L’OPINIONE / Nicola Irto: Per adesso è fallito il tentativo del cdx di cancellare l’unità del Paese

di NICOLA IRTORoberto Calderoli dovrebbe dimettersi, ora che la Corte costituzionale ha rilevato gravi profili di incostituzionalità nella legge sull’autonomia differenziata, su cui lo stesso ministro e la Lega avevano forzato la mano per brama elettorale, con l’avallo irresponsabile di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini, di Antonio Tajani e di tutti i parlamentari del centrodestra.

Per adesso è fallito il tentativo del centrodestra di cancellare l’unità del Paese. Difatti, la Corte costituzionale ha stabilito anzitutto che le eventuali intese non possono estendersi a intere materie o a loro ambiti; che il Parlamento deve essere centrale anche per la determinazione dei Lep; che le Regioni con nuove forme di autonomia devono contribuire agli obiettivi di finanza pubblica; che i Lep non possono essere aggiornati con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Soprattutto, la Corte ha cassato, nella sua interpretazione costituzionalmente orientata, la distinzione fra materie Lep e non Lep, fulcro del progetto separatista di Calderoli e dell’intera maggioranza, silente quanto incosciente.

La Consulta ha messo nero su bianco pesanti rilievi che, come Partito democratico, avevamo mosso in Parlamento. Inutile che il presidente della Regione Calabria oggi provi a cambiare la realtà: Roberto Occhiuto ha fatto soltanto parole, quando, invece, aveva il preciso dovere di difendere con fatti concreti gli interessi dei calabresi e l’unità nazionale. (ni)

[Nicola Irto è senatore del PD]

Autonomia, i sindaci condividono le preoccupazioni della Cei: A Cassano firmata intesa

A Cassano allo Ionio, il sindaco di Cassano All’Ionio e Presidente dell’Associazione SS. Crocifisso, Giovanni Papasso, il Presidente Rete Marciana e sindaco di Castellabate, Marco Rizzo, Rete delle Città di Santa Domenica e sindaco di Ricadi, Nicola Tripodi, e il coordinatore delle tre realtà Giuseppe Semeraro, hanno firmato una intesa per promuovere un’azione congiunta per il superamento degli storici divari, affermando il valore della coesione nazionale e proponendo soluzioni a partire da un confronto fondato su un’analisi puntuale dei bisogni dei territori.

Un accordo siglato dai primi cittadini aderenti all’Associazione Città del Crocifisso, alla Rete delle Città Marciane (ad esclusione dei Comuni di Latina (LT), Afragola (NA) e Torricella (TA)), e alla Rete delle Città di Santa Domenica, che condividono le preoccupazioni della Cei sull’autonomia differenziata.

Presenti anche il Vescovo della Diocesi di Cassano All’Ionio e Vicepresidente della Cei per l’Italia Meridionale, Monsignor Francesco Savino, Barbara Falbo, vicesindaco Cetraro, il presidente del Consiglio Comunale di Cassano All’Ionio in rappresentanza della civica assise, Lino Notaristefano, l’assessore alle Politiche Sociali Elisa Fasanella, i rappresentanti delle Polizie Locali e altri rappresentanti delle tre associazioni che hanno elaborato l’intesa tra cui Grazia Pignatelli e Enrico Nicoletta, Ambasciatori della Rete Marciana.

Con l’approvazione della legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, sono state stabilite le regole e il percorso con cui alcune regioni potranno chiedere maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie. L’entrata in vigore della legge e l’attuazione del principio dell’autonomia differenziata prevede che le regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta conseguano la competenza legislativa esclusiva su materie che la Costituzione elenca come “concorrenti” e limitatamente a 3 casi in materia di “esclusiva” competenza statale: organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

L’attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere stabilita con legge rinforzata formulata sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione, acquisito il parere degli enti locali interessati.Le questioni  che hanno suscitato maggiori perplessità oggetto di discussione hanno riguardato, tra le altre: la definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale)mediante l’utilizzo del criterio della spesa storica; le modalità del coinvolgimento degli enti locali; il ruolo del Parlamento, con particolare riferimento alla possibilità di emendabilità in sede parlamentare del disegno legge rinforzata formulata sulla base dell’intesa fra lo Stato e la Regione. La Chiesa, ed in particolare la Conferenza Episcopale Italiana, ha espresso apprensione e perplessità, diffondendo una nota sul tema dell’autonomia differenziata.

