di SANTO STRATI
Il brutto vizio di affidarsi ai burocrati della Regione non viene meno neanche con la Giunta della Presidente Santelli. Quella attuale mostra di voler essere una Giunta del “fare”, prima i fatti, poi gli annunci, inciampa però nella classica trappola della burocrazia: quel bavaglio che strangola l’economia regionale e soffoca le aziende. Il bando “Riapri Calabria” annunciato in Regione appena qualche giorno fa (il 7 maggio) che prevede un contributo una tantum di 2000 euro a fondo perduto per 20mila aziende calabrese sarebbe stato un piccolissimo, modesto, ma ugualmente utile aiuto per le piccole imprese calabresi. Quelle, per intenderci, che fatturano, come si legge nel pre-avviso di bando – da 5000 a 150mila euro l’anno. Aziende in grande affanno, vicine al collasso, dove un giorno di attesa in più avvicina lo spettro della non riapertura: i loro titolari aspettano, con ansia, la pubblicazione del bando sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria (Burc) per capire se e quando potranno contare su questa goccia di ossigeno, ma sette giorni non sono evidentemente bastati per tradurre in pratica la promessa di aiuto.
Il bando non è ancora pubblicato, ma esiste un “avviso pubblico di pre-informazione” che presumibilmente – ci ha cortesemente anticipato l’assessore Orsomarso – sarà aggiornato a breve. Bene, questo avviso pubblico (20 pagine) è un capolavoro di burocratese per la gioia dei commercialisti (già da tempo non sull’orlo di una crisi di nervi, ma abbondantemente dentro) e la disperazione dell’artigiano che vorrebbe capire in due parole se gli tocca o meno il contributo.
Nonostante i proclami della Santelli («se ci mettiamo a chiedere le carte passano mesi»), in realtà il bando un po’ di carte le prevede “sulla base di una procedura valutativa a sportello ex art. 5 comma 3 del Dlgs 123/1998” e, soprattutto, pone clausole di ammissibilità che fanno a cazzotti con l’emergenza.
Prima su tutte la cosiddetta “regolarità contributiva”, incubo della quasi totalità delle aziende, meglio conosciuta col documento che prende il nome di Durc: sono ammesse le aziende che alla data della presentazione della domanda risultino “non aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, relativamente al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori o essere in possesso della certificazione che attesti la sussistenza e l’importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti della Regione Calabria di importo pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte del medesimo soggetto (Durc)”. Già in condizioni normali molte piccole aziende si trovavano in arretrato col versamento dei contributi (a volte la scelta è tra pagare gli stipendi o versare i contributi) col risultato di non poter esibire un Durc (documento unico di regolarità contributiva) per partecipare a una gara d’appalto, a un bando o anche a un modestissimo prestito bancario. Oggi, con oltre tre mesi di chiusura forzata, il Durc appare ancora più etereo di un miraggio nel deserto sahariano. E qui la beffa si materializza: già su oltre 100mila piccole aziende presenti in Calabria, appena il 20% potrebbe beneficiarne, e potrà beneficiarne l’azienda “sana” che ha regolarmente adempiuto agli obblighi previdenziali e contributivi e non quella evidentemente in difficoltà tali da aver impedite il regolare pagamento di tasse e contributi
Facciamo subito una premessa a scanso di equivoci. Qui non si vogliono difendere le aziende inadempienti, Ma quelle che (in ritardo, ma lo fanno) versano i contributi e pagano gli F24, nonostante i ritardi negli incassi dalla Pubblica Amministrazione (è di circa 60 miliardi il debito dello Stato nei confronti dei fornitori che ancora devono essere pagati): si vuole solo mettere in evidenza l’assurdità del requisito richiesto. Mentre merita un ampio elogio la richiesta di “esser in regola con la normativa antimafia” e non avere interdittive in corso, la clausola Durc appare frutto del solito burocrate che non ha ancora capito che siamo in emergenza.
