ACQUA IN CALABRIA: LA SOSTENIBILITÀ
HA BISOGNO DI OBIETTIVI DI INNOVAZIONE

di BRUNO GUALTIERI – Il 19 aprile scorso, con Acque di Calabria, ho sollevato una questione tanto semplice quanto cruciale: il sistema idrico regionale sta davvero evolvendo verso un modello moderno e sostenibile, oppure si sta solo preparando a un nuovo ciclo di promesse incompiute? Un mese dopo, con Calabria, assetata di futuro, ho descritto le implicazioni reali della crisi idrica: impoverimento dei suoli, salinizzazione dei pozzi, interruzioni idriche subite dalle famiglie. Con l’avvicinarsi dell’estate e un quadro meteorologico che preannuncia nuovi stress, la situazione non è affatto migliorata, anzi si è aggravata ulteriormente.

L’11 giugno, l’Università della Calabria ha ospitato la giornata di studi “Siccità e scarsità idrica nel Mezzogiorno”, promossa dal CeSMMA del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente. L’incontro, ricco di contenuti scientifici, ha visto la presentazione di modelli climatici avanzati, analisi idrogeologiche e strumenti di valutazione sofisticati. Tuttavia, è emersa chiaramente la distanza tra la conoscenza tecnica del fenomeno e la capacità delle istituzioni di tradurla in azioni concrete. Pur presenti, le istituzioni si sono limitate a un ruolo formale, senza proporre alcuna roadmap né progetti attuativi. A oggi, l’unico intervento reale resta il ricorso all’invio di autobotti per rifornire le comunità in crisi, segno di una gestione priva di visione strategica.

È noto da tempo che il sistema idrico calabrese soffre di fragilità strutturali. Di governance pubblica, perdite idriche, riuso delle acque reflue e valorizzazione degli invasi si discute da anni. Molti interventi sono stati programmati e in parte finanziati, ma manca ancora una visione coerente. Occorre superare l’approccio emergenziale e definire una strategia basata su priorità oggettive e decisioni coraggiose.

La strategia per uscire dalla crisi: priorità normative, gestione integrata e investimenti mirati

Un nodo centrale è quello normativo. La proposta di legge regionale n. 75/11, pur licenziata in Commissione nel 2021, non è mai arrivata in Aula. Un suo aggiornamento tecnico, allineato agli orientamenti comunitari, è oggi indispensabile. È necessario riaffermare il primato dell’uso potabile nella gerarchia degli usi idrici, subordinando le concessioni a fini energetici al fabbisogno umano, agricolo e industriale. Il diritto all’acqua potabile va sancito come principio incondizionato.

Gli invasi silani, gestiti da soggetti privati ma contenenti una risorsa pubblica, richiedono una revisione dei vincoli concessori. Vanno introdotti obblighi minimi di rilascio, mantenuti livelli ecologici, vietato lo svuotamento completo e attivati meccanismi compensativi per i territori interessati. La redistribuzione delle rendite idroelettriche può finanziare direttamente la manutenzione e digitalizzazione delle reti locali.

Sorical, oggi società in house con una concessione trentennale ottenuta nel 2023, è chiamata a esercitare la gestione unica del servizio idrico. Per farlo efficacemente, deve rafforzarsi sul piano organizzativo e tecnologico: personale qualificato, sistemi digitali, piattaforme di telecontrollo, politiche tariffarie eque e sostenibili. L’esperienza campana di GORI dimostra che trasparenza e controllo pubblico sono fattori decisivi.

Il problema delle perdite idriche rimane centrale. In Calabria, oltre il 50% dell’acqua immessa in rete viene dispersa, con punte superiori al 60% in alcune città. Il Piano d’Ambito prevede oltre due miliardi di euro per dimezzare le perdite entro il 2030. In questo contesto, strumenti innovativi come il project financing basato sui volumi effettivamente risparmiati possono fare la differenza. Una task force tecnico-finanziaria regionale, stabile e operativa, dovrebbe assicurare la bancabilità e la cantierabilità degli interventi, sfruttando il nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Un patrimonio poco valorizzato è rappresentato dalle circa 500 sorgenti dismesse, escluse dall’attuale sistema di approvvigionamento. Il loro recupero permetterebbe di alimentare reti a gravità, ridurre i consumi energetici e aumentare la resilienza del sistema. Servono censimenti aggiornati, progetti comunali di ripristino e un fondo regionale dedicato, finanziato con i canoni concessori.

Va poi strutturato un rapporto stabile e trasparente tra pubblico e privato. Il Codice dei Contratti consente oggi la costruzione di partenariati pubblico-privati articolati, che integrino la gestione di invasi, sorgenti, reti e impianti di depurazione. Una struttura tecnica regionale, competente in PPP idrici, può fornire supporto operativo a enti locali e gestori pubblici per attrarre investimenti senza perdere la regia pubblica.

Tutto questo richiede una governance efficace e competente, fondata su una Cabina di regia regionale “Acqua” che coinvolga Regione, Arrical, Sorical, Comuni, Consorzi di bonifica, Università e stakeholder locali. Pianificazione, trasparenza e monitoraggio devono essere i pilastri di questa struttura, che dovrà garantire anche la raccolta e condivisione pubblica dei dati e l’attivazione di sistemi di allerta preventiva.

Accanto alle riforme tecniche, serve una nuova consapevolezza collettiva. Occorre passare dalla cultura dell’acqua – spesso intesa come mera disponibilità della risorsa – a una cultura per l’acqua, fondata su cura, partecipazione e responsabilità diffusa. La sostenibilità passa anche da utenti più consapevoli: bollette intelligenti, campagne educative, strumenti di monitoraggio dei consumi e coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte strategiche sono elementi imprescindibili per rendere stabile il cambiamento.

I benefici attesi sono concreti: 250 milioni di metri cubi d’acqua recuperati ogni anno, un risparmio energetico del 30%, 1.200 nuovi posti di lavoro e 50 milioni di euro di indotto economico annuale

Ma soprattutto: rubinetti sempre attivi, un’agricoltura più competitiva, invasi valorizzati anche turisticamente, ecosistemi più protetti

La risorsa c’è. Le competenze vanno ricercate. Ora serve solo il coraggio di cambiare.

