di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Qualcuno ancora pensa che il ponte sullo stretto di Messina serva a far incontrare più facilmente il ragazzo di Reggio Calabria con la sua fidanzatina siciliana. E, quindi, non valga la pena spendere tante risorse pubbliche per una opera certamente immaginifica ma che non vale la pena realizzare.
E che non sia utile neanche per collegare i quasi cinque milioni di abitanti siciliani con il resto del Paese, perché hanno un reddito pro capite che è un terzo di quello dei trentini e quindi un Pil complessivo tale da non giustificare investimenti così importanti.
Il ragionamento parte da un assunto che le infrastrutture debbano seguire i traffici e non il contrario. E cioè che realizzi la quarta corsia di autostrada quando le altre tre sono intasate.
Ma vi è un altro approccio che sostiene che non può esserci adeguato sviluppo di un territorio se non è adeguatamente strutturato. Infatti l’autostrada del sole, così come l’alta velocità ferroviaria, hanno consentito uno sviluppo accelerato. Con un unico limite che sono state realizzate fino a Napoli, lasciando lo stivale affondare nel suo isolamento.
Ma anche se i cinque milioni di abitanti residenti nella regione più grande d’Italia non giustificassero un collegamento stabile vi è un’altra motivazione ancora più importante che taglia la testa al toro delle ragioni contrarie a tale Investimento. E cioè che in realtà il ponte non collega Messina a Reggio Calabria ma Hong Kong, Singapore a Berlino.
Proprio così parliamo di attrarre quei traffici che oggi, malauguratamente, passano davanti ad Augusta sulle grandi navi maxi portacointainers per percorrere migliaia di miglia in più, inquinando pesantemente il Mediterraneo e l’Atlantico, per arrivare ai porti del Nord: Rotterdam Anversa, Amburgo, lasciando Augusta e i porti del Sud in una inedia colpevole.
Senza considerare il fatto che le merci arrivano spesso come semilavorati e che quindi hanno bisogno di aree retroportuali importanti per procedere ad assemblaggi e completamenti di manifattura con esigenze di manodopera rilevanti. E quindi l’interesse per l’Italia di convogliare tali traffici è talmente importante da essere considerata Ineludibile.
Ma ovviamente non basta il ponte, bisogna che il collegamento ferroviario tra Augusta/ Gioia Tauro e Centro Europa diventi ad alta capacità ferroviaria per consentire di arrivare nei mercati della Mittel Europa a costi molto contenuti e in tempi molto compatti. E che finalmente il nostro Paese capisca che la concorrenza a Rotterdam non può farla né Genova né Trieste, ma che é utile che vengano messi a regime i porti meridionali, gli unici che presentano vantaggi importanti, anche di consentire con la loro vicinanza a Suez la diminuzione di CO2 e che diventeranno sempre più importanti per la transizione energetica, se saranno utilizzati adeguatamente.
In questa logica prevedere un investimento importante nella alta capacità/velocità ferroviaria non è più uno spreco anzi non realizzare tali progetti significa lasciare il Paese marginale rispetto a una Europa che sta cercando di collegare tutte le realtà periferiche. Un esempio virtuoso è il collegamento Copenaghen Malmö, che ha valorizzato enormemente l’aeroporto della città della Sirenetta, che adesso serve tutta la parte sud della Svezia.
Cosa che accadrà anche a quello di Reggio Calabria, che potrà servire tutta l’aerea del messinese, compreso l’arcipelago delle Eolie. Certo è difficile per un Paese che ha utilizzato tutte le sue risorse destinate alle infrastrutture, investendole nella parte Nord Centro, cambiare registro e condividere con il Sud le risorse necessarie, ma non è una opzione ma l’unica possibilità per far crescere in modo consistente il Paese intero.
La ritrovata centralità del Mediterraneo, dovuta alla chiusura dei rapporti con la Federazione Russa e al conseguente blocco dei rifornimenti da quel grande continente euroasiatico, dovrebbe far capire a molti che quello di infrastrutturare adeguatamente il Sud e farne un ponte verso l’Africa, dalla quale dista poco più di 100 km, è una strada obbligata, non solo, ma l’unica percorribile se l’Italia non vuole essere bypassata e superata da Grecia, che sta potenziando anche con l’aiuto dei cinesi il suo porto del Pireo, e Spagna che è a pochi chilometri dal Marocco da quel grande hub Mediterraneo che è diventato Tangeri med, un porto che si trova a 14 chilometri, in una posizione strategica sulla via di passaggio tra Africa, Europa, Asia, Nord e Sud America, che racchiude una zona franca di attività industriali e logistiche.
Tra l’altro, mentre gli altri realizzano, noi stiamo ancora a progettare, tra dibattiti inutili che forze più attente alla loro sopravvivenza politica che al bene del Paese continuano strumentalmente a fomentare e decisioni drammatiche, come quella della rinuncia al nucleare, che ci hanno penalizzato e continuano a incidere sul costo delle nostre esportazioni considerato che i nostri competitor hanno l’energia a prezzi più contenuti.
É tempo di diventare adulti e pragmatici, ma forse siamo sulla strada giusta. (pmb)
[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]