Il Vicepresidente della Cei per l’Italia Meridionale, Monsignor Francesco Savino e la Conferenza Episcopale Calabra hanno assunto una presa di posizione di netta contrarietà, definendo l’attuazione della legge come una “secessione dei ricchi” contraria ai principi costituzionali, al sentimento di appartenenza ad un’unica Comunità e allo sviluppo autenticamente umano del Paese. Sottolineando, altresì, come l’autonomia differenziata dia forma istituzionale agli egoismi territoriali della parte più ricca del Paese, amplificando e cristallizzando i divari già esistenti a danno delle persone più indifese e vulnerabili.

Chi è indietro deve essere accompagnato, riconoscendo nella solidarietà tra territori un valore da difendere. Anche i Vescovi siciliani hanno pubblicato un testo per esprimere dubbi e preoccupazioni, evidenziando i rischi per la tenuta della coesione sociale del Paese. (rcs)

Autonomia, il sindaco di RC Falcomatà: Il rischio è di avere un ‘Paese Arlecchino’

«Condivido l’analisi del professore Gianfranco Viesti pubblicata sul suo libro “Contro la secessione dei ricchi”, ossia quella di correre il rischio di avere un ‘Paese Arlecchino’, un termine che fotografa quello che può accadere in Italia conseguentemente all’Autonomia differenziata voluta da questo governo di centrodestra». È quanto ha detto il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, nel corso della presentazione del libro ‘Contro la secessione dei ricchi’ di Gianfranco Viesti, promossa dal Touring Club Italiano di Reggio Calabria, Rhegium Julii, Digies dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

«Un Paese Arlecchino nel quale la parte più a Sud non ha, però – ha aggiunto –, la varietà di colori e risorse rispetto alle regioni più ricche e fortunate del Nord che diventerebbero piccoli Stati, andando a minare concretamente quel principio di unità e solidarietà nazionale prevista dalla nostra Costituzione».

«Il dibattito sull’Autonomia differenziata – ha detto Falcomatà – è uscito fuori dalle stanze, finendo sulle strade e piazze che dove si sono svolte iniziative, quali quella della raccolta firme, che ha messo in luce quanto sia percepito il pericolo collegato a questo argomento. Un pericolo che sta diventando di interesse per un numero sempre crescente di cittadini, lo dice il numero di firme raccolte in poco tempo per la richiesta di referendum. Lo dice anche il luogo geografico dove la raccolta firme ha avuto maggiori numeri, soprattutto al Nord, con una comunità che ha compreso quanto avere un Paese a due velocità sia un danno anche per chi si trova nelle migliori classifiche economiche. La battaglia sul referendum ci deve vedere tutti protagonisti, coinvolgendo più cittadini possibili ad una sana partecipazione».

«Nelle scorse settimane in giunta comunale – ha ricordato il primo cittadino – abbiamo approvato l’avvio dei lavori per la realizzazione di altri tre asili nido in città. A Reggio Calabria siamo partiti, nel 2014, da zero posti per arrivare a 355. Qualcuno potrebbe pensare che siamo stati bravi ad utilizzare le risorse che ci ha trasferito lo Stato, come avviene in altre città d’Italia».

«Ma non è così – ha aggiunto –, perché questo risultato lo abbiamo ottenuto senza interventi dello Stato, perché quando si è fatta la fotografia di quelli che erano i servizi esistenti nelle città, la famosa spesa storica, essendo zero la quota di quel servizio, ha stabilito che dovevano essere a zero per sempre. Ritengo che sia giusto e corretto che si utilizzino bene le risorse, ma è anche giusto che tutti i territori e le città partano dalle stesse condizioni di partenza».

«Noi oggi ci scontriamo con una realtà a due facce – ha evidenziato Falcomatà – abbiamo le risorse che ci giungono dall’Europa con i fondi di Coesione, il Pnrr che incidono sui servizi, infrastrutture collegate ai servizi. Di contro, però, in una parte di Paese questi servizi vengono garantiti da trasferimenti statali, in continuità e certezza di risorse che offre anche maggiore programmazione. In altre realtà sono garantiti da risorse esterne al bilancio dello Stato che però hanno un orizzonte temporale legato alla programmazione comunitaria che diventa un punto interrogativo».