Calabria, dalla sete alla strategia. Una nuova cultura per l’acqua è possibile. (bg)

 

[Bruno Gualtieri, già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria]

 

INFRAZIONI UE: LA CALABRIA CONDANNATA
A PAGARE PER L’ACQUA CHE NON ARRIVA

di BRUNO GUALTIERIChe in Calabria ci sia un’emergenza idrica non è una novità. Che questa emergenza si aggravi ogni anno, neppure. Ma ciò che colpisce — e indigna — è ancora la lentezza con cui si traducono in opere concrete gli investimenti già stanziati, pur in presenza di una situazione arcinota e ben documentata.

Lo avevo già segnalato in articoli precedenti, come “Quando la politica corre e la burocrazia frena“, dove denunciavo l’incapacità della macchina amministrativa di tenere il passo con la volontà politica. O ancora in “Verso un futuro sostenibile o un altro decennio di attese?“, dove richiamavo l’urgenza di uscire da logiche emergenziali e attuare una vera riforma gestionale del sistema idrico regionale. Le stesse criticità sono state approfondite in “Calabria e depurazione: una battaglia da vincere, oggi“, dove la frammentazione delle competenze e la paralisi decisionale venivano collegate direttamente al perpetuarsi delle infrazioni comunitarie.

Questa denuncia oggi trova ulteriore riscontro nel documento n. 6 – aprile 2025 del Servizio Studi della Camera dei deputati, che fornisce un’analisi dettagliata del cosiddetto water service divide, ovvero del profondo squilibrio tra Nord e Sud nella gestione delle risorse idriche. In molte aree del Mezzogiorno si registrano perdite idriche superiori al 50%, reti colabrodo risalenti in gran parte a oltre trent’anni fa, e una capacità di investimento largamente insufficiente, aggravata dalla prevalenza di gestioni “in economia” scarsamente efficaci. Il Sud investe in media meno della metà del Nord per abitante, con punte minime di appena 11 euro pro capite. A questo si sommano frequenti irregolarità nell’erogazione, ampia sfiducia nell’acqua del rubinetto e una struttura frammentata del servizio che ostacola ogni tentativo di riforma. Un quadro che riflette non solo un problema infrastrutturale, ma un vero e proprio ritardo sistemico nella garanzia di un diritto essenziale.

In Calabria, a queste criticità si aggiunge una disfunzione specifica: la governance del Servizio Idrico Integrato è stata riorganizzata nel 2022 con l’istituzione di ARRICAL come Autorità unica, mentre Sorical S.p.A. è gestore unico. Tuttavia, come già osservato nella mia recente analisi sui quotidiani, il Dipartimento regionale Ambiente e Territorio continua ad agire come se detenesse ancora competenze gestionali. Questo atteggiamento genera un cortocircuito amministrativo che impedisce la stipula delle convenzioni necessarie tra ARRICAL e gli enti locali, in alternativa a Sorical — ancora in fase di riorganizzazione interna come società in house. E senza queste convenzioni, Sorical non può esercitare nemmeno il ruolo di supervisione tecnica previsto dalla normativa, né attuare concretamente alcuni degli interventi programmati.

Il Piano d’Ambito approvato da ARRICAL il 16 settembre 2024 contiene un articolato programma di interventi per la modernizzazione del sistema idrico integrato, coerente con le direttive europee e il principio del full cost recovery previsto dal Codice dell’Ambiente. Ma finché gli enti locali non vengono messi nelle condizioni operative di attuare tali interventi, e finché il Dipartimento continua a occupare spazi che non gli competono più, gli investimenti restano bloccati.

Non si comprende — o forse si comprende fin troppo bene — perché il Dipartimento continui a ostacolare il passaggio delle competenze necessarie per attuare interventi già finanziati. Forse perché troppo legato a quelli previsti dalla delibera Cipess n. 79/2021, che si sovrappongono ad altri più datati, generando un doppio stallo: opere non realizzate, fondi inutilizzati e nuove sanzioni europee che gravano sui cittadini.

Oppure perché alcuni dei progetti inclusi in graduatoria grazie a quella deliberazione non trovano spazio nel Piano d’Ambito, che assegna le priorità seguendo criteri oggettivi come il carico generato. E se si andasse più a fondo, non si escluderebbe che alcuni interventi “fuorilegge” siano già stati progettati da soggetti in stretto rapporto con lo stesso Dipartimento. O forse, più semplicemente, si attende il momento giusto per rimescolare le carte e riportare in gioco, per vie traverse, ciò che era stato escluso dalle regole europee.

In questo scenario, resta sconcertante un altro aspetto troppo spesso taciuto: l’omesso avvio delle azioni necessarie a risolvere le infrazioni europee. Il dossier della Camera evidenzia come le non conformità degli agglomerati per la depurazione delle acque reflue si registrino in prevalenza nelle aree meridionali. A livello nazionale, nel 2022, ben 6,6 milioni di residenti non erano allacciati alla rete fognaria comunale. È possibile che nessuno si accorga che per uscire da una procedura d’infrazione — come quella in corso sulla depurazione — sono necessari almeno due anni di conformità dimostrabile?

E che, nei casi più semplici, dove l’infrazione riguarda solo reti e collettori fognari, basterebbero sei mesi per ottenere l’archiviazione, purché si attivino subito i cantieri e si dimostri l’effettiva esecuzione degli interventi? Eppure, non si muove nulla. Né una comunicazione formale all’Unione Europea, né una azione attuativa concreta.

Nel frattempo, i cittadini calabresi pagano il prezzo più alto: servizi inadeguati, carenza d’acqua, frequenti interruzioni, sfiducia nell’acqua di rubinetto, mari inquinati, divieti di balneazione, danni al turismo e alla salute pubblica. Non è solo una questione ambientale, ma di sviluppo, di credibilità istituzionale, di civiltà.

Ma non perdiamo la speranza! Perché si sa: al peggio non c’è mai fine — e noi calabresi, con il cornetto rosso sempre in tasca e lo spirito saldo, continuiamo a incrociare le dita. Prima o poi, al Dipartimento Ambiente e Territorio si accorgeranno che manca ancora un tassello: la nomina del Dirigente del Ciclo Integrato delle Acque. E magari, con un pizzico di fortuna (o di coerenza), sceglieranno qualcuno che conosce davvero la materia. O forse no. Forse toccherà a chi ha già mostrato il meglio di sé distribuendo collaudi a pioggia agli amici degli amici, o a chi si è prodigato per sabotare, con zelo invidiabile, la redazione del Piano d’Ambito. Oppure, perché no, a chi ha orchestrato con puntiglio gli interventi della famigerata delibera Cipess n. 79/2021, la cui eredità, ancora oggi, genera più ostacoli che soluzioni.

