«Domani c’è sciopero degli aerei, prendo il treno e mi fermo a Napoli, vado a Poggioreale, a trovare i poliziotti, non i detenuti»: Matteo Salvini a Reggio, in serata conquista simpatie rilanciando la chiusura dei porti e il no all’immigrazione, esaltando, in primis, il ruolo della famiglia tradizionale. La gente lo applaude e l’ex ministro dell’Interno dichiara che sono pronte le liste di candidati calabresi, uomini e donne che in 45 giorni dovranno conquistare il consenso dei «calabresi rassegnati, quelli delusi dai CinqueStelle». Non promettiamo miracoli – dice Salvini – ma una buona amministrazione «come nelle regioni che amministriamo al Nord». È uno show alla solita maniera di Salvini: basta dire quello che la gente vuole sentire, anche se qualche scricchiolìo nella strategia del centro destra (e della Lega) comincia a farsi sentire. Qualche anno fa un calabrese che applaudiva un leghista sembrava fantascienza: oggi acclamano Salvini, ma più per rassegnazione che per convinzione. E il sentimento più diffuso è il disorientamento che queste elezioni stanno portando. Il ruolo dei partiti è finito? In Calabria non ci sono partiti, ma piccole parrocchie, ognuna per proprio conto. Come si fa a tornare ad entusiasmare gli elettori disamorati della politica? Salvini crede di riuscirci ripetendo (alla noia) le solite frasi e in tanti lo applaudono convinti. È comunque un segnale che il popolo vuole esser parlato (come scriveva Corrado Alvaro), non comandato, né tollera chi decide in suo nome senza consultarlo. E Salvini, non senza accorgersene, sta provando a decidere per i calabresi. Un grande rischio: la Lega non ha il polso del territorio, né gli uomini giusti al posto giusto. Si potrà vincere giocando sulla rabbia, ma i calabresi è difficile piegarli. E la prova di forza nel centrodestra nella scelta del candidato governatore nasconde più di un’insidia…
La giornata di Salvini in Calabria era cominciata questa mattina a Catanzaro con l’inaugurazione della nuova sede della Lega. Affiancato dal suo fidatissimo commissario leghista Cristian Invernizzi e dall’unico deputato verde eletto in Calabria, Domenico Furgiuele, non ha trovato contestazioni. Quindi una tappa a Vibo e poi a Reggio. Un discorso populista, ripetuto nei tre capoluoghi, sui temi che gli sono abituali: barconi, immigrati, delinquenza, famiglia da difendere, radici cristiane e naturalmente il solito leit-motiv “prima gli italiani”. È facile raccogliere il consenso di tanta gente arrabbiata soprattutto con lo Stato. Ma non c’è spazio per i programmi e per svelare le candidature: Salvini gira intorno, auspica che anche in Calabria ci sia una donna, come in Umbria e in Emilia, ma non fa nomi. Però ipoteca le prossime comunali di Reggio: «un uomo o una donna indicati dalla Lega non mi dispiacerebbero».
Non parla del suo veto agli Occhiuto né affronta l’argomento del malumore che serpeggia anche nel centrodestra calabrese. A Reggio si dice «commosso dell’accoglienza che la Calabria mi riserva perché fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di essere visto come il liberatore della Calabria». Ma qui partono un po’ di fischi e tiepide contestazioni con insulti tra sostenitori e non: i reggini avvertono la divisività che anche la destra non riesce ad evitare e gli animi si riscaldano facilmente nella sala Calipari del Consiglio regionale. Fuori piove e dentro piovono anche insulti verso una performer che cerca di contestare Salvini: «Qualche anno fa volevi bruciare la Calabria e tutto il Sud». Gran parte della gente arrivata ad ascoltare Salvini è già motivata di suo, ma resta delusa nell’ulteriore rinvio sul nome del candidato. Salvini glissa: «deciderà chi di dovere», poi invita a farsi un selfie con lui. Sabato si replica con Giorgia Meloni. (rp)