PRIME MOBILITAZIONI DOPO LA NOSTRA DENUNCIA DELLA SCANDALOSA ELEMOSINA EUROPEA ALLA REGIONE;
Il tavolo rotondo del Consiglio dei Ministri

RECOVERY, L’INDIGNAZIONE NON BASTA PIÚ
LA CALABRIA NON PUÒ RESTARE IN SILENZIO

di SANTO STRATI – La scandalosa “elemosina” riservata dal Recovery Plan alla Calabria (poco più di 500 milioni a fronte di 223 miliardi che l’Europa ha offerto all’Italia), dopo la nostra denuncia di mercoledì sera su Telemia (con l’anticipazione della prima pagina di giovedì) e la pubblicazione sul quotidiano di giovedì qualcosa si sta muovendo. Come si può leggere negli interventi di cui riferiamo in altra parte del quotidiano, la mobilitazione è d’obbligo e l’indignazione, a questo punto, non può bastare. La Calabria non deve e non può restare in silenzio, soprattutto nei confronti dei suoi rappresentanti in Parlamento che hanno piena responsabilità per la mancata vigilanza sul nuovo “scippo” perpetrato ai danni della nostra terra. Si tratta di capire che cavolo combinano i nostri deputati e i nostri senatori che evidentemente sono distratti da altri interessi. Anche se le elezioni sono lontane, i collegi andrebbero comunque coltivati data l’aria che tira e considerato che della pattuglia dei 30 parlamentari attuali ne resteranno 19 (13 deputati, 6 senatori – erano rispettivamente 20 e 10), dopo l’approvazione della legge che ha ridimensionato il Parlamento, con un referendum che – ancora una volta – ha penalizzato le regioni più deboli, come la Calabria.

Il documento approvato in Consiglio dei Ministri (160 pagine che alleghiamo per chi voglia documentarsi direttamente) è stato scritto probabilmente pensando a un’Italia sempre vista a due trazioni: il Nord opulento e ricco, il Mezzogiorno straccione e destinato alla povertà perpetua. Ebbene, sarà il caso di segnalare a chi ha ancora una visione così manichea del divario Nord-Sud che le cose non stanno proprio così. Il Sud soffre di troppa indulgenza (colpevolmente prestata) nei confronti della classe politica degli ultimi 50 anni e da qui tutte le disgrazie dei un Mezzogiorno reietto e dimenticato, un fastidio per qualcuno che dimentica che le fortune del Settentrione si devono alle braccia, alla manodopera, ma anche all’ingegno, di milioni di meridionali che hanno lavorato per le grandi fabbriche. Producendo ricchezza in cambio, spesso, di condizioni umili, di un disagio diffuso, di sacrifici immani. Epperò, questa massa di “cafoni” venuti dal Sud ha dato un contributo straordinario alla crescita e allo sviluppo del Paese, quello sì a due velocità.

Per il Mezzogiorno la crescita continua a rimanere un miraggio se si continua ad alimentare la fuga dei cervelli, a sostenere l’emigrazione intellettuale delle risorse migliori tra i nostri ragazzi, costretti ad andar via per assenza di opportunità e di prospettive. Il Recovery Fund è forse l’ultima occasione, unica, per offrire le condizioni di occupazione, formazione, lavoro ai ragazzi del Sud, ai giovani calabresi che mostrano, in ogni occasione, di avere talento, estro e operosità, da far invidia a chiunque. L’occasione di una valanga di denaro, ossigeno per un Paese piegato e piagato dal coronavirus, è straordinaria per immaginare uno scenario fatto di progetti, programmi, proposte operative. E invece, cosa succede? Succede – come abbiamo scritto giovedì – che ci sono appena briciole per una terra che ha bisogno di infrastrutture, la cui realizzazione si traduce, abitualmente, in un gigantesco indotto con sbocchi occupazionali per tutti: dai laureati ai manovali, dai progettisti ai carpentieri, dai ristoratori ai tecnici d’informatica. No, invece si spolvera un vecchio progetto (è del 2012) sull’adeguamento della ferrovia Salerno-Reggio Calabria, senza neanche prevedere la realizzazione di una nuova linea ferrata apposta per l’Alta Velocità/Alta Capacità, ed è tutto. Del Ponte sullo Stretto (altra grande opportunità per alimentare occupazione) neanche a parlarne, della statale 106 nessuna traccia, di tutto il piano mobilità di cui la Calabria necessita in modo organico e urgente, niente di niente.

E pensare che hanno cominciato a lavorare a questo documento dal 7 dicembre, quando la parola Recovery Plan apparve per la prima volta all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri. Un documento che prima di arrivare al testo finale (?) di martedì, prima che scoppiasse il bubbone Renzi-crisi di governo, a quanto pare, ha subito continue riscritture, con alti e bassi, metti e togli, della maggioranza. Il Recovery Fund più pomposamente si chiama, in realtà, Next Generation Ue, un progetto che ha il compito di rimettere in moto i Paesi europei dopo la pandemia. Erano inizialmente 196 miliardi (la cifra più alta tra i Paesi europei perché si teneva conto del disagio socio-economico dei territori del Mezzogiorno), ma il già sostanzioso pacchetto di aiuti ha ricevuto altri contributi dal fondo di coesione, arrivando a 223 miliardi. Per trovare, lungo il cammino preparatorio, altri 7 miliardi dai fondi strutturali europei e circa un’ottantina di miliardi di risorse programmate nel quinquennio 2021-2026 dal bilancio italiano.

Alcune voci di spesa (tipo Sanità che da 9 miliardi è stata portata a oltre 20) hanno dato il pretesto a Renzi per attaccare a testa bassa l’intero documento e provocare la crisi di governo. Il testo attende ora i contributi di Parlamento, Regioni, Comuni e, soprattutto, parti sociali e imprenditori. Che il Sud, nella sua generalità, risulti penalizzato non è corretto affermarlo, ma che la Calabria sia stata mortificata e offesa (e defraudata di quanto gli spetterebbe di diritto) è una cosa che salta subito all’occhio. Ora la parola passa a chi la può avere. Superata la crisi, dopo martedì, Conte 3 o quello che sarà, occorre che i nostri parlamentari si rimbocchino le maniche e comincino a battere i pugni, alzando anche la voce se serve. Non è detto che qualcuno li ascolti, ma val la pena provarci. No? (s)

IL TESTO COMPLETO DEL RECOVERY PLAN