Insomma, una nomina strategica, come si dice. Da essa dipende se continueremo a salutare i nostri figli alla stazione, valigia alla mano, destinazione Nord — come abbiamo fatto per decenni — o se finalmente potremo sperare in un futuro qui, nella nostra terra. Ma se anche stavolta dovesse prevalere l’usato sicuro dell’inconcludenza o, peggio ancora, del clientelismo, ci resterà solo un ultimo treno. Quello che parte senza ritorno.

Perché, diciamocelo con un sorriso amaro: in Calabria il futuro esiste. È solo che si ostina a restare virtuale. O mitologico. Come la chimera.

Il quadro, dunque, è chiaro. Tocca ora ai decisori politici e amministrativi cambiare passo, con atti concreti e immediati: avviare i cantieri, sbloccare le convenzioni, semplificare le procedure e garantire trasparenza. Solo così si potrà restituire fiducia ai cittadini e voltare pagina. Il Servizio Studi della Camera lo riassume in termini netti: “l’effettiva attuazione della riforma del SII è ostacolata da una governance ancora segmentata e dalla mancata chiarezza nei ruoli istituzionali, con particolare criticità nelle Regioni del Sud” (pag. 58 del dossier, citando il PNIISSI e il Pnrr come tentativi di indirizzare risorse al Sud). L’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) stessa, pur rilevando un miglioramento medio nazionale degli indicatori di qualità tecnica del servizio idrico tra il 2016 e il 2023, sottolinea che a ciò “non corrisponde una riduzione significativa delle ampie differenziazioni territoriali nei livelli di qualità dei servizi (water service divide)”.

Serve un cambio di passo immediato. Serve responsabilità istituzionale, chiarezza nei ruoli, coraggio decisionale. Serve che ciascun attore faccia la propria parte, con trasparenza e rigore. Solo così la Calabria potrà recuperare il tempo perduto e guardare avanti. Dobbiamo liberare la gestione dell’acqua dalla palude burocratica e dagli interessi particolari.

Perché l’acqua è un bene vitale. Ma in Calabria, finché la politica correrà e la burocrazia continuerà a frenare o, peggio, a remare contro, resterà solo una promessa che non disseta nessuno. (bg)

[Bruno Gualtieri già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL)]

LA CALABRIA È “ASSETATA” DI FUTURO
QUANDO L’ACQUA DIVENTA UN MIRAGGIO

di BRUNO GUALTIERIQuest’anno ho perso il 70% del raccolto. I miei pomodori sono morti di sete mentre aspettavo che l’acqua promessa arrivasse nei canali. Le mie tre generazioni di fatica stanno svanendo nel nulla». Le parole di Antonio Macrì, agricoltore di Isola Capo Rizzuto, raccontano la drammatica realtà quotidiana di chi vive sulla propria pelle la crisi idrica calabrese.

Da sempre l’acqua è elemento vitale nella storia della Calabria: ha modellato paesaggi, sostenuto economie e nutrito comunità. Oggi questo elemento essenziale sta diventando una risorsa sempre più rara.

La grande sete: dove la burocrazia scorre più abbondante dell’acqua

Oggi portiamo alla luce un’altra problematica, che incide sulla buona fede degli agricoltori, che vengono sistematicamente penalizzati da una burocrazia regionale, che perpetua una narrazione illusoria. Una “favola” rassicurante quanto pericolosa, che serve solo a prendere tempo, mentre la crisi idrica si aggrava, generando pesanti ricadute sociali.

La favoletta dell’acqua: promesse che evaporano più velocemente dei bacini idrici

Il 2 maggio 2025, gli agricoltori della Sila Piccola cosentina hanno incontrato l’Assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo presso la Cittadella Regionale, che ha annunciato la disponibilità dei dirigenti regionali a risolvere le criticità segnalate. Va riconosciuto il merito al Commissario del Consorzio di Bonifica Unico della Calabria Giacomo Giovinazzo, che sta portando avanti un importante lavoro di riorganizzazione. Anche il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente Salvatore Siviglia si è impegnato concretamente a ricevere gli agricoltori presso gli uffici di Cosenza per sbloccare le pratiche relative alle concessioni idriche.

Tuttavia, è paradossale che il Dipartimento Ambiente, invece di affrontare alla radice la questione, continui a ignorare la normativa vigente — violata esclusivamente dalla nostra Regione.

«Il monitoraggio non è un’opzione, è un obbligo di legge e una necessità vitale per il territorio», afferma il prof. Marco Santini, idrogeologo dell’Università della Calabria. «Senza dati, ogni decisione sulla gestione idrica è come guidare bendati su una strada di montagna».

La Calabria è l’unica regione d’Italia senza un sistema attivo di monitoraggio delle risorse idriche

Eppure, tale monitoraggio è imprescindibile per la redazione del Piano di Tutela delle Acque (PTA), come stabilito dal Testo Unico Ambientale. Il PTA rappresenta lo strumento cardine per la pianificazione della protezione dei corpi idrici, assicurandone la qualità e promuovendone un uso sostenibile.

L’arte di navigare a vista: quando i piani sono un “optional” e il disastro un appuntamento fisso

L’assenza di questo strumento configura un vuoto tecnico e politico di eccezionale gravità. Senza monitoraggio è impossibile valutare lo stato delle acque e si alimenta un’anarchia negli investimenti. Si investe alla cieca, ignorando il principio di precauzione, con danni irreversibili agli ecosistemi idrici.

Navigare a vista significa rilasciare concessioni senza sapere quanta acqua sia effettivamente disponibile, rischiando di compromettere gli equilibri idrogeologici del territorio.

I fenomeni già in atto: quando l’acqua scompare

Il disastro ambientale è già in atto, con due processi emblematici: l’intrusione salina e la desertificazione.

L’intrusione salina: quando si preleva più acqua di quanta se ne rigeneri, la pressione del mare avanza nei corpi idrici costieri, sostituendo l’acqua dolce con acqua salata. Le conseguenze sono devastanti: pozzi inutilizzabili, falde non potabili, terreni danneggiati, colture impossibili, biodiversità compromessa.

