L’OPINIONE / Giuseppe Nucera e Matteo Olivieri: La Calabria ha da guadagnare con l’autonomia

di GIUSEPPE NUCERA E MATTEO OLIVIERIIl clima culturale sviluppatosi intorno al tema dell’autonomia differenziata sta diventando ogni giorno sempre più ostile, e questo scoraggia molte persone dal prendere posizione pubblica a favore. Eppure, una rapida analisi dei “conti pubblici territoriali” dimostra che la Calabria avrebbe tutto da guadagnare dal passaggio all’autonomia differenziata.

Gli ultimi dati dell’Agenzia della Coesione (peraltro incompleti e fermi al 2021) ci informano infatti che la spesa pubblica territoriale viene dirottata quasi interamente nelle regioni a statuto speciale.

Come per magia, le province autonome di Trento e Bolzano ricevono rispettivamente 25 e 23 mila euro per abitante, mentre la Calabria poco meno di 14 mila (Fonte: Agenzia per la Coesione Territoriale).

Un cittadino calabrese vale di meno di uno di Bolzano? La Calabria, che ha quasi 4 volte la popolazione del Trentino A.A., riceve però il 40% in meno di risorse destinate a servizi pubblici, i quali – già oggi – non sono uniformi sul territorio nazionale, con buona pace di quanti si dicono contrari all’autonomia differenziata. Anche cambiando gli indicatori di riferimento, il risultato è sempre lo stesso: la Calabria, che ha una popolazione residente pari al 3% circa del totale nazionale, riceve risorse pubbliche pari a circa il 2,5% delle entrate tributarie erariali, dunque al di sotto della media pro-capite. Al contrario il Trentino A.A., che di popolazione residente ne ha circa l’1,8% del totale nazionale, ottiene la stessa percentuale di risorse della Calabria.

L’attuale meccanismo di finanza pubblica prevede un “doppio binario”: uno per le regioni a statuto ordinario, alle quali viene assegnata annualmente una quota di compartecipazione ai tributi erariali (attualmente intorno al 67%, da ripartire ulteriormente sulla base della media dei consumi triennali rilevati dall’Istat) ed uno per le regioni a statuto speciale. Enormi differenze sussistono tuttavia anche tra le stesse regioni a statuto speciale, visto che – per esempio – in Valle d’Aosta rimane il 100% del gettito Iva prodotto sul territorio, mentre il 90% rimane nelle province autonome di Trento e Bolzano, il 70% in Sardegna, e appena il 36,4% in Sicilia).

Visto che i diritti di cittadinanza garantiti dalla Costituzione devono essere validi su tutto il territorio nazionale, non si capisce perché alcuni territori debbano avere risorse “speciali” destinate a servizi pubblici che invece mancano in altri territori.

Sarebbe sufficiente riequilibrare la spesa pubblica al livello della popolazione per restituire alla Calabria almeno un 20% di risorse che – pur prodotte qui – finiscono altrove e forse, col tempo veder sparire quel debito sanitario da cui la Calabria non riesce ad uscire.

Anche sul lato della spesa esistono numerose iniquità, poiché le regioni a statuto speciale non sono chiamate a contribuire ai programmi di riduzione della spesa pubblica nazionale (salvo una piccola quota forfetaria), a differenza delle regioni a statuto ordinario, dove i tagli alla spesa pubblica sembrano non finire mai. Questa iniqua ripartizione della finanza pubblica, che crea vincitori e vinti, va avanti da almeno un quarto di secolo, e si è ulteriormente accentuata dopo la pandemia, sebbene finora nessuno vi abbia posto mano.

E, benché non esistano studi ufficiali esaustivi sull’argomento, viene spontaneo chiedersi se l’aumento dei divari socioeconomici a livello territoriale tra Nord e Sud sia da attribuire all’attuale assurdo meccanismo di ripartizione della finanza pubblica a livello territoriale, anziché alla solita, stancante tesi del Mezzogiorno vagabondo e inefficiente. Ad uno studio più attento si scoprirebbe che l’attuale meccanismo di ripartizione della spesa pubblica è completamente aleatorio: il calcolo dei “residui fiscali” (ossia la differenza tra entrate e spesa primaria) non è oggettivo ma dipende dalla metodologia adottata, che peraltro differisce nelle rilevazioni di Banca d‘Italia o della Ragioneria Generale dello Stato oppure Istat ecc. Inoltre, il “residuo fiscale” è oggetto di contrattazione politica in seno alla Conferenza Stato-Regioni, e ciò toglie non solo ogni credibilità a tale parametro decisionale, che non è indipendente, ma solleva legittime perplessità sul peso politico della rappresentanza calabrese nei tavoli nazionali.

