha confermato la validità “sotto il profilo infrastrutturale .. economico-finanziario… e attuativo…”.

La seconda affermazione del Ministro è “La campata unica non è attuale”. Su questo argomento, la contrapposizione diventa tecnica e, quindi, più difficile da analizzare in termini semplici. È certo, però, che tirare in ballo, come fa Misiti, la sentenza della Corte costituzionale“che respinge in toto la tesi del Consorzio a suo tempo vincitore dell’appalto” non è affatto significativo.

Tale pronunciamento viene da un organo giuridico, non riguarda gli aspetti tecnici ma solo quelli economici ed esprime un primo provvisorio giudizio sulla risarcibilità dell’interruzione dei lavori. Non può, quindi, influire minimamente sulla validità di un progetto che aveva conseguito tutte le approvazioni previste. O quasi. Sul “quasi” torneremo in seguito.

Passando agli aspetti più scientifici, affermare che la campata unica non è attuale solo perché finora nessuno ne ha realizzata una di pari lunghezza, è come dire che Colombo non sarebbe dovuto salpare perché nessuno aveva ancora scoperto l’America. O che un grattacielo di 828m. (il Burj Khalifa di Dubai) non poteva essere costruito perché, fino ad allora, non ce n’era nessuno più alto di 500 m.

In realtà, quello che Misiti dimentica, e Giovannini sconosce, è che la lunghezza dell’impalcato è alla portata delle tecnologie esistenti già dalla fine degli anni Novanta. Lo dice la scienza, grazie a calcoli, prove e soluzioni tecnologiche approvate da advisors internazionali. Ma lo aveva detto lo stesso professore calabrese nel ’97, quando presiedeva il Consiglio Superiore LLPP, approvando quella campata unica che ha dato il via all’appalto ed alla progettazione definitiva.

Temeraria poi la chiosa, secondo la quale basterebbe (quasi) replicare il pressoché terminato Ponte sullo Stretto dei Dardanelli, per trovarsi bell’e pronto il progetto a tre campate. Come se caratterizzazione dei fondali, punti di sbarco, intensità delle correnti, sondaggi in alveo, altezza delle torri, intensità e direzione dei venti (determinanti per stabilire il profilo aerodinamico dell’impalcato), analisi geologiche e geotecniche, studi degli ecosistemi interessati e relativa sensibilità…e quant’altro non meritino studi, approfondimenti e verifiche lunghe molti anni.

A parte il non trascurabile dettaglio rappresentato dal fatto che copiare il Çanakkale Bridge (in Turchia) vuol dire copiare il progetto del ponte a campata unica, in quanto sono state proprio le ardite soluzioni tecniche studiate per lo Stretto a essere state adottate per attraversare l’Ellesponto.

Per quanto riguarda le difficoltà tecniche della realizzazione di pile in alveo, occorre rammentare che un ponte non è una piattaforma petrolifera, le cui fondazioni scendono ben oltre i 60 m., ovvero la massima profondità attualmente raggiunta dalle pile in alveo di un ponte. La struttura emersa di una torre derrick è costituita da una piazzola, alcuni locali e le apparecchiature di pompaggio, e non supera le 500 tonnellate. Il gigante dello Stretto – a una o tre campate – ne pesa migliaia e non sono ammessi spostamenti, neanche minimi, per non mettere in crisi l’intera struttura.

Approfondendo ulteriormente, si scopre che i fondali in cui dovrebbero essere realizzati i piloni del ponte a tre campate sono profondi tra 80 e 120 m. Cosa c’è “là sotto”, oltre a una corrente che va da 3 a 5 nodi? Qual è la consistenza di un fondale da scavare e spianare per un’ampiezza di almeno 80×80 m., che dia assoluta garanzia di stabilità? Dove andranno a finire le migliaia di mc di materiali estratti? Almeno parzialmente, saranno dispersi nello Stretto, con buona pace degli ambientalisti.

Queste grandi torri, peraltro, si collocherebbero in mezzo ai corridoi laterali destinati dalla Capitaneria di Porto alle navi in transito. Come si fa ad affermare che un progetto con tali incognite e difficoltà può essere redatto in pochi mesi e realizzato entro il 2026, a costi più bassi di quello approvato? Non c’è bisogno di essere esperti per rendersi conto che le affermazioni del Ministro – ma anche quelle della Commissione De Micheli e dello stesso prof. Misiti – sono, quantomeno, imprudenti.