In alcuni comprensori del basso Ionio, questo fenomeno è già realtà. Le rilevazioni indicano un’avanzata del cuneo salino fino a 8 km dalla costa in alcune aree della piana di Sibari, con concentrazioni di cloruri nei pozzi aumentate del 300% negli ultimi dieci anni.

La desertificazione: la mancanza di dati impedisce di contrastare fenomeni gravi. Se a valle delle derivazioni non arriva acqua sufficiente, gli ecosistemi si modificano, i suoli si impoveriscono, la biodiversità si riduce e con essa la capacità produttiva. Un’agricoltura senz’acqua è destinata a morire, e con essa parte dell’economia e cultura calabrese. Il fenomeno si aggrava con i cambiamenti climatici e la siccità crescente.

Il legame con i cambiamenti climatici: una tempesta perfetta

L’emergenza idrica calabrese si inserisce nel contesto dei cambiamenti climatici globali. I dati regionali mostrano: Aumento delle temperature medie di 1,2°C rispetto al periodo 1960-1990; Diminuzione delle precipitazioni del 30% con eventi concentrati; Riduzione del 40% della neve invernale sui rilievi; Aumento del 70% dei giorni di siccità consecutivi in estate.

Questi fenomeni, con una gestione inadeguata, stanno creando una “tempesta perfetta” che minaccia l’intero sistema idrico regionale.

Il conto dell’acqua: quando i numeri servono più delle chiacchiere

Senza dati, senza una fotografia chiara delle risorse idriche, ogni tentativo di pianificazione è vano. È urgente dotare la Calabria di un bilancio idrico regionale trasparente: uno strumento tecnico e politico che orienti le scelte, stabilisca priorità e tuteli gli interessi collettivi.

Questa urgenza si fa ancora più pressante alla luce delle imminenti scadenze trentennali delle concessioni per l’uso idroelettrico. Sarà inevitabile ridefinire con chiarezza le priorità d’uso della risorsa idrica: prima il fabbisogno umano, poi l’agricoltura, quindi l’industria, e solo in ultima istanza la produzione energetica. L’energia può aspettare. Prima vengono i diritti dei calabresi, la salute dei territori e la sostenibilità delle generazioni future.

Una scelta di civiltà, non solo tecnica

Gestire l’acqua non è solo una questione tecnica: è una scelta di civiltà. In fondo, si tratta di decidere se vogliamo una Calabria fertile, viva e abitata… o se preferiamo una versione deluxe del deserto, magari con qualche cartello ‘vendesi’ e un po’ di nostalgia. L’acqua è vita, il resto sono chiacchiere da convegno.  (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL)]

IDROGENO, RIFIUTI, E ACQUA: QUELLA RETE
“CELATA” CHE PUÒ CAMBIARE LA CALABRIA

di BRUNO GUALTIERILa Calabria è oggi chiamata a una scelta cruciale: continuare a inseguire emergenze ambientali  mai del tutto risolte – come la scarsità d’acqua, la gestione inefficace dei rifiuti, l’abbandono  delle aree industriali e il ritardo nella transizione energetica – oppure intraprendere con  determinazione un nuovo percorso, basato sulla sostenibilità e sull’integrazione tra i sistemi.  Sta affiorando una visione alternativa, che mette insieme acqua, rifiuti ed energia in un’unica  rete circolare. Una prospettiva che potrebbe finalmente offrire alla nostra terra una traiettoria  industrialmente attrattiva e in grado di generare valore duraturo. 

Dalla depurazione all’idrogeno: un modello in cammino 

Nel mese di aprile ha attirato l’attenzione il progetto CeWS – Circular Engineering for  Wastewater Systems, che propone di trasformare gli impianti di depurazione in veri e propri  poli per il recupero e la valorizzazione. Non più solo smaltimento, ma produzione di acqua  depurata, nutrienti, energia dai fanghi, e – con gli investimenti giusti – anche biogas e  biofertilizzanti. 

A questa visione si affianca oggi una proposta strategica: inserire nella programmazione  energetica regionale una rete infrastrutturale per l’idrogeno verde, partendo da progetti già  avviati come la Hydrogen Valley di Lamezia Terme. Ad oggi, si prevede solo produzione e  stoccaggio con distribuzione su gomma. Ma pensare a una condotta regionale per il trasporto  dell’idrogeno – come già accade in Germania con la Hydrogen Backbone o nel progetto H2Med tra Spagna e Francia – significherebbe scommettere su un’infrastruttura strategica per il futuro  del nostro territorio. 

Dai rifiuti all’energia, dal territorio all’autonomia.

Questa rete dell’idrogeno non è un’iniziativa isolata, ma parte di un piano integrato che  valorizza le risorse già presenti nel territorio: La Forsu (la frazione organica dei rifiuti differenziati) si può ottenere biogas attraverso  digestione anaerobica, trasformabile in energia o biometano. I fanghi di depurazione, se trattati correttamente, possiamo produrre energia e  biomateriali, tagliando costi e impatti ambientali. Il patrimonio idrico regionale consente, attraverso il potenziamento dell’idroelettrico  (oggi si produce circa 1,0 TWh, pari al 7% del mix elettrico regionale), lo sviluppo del  “mini-idro diffuso” per valorizzare infrastrutture esistenti come acquedotti, canali di  bonifica e reti irrigue, portando benefici alle comunità montane e rurali. Le fonti rinnovabili intermittenti (sole e vento), possono alimentare elettrolizzatori per  produrre idrogeno verde certificato. 

Queste risorse, se collegate in rete, possono dar vita a un vero ecosistema energetico  calabrese, dove l’ambiente non è più un problema da gestire, ma un’opportunità da  valorizzare. 

Un’infrastruttura strategica per il futuro della Calabria.

Un progetto ambizioso, senza dubbio, ma assolutamente realizzabile. Immaginiamo una  dorsale dell’idrogeno che, partendo da Lamezia Terme, si dirami verso Gioia Tauro, Crotone,  Rossano-Corigliano, Vibo Valentia e Reggio Calabria: un asse energetico capace di connettere  i principali poli produttivi della regione. In alternativa o in parallelo, è possibile prevedere la  conversione selettiva dell’attuale rete del metano al trasporto di idrogeno puro, laddove le  condizioni tecniche lo consentano. Un’infrastruttura strategica, pensata per ridisegnare la  mappa energetica della Calabria, fornendo energia pulita a industrie, trasporti pubblici, porti  e rete ferroviaria. 