Il passaggio all’autonomia differenziata cancellerebbe di colpo queste storture, e consentirebbe alla Calabria di usufruire sul proprio territorio di risorse finanziarie che oggi finiscono fuori regione per finanziare la spesa altrui.

A ben vedere, l’autonomia differenziata non contrappone il Nord al Sud, ma aggiunge trasparenza al meccanismo di ripartizione della spesa pubblica (tramite cui garantire i diritti costituzionali), e riequilibra la distribuzione di risorse tra regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale attraverso il superamento della c.d. “spesa storica” e la contemporanea definizione di Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), che lo Stato si impegna a finanziare interamente.

Per questo motivo, la definizione di livelli essenziali di spesa comporterebbe molto probabilmente un aumento (!) delle risorse finanziarie a favore del Meridione, e non invece una sua diminuzione, come invece in molti vanno sostenendo. Un esempio aiuterà a capirci: il numero di asili nido sono stati inclusi nei Lep nella misura del 33% di posti da garantire per i bambini sotto i tre anni entro il 2027. Ebbene, dalle rilevazioni condotte (nota 2) nell’anno educativo 2022/2023, risulta che «i posti disponibili nei nidi, nelle sezioni primavera e nei servizi integrativi pubblici e privati hanno raggiunto sul territorio nazionale una copertura pari a 30 posti ogni 100 bambini residenti fra 0 e 2 anni (14,3 posti per 100 bambini sono in servizi a titolarità pubblica)».

Tutte le regioni del Centro-Nord hanno raggiunto o superato il livello minimo di copertura di 33 posti, con la sola eccezione della Provincia Autonoma di Bolzano, mentre nel Mezzogiorno solo la Sardegna si colloca al di sopra di tale parametro con 35,2 posti. Pertanto, la Calabria si trova “costretta” a raggiungere tale obiettivo minimo entro un tempo prestabilito inderogabilmente, e dunque a poter chiedere ulteriori risorse per raggiungere tale obiettivo. Ciò comporta degli indubbi vantaggi inattesi per la nostra regione, poiché da quest’obbligo consegue pure un maggior potere di controllo del bilancio delle PP.AA. da parte dello Stato e dei cittadini, evitando così che le risorse vengano spese in ambiti clientelari o comunque non prioritari.

L’evidente miglioramento della capacità di monitoraggio della spesa pubblica avverrebbe poi salvaguardando gli equilibri di bilancio statale e regionale, come recita la legge 86/2024. Infatti, le stime fatta dalla Banca d’Italia, secondo cui per il finanziamento dei Lep occorrerebbero 100 miliardi di Euro, non comporterebbero l’assunzione di nuovo debito pubblico (col conseguente paventato rischio di collasso dei conti pubblici) ma semplicemente una nuova modalità di ripartizione di risorse finanziarie già esistenti.

Appaiono dunque infondate le critiche mosse alla legge sulla autonomia differenziata, accusata di voler spaccare l’unità nazionale, di creare un “far-west”, oppure uno “Stato arlecchino” o la “secessione dei ricchi”. A dirla tutta, la legge 86/2024 (“c.d. legge Calderoli”) prevede ampi e adeguati meccaanismi di garanzia contro la rottura dell’unità nazionale: si va dal doppio voto a maggioranza assoluta del Parlamento sulla bozza preliminare di intesa Stato-Regioni e poi sul documento finale, alla possibilità di rivedere ogni tre anni i Lep per adeguarli al mutato contesto socioeconomico, al ritiro unilaterale dell’intesa da parte del Governo qualora ci fossero fondati motivi per ritenere a rischio l’unità nazionale.

Sono dunque auspicabili tante occasioni di dibattito pubblico per spiegare ai calabresi i vantaggi reali della autonomia differenziata, al di là di letture ideologiche, semplicistiche o denigratorie del tema, che purtroppo confondono le menti e inquinano il leale confronto tra posizioni differenti. (gp e mo)

[Giuseppe Nucera è fondatore del movimento La Calabria che vogliamo, Matteo Olivieri è economista]

L’OPINIONE / Franz Caruso: Occhiuto aderisca al Referendum contro autonomia

di FRANZ CARUSO – Ancora una volta il direttore della Svimez, Luca Bianchi,  interviene con fermezza sull’Autonomia Differenziata definendola, per come proposta, “ una truffa”. Una definizione che mi trova perfettamente d’accordo in quanto, per dirla in poche parole, non si prevede neanche un euro per attuarla e colmare il divario tra Nord e Sud. Un’operazione, quest’ultima, per la quale servirebbero, sempre secondo fondi Svimez, circa 80 miliardi di euro.