«Il rischio è che questo punto interrogativo, questa Autonomia differenziata lo faccia diventare esclamativo, in senso definitivo. La battaglia sull’Autonomia differenziata – ha concluso – ci dovrebbe vedere tutti pienamente consapevoli e protagonisti, a prescindere dalle casacche politiche che indossiamo ai vari livelli, in favore dello sviluppo di questo territorio». (rrc)

A Reggio si parla dell’autonomia differenziata col Touring Club e il Rhegium Julii

Domani pomeriggio, a Reggio, alle 17, nel Salone Perri di Palazzo Alvaro, si terrà una conversazione sull’autonomia differenziata, organizzata dal Club di Territorio di Reggio Calabria del Touring Club e dal Circolo Culturale Rhegium Julii.

Una conversazione che prende spunto dal volume del prof. Gianfranco Viesti “contro la secessione dei ricchi, Autonomie regionali e unità nazionale”, edito da Laterza e che vedrà la partecipazione, oltre all’autore, di mons. Fortunato Morrone, Presidente della Conferenza Episcopale Calabrese, del Prof. Francesco Manganaro, Università degli Studi Mediterranea, del dott Giuseppe Bova – Presidente del Circolo culturale Rhegium Julii e dell’avvocato Giuseppe Trimboli, Patto per S. Pietro di Caridà.

Modera il giornalista Rai Mario Meliadò(rrc)

PRETENDERE I LIVELLI UNIFORMI, NON I LEP
SOLO COSÌ IL SUD AVRÀ GLI STESSI DIRITTI

di PIETRO MASSIMO BUSETTACi sono due modi per soddisfare le esigenze esistenti in un dato momento in un determinato territorio. Uno è fare in modo di recuperare le risorse per soddisfare i bisogni esistenti. Ma non è l’unico. Il secondo è quello di abbassare il livello dei bisogni.  

Per chiarire nel primo caso sono necessarie tante risorse e bisogna darsi da fare per recuperarle.   E questo sistema non è perseguibile in Italia, considerate le problematiche dell’enorme debito pubblico esistente, con il quale, peraltro, si è infrastrutturato solo una parte del territorio e visto che i tassi di crescita del reddito sono contenuti. 

Bisognava trovarne uno per il quale non servono i 100 miliardi di cui si è parlato, per andare avanti con l’autonomia differenziata, che é stata vincolata per le materie “lepizzate” alla esistenza dei livelli essenziali. 

Ed eccolo servito. Gli esempi illuminanti sono quelli in cui si sta specializzando il Governo. Si tratta invece di puntare in una famiglia a far laureare i figli, di accontentarsi di farli diplomare.   Non è anche il diploma un livello essenziale? Le esigenze finanziarie, in questo secondo caso, diminuiscono. 

É quello che ha capito il ministro Giorgetti, Calderoli, Luca Zaia e tutta la Lega di Salvini. E che sta trovando realizzazione in due episodi recenti. 

Il primo quello che riguarda l’andamento dei lavori per la individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Lo si é  fatto introducendo un concetto semplice quello del costo della vita, che non considera però la mancanza di servizi essenziali che gravano sul bilancio delle famiglie meridionali. Un altro elemento che  può aiutare é quello dell’età media, visto che al Sud si vive di meno, o della non necessità del tempo pieno a scuola.

Se al Sud tale costo è più basso tutto sarà più facile, perché se per vivere serve meno anche le risorse che può destinare il bilancio nazionale possono essere inferiori. Si ritorna al gioco solito delle tre carte, nelle quali quella vincente sparisce sempre. 

L’algoritmo che si preparerà per calcolare i Lep sarà complicatissimo, ma arriverà  a produrre dei numeri che dovranno convincere i meridionali, con l’anello al naso, che la spesa è già sufficientemente equilibrata all’interno del nostro Paese. Ci saranno i media indirizzati che aiuteranno a far accettare tale approccio, come è accaduto per anni.

Magari come con l’autonomia differenziata, di notte e di fretta, dopo un totale silenzio sui lavori in itinere, non trapelerà nulla sulle procedure e sui calcoli che adotterà  la Commissione tecnica fabbisogni standard e uscirà la soluzione addomesticata. 