Sarà un sistema alimentato dalle nostre risorse più generose e affidabili: sole e vento, che in  Calabria non tradiscono mai. Una rivoluzione dal volto familiare, che nasce dal territorio,  valorizza ciò che già abbiamo e restituisce alla Calabria ciò che le è sempre spettato:  autonomia energetica, occupazione stabile e qualificata, e una speranza concreta per le  nuove generazioni

Una visione chiara e condivisa per attrarre investimenti. 

Affinché tutto questo si realizzi, serve una scelta politica forte e lungimirante. È il momento di  includere la rete dell’idrogeno nei piani energetici regionali, coinvolgendo enti gestori, ZES e  operatori del settore. È una proposta di sistema, non solo energetica. Significa connettere  ambiente, industria e coesione sociale e posizionare la Calabria come nuovo hub dell’energia  sostenibile nel cuore del Mediterraneo, come “porta sud” dell’idrogeno europeo. 

Da visione a proposta politica: la rete è anche istituzionale.

La Hydrogen Valley di Lamezia ha già il via libera: il primo passo è compiuto. Ora è necessario  fare rete anche tra istituzioni, territori e visioni strategiche. Solo così possiamo dimostrare che  anche in Calabria è possibile costruire un modello innovativo di sviluppo. 

È tempo di trasformare una visione tecnica in un’infrastruttura concreta. La politica è chiamata  a raccogliere questa sfida, con coraggio e lungimiranza. La Calabria non può più permettersi di  attendere – e nemmeno noi. Cittadini, imprese, istituzioni: tutti dobbiamo fare la nostra parte  per cogliere questa occasione storica e costruire, insieme, un futuro migliore. (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della  Calabria (ARRICal)]

“UNA VIA DELL’ACQUA” IN CALABRIA PER LA
VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

di GIOVANNI LAMANNA – La Calabria è ricchissima  di sorgenti ed in ogni comune sono presenti le fontanelle con l’acqua di sorgente. 

Presso le sorgenti pubbliche si recavano gli abitanti dei paesi e delle città, con le “vozze” ed i“varrila” a rifornirsi d’acqua per le necessità di casa, far abbeverare gli animali o a lavare i panni.

La maggior parte di questi luoghi risultano ora abbandonati, “siccati”  e invasi da erbe, rovi cespugli e di conseguenza non fruibili dalla popolazione.

La pubblicità e la cattiva gestione delle acque ci hanno spinti verso il consumo di acqua imbottigliata, definita “minerale”, bibite gassate ed ogni altra bevanda confezionata con abbondanza di plastica. L’Italia è il primo paese in Europa ed il secondo al mondo per consumo di acque minerali.

Il dato di valore reale dei tanti prodotti, confezionati con abbondanza di plastica è trascurabile, tanto che vengono definiti “prodotti spazzatura”.  Per indurre all’acquisto di questi prodotti, la pubblicità li associa a valori positivi,  come “sicurezza”,  “salute”,  “ bellezza”,  in modo da renderli desiderabili.  

Questa spinta ad un consumo condizionato, che non riguarda solo le acque,  comporta gravi problemi di inquinamento ambientale e l’aumento dei costi  dello smaltimento dei rifiuti che viene scaricato sulla collettività. Le plastiche, le microplastiche e nano-plastiche hanno un impatto pericoloso su ogni aspetto della vita sulla Terra del quale non abbiamo una sufficiente percezione e presa coscienza. 

Proviamo ad immaginare una semplice famiglia di quattro persone che beve acqua minerale, una bottiglia a persona al giorno, quante bottiglie di plastica espelle come rifiuti e quanto inquinamento produce, aggiungendo che l’acqua spesso proviene da regioni come il Piemonte o il Trentino, dove viene imbottigliata, caricata su camion, che a loro volta inquinano in primis le zone delle sorgenti e nel percorso, tutto il territorio nazionale.

Eppure  i criteri per definire le acque potabili pubbliche, ovvero l’acqua del rubinetto e quelle delle sorgenti pubbliche forniscono ogni garanzia per la salute ed in seguito decreto 18 del 23/02/2023 sono ancora più sicure. Di recente è stato adottato il limite definito dall’Oms, di 0,1 mg litro per la presenza di arsenico minerale, considerato cancerogeno.

Le sorgenti pubbliche rappresentano per la Calabria una risorsa importante ed un pezzo di storia che stiamo letteralmente gettando alle ortiche. La proposta di recupero di questi luoghi non ha alcun contenuto o motivazione nostalgica, ma al contrario si vuole partire dalle  risorse naturali e ambientali sostenibili per inserirle nel processo di  transizione ecologica in corso.

Come movimento politico Italia del Meridione individuiamo l’elemento “acqua” come tema di partenza per il recupero e la valorizzazione delle risorse naturali della Calabria.

A partire dall’analisi delle risorse ambientali del territorio, andrà fatto un  censimento delle varie sorgenti ed una valutazione su quali fonti  siano recuperabili e sia opportuno rimettere in funzione. Ognuno di questi luoghi potrà essere ripensato aggiungendo  elementi che lo rendano accogliente e funzionale , come una tettoia dove ripararsi in caso di maltempo, uno spazio per la sosta  ove gli spazi lo consentano, una bacheca dove lasciare messaggi, qualche  panca, un minimo di cura del verde, magari un impianto fotovoltaico che fornisca energia compensi  i costi di manutenzione. Le informazioni sulla composizione organolettica delle acque di ogni singola fontana, fornite da Arpacal, dovrebbero essere fruibili con semplicità attraverso un codice QR in prossimità della fontana.

In alcuni progetti già presenti in Italia, come “la via dell’acqua” di Capannori, le fontane hanno un sistema di sterilizzazione a raggi Uv che elimina la carica batterica dell’acqua senza alterarne le caratteristiche chimico fisiche.

Questi luoghi potranno ritornare ad essere luoghi di incontro delle comunità intorno ad un “bene comune” realmente utille e fruibile. 

Proponendo l’insieme delle fontane calabresi, così rimodulate e reinventate, collegate, ove il territorio lo consenta, da piste ciclabili e da indicazione di strutture ricettive o attività particolari dei vari luoghi, si andrebbe a strutturare un percorso coerente per livello di qualità, su tutto il territorio regionale. Avremo utilizzato un punto di forza della regione Calabria, ovvero le acque di sorgente, per renderla ulteriormente  attrattiva per il turismo ambientale. 