Discorso a parte merita la terza affermazione del Ministro: “Il vecchio progetto da molti ritenuto immediatamente cantierabile non ha risposto alle prescrizioni della valutazione ambientale”. In realtà, occorre sottolineare che il progetto preliminare del Ponte a campata unica ha acquisito i pareri favorevoli del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio, del Ministero per i Beni e le Attività culturali della Regione Calabria e della Regione siciliana. Approvazioni senza le quali sarebbe stato impossibile appaltare l’opera.

Tuttavia, la frase del Ministro contiene una certa dose di verità, a causa di un parere negativo da parte della Commissione VIA presso il Ministero dell’Ambiente. È accaduto nella riunione del 15 marzo 2013, tenutasi per deliberare sulla “Compatibilità ambientali delle varianti”: esattamente 15 giorni dopo l’acquisita certezza che tutti i contratti tra la società concessionaria e il General contractor erano decaduti. Esito del Parere: Compatibilità ambientale delle varianti non esprimibile.

In altre parole, la Commissione VIA si era riunita per discutere sul nulla e, probabilmente, questa è stata la ragione delle 20 assenze sui 52 componenti e delle 5 astensioni. Va anche detto che erano stati registrati 19 voti favorevoli e solo 6 contrari, insufficienti ad esprimere un parere. Ciò è bastato al prof. Misiti per affermare affrettatamente che il vecchio progetto (ma allora esiste!) “non ha risposto alle prescrizioni della valutazione ambientale”. Argomento fragile ed ai limiti della speciosità, considerato il vero risultato della votazione.

Allo stesso modo, appare poco sostenibile il minor impatto ambientale del Ponte a tre campate. Infatti, il punto di sbarco in Sicilia sarebbe posizionato appena due chilometri ad ovest di quello previsto nel progetto Eurolink, nel pieno di quella “Riviera” che rappresenta uno dei punti di maggiore attrazione della città. Motivi orografici oggettivi e ragioni d’impatto ambientale (già sondate in fase di progettazione del ponte a campata unica), rendono praticamente obbligatoria la scelta dei tracciati, ricadenti quasi esclusivamente in galleria.

L’impatto sarebbe notevole, per effetto dei materiali provenienti dagli scavi, in entrambi i casi. Con la differenza che, per quanto riguarda il progetto in essere, tali problemi erano stati affrontati, ampiamente discussi e risolti grazie a lunghissime trattative con gli enti interessati. Un modesto vantaggio è invece rappresentato dalla lunghezza, lievemente minore, dei percorsi: 9 km circa per quello autostradale e circa 13 per quello ferroviario. In tutta sincerità, non sembra un grande miglioramento.

Rilevanti, invece, gli inconvenienti sul piano urbanistico – tema delicatissimo a totalmente assente nel caso del ponte a tre campate –in quanto l’attraversamento del centro abitato avviene in zone con densità abitativa ben superiore alle precedenti. A una prima analisi, nella sola frazione messinese di S. Agata, punto di sbarco e viadotti comporterebbero l’abbattimento di una sessantina di edifici. Un impatto sociale, oltre che ambientale, notevolissimo. Una procedura lunga e complessa che, a differenza di quella “vecchia” è ancora da avviare.

La soluzione a campata unica, invece, ha già superato tutti questi passaggi. Volendolo, in soli sei mesi, partendo dal progetto definitivo, potrebbe essere redatto ed approvato il progetto esecutivo e procedere senza altre perdite di tempo all’inizio dei lavori. I quali, verosimilmente, potrebbero essere conclusi entro cinque anni: in questo caso, e solo in questo caso, l’obiettivo della conclusione dei lavori entro il 2026 o giù di lì – l’Ue non avrebbe nulla da eccepire su un ragionevole ritardo per un’opera di questa importanza – tanto caro a Misiti, sarebbe certamente raggiunto.

Le poche riflessioni di cui sopra sgomberano il campo da tesi che appaiono infondate e gratuite, e che non portano a null’altro che ad un rinvio “sine die” di un’opera indispensabile per il rilancio di due Regioni e del Paese intero. Le tattiche dilatorie attuate dai governi nazionali, prima con proposte fantasiose (tunnel vari), adesso con il ponte a tre campate e il potenziamento del traghettamento (incredibile attentato alla fauna marina) mostrano ancora una volta che la destinare sostanziose risorse alla creazione di inutili organismi “romani” è prioritaria rispetto agli interessi generali del Paese. (rdm)