Improvvisamente verranno fuori dei numeri, certificati magari da alcuni Centri di ricerca prestigiosi, praticamente impossibili da ricostruire e che evidenzieranno che alla luce di tali calcoli i 60 miliardi di differenza di spesa pro-capite annuali tra Centro Nord e Sud, in realtà alla luce del costo della vita, di alcune poste che non vanno allocate,  diranno magari che le cose vanno bene così e che quindi é corretto che Veneto o  Lombardia si tengano il residuo fiscale, perché là servono  più risorse per finanziare i servizi che non in Sicilia  o Calabria. E che quella è la locomotiva che va salvaguardata perché trascina tutti. Non è quello che è avvenuto con la sanità?            

La Commissione che ha  il compito di fissare i criteri in base ai quali calcolare i costi dei Lep potrà utilizzare metodi per cui, senza ulteriori costi per il bilancio, tutto potrà rimanere come prima. 

La Presidente della Commissione tecnica sui fabbisogni standard, ex consulente del presidente Zaia, Elena D’Orlando, della quale sono state chieste le dimissioni per un evidente conflitto di interesse, non avrà difficoltà a far ritenere corretti calcoli penalizzanti per il Sud. Anche perché non ci sarà un giudice a Berlino imparziale. 

Il secondo metodo  di cui si parlava è quello che il Ministro Giorgetti, che ha dimostrato in altre occasioni la sua capacità di trovare il modo per far uscire il coniglio dal cappello, ha adoperato nella  legge di bilancio, cioè trovare un escamotage per cui i diritti vengano sottodimensionati. 

In uno degli allegati al piano strutturale di bilancio si chiarisce il meccanismo. Il diritto all’asilo nido, infatti, non sarà più del 33% a livello regionale, ma scenderà al 15%, sulla base di una media nazionale, ovviamente influenzata dall’inesistenza di asili nido al Sud, contraddicendo quanto previsto dalla legge di bilancio 2022, che fissava proprio al 33% su base locale la disponibilità di posti con l’obiettivo di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio, in maniera tale che i Lep relativi  saranno certamente più facilmente raggiungibili. Il sottostante pensiero a giustificazione è che tanto le donne meridionali non hanno lavoro e quindi possono accudire i propri figli e che oltretutto  quando ci sono non vengono utilizzati. Al Sud gli asili nido non servono.  

D’altra parte se bisogna far quadrare il bilancio e tagliare le spese,  il modo più semplice di farlo è quello di penalizzare il vaso di coccio che tanto non si lamenta e in ogni caso non fa danno. 

Per questo bisogna assolutamente alzare il livello delle richieste e passare a pretendere  non i  livelli essenziali ma i Lup, i livelli uniformi. Non si capisce infatti perché il meridionale si debba accontentare dell’essenziale e non deve avere gli stessi diritti del cittadino del Nord. Paga forse una percentuale inferiore di imposte rispetto al reddito che produce? O è un figlio di un dio minore? Lo è certamente ma si può statuire tutto ciò in documenti ufficiali?   

Ovviamente le considerazioni di sparuti intellettuali meridionali, a cui recentemente si è aggiunta con non molta convinzione la Cgil ma anche l’opposizione, resteranno parole al vento perché quella che si configura ormai in modo chiaro è che il Sud è una colonia interna, buona per fornire giovani formati, energia come batteria del Paese, malati per le strutture sanitarie del Nord e giovani studenti per le università settentrionali. 

Per i diritti al lavoro, alla sanità, alla buona formazione c’è sempre un domani, meglio se lontano. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

LEGA, IL PROGETTO DELLA MACROREGIONE
È UNA SERIA MINACCIA PER IL MERIDIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTAIl retro pensiero era “tanto poi di fronte ai Lep si fermerà tutto”. Ma con leggerezza avevano sottovalutato il tema e soprattutto la determinazione e la forza di impatto di Roberto Calderoli. Mi riferisco a Fratelli D’Italia, a Forza Italia e anche a Noi Moderati di Lupi. D’altra parte la conoscenza della legge era stata sempre molto approssimativa.

In realtà qualcuno lo aveva cominciato a dire in tempi non sospetti che il vero obiettivo erano le materie dove non erano previsti i Lep. Ma è rimasto un profeta inascoltato. Parlo di Adriano Giannola che da tempo sostiene che il vero disegno della Lega Nord, ma in realtà anche di un’aggregazione più ampia, anche di ricercatori e studiosi del Nord, appartenenti anche ad altri partiti, era quello di arrivare ad una macro regione del Nord, che in qualche modo sostituisse, peraltro con il vantaggio di continuare ad avere una colonia interna, che è il Mezzogiorno, il progetto iniziale che vedeva nella secessione il raggiungimento dell’obiettivo bossiano. 