Immagino che ognuna di queste realtà naturali, possa essere affidata (anche investendo qualche risorsa) alla cura di associazioni locali, oppure ad attività commerciali o semplici cittadini che lo richiedano, in modo da mantenerle vive ed evitando il degrado e l’abbandono.

L’insieme del sistema delle fontane e dell’acqua di sorgente avrebbe un effetto positivo sulla salute prima di tutto, sulla consapevolezza del valore della propria terra, sulla socialità, sull’economia. Le risorse impiegate sarebbero un buon  investimento rapidamente  recuperabile dal maggior afflusso turistico e dall’energia prodotta, dalla riduzione dei consumi di acqua imbottigliata e dalla riduzione dei  costi di smaltimento della plastica.

Anche sul piano culturale sono importanti per decodificare i luoghi, leggerli attraverso l’esperienza, il  sapore e la freschezza delle nostre acque di sorgente. L’amore e l’educazione  al rispetto  dell’ambiente si costruiscono attraverso la fisicità della persona oltre che dall’istruzione. 

Ho appreso che a questi luoghi, spesso è collegata una storia, una leggenda, una fiaba, che andrebbero  recuperate per rafforzarne l’autenticità. 

La descrizione di questa idea, immagino sia sufficientemente chiara ed è benvenuto ogni contributo culturale o tecnico che si riterrà di aggiungere, da parte di associazioni, istituzioni, singoli cittadini, alle mie considerazioni da profano.

Ho inteso, con questo intervento, lanciare una pietra nell’acqua stagnate della politica  per evitare che una “ricchezza” naturale così importante vada dimenticata. 

La Calabria è bellissima. (gl)

[Giovanni Lamanna è responsabile Ambiente – Direzione Regionale Calabria “Italia Del Meridione]

Versace (Metrocity RC): Cambio climatico obbliga a gestione strategica delle risorse idriche

Per il sindaco f.f. della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace, «la trasformazione veloce cui ci obbliga il cambio climatico nella gestione istituzionale della risorsa idrica in ogni sua forma, sia per la potabilità e gli usi domestici che per l’agricoltura ed il territorio in genere».

Intervenendo al convegno dal titolo Acqua per la Vita organizzato dal Club Lions Reggio Calabria tenutosi nei giorni scorsi al Dipartimento Diceam dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, il sindaco facente funzioni della Città Metropolitana Carmelo Versace, rimarcando «il valore e la preziosità dell’acqua come bene comune ed universale».

«Sono stati accumulati ritardi notevoli, negli ultimi decenni, da parte di tutte le istituzioni rispetto a questa tematica – ha spiegato il rappresentante di Palazzo Alvaro – le alluvioni che hanno colpito il nostro Paese e gli eventi estremi, in genere, ci dicono a chiare lettere che il cambio climatico è più veloce di noi e che i nostri territori sono ancora assolutamente impreparati».
«Serve ogni sforzo necessario, collaborando proprio con le università ed ogni soggetto preposto, per una gestione oculata, strategica ed intelligente delle acque. Parlarne nella nostra città, che atavicamente vanta purtroppo una precarietà rispetto a questo settore, a fronte però di una serie di interventi effettuati e programmati in questi ultimi anni, ha un valore ancora più grande – ha concluso Versace – abbiamo il dovere di recuperare il tempo perso per bilanciare con interventi seri questa grande trasformazione del nostro clima, soprattutto dal punto di vista della sicurezza». (rrc)

TRA SPRECHI E PERDITE NON SI ATTENUA
LA GRANDISSIMA SETE DELLA CALABRIA

In Calabria è emergenza acqua. È quanto è emerso dai risultati del Censimento delle acque per uso civile 2020 dell’Istat, che ha delineato un quadro preoccupante per la nostra regione.

Dal censimento, infatti, è emerso come i calabresi hanno a disposizione non oltre di 227 litri di acqua pro capite. Un fatto causato probabilmente dalle continue perdite idriche comunali – ormai all’ordine del giorno – che, per l’Istat, si attesta al 45,1%. In sostanza, dell’acqua immessa in rete, un volume pari a 346.367 metro cubi, di quella erogata per uso autorizzato è soltanto di 190.324.

Andando ancora più nello specifico, a livello Provinciale, si può vedere come a Catanzaro, a fronte di un volume d’acqua messo in rete di 18.472 metri cubi (pari a 582 litri pro capite), 9.500 metri cubi (299 litri pro capite) vengono erogati per usi autorizzati, registrando una percentuale sui volumi messi in rete del 48,6%. Le perdite idriche vanno da 25 a 39 metri cubi al giorno per chilometri di rete. A Cosenza, dei 14.200 metri cubi di acqua messa in rete, 9.780 vengono erogati per usi autorizzati, con una percentuale del 31,1%. Le perdite idriche si attestano da 40 a 59 metri cubi al giorno. Crotone, insieme a Vibo Valentia, sono le due città calabresi in cui viene erogata meno acqua in rete: a Crotone è pari a 7.234 metri cubi, a Vibo 5.855. A Reggio la percentuale di volumi messi in rete è del 47,6%.

Questa è solo una piccola parte di quello registrato dall’Istat: «A fronte di un volume di acqua immessa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile pari a 8,1 miliardi di metri cubi (373 litri per abitante al giorno) – si legge – a causa delle perdite gli utenti finali dispongono di 4,7 miliardi di metri cubi di acqua erogata per usi autorizzati (215 litri per abitante al giorno), comprendente gli usi sia fatturati sia non fatturati (tra gli altri, fontanili, lavaggio strade, antincendio)».

«I volumi distribuiti si riducono di circa un punto percentuale rispetto al 2018 – si legge ancora –. Le perdite totali in distribuzione (differenza tra volumi immessi ed erogati) sono pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete, rilevando una situazione pressoché stazionaria a livello nazionale (42,0% nel 2018). Nei distretti idrografici della fascia appenninica centro-meridionale e insulare, nonché nelle regioni del Mezzogiorno, le perdite sono superiori al dato nazionale».

Un altro problema rilevato è la questione dei depuratori: in Calabria, 50 Comuni ne sono sprovvisti, ossia il 5,3 % della popolazione. A livello nazionale, sono 296 i Comuni italiani a non avere un depuratore e, di questi, la maggior parte sono concentrati al Sud, ossia il 68%.