Ma siccome nel nostro amato Paese domina, incontrastata quella orripilante burocrazia che ragiona a senso unico: “tutto ciò che non è espressamente autorizzato è vietato” (al contrario di un sano principio di diritto che preveda solo divieti da rispettare), ecco che i funzionari regionali, al pari dei loro omologhi che siedono nelle scrivanie degli sportelli bancari, s’inventano nuove angherie per non dare soldi.
Già, perché l’ottima iniziativa dell’assessore Fausto Orsomarso, cui bisogna, per onestà, riconoscere un impegno che non conosce soste, rischia di impantanarsi senza via d’uscita. Per questo scriviamo oggi, prima che il bando definitivo, venga pubblicato sul Burc e si vadano a beffare centinaia (migliaia) di onesti imprenditori e lavoratori che non sanno ancora come e se riapriranno. Difficile immaginare per la Calabria – regione povera senza dubbio – una terapia da elicopter money (soldi veri lanciati – con una suggestiva immagine – dall’elicottero dello Stato), ma a maggior ragione queste piccole iniziative di sostegno devono raggiungere i più disperati (mai parola è stata più eloquente), quelli cioè che vorrebbero salvare azienda e occupazione ma trovano sempre, inguaribilmente, porte sbarrate.
È il caso delle banche che stanno esibendosi in performance da teatro dell’assurdo, la qualunque va bene come pretesto per negare un prestito pur garantito al 100% dallo Stato. Avviene, per come ci è stato riferito, che diversi istituti di credito di fronte alla richiesta del prestito “statale” garantito, offrano – guarda un po’ – un prestito della banca, una firmetta fidejussoria di garanzia e via, andare. Nessuno può negare che già il giorno stesso della pubblicazione del decreto “liquidità” Calabria.Live avesse messo in guardia sulle assurdità del provvedimento e sulla illogica scelta di affidarsi alle banche per distribuire gli “aiuti”. Come chiamare a capo dell’Avis il dottor Dracula. Le banche hanno da tempo smesso di fare il loro mestiere che era quello di sostenere e incrementare l’economia reale del territorio: gli istituti di credito fanno finanza creativa, rende di più e toglie il disturbo di avere tra i piedi sempre quei soliti quattro poveri (nel pieno senso della parola) imprenditoria che vorrebbero (lo sghignazzo del funzionario di banca non riusciamo a riprodurlo per motivi di privacy) “fare impresa”. Addirittura! Per il prestito fino a 25mila euro (che va calibrato soltanto entro il 25% del fatturato dello scorso anno, cioè 2.500 euro per ogni 10mila di fatture emesse) sono richiesti ben 19 documenti. Richiesti anche a chi, disgraziato lui, poteva avere appena 2000 euro di prestito da restituire in cinque anni a partire dal 24° mese dall’erogazione). Importi per un artigiano insufficienti persino a versare qualche F24 arretrato.
Non vada trascurato, inoltre che la scelta del click-day, ovvero “l’istruttoria delle agevolazioni” prevista secondo l’ordine cronologico, lascia intravvedere uno scenario di sconforto davanti a una tastiera per arrivare prima degli altri a compilare e inviare la domanda, sempre che il server destinato a ricevere le richieste non vada giù, com’è capitato con l’Inps e come capita abitualmente in tutte le domande cosiddette “a sportello”. Una guerra ideologica fra poveri che ricorda l’assalto ai maccheroni di Totò in “Miseria e nobiltà”: arriva la pasta e tutti si lanciano sullo scodellone. Lì almeno si rideva, qui ci sarà da piangere se non si butta nel cestino l’attuale “avviso pubblico in pre-informazione” del bando e si riscrive completamente in massimo venti righe. Ci sono fior di commercialisti che conoscono le problematiche dei click-day: qualcuno da Germaneto proverà a sentire qualche suggerimento “professionale”? La commissaria di Conf-professioni Calabria Vilma Iaria, a questo proposito, è molto scettica: «le misure straordinarie sono efficaci solo se snelle e capaci di pervenire in breve tempo ai destinatari». Evitare, in poche parole di ripetere gli errori dei provvedimenti del Governo che ha sortito esiti troppo farraginosi in tema di adempimenti. La chiarezza nei contenuti – afferma la Iaria – evita inutili perdite di tempo e interventi chiarificatori successivi».