Adesso che il disegno comincia ad essere chiaro, anche a chi riteneva che si chiudesse  la partita dando il contentino alla Lega, in modo da tenere unita e coesa la maggioranza, le preoccupazioni cominciano a nascere. Perché il contentino si sta rivelando estremamente pericoloso  per la coesione nazionale e, si teme, molto costoso per il consenso nei territori meridionali.

Sopratutto per i tre partiti della maggioranza che continuano ad avere lì una base elettorale importante. Inizialmente le voci contrarie del Centrodestra sono state molto isolate. Si pensi che solo tre deputati vicini a Roberto Occhiuto si sono rifiutati di votare a favore del ddl Calderoli. Cannizzaro,  Mangialavori e Arruzzolo.

E il Presidente della regione Calabria si trovava solo, anche all’interno del Partito, sulla posizione critica rispetto all’Autonomia che, dichiarava, sarebbe potuta  andare avanti solo quando i Lep sarebbero stati individuati e finanziati. 

Cosa estremamente difficile considerato che il costo dell’equità territoriale nei diritti di cittadinanza di base, come sanità, scuola infrastrutturazione è molto elevato.

Poi in un secondo momento fece  propria la posizione di Occhiuto anche il Segretario del Partito Antonio Tajani, che insediò un comitato per monitorare l’andamento di tale legge e non perdere di vista le problematiche che essa faceva sorgere.      

Ma approvata la legge, che in molti consideravano fosse solo una bandierina da sventolare per accontentare i leghisti più duri e puri, ci si rese conto invece che Zaia, Fontana, Cirio, insomma tutto il Nord di destra, facevano sul serio. Ed erano pronti a intavolare le trattative per alcuni temi che sembravano irrilevanti, ma che si sta vedendo che sono estremamente importanti. 

E allora vengono fuori i distinguo: Tajani che afferma che il commercio estero non può essere parcellizzato e gestito da 20 regioni. Ieri Musumeci che in una intervista, poi in parte sconfessata, evidenziava che la protezione civile ha esigenze di interventi che solo il Governo Centrale può consentirsi in termini di risorse ma anche organizzativi. 

Si potrebbe dire che i nodi vengono al pettine e che lo stupore di chi non capiva come mai Partiti come Fratelli D’Italia e Forza Italia, con un consenso  raccolto a livello nazionale e con una mission che valorizzava l’idea di Paese unito,  potessero accettare una legge che invece andava in una  direzione che molti hanno chiamata Spacca Italia,  era dovuto alla convinzione che in realtà si stesse facendo il gioco delle parti. 

 Da un lato la Lega aveva il suo contentino e la sua bandierina da sventolare sui campi di Pontida, a due passi da Bergamo, dall’altro rimaneva tutto invariato e quindi nessuno avrebbe disturbato il manovratore. 

Ora che gli inviti a stare calmi e ad aspettare vengono rinviati al mittente, in particolare dal gruppo Veneto con Zaia in testa, con una determinazione inaspettata, solo da alcuni, e con la motivazione che c’è una legge che va applicata, ci si trova davanti a difficoltà non previste e si invocano tavoli diversi da quelli previsti dalla legge, per fare in modo che i passaggi successivi non diventino quasi automatici. 

Ma l’affermazione di Salvini che dice: «indietro non si torna» evidenzia la volontà precisa di non interrompere il processo. Quindi intanto si va avanti con le materie dove non sono previsti i Lep. E per le altre si trova un sistema per cui il livello di tali servizi “essenziali” sia tale da essere compatibile  con la legge che prevede che avvenga tutto a costo zero per il bilancio dello Stato. 

L’obiettivo è quello che si dia valenza e importanza a un concetto assolutamente anticostituzionale, che è quello del residuo fiscale, unico modo per mantenere quella spesa storica che ha consentito finora l’esistenza di cittadini di serie A e di serie B, con spesa pro capite per ciascuno di loro, nella sanità, nella formazione, nella infrastrutturazione, diversa, e alcune volte dimezzata, rispetto alle Regioni più favorite.