A livello nazionale, l’Istituto ha rilevato come «nel 2020 si stima che circa nove residenti su dieci (88,7%) siano allacciati alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. Sono 6,7 milioni i residenti non allacciati alla rete fognaria pubblica; di questi 387mila (0,7% della popolazione) risiedono in 40 comuni completamente privi del servizio».

«Gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane – si legge – in esercizio nel 2020 sono 18.042 e servono, in maniera completa o parziale, il 96,3% dei comuni italiani. Tali impianti, progettati per trattare potenzialmente 107 milioni di abitanti equivalenti, di tipo civile e industriale, hanno effettivamente trattato nell’anno un carico inquinante di poco superiore a 67 milioni di abitanti equivalenti. Gli impianti con trattamenti secondari e avanzati, pur rappresentando il 43,7% del parco depuratori, trattano più del 94% dei carichi inquinanti confluiti ai depuratori delle acque reflue urbane. Il restante 6% del carico è trattato da vasche Imhoff e impianti di tipo primario».

Per quanto riguarda il servizio fognario, l’Istat ha rilevato come «nove residenti su dieci (88,7%) siano allacciati alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. Sono 6,7 milioni i residenti non allacciati alla rete fognaria pubblica; di questi 387mila (0,7% della popolazione) risiedono in 40 comuni completamente privi del servizio».

In Calabria, la copertura del servizio pubblico di fognatura è dell’89,9%. A livello provinciale, a Cosenza la copertura è dell’88,1%, a Catanzaro del 92,1%, Reggio 88,4%, Crotone 96,2% e Vibo 91,1%. (rrm)

 

Acqua e depurazione, Occhiuto: Oltre 75 mln per i comuni calabresi

Sono 75 milioni di euro la somma stanziata dalla Regione per finanziare 151 interventi per migliorare il ciclo integrato delle acque, e dunque per intervenire su reti idriche, su reti e collettori fognari, su impianti di sollevamento e di depurazione.

Il decreto – adottato dal Dipartimento Ambiente e territorio – è solo l’ultimo degli innumerevoli atti adottati dalla Regione. Prima di questo, infatti, c’è stata l’ordinanza del governatore Roberto Occhiuto numero 9/2022, con la quale sono state avviate le procedure per lo smaltimento dei fanghi giacenti negli impianti di depurazione di 12 Comuni della fascia costiera tirrenica compresa tra Tortora e Nicotera (per un importo di quasi 2milioni e 400mila euro), e dopo un’altra ordinanza presidenziale, la numero 10/2022, con la quale sono stati finanziati interventi urgenti sugli impianti di depurazione e sui sistemi di sollevamento per 32 Comuni della stessa area (per un importo di 3milioni di euro).

In particolare, per il comparto depurativo-fognario sono stati finanziati 94 interventi per complessivi 53.201.500 di euro, di cui 8 per 3.790.000 di euro ricadenti sulla fascia tirrenica, compresa tra Tortora e Nicotera (Comuni di Acquappesa, Belmonte Calabro, Santa Maria del Cedro, Briatico, Parghelia, Pizzo, Ricadi, Zambrone).

«Fino a questo momento, da novembre ad oggi – ha dichiarato il presidente Occhiuto –, abbiamo agito per gestire ed arginare le emergenze, e per garantire un mare quanto più possibile pulito e sicuro ai calabresi e ai numerosi turisti che in questi mesi estivi fortunatamente invadono la nostra Regione».

«Adesso, grazie a questi ulteriori fondi – ha proseguito – i Comuni potranno programmare gli interventi da fare nei prossimi mesi per ammodernare la rete idrica e il sistema di depurazione».

«Una importante opportunità per la Calabria – ha spiegato – una ulteriore dimostrazione del fatto che il governo regionale vuole pianificare e lavorare per costruire un territorio più accogliete per gli anni che verranno.

Mi aspetto una grande partecipazione da parte dei sindaci, che dovranno essere in grado, con il supporto della Regione, di cogliere le possibilità che queste risorse ci danno». 

«La tempistica, del resto, sarà molto stringente – ha concluso – e i Comuni dovranno affidare i lavori, improrogabilmente, entro il 31 dicembre del 2022». (rcz)

Abatemarco, Occhiuto: Ok a procedure per 50 mln, da Regione altri 80 mln per settore idrico

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, è intervenuto in merito ai fondi regionali destinati al progetto idrico Abatemarco, il più grande acquedotto della Calabria e fornisce il 10% di tutte le risorse idriche degli acquedotti regionali.

«La Regione – ha spiegato – dopo un lungo periodo di inerzia ha, in questi primi mesi del mio mandato, fortemente accelerato sulle procedure di finanziamento relative ai Comuni, e attualmente tali procedure risultano essere andate a buon fine per oltre il 45% complessivo dei fondi: parliamo di circa 50 milioni di euro. Per il restante 55%, pari a poco più di 60 milioni di euro, le procedure non sono affatto ferme, ma oltre ad essere state avviate sono in via di aggiudicazione per quanto concerne l’affidamento dei lavori».

«L’Abatemarco – ha spiegato – è un’opera fondamentale per il nostro territorio, che prevede la realizzazione di un progetto a sistema unico che consentirà, una volta ultimato, di ridurre le perdite idriche sulla rete dei Comuni e ottimizzare il sistema di erogazione dell’acqua. Ma oltre a questo importante progetto, la Regione ha in messo in campo, dall’insediamento del nuovo governo regionale, ulteriori risorse pari a 80 milioni di euro per attività relative ad acquedotti e dighe e, nel complesso, per la ristrutturazione delle reti di distribuzione idrica».

«Sono investimenti in infrastrutture primarie – ha concluso – per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico i cui finanziamenti risultano già in stato di attuazione per un valore di circa 39,5 milioni. La Regione, con i fatti, continuerà senza tentennamenti nella riorganizzazione complessiva del sistema idrico calabrese, che nel corso di troppi anni è stato pesantemente trascurato arrecando gravi danni alle nostre comunità e, tra gli altri, al settore dell’agricoltura calabrese». (rcz)

«FARE GLI STATI GENERALI DELL’ACQUA»
CGIL: OCCHIUTO NON PERDA L’OCCASIONE

di ANGELO SPOSATO e FRANCESCO GATTO – È bastato il lancio di un servizio, all’interno di una nota televisione nazionale, per far riesplodere indignazioni, attribuzioni di responsabilità e polemiche sulle ataviche disfunzioni che gravano come un macigno sulle sorti dell’acqua e della depurazione in Calabria.

