;
livoti

REGGIO – Viaggio con “Le donne nei Poemi Omerici”

A Reggio, si è svolto un evento “inedito”: la presentazione del libro Le donne nei poemi omerici di Antonio Nicolò, che ha aperto il primo dei tre appuntamenti organizzati da Le Muse in occasione della Festa della Donna.

Il presidente Giuseppe Livoti, in apertura di serata ha ricordato  come “Le Muse”, propongono un evento “inedito” per questa occasione poiché il dottore Antonio Nicolò, da anni, ci ha abituati ai suoi studi conducendo il lettore, alla riscoperta di aspetti inediti e poco conosciuti di testi della cultura classica ed in particolare dell’Iliade e dell’Odissea. 

La serata ha visto il saluto dell’editore Domenico Polito, che si è soffermato sulla scelta editoriale di stampare il testo di Nicolò, che rientra in una precisa indicazione , ovvero diffondere la cultura classica, così come è capitato in passato con la collaborazione per la Leonida edizioni, di grandi figure tra cui Dario Dal Corno, grecista, traduttore ed accademico italiano.

Con l’alternanza dei brani letti da Clara Condello ed Emanuela Barbaro del Laboratorio Lettura Interpretativa del sodalizio reggino e con le atmosfere musicali delle musiciste, la clarinettista Mattia Campo e la pianista Angela Vadalà. A presentare il libro, il già dirigente scolastico del Liceo Artistico “A. Frangipane “ di Reggio Calabria, la prof.ssa Rita Cananzi.

«Antonio Nicolò – ha dichiarato la prof.ssa Cananzi – è scrittore di quelle “amate e sudate carte” così come ricorda Leopardi,  che produce, facendo emergere un interessante testo narrativo con l’utilizzazione di strumenti quali la filologia, la bibliografia, lo studio delle fonti, elementi questi, che dimostrano ed attestano, la sua passione –storica- nei confronti del mondo antico».

«Un testo – ha proseguito la prof.ssa Cananzi – che non è solo riflessione ma, esternazione della sensibilità del dottore che studia, conosce e propone, quella stratificazione di canto popolare tra l’Iliade e l’Odissea. Le virtù che le donne dovevano avere non ne facevano certo delle protagoniste: tutt’altro. Le loro qualità erano tali da poter e dover essere utilizzate solo all’interno della limitata cerchia delle attribuzione del loro ruolo, senza minimamente proiettarsi nel mondo esterno».

«Né consigliera, né consolatrice – ha proseguito la prof.ssa Cananzi – la donna omerica era strumento della conservazione del gruppo familiare, relegata all’interno dell’oikos, nonostante una certa libertà fisica di movimento. La donna era soggetta all’uomo, tesseva, il suo viso “per bellezza” la distingueva dalle altre. Alle donne si chiedeva il silenzio e l’uomo aveva potere giuridico su di loro».

La lettura dei testi ha scandito i vari momenti di lettura critica. Le donne nell’Iliade sembrano vivere una vita in perenne conflitto e tensione: c’è esteriorità fatta di immobilismo e remissività. E figure come Penelope, Calipso, Circe, Ecuba, Andromaca, Arete, le Sirene è stato detto, sono spazi simbolici da cui partire per capire la dimensione umana e sociale delle donne, tanto arcaiche ma tanto simili alla donna di oggi. “La conoscenza” di questi testi per l’autore Nicolò, serve a fare discutere come in questa occasione e dalle osservazioni molte donne dell’antichità, già mitizzate dovrebbero essere poste ad una forma di revisionismo storico.

«È importante – ha dichiarato Nicolò – notare come si è passati nel tempo, dalla “società della vergogna” alla “società della colpa”. Non possediamo documenti storici che testimonino direttamente la condizione della donna nell’epoca arcaica greca ma, i poemi omerici indipendentemente dalla veridicità degli avvenimenti narrati e dai loro protagonisti, sono il primo documento storico che descrive nei particolari le condizioni di vita della donna greca e offrono al lettore uno sguardo sulla storia, sui valori e sulle regole della società greca nei secoli tra la fine della civiltà micenea e l’VIII secolo».

Alla conversazione ha contribuito l’architetto e designer Alberto Trifoglio, figlio del compianto Maestro Antonio Trifoglio, protagonista dell’arte del novecento calabrese che ha raccontato come attualmente produce pinakes con tematiche femminili, nate in occasione della riscoperta di stampi lasciati dal padre e protagonisti di una copiosa produzione da dove si evince il ruolo al femminile delle donne della locride –emancipate ed innovatrici-.

Nella pittura, invece, Antonio Trifoglio dipingeva la donna dal portamento regale, figure lineari e filiformi che la rivificavano già dal 1950 in poi, figure femminili che animavano le coste ioniche della provincia reggina con il loro portamento. (rrc)