È evidente che per avere gli stessi livelli di prestazione, meglio sarebbe livelli uniformi, che sono alla base di uno Stato unitario, nel quale l’equità territoriale è la base da cui partire, come quella della progressività del prelievo fiscale, che prescinde dal territorio in cui si nasce e e si lavora, sono necessarie risorse che questo Paese non ha e che non riuscirà ad avere se i tassi di crescita continuano ad essere di zero virgola qualcosa e si vorrà tenere il 40% del territorio ed il 33% della popolazione in una posizione ancillare rispetto alla cosiddetta locomotiva, che a stento trascina se stessa. 

D’altra parte impegnarsi per far crescere veramente quella che alcuni con molta enfasi chiamano la seconda locomotiva, ma che in realtà rimane soltanto una un’area a sviluppo ritardato, dove lavora soltanto una persona su quattro, caratterizzata dai processi migratori tipici delle realtà sottosviluppate, è estremamente impegnativo. 

Perché bisogna infrastruttura bene il territorio, lottare la criminalità organizzata per evitare che sia di impedimento all’insediamento di nuove aziende, dare vantaggi fiscali assolutamente consistenti tali da far scegliere alla impresa che arriva dall’esterno, come Microsoft,  invece che Milano magari Cosenza, e  un cuneo fiscale da azzerare, che pesa  sul bilancio dello Stato in modo rilevante. 

Per far questo bisogna sottrarre risorse alle esigenze di un Nord industrializzato che, correttamente, vuole competere con la Baviera, con il Giappone, con la Cina, che oggi non ha più bisogno dell’alta velocità, già esistente, ma di un treno supersonico con tecnologia Hyperloop, del tubo che faccia spostare  a 1200 km orari. 

 E allora la via di fuga è quella di fissare i Lep  a un livello talmente basso da consentire l’attuazione del progetto, magari inventandosi un diverso costo  della vita tra Sud e Nord. Dimenticando che esso non passa attraverso una differenza tra  territori, quanto molto più probabilmente tra aree metropolitane e interne, aree agricole e turistiche. E non tenendo presente che alcune carenze di servizi di alcune aree anche se non entrano nel costo  della vita Istat appesantiscono i bilanci familiari in modo notevole. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

PD Calabria: Perché Occhiuto non ha fatto ricorso con le altre Regioni su autonomia?

«Se davvero Occhiuto avesse voluto contrastare l’autonomia differenziata, dopo averla inopinatamente votata, sarebbe stata quella del ricorso l’unica strada da percorrere, affiancando la Calabria alle cinque Regioni realmente contrarie». È quanto ha detto Mimmo Bevacqua, capogruppo del PD in Consiglio regionale commentando le dichiarazioni rilasciate dal Governatore sul Corriere della Sera, sottolineando come  «altre vie, persino scorciatoie mediatiche illustri, non hanno nessun effetto concreto e servono solo a gettare fumo negli occhi dei calabresi, mentre le Regioni del Nord, guidate da Zaia, hanno già appuntamento con Calderoli per ottenere le deleghe sulle materie non Lep».

Per il dem, infatti, «è davvero singolare la posizione mediatica che il presidente Roberto Occhiuto ha assunto in relazione all’autonomia differenziata. Dalle colonne autorevoli del Corriere della Sera invita la sua stessa parte politica di governo a rallentare e prendere fiato, così da non commettere errori dalle gravi conseguenze per il Sud e persino per il Nord. Invitando, inoltre, a non dare sostanza al referendum che, a suo dire, vedrebbe vincere i contrari e provocherebbe danni politici e di tenuta alla maggioranza. E già qui si nota una prima ipocrisia. Occhiuto è più preoccupato delle sorti del governo nazionale o del Sud e della Calabria che amministra?».

«Ma la posizione del governatore sulla riforma voluta dalla Lega è di fatto ambigua sin dall’inizio – ha continuato Bevacqua –. Sin da quando ha votato a favore del decreto Calderoli in conferenza delle Regioni. E nessuno ha mai capitò, né Occhiuto ha mai spiegato quale sia stato il senso di aver dato parere favorevole ad un impianto che il governatore conosceva sin dall’inizio in tutti suoi profili iniqui e contro l’unità del Paese. Una normativa che presenta pesanti vizi di legittimità costituzionale, tanto che ben cinque Regioni, che rappresentano non meno di 20 milioni di italiani, hanno fatto ricorso alla Consulta per vedere dichiarata l’incostituzionalità della riforma». (rcz)

Il presidente Occhiuto: «Sull’autonomia fermiamoci»

«Al governo e alla maggioranza direi: siate prudenti. Congelate gli effetti della legge sull’autonomia in attesa che la riforma sia completa, utilizzate il tempo per ragionare su ogni aspetto e per spiegare all’opinione pubblica cosa succederà e come». È quanto ha detto il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, in una intervista di Paola Di Caro per il Corriere della Sera.