L’assessore Orsomarso ha detto a Calabria.Live che conta entro venerdì di poter licenziare il provvedimento definitivo: ci permettiamo di suggerire di sentire i rappresentanti degli imprenditori, gli esercenti, i professionisti. Questa regione, oggi più che mai, ha bisogno di concretezza e di provvedimenti che la burocrazia non vanifichi irrimediabilmente.
E, a proposito di burocrazia, siccome perseverare è diabolico, prepariamoci a vedere il famoso decreto-aprile (ma siamo già al 12 maggio, presidente Conte!) che consta “soltanto” di alcune centinaia di pagine con – dicono – 258 articoli. Roba da far venire il coccolone al più smaliziato ragioniere. Anche qui – pare – saranno previsti contributi a fondo perduto per le aziende, previa usuale montagna di documenti da produrre e precisi requisiti di inammissibilità, come se fossimo già nel post-post post-crisi (non è un errore di battitura, è futuro lontano). Questo Paese, e la Calabria in particolare, ha bisogno di dimenticarsi delle scartoffie e delle causali di impedimento, imponendo ovviamente il necessario controllo antimafia che qualsiasi prefettura è in grado di fare in tre minuti.Non c’è tempo, non abbiamo tempo. I nostri imprenditori, quelli più piccoli, gli artigiani, i commercianti, gli operatori turistici, hanno bisogno di ossigeno, non di una pillola contro il mal di testa. Non serve una task force per capirlo. (s)
Riparti Calabria: per Fillea-Cgil
«Come misura è insufficiente»
La Fillea Cgil Calabria giudica insufficiente la misura di “Riparti Calabria” per «soddisfare tutte le imprese colpite dal lockdown (ci saremmo aspettati una presa di posizione forte da parte di tutte le associazioni datoriali)». Secondo la nota firmata da Simone Celebre, segretario generale Fillea Cgil Calabria, Enzo Scalese, segretario generale Fillea Cgil CZ, KR, VV, Giuseppe De Lorenzo, segretario generale Fillea Cgil Pollino, Sibaritide, Tirreno, Endrio Minervino, segretario generale Fillea Cgil Reggio Calabria.
I sindacalisti voliono porre l’attenzione che «ad usufruirne debbano essere , solo, le imprese regolari( per la stragrande maggioranza nella nostra Regione tutte al di sotto dei 10 dipendenti). Oggi in tanti si battono per poter osteggiare il lavoro irregolare che purtroppo, nella nostra regione e soprattutto nel settore delle costruzioni, dilaga. Allora quale migliore occasione? Perché non vincolare questi incentivi alle aziende che rispettano leggi e CCNL? Perché non premiare quelle imprese che negli anni si sono sempre contraddistinte per il versamento dei contributi previdenziali ai lavoratori e per il regolare versamento della Cassa Edile? Per questi motivi ci aspettiamo che sia fatta una graduatoria seria e trasparente per evitare di aiutare tutte quelle aziende che nel tempo hanno aumentato i loro profitti sempre e solo sull’anello più debole della filiera, i lavoratori”. (ds)
E il vicepresidente Nino Spirlì
riceve artigiani e commercianti
Il vicepresidente Nino Spirlì, in qualità di assessore al commercio e all’artigianato, a tutela dei diritti di commercianti e artigiani, quali categorie maggiormente colpite dalla crisi economico finanziaria causata dall’emergenza covid19, ha ricevuto le associazioni di categoria (Casartigiani, Confartigianato, CNA, Confesercenti) presso gli uffici della Regione per esaminare le perplessità sorte a seguito della pubblicazione dell’avviso pubblico in preinformazione del Bando Riapri Calabria.
L’assessore Spirlì ritiene essenziale, mai come in questo momento, interloquire con le associazioni di categoria perché solo tramite l’ausilio di queste ultime è possibile cucire il sostegno regionale su misura per le piccole e medie imprese calabresi.
Le associazioni di categoria hanno, fra l’altro, chiesto di ampliare la platea dei beneficiari e di provvedere a sburocratizzare l’iter amministrativo per arrivare ad una più rapida ed efficace applicazione del bando stesso.