di GIOVANNI MACCARRONE – Nel 2023 in Italia sono stati stimati 395 mila nuovi casi di tumore: 208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne. L’incidenza negli ultimi anni è in aumento soprattutto fra i giovani.
Nel 1962 venne pubblicato negli Stati Uniti il libro della biologa marina Rachel Carson “Primavera silenziosa” (riproposto con una nuova introduzione di Al Gore nel 1999)., in cui si affronta un’analisi panoramica del danno che i pesticidi chimici stavano causando all’ambiente, alla fauna e agli esseri umani. Il libro denunciava il Ddt come causa del cancro e nocivo nella riproduzione degli uccelli dei quali assottigliava lo spessore del guscio delle uova.
La International Agency for Research on Cancer – agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (in sigla Iarc), dopo uno studio sui pesticidi e gli erbicidi il 22 ottobre 2018 ha reso pubblico sulla rivista scientifica medica Jama Internal Medicine. che molti di essi sono cancerogeni.
In particolare, la Iarc (legata all’Organizzazione Mondiale della Sanità), ha indicato tre pesticidi – glifosato, malathion e diazinon – come probabili cancerogeni,
A partire dal 1993, lo studio “Agricultural Health Study” condotto da Epa, Nih e Niosh ha evidenziato un aumento dei seguenti tumori negli agricoltori: leucemie, linfomi, sarcomi, stomaco, cervello, prostata, pelle.
Quanto sopra, dovrebbe in qualche modo allertarci sul fatto che l’esposizione ai pesticidi ha effetti negativi sulla salute.
Invece, nonostante ciò, in Italia (così come nel resto del mondo), l’impiego di sostanze chimiche nocive, utilizzate per combattere piante infestanti, insetti, funghi e prevenire il possibile sviluppo di malattie biotiche (malattie infettive delle piante), è ancora estremamente diffuso.
Lo conferma l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che nell’edizione 2022 dell’ultimo Rapporto nazionale pesticidi nelle acque realizzato con i dati raccolti fra 2019 e 2020 “dal monitoraggio svolto dalle Regioni e dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, sulla base dei programmi di rilevazione previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” (il cosiddetto Testo Unico ambiente) ha evidenziato che “Il dato 2020 rileva nelle acque superficiali presenza di pesticidi in 1.012 punti di monitoraggio (55,1% del totale) e in 4.171 campioni (44,0% del totale).
Nelle acque sotterranee i pesticidi sono presenti in 595 punti di monitoraggio (23,3% del totale) e 810 campioni (19,4% del totale). Rispetto al 2019 si osserva un incremento dei ritrovamenti. I risultati del biennio non comprendono i dati della regione Calabria e, solo per le acque sotterranee, i dati di Puglia, poiché non disponibili”
I pesticidi, sono prodotti chimici concepiti dall’uomo per la protezione delle piante e per la conservazione dei prodotti vegetali. Detto in altre parole, sono tutte quelle sostanze che permettono di eliminare dalle piante ogni tipo di parassita e insetto (tutta la grande famiglia dei pesticidi, è identificabile dal suffisso “cida” che deriva dal latino “cœdere“, che significa “uccidere” o “abbattere”. Quindi i pesticidi, secondo l’etimologia sono dei sterminatori di “pesti”, dal latino “pestis” che indica un flagello o una malattia contagiosa.
Ecco perché nel mondo industriale, si evita accuratamente di parlare di pesticidi, preferendo la dicitura prodotti fitosanitari, o l’ancor più edulcorato, prodotti fitofarmaceutici). Inizialmente, colpiscono alcune parti della pianta per, poi, comprometterne l’intera struttura. Se non si interviene tempestivamente, i parassiti possono essere letali per le piante.
Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), ogni anno dal 20 al 40 per cento delle colture vengono distrutte da erbe infestanti, parassiti e malattie. I giganti del settore sostengono che in mancanza di prodotti specifici per la protezione delle piante, queste perdite “ammonterebbero al doppio”.
Ed infatti, ogni anno, parte della produzione agricola globale è danneggiata dai parassiti e dagli agenti fitopatogeni.
