Nella Terrazza dell’Hitel San Domenico di Soverato, si è svolta, con successo, la presentazione del libro Il giudice, sua maddre e il basilisco di Pantaleone Sergi, edito da Pellegrini Editore.
La manifestazione, organizzata dalla Pro Loco di Soverato e patrocinata dal Comiune, ha visto dialogare con l’autore il giornalista Luigi Stanizzi, noto come cronista di nera e giudiziaria, l’autore ha svelato gli intrecci, le collusioni, lo strapotere della ‘ndrangheta contro la quale è necessario l’impegno di istituzioni, forze dell’ordine, cittadini. Non è più possibile consentire le violenze, i soprusi, le prevaricazioni degli ‘ndranghetisti. Bisogna ribellarsi all’unisono.
È stato anche e più volte sottolineato come oggi non sia conveniente, sotto tutti i profili, intraprendere attività mafiose: inevitabilmente si finisce in carcere, si rovinano famiglie, figli, molti muoiono, in ogni caso una vita infelice, senza serenità. Ne vale la pena? La risposta è “no”.
Il presidente della Pro Loco, Giuseppe Chiaravalloti, si è detto onorato di ospitare personalità di altissimo livello, e nel suo incisivo intervento ha posto domande sul rapporto tra informazione locale (non sempre puntuale e coraggiosa) e ‘ndrangheta (sempre più prepotente ma che non bisognerebbe più tollerare). La giornalista Rossella Galati ha relazionato a modo compiuto sul libro, toccando i punti nevralgici del romanzo, analizzandolo punto per punto ma senza svelarne la trama. Il moderatore, il giornalista Pietro Melia presidente onorario della Pro Loco soveratese, ha fra l’altro evidenziato particolari inediti del giornalismo calabrese.
Al centro del dibattito naturalmente la ‘ndrangheta, in quanto il romanzo di Sergi è ambientato a Mabrici, un paese calabrese immaginario (che potrebbe essere qualunque paese della Calabria) infestato, soffocato, da criminali.
Sergi, sollecitato dalle domande di Stanizzi, ha raccontato quando venne minacciato dalla ‘ndrangheta e il mitico direttore de La Repubblica, Eugenio Scalfari, lo trasferì per un po’ a Milano per motivi di sicurezza. Ha accennato ai suoi 163 processi per diffamazione, affermando che i giornalisti vengono querelati quasi sempre per mettere loro un bavaglio. Ha rimarcato le difficoltà dei cronisti di casa nostra a fare fronte a querele e minacce, in quanto non sempre le testate locali sono in grado di tutelarli e di sostenere le spese legali.
Insomma, la presentazione del libro ha dato spunti per i temi più attuali e scottanti della nostra vita quotidiana. Nel dialogo Stanizzi-Sergi a volte serrato e acceso, è stato ribadito che dopo gli interventi delle Procure in diverse realtà calabresi, dopo avere ripulito i paesi con raffiche di arresti, la società civile, la chiesa, le associazioni (spesso esistenti solo sulla carta) dovrebbero intervenire, fare sentire la loro voce; dovrebbero rimarcare che il territorio non è più soffocato da delinquenti ma che ha prevalso finalmente la legalità. Ciò, purtroppo, non avviene sempre. Anzi, la cosiddetta società civile talvolta latita, forse per paura, forse per viltà.
Un altro aspetto è che troppo spesso l’intervento della magistratura arriva troppo tardi. In alcuni paesi di Calabria perfino i bambini sanno chi è il boss, chi prevarica, chi impone mazzette, eppure le Forze dell’Ordine non hanno sempre modo di intervenire. E questo irrobustisce il potere delinquenziale. Ma non è così nella realtà, perché seppure in forte ritardo la giustizia arriva (per fortuna) inesorabile. E i mafiosi che si illudevano di essere invincibili finiscono in carcere e i loro beni vengono sequestrati. Scegliere una vita da criminale significa rovinarsela con le proprie mani, per sempre, dal primo momento. Basta capire questo per non dare più linfa vitale diretta o indiretta alla ’ndrangheta.
Sergi si è anche soffermato sull’aspetto (non secondario) della scrittura e sullo sforzo compiuto per passare da un linguaggio giornalistico a quello letterario, tutto suo, ormai ben riconoscibile per stile.
Nel dibattito sono intervenuti Ottavio Rossani, grande firma del Corriere della Sera; la professoressa Maria Gabriella Tigani Sava, docente all’Università di Malta. La discussione sul libro, così interessante, è proseguita a lungo a microfoni spenti con la giornalista Patrizia Greto, con Nicola Marra responsabile della comunicazione del Codacons dell’Emilia Romagna, con l’Ing. Luigi Trapasso, vicepreside dell’Istituto per Geometri Petrucci Maresca di Catanzaro, ed altre personalità.
Sergi, da più parti attualmente viene sollecitato – e non solo in Calabria – per presentare il romanzo “Il giudice, sua madre e il basilisco”, in diverse città (la prossima tappa è a Bagnara Calabra, il 17 agosto), segno che il suo narrare piace. Peraltro, il suo lavoro letterario si presta molto bene per trarne un film o una serie televisiva.
A questo proposito ha suscitato l’interesse del regista cinematografico Eugenio Attanasio, allievo del famoso Vittorio De Seta. (rcz)