La segretaria generale della Fenealuil Calabria, Maria Elena Senese, ha denunciato come «le scelte del Governo metteranno a rischio 150 mila posti di lavoro e renderanno impossibile ai redditi più bassi realizzare interventi sulle case più vecchie ed energivore».
«Manca una politica e una programmazione di medio-lungo periodo – ha sottolineato – per la riqualificazione e la rigenerazione delle aree urbane e di tutto il patrimonio immobiliare italiano. Il Parlamento europeo approva le nuove regole sulle prestazioni energetiche degli edifici e il Governo Italiano stronca il superbonus! L’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico dovrebbero essere tra le priorità del programma di rilancio economico del nostro Paese».
«Per la Commissione europea – ha proseguito – iniziare a ridurre le emissioni di gas serra è un passaggio fondamentale per conseguire l’obbiettivo delle emissioni zero entro il 2050; e gli immobili sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas a effetto serra nell’Ue, visto che tre quarti degli edifici è inefficiente dal punto di vista energetico.
«Un Italia circa il 60% degli edifici è oggi in classe F e G – ha spiegato ancora – si capisce quanto sarà impattante per molte famiglie anche solo il passaggio in classe E. Per il salto di classe, infatti, occorre ridurre i consumi energetici di circa il 25%: riduzione che si ottiene solo con interventi come il cappotto termico, la sostituzione degli infissi o la sostituzione della caldaia con una nuova a condensazione. Quello che è certo è che la spesa per avere edifici più sostenibili non potrà gravare sulle tasche dei cittadini, per molti dei quali la casa rappresenta l’unico patrimonio o fonte di reddito».
«Anche il terremoto in Turchia – ha detto ancora – avrebbe dovuto imporre una severa riflessione sul nostro Paese che, com’è noto, insiste in una delle aree sismiche a più elevata pericolosità nel nostro Paese. Per le ricostruzioni post-sisma abbiamo speso in Italia, dal 1968 ad oggi, oltre 190 miliardi, di cui 27 per il sisma di Amatrice nel 2016, 5 per quello de L’Aquila nel 2009. 32 miliardi, solo per questi ultimi due eventi».
«Ma la vera beffa – ha evidenziato – sta nel fatto che i costi delle purtroppo frequenti ricostruzioni sono di gran lunga superiore a quanto si dovrebbe sostenere per un programmato e lungimirante piano di messa in sicurezza antisismica di paesi e città. Dal 1968 ad oggi, l’esborso a carico dello Stato per la ricostruzione degli immobili danneggiati è stato abnorme.
«Col decreto 11/2023 che blocca la cessione dei crediti per i bonus edili colpendo inevitabilmente i redditi più bassi e le nuove norme del Codice degli Appalti che introducono la liberalizzazione dei subappalti a cascata – ha continuato la segretaria generale – le politiche del governo finiscono per tagliare drasticamente il lavoro nell’edilizia privata, con un peggioramento della sicurezza per i lavoratori negli appalti pubblici, meno qualità e meno sostenibilità. Per queste ragioni il 1° aprile in 5 periferie italiane faremo 5 manifestazioni che, oltre a coinvolgere lavoratrici e lavoratori del settore edile saranno aperte a studenti, imprenditori, professionisti e intellettuali, per chiedere la modifica del decreto 11/2023 sui bonus edili, che rischia di distruggere 150 mila posti di lavoro e soprattutto di escludere milioni di cittadini a basso reddito dalla possibilità di avere una casa più sicura, più efficiente in termini energetici e con bollette meno care».
«Chiediamo urgentemente – ha concluso – lo sblocco dei crediti ma soprattutto dobbiamo dare stabilità alle percentuali di incentivo per i prossimi 10 anni, garantendo la cessione del credito e lo sconto in fattura per gli incapienti (garantendo il 100% dei costi anche tramite recuperi sulla bolletta) e per i redditi medio-bassi (Isee inferiore ai 30 mila euro), per i condomini e per chi vive nelle periferie». (rcz)