Eppure, il servizio ha ripreso, seppur con tutta la sua gravità, elencando numeri, tempi, risorse perse e classifiche quello che si conosce da decenni ovvero, che in molte regioni del sud e, la Calabria è il punto più annoso, non esiste un sistema articolato del SII che riesca a contemperare la legge (legge galli n°36/94 e TUA 152/06) con il rispetto di un diritto di cittadinanza.
È altrettanto chiaro ed evidente che il mancato riordino del servizio ci pone nella condizione di non poter gestire, allo stato, tutta una serie di dotazioni finanziari europee e nazionali che potrebbero garantire il salto di qualità  alla gran parte delle regioni del sud.

Quindi, per il contesto sinteticamente descritto, il rischio di essere tagliati fuori dalle traiettorie di tutti i  finanziamenti pubblici è reale, ed in parte, purtroppo, questa condizione si è già concretamente realizzata proprio per effetto delle mancate riforme e per l’assenza di capacità e lungimiranza della nostra classe politica.

Basti pensare che, per la depurazione, segmento fondamentale del servizio che ha effetti anche su tante filiere, una su tutte quella dell’industria del turismo ma anche quella afferente all’economia circolare, produttiva etc etc, non si riesce a programmare e mettere a terra le risorse per l’adeguamento degli impianti coinvolti dalle procedure di infrazioni europee per le quali ogni anno paghiamo laute sanzioni.

E come non ricordare con sdegno la mancata opportunità di utilizzare proficuamente le risorse previste dal programma “React Eu” che ha visto sfumare l’impiego di ben 104 milioni di euro da investire sulle reti colabrodo di distribuzione dei Comuni con il conseguente balletto delle responsabilità istituzionali.

Per tali ragioni, la Calabria delle istituzioni, a tutti i livelli, è chiamata ad una prova muscolare non indifferente e tempestiva, diversamente, l’amara verità richiamata dal servizio televisivo sarà l’ennesimo colpo, forse quello definitivo, ad un settore quello idrico capace, se gestito e sistematizzato, di  essere volano di crescita e benessere ancorché garanzia di buona e stabile occupazione.

Crediamo fortemente che, per raggiungere gli obiettivi appena richiamarti andrebbero affrontati i nodi che bloccano la riforma e che a nostro avviso dovranno essere risolti dentro una celere  road-map per obiettivi che, schematicamente decliniamo in modo indicativo, prioritario ma non esaustivo ovvero:

1. Immediata attuazione delle norme in materia ambientale e SII TUA 152/06 e L.R. n° 10 del 20 aprile 2022 recante disposizioni sui cicli di Rifiuti e Acqua;
2. Dopo la “pubblicizzazione di So.Ri.Cal” 15 giugno 2022, avviare una fase di profonda riorganizzazione interna della Società  definendo i fabbisogni occupazionali e le relative assunzioni e, contestualmente lavorare all’uscita dall’attuale stato di liquidazione con  un piano di “exit strategy ”  approvato con delibera da parte della Giunta Regionale ed il successivo  passaggio presso il Tribunale competente. Infine costruire un serio piano industriale che metta al centro le potenzialità e il know how presenti in una visione di lunga prospettiva;
3. Ingresso nell’azionariato di Sorical da parte dei Comuni calabresi al fine di esercitare il cosiddetto contro analogo per come prevede la norma di riferimento;
4. Indire il prima possibile (Regione e Autorità Rifiuti e Risorse idriche della Calabria) le elezioni che definiranno l’organismo direttivo in seno all’Autorità e successiva nomina di una serie di importanti soggetti Direttore Generale e Revisori dei conti su tutti;
5. L’Autorità e/o Ente di Governo d’Ambito regionale dovrà discutere e decidere la forma di gestione per il SII  e allo stesso modo il cosiddetto “Piano d’Ambito” strumento necessario per costruire il piano industriale del futuro gestore e definire l’adeguamento del piano tariffario;
6. L’Autorità dovrà individuare il soggetto gestore (noi crediamo Sorical rilanciata e multiutility) a cui affidare il SII per l’intero territorio regionale dalla captazione alla bollettazione finale passando dalla depurazione;
7. La Multiutility (Sorical) dovrà avviare, per come previsto dalle norme in materia di servizio idrico, il percorso di integrazione formale e sostanziale in primis delle gestioni esistenti e successivamente tutte le gestioni che i Comuni gestiscono in forma diretta (non in linea con le norme)  che in gergo tecnico vengo definite “in economia”;
8. Le prime integrazioni che andranno affrontate riguardano le gestioni associate, riconosciute ed esistenti (ARERA) con lo strumento giuridico adeguato e con la garanzia dell’assorbimento dei lavoratori, secondo noi prediligendo lo strumento della fusione per incorporazione al fine di soddisfare meglio le prerogative economiche, giuridiche e occupazionali;
9. Integrazioni, dentro il gestore unico,  delle gestioni in mano ai Comuni  che è la fetta più significativa e per questa via più complessa (circa l’80%) soprattutto per quello che concerne la depurazione che oggi è polverizzata in mille gestioni pubblica (Corap), tanto privato affidata con gare, in proroga etc etc;
10. Gestione integrata e sistematizzata del Servizio Idrico Integrato che possa  avere una adeguata governance, una  significativa dote finanziaria iniziale, che sappia   gestire  e mettere a terra i finanziamenti del PNRR e non solo e, garantire qualità del servizio a tariffe adeguate;

Questa, secondo noi,  la road-map  in 10 tappe che la politica e le Istituzioni dovranno percorrere in un’unica direzione   ed in tempi celeri. Diversamente, crediamo, che la profonda riforma che attiene al diritto di cittadinanza per eccellenza “ la fruizione del bene acqua” ancor di più in un periodo di crisi idrica, resterà ancora una volta un’occasione perduta…forse l’ultima.

Per tali motivi, invitiamo il Presidente on. Roberto Occhiuto ad aprire, sul tema, una nuova fase riformatrice convocando “gli stati generali dell’acqua”  nella quale tutti i soggetti coinvolti, tra cui le parti sociali, potranno contribuire al rilancio di un settore strategico per la crescita, lo sviluppo ed il benessere dell’ intero tessuto produttivo e sociale  calabrese. Con questo atto lanciamo la sfida, noi siamo pronti. (as e fg)

(Angelo Sposato è segretario generale CGIL Calabria, Francesco Gatto è segretario regionale Filctem-Cgil)