Per evitare la perdita dei raccolti e, soprattutto, per distruggere erbe infestanti e parassiti, si è sempre di più fatto largo uso dei pesticidi chimici di sintesi. Nel corso del tempo si sono rivelati molto più efficaci rispetto alle sostanze disponibili in passato. Inoltre, riducono enormemente il carico di lavoro degli agricoltori. Una volta, per evitare erbe infestanti e parassiti, si faceva ricorso a determinate tecniche colturali, come la rotazione e la consociazione delle colture. Oggi questa opzione è praticamente improponibile, dato, tra l’altro, che porterebbe con sé costi di produzione più alti, meno raccolto e difficoltà nell’accedere a mercati più grandi.
Ecco perché si fa largo uso dei pesticidi. Queste sostanze chimiche sono state progettate proprio per prevenire tutte le problematiche descritte. Tuttavia, come si è sopra potuto notare, danno origine a nuove problematiche soprattutto per la salute umana.
Nel frattempo, per limitare la quantità di pesticidi che ingeriamo, si può pensare all’agricoltura biologica. La ricerca indica una riduzione del rischio di tumore quando ci si nutre con continuità di alimenti biologici Per fortuna alcuni agricoltori calabresi si stanno muovendo in questo senso, altri, invece, continuano ad usare pesticidi su alcuni terreni oppure sperimentano con dosi minori rispetto a prima.
Devo dire che la cosa più grave è rappresentata dal fatto che – come è stato ben rappresentato – «sui banchi di un qualunque mercato ortofrutticolo di Milano hai buone probabilità di trovare l’eccellenza dei prodotti biologici calabresi. Se vivi in Calabria invece fai molta più fatica a trovarne. La regione che primeggia per ettari e numero di aziende nel biologico è tra le ultime per venduto e consumo. Il biologico calabrese insomma viene in buona parte spedito fuori regione oppure venduto come non biologico».
Sono le solite contraddizioni della nostra terra, anzi sono il simbolo delle contraddizioni che investono tutta l’Italia e non solo. Si pensi, ad esempio, alla proposta di Regolamento avanzata dalla Commissione nel giugno 2022 per dimezzare l’uso dei pesticidi chimici entro il 2030 e limitarne fortemente l’utilizzo nelle aree sensibili urbane e nei siti Natura2000, a eccezione di quelli autorizzati per l’agricoltura biologica. Ebbene, tale proposta, è stata di fatto respinta con il recente voto del Parlamento europeo in seduta plenaria a Strasburgo.
Per cui, le istituzioni nazionali e internazionali, anziché impegnarsi molto di più per garantire che l’uso di queste sostanze chimiche venga fortemente limitato o, meglio, vietato, puntano sull’agricoltura basata sulla chimica per sostenere il reddito degli agricoltori.
Invece, l’impegno a livello nazionale e, soprattutto, locale dovrebbe essere quello di «promuovere e diffondere a tutti i costi l’agricoltura biologica» nel giro di pochi anni, per scatenare una «rivoluzione nell’uso dei fertilizzanti». L’idea è sostanzialmente quella di convertire i terreni agricoli al solo uso di concimi organici, oltre che di fornire agli agricoltori fertilizzanti organici e inorganici a titolo gratuito o, comunque, a basso costo.
La politica agricola della nostra regione dovrebbe, quindi, essere totalmente a favore di un’agricoltura ecologica e focalizzata sul solo uso dei fertilizzanti organici. Per far questo, però, gli agricoltori vanno aiutatati con la riduzione dei costi dei concimi organici oppure con contributi provenienti dall’Unione Europea.
Come si sa, il maggior prezzo del biologico non garantisce ai coltivatori un proporzionale aumento di ricavi e, quindi, di reddito, perché le rese produttive (cioè le quantità prodotte per unità di superficie coltivata) col biologico sono nettamente inferiori.
Pertanto, gli agricoltori hanno bisogno di un contributo da parte di tutte le istituzioni per far fronte ai costi e, per quelli calabresi, sarebbe opportuno prevedere una certificazione obbligatoria per potersi avvalere nella vendita del marchio biologico.
Tra l’altro, questo è anche il modo per incentivare l’acquisto dei nostri prodotti provenienti dall’agricoltura biologica e invertire il trend attuale, comportando anche la diminuzione dei prezzi a seguito dell’aumento della relativa domanda di mercato.
Il cosiddetto valore aggiunto e, quindi, il mantenimento di più alti prezzi rispetto a tutti gli altri prodotti agricoli, verrebbe in questo modo a ridursi fortemente.
Speriamo bene. (gm)