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Sud e Futuri Gratteri

SudeFuturi, Gratteri: «Non si risolve il problema dei candidati con la patente antimafia»

Ha preso il via, a Scilla, la terza edizione di SudeFuturi, organizzata dalla Fondazione Magna Graecia insieme all’Amministrazione comunale. La prima serata, in una piazza San Rocco piena e disciplinata in ossequio alla normativa anti-Covid, ha saputo emozionare e toccare le corde più intime di chi ha scelto di mettersi in ascolto. Grazie soprattutto all’autenticità. Quella del presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti, e del sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone che, con i loro interventi iniziali, hanno dimostrato cosa vuole dire avere a cuore il progresso di un territorio.

Il sindaco Ciccone non ha potuto nascondere l’entusiasmo per la realizzazione dell’ascensore che collega la marina con piazza San Rocco: «siamo riusciti a fare un miracolo».

Nino Foti, senza fronzoli, ha spiegato il senso delle prime due serate di Sud e Futuri: «Abbiamo scelto i temi della legalità e della sanità che sono fondamentali per il Mezzogiorno e dai quali si deve ripartire se vogliamo davvero dare speranza di futuro al territorio e ai nostri giovani».

Ma l’autenticità è passata anche nelle parole dei giornalisti che hanno moderato l’incontro Paola Bottero e Alessandro Russo che hanno messo a proprio agio gli ospiti, gli artisti e il pubblico e quella dei protagonisti d’eccezione della prima serata Nicola Gratteri e Antonio Nicaso.

Il procuratore di Catanzaro e il docente, esperto di mafie e di criminalità organizzata in collegamento da New York, hanno affrontato i temi di più stretta attualità e parlato del loro ultimo libro, “Non chiamateli eroi”. E le parole degli autori, nel raccontare le storie degli eroi che non si sono arresi alle mafie pagando dazio con la propria vita, sono sicuramente da considerare fuori dagli schemi.

Il procuratore di Catanzaro, pungolato dalle domande di Paola Bottero, è entrato a gamba tesa nel dibattito politico del momento legato alla “candidabilità” dei politici in lista per le prossime regionali. La Commissione antimafia ha appena controllato le liste inviate dai partiti, ma Gratteri lo valuta un esercizio inutile.

«La commissione antimafia si limita a chiedere alla procura se i candidati hanno condanne, ma questo non risolve il problema. Non si candidano in prima persona i boss, ma giovani di bella apparenza e belle speranze sui quali non si può dire nulla. È chiaro, però, che diventano a tutti gli effetti dei prestanome. Non si risolve problema con la patente antimafia – ha detto ancora Gratteri – ma con la serietà della politica. Senza aspettare una eventuale condanna definitiva, si dovrebbe essere in grado sul piano morale ed etico di valutare se un candidato ha la statura e le competenze per fare progredire il territorio in cui si candida».

Chiosa Nicaso da New York: «La politica dovrebbe essere al servizio della gente e non dei centri di potere». E il governo Draghi non poteva non finire nell’analisi del procuratore di Catanzaro che non ha risparmiato nulla all’esecutivo. A partire dalla riforma del processo penale targata Cartabia. «Il problema è l’improcedibilità. È chiaro che, con i tempi previsti per le condanne in appello e in Cassazione, si bloccheranno i processi e si finirà con il fare grande favore alle mafie e ai faccendieri».

Anche la politica internazionale non è stata risparmiata dalle analisi di Nicaso e Gratteri che si è soffermato anche sulla crisi in Afghanistan. «Siamo davanti a un fallimento della politica occidentale e degli Stati Uniti in particolare. E’ evidente che quanto fatto in Afghanistan non è servito a nulla. Adesso la nuova crisi farà arrivare molta eroina e tanti terroristi in Europa che oggi è diventata un grande supermercato, è la più grande piazza per fare business».

Gratteri, però, su precisa domanda di Paola Bottero, esclude un suo impegno diretto in politica ancora una volta. «Sono felice del mio lavoro di procuratore a Catanzaro». Seppure con la politica continua ad avere a che fare nel senso dello sbattere i pugni per ottenere quanto dovuto. Come avvenuto per la realizzazione dell’aula bunker dove si sta celebrando il processo Rinascita-Scott.

Nello spaccato, a volte crudo della stringente attualità, si è poi affiancato il racconto delle storie di “Non chiamateli eroi” affidate soprattutto al professore Nicaso. «Trent’anni fa morivano Falcone e Borsellino e oggi fa effetto scrivere i ritratti di chi si è ostinato a rimanere se stesso davanti alla ferocia della mafia, ad essere coerente con la propria onestà e le proprie idee a qualunque prezzo. Le mafie strumentalizzato i miti religiosi e della cavalleria per apparire quello che non sono. Non esistono uomini d’onore, ma mafiosi vigliacchi che uccidono donne e bambini e sparano alle spalle».

A chiudere la serata l’interpretazione di Annalisa Insardà e le note di musica di Fabio Macagnino Trio(rrc)

In copertina, foto di Marco Costantino