Per il governatore «è vero che l’autonomia era uno capisaldi del centrodestra con la riforma della giustizia e il premierato, ma è l’unica su cui si è andati di fretta, di notte, con un’urgenza poco comprensibile. Sul resto si sta agendo con calma. Forza Italia ha fatto un grande lavoro per evitare distorsioni a danno del Sud, ma ancora c’è da lavorare. Prendiamoci tempo. Fermiamoci e ragioniamo. Nemmeno al Nord oggi i cittadini sentono questo tema come un’urgenza».

«Il Centrodestra – ha specificato Occhiuto –  ha solo attuato una riforma che era stata voluta dalla sinistra, che ora attacca anche per ragioni meramente propagandistiche. Ma due ordini di problemi esistono. Il primo è sulle materie che possono essere devolute alle Regioni che le chiederanno solo dopo che si saranno superati i costi storici e definiti i Lep».

Quello dei Lep, infatti, «è un tema molto delicato. Bisogna capire bene come si stabiliscono i Lep. Per fare un esempio: un medico specializzato che deve venire a lavorare in un ospedale calabrese chiederà di essere pagato di più, non di meno, di chi viene chiamato al Nord, magari allettato da offerte anche più alte. Lo stesso vale per la scuola, perché noi paghiamo ritardi storici e culturali e se non stiamo attenti rischiamo di acuirli», ha spiegato Occhiuto, dando ragione al ministro Antonio Tajani, secondo cui «prima di ogni altra mossa bisogna stabilire quali sono i livelli minima di assistenza, anche per quelle materie per cui non sarebbe necessario».

E, proprio su questo per Occhiuto «veniamo al secondo problema», ha detto al Corsera: «non ha senso che ogni regione possa – come oggi in teoria è previsto – sponsorizzare e firmare i propri contratti di export, di promozione, per conto proprio. Che ci mettiamo a fare, la concorrenza sul vino tra Veneto e Calabria? A chi giova? Per tutti è fondamentale che sia il ministro competente per il Paese a garantire il marchio del Made in Italy, non siamo repubbliche indipendenti in competizione».

Il Governatore, poi, parlando del referendum: «temo che si riveli un danno per il centrodestra a livello nazionale, perché stravincerebbe al Sud e al Centro e credo che non basterebbero i voti del Nord per salvare la legge. Lo credo perché oggi non è più come 10 anni fa, l’autonomia non è più sentita come una priorità nemmeno a Nord».

Per questo «ho chiesto – ha ribadito – e chiedo ancor più di oggi una moratoria sulle materie delegabili solo coi Lep».

«Prendiamoci tutti il tempo necessario per definirli al meglio, visto che si parla di spese comunque enormi, quantificate dagli istituti specializzati tra i 100 e i 200 miliardi. Per quelle cosiddette minori, se non c’è urgenza, perché affrettare? La legge sull’autonomia è stata approvata in fretta e furia. Serviva più tempo e maggiori chiarimenti. Anche grazie a FI è una legge che può reggere, ma va spiegata e meglio definita. Fermiamoci», ha concluso Occhiuto. (rrm)

Pd Calabria: Governatori del Nord scorretti nel forzare la mano su autonomia

I consiglieri regionali del Partito Democratico hanno evidenziato la scorrettezza dei governatori del Nord e della Lega che con arroganza vanno a forzare ulteriormente la mano per creare difficoltà amministrative e penalizzare il Sud.

«La Lega ha ormai gettato la maschera – hanno spiegato – e continua ad accelerare sull’autonomia differenziata, nonostante i ricorsi presentati dalle Regioni davanti alla Corte Costituzionale e il milione e trecentomila firme depositate in Corte di Cassazione per il referendum abrogativo, alle quali si sono aggiunti i due quesiti referendari votati dai Consigli regionali di Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana per cancellare lo “spacca Italia”. Nonostante una mobilitazione di tale livello e i dubbi dei costituzionalisti su una riforma pasticciata e iniqua, i governatori del Nord guidati da Luca Zaia hanno iniziato a fissare riunioni operative con il Ministro Calderoli per i primi di ottobre. Obiettivo degli incontri: accelerare l’attribuzione delle materie fuori dai Lep alla Regioni che ne fanno richiesta».

«Un modo di fare incomprensibile – hanno proseguito i consiglieri dem – che per di più si fa beffe della timida posizione critica espressa da Tajani che aveva chiesto di rinviare la discussione delle materie da attribuire all’autonomia delle Regioni al momento della definizione dei Lep. E che dimostra quanto conti Forza Italia all’interno di un governo trainato dall’asse Lega-Fdi. Non solo. Dimostra ancora una volta quanto sia ipocrita la posizione del governatore Roberto Occhiuto che continua a fare finta di non volere l’autonomia differenziata, dopo averla avallata in Conferenza Stato-Regioni, e subisce in silenzio ogni atto amministrativo e ogni iniziativa della Lega».

«Non ha alcun senso mostrare finti muscoli e ostinarsi sul tema del finanziamento dei Lep – hanno concluso –. Temi strumentali che non scalfiscono la pericolosità e l’efficacia stessa del decreto Calderoli. Chi intravede problemi concreti e contingenti davanti all’autonomia differenziata prende la strada maestra e cioè quella del ricorso in Cassazione. E ci mette la faccia proprio come ben cinque governatori hanno fatto. Non è questione di colore politico o partitico. In ballo c’è il destino della gente amministrata dai presidenti stessi e gli interessi dei cittadini dovrebbero essere al primo posto». (rcz)

Baldino (M5S): Autonomia per Calabria significa stipendi più bassi e meno servizi

«Per la Calabria l’autonomia differenziata significa stipendi più bassi e meno servizi». È quanto ha detto la deputata del M5S, Vittoria Baldino, intervistata da Il Quotidiano del Sud, sottolineando come «calcolare  i fabbisogni standard dei Lep in base alle caratteristiche dei diversi territori, quali clima, costo della vita, aspetti sociodemografici della popolazione residente significa affermare il principio delle gabbie salariali».

«Il principio per cui se in Calabria la vita costa meno, è giusto pagare meno i calabresi. O se in Calabria, per fare un altro esempio, nascono meno bambini, visto che i giovani vanno via, non serve investire in nidi e welfare. Si differenziano i diritti in base al territorio in cui vivi», ha detto ancora Baldino, chiedendo «impegni precisi al governo sul finanziamento dei Lep e sulla devolution delle materie non soggette ai Lep, quella che in base alla legge si può fare subito. Perché, voglio ricordano, che su queste ultime quattro Regioni hanno già chiesto di firmare le intese al governo. E non è che l’attuazione dell’autonomia su queste materie faccia meno male al sud, anzi. Se poi aggiungiamo anche che il criterio per finanziare i Lep, nella proposta del Clep, si rifà al principio della territorialità…».

Secco il commento, poi, sulle dichiarazioni del ministro Calderoli secondo cui sui i fabbisogni standard dei Lep saranno scelti dalla politica e non dai tecnici. «Le rassicurazioni di Calderoli non c’hanno mai ispirato fiducia. Figuriamoci ora», ha attaccato Baldino, che non manca di riservare una stilettata finale a Forza Italia e ad Occhiuto.

«Non ce lo vedo Tajani che mette veti a Zaia o agli altri governatori pronti a firmare le prime intese. Lo stesso presidente Occhiuto sconterà per sempre il peccato originale di aver dato il via alla riforma con il voto in Conferenza Stato Regioni, quando ancora si era in una fase preliminare e si poteva fare la differenza. Nessuno nel centrodestra può considerarsi assolto. Non erano loro, la stessa presidente Meloni e lo stesso governatore Осchiuto a definire l’autonomia un’opportunità per il Sud?».

«L’autonomia – ha concluso la pentastellata è in Costituzione si, ma non per dare la spinta alla secessione che si intende attuare. Noi di certo faremmo una inversione a U, riportando innanzitutto la sanità nelle competenze statali. La Costituzione poi va attuata garantendo prima la prevista perequazione e livelli uniformi – non essenziali, perché significa minimi di prestazioni sul territorio. Con questi presupposti, se una Regione chiede forme di autonomia, si può discutere. Nel rispetto sempre dei principi di uguaglianza e solidarietà, previsti nella prima parte della Costituzione. E che prevalgono sul titolo V e sull’autonomia». (rp)