Il governatore del Veneto ha già avanzato richiesta di maggior autonomia nelle nove materie “non lepizzabili” tra cui, rapporti internazionali e con l’Ue della Regione,  commercio con l’estero, Professioni; Protezione civile; Previdenza complementare e integrativa; Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario che, se confermata, penalizzerà certamente il Mezzogiorno ma contestualmente  avvierà alla disfatta l’intero Paese che vedrà ridotta complessivamente la sua competitività. Aprire, infatti, ad egoismi territoriali significa inevitabilmente venire meno alle politiche di integrazione territoriali e produttive che rispondono ad un modello di sviluppo europeo nonché globale.

Tutto ciò, ovviamente a voler tacere del pericolo oggettivo di veder nascere 20 piccole repubblichette ed al venir meno dei dettami  di solidarietà politica, economica e sociale decantati nella nostra Carta Costituzionale. Per cui, ribadendo che tale tema non può rappresentare terreno di scontro politico/ideologico, tanto meno di contrapposizione territoriale, ritengo che il Governatore Roberto Occhiuto deve ora reagire concretamente, passando dalle parole ai fatti.

Nel mentre altre regioni, tra cui Emilia Romagna e Toscana, hanno chiesto il Referendum per l’abrogazione delle scellerata legge leghista, il presidente Occhiuto deve necessariamente fare chiarezza sulla sua posizione politica. Non basta più esprimere dissenso in qualche manifestazione pubblica, seppur apprezzabile. Oggi è il tempo dei fatti. Aderisca Roberto Occhiuto al Referendum, sarò il primo a rendergliene merito. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

SOTTOVALUTARE IL DISAGIO DEL SUD È DA
SUPERFICIALI: STANCHI DEI DIRITTI NEGATI

di PIETRO MASSIMO BUSETTALa mancanza dei diritti fondamentali, dovuti ad un welfare insufficiente, oltre a quello della possibilità di una occupazione adeguata alle skill possedute da ciascuno, costituisce la ragione fondamentale di un processo emigratorio che toglie al Sud ogni possibilità di futuro.

La spesa storica, che sottrae al Mezzogiorno 60 miliardi ogni anno, e porta a una spesa procapite inferiore,  per cui nascere a Sondrio è un privilegio e a Reggio Calabria una disgrazia, porta ad un welfare totalmente differente  tra le due parti. Per cui in una la sanità pubblica é sufficiente nell’altra devi rivolgerti a quella privata e così di seguito per la mobilità, il possesso di un auto é problema di sopravvivenza, o per la formazione scolastica. Peraltro la stretta  sul reddito di cittadinanza ha portato molte famiglie di nuovo nella povertà assoluta, dalla quale lo strumento li aveva affrancati. 

Anche di questi temi si occupa il mio saggio, che viene distribuito in questi giorni nelle librerie e sulle maggiori piattaforme digitali: “la rana bollita”, che completa un ciclo di quattro volumi che inizia con “il coccodrillo si é affogato”, continua con “il lupo e l’agnello”, poi con “la rana scorpione” per completarsi con “la rana bollita”, tutti editi da Rubettino. 

Lo zoo che ho creato in questi ultimi anni ripercorre i luoghi comuni e i mantra più diffusi che hanno caratterizzato il racconto del nostro Sud.  E propone un’interpretazione assolutamente differente rispetto a quella prevalente, che proviene fondamentalmente da chi ha vinto la battaglia economica. Quel Nord bulimico che ritengo abbia avuto in mano il volante del Paese e che ha fallito nel suo primo obiettivo teorico, che era l’unificazione economica dopo quella politica. 

Con questo nuovo lavoro si completa una ricerca che parte nel 2018. E che si compone di quattro saggi.

Nei tre volumi precedenti esploro alcune tematiche con una chiave di lettura personale e stimolante, su alcuni argomenti, ancora di strettissima attualità, riguardanti il Sud. Il primo lavoro è stato Il coccodrillo si è affogato, pubblicato da Rubbettino nel 2018.

In esso si metteva in evidenza come l’esigenza dello sviluppo del Sud non fosse interesse soltanto dei 20 milioni di meridionali, ma una necessità per tutto il Paese. Perché non era pensabile avere dei tassi di crescita consistenti se si lasciava il 33% della popolazione e il 40% del territorio fuori dai processi di sviluppo che attraversano tutta l’Europa.

Il secondo lavoro della quadrilogia, pubblicato nel 2021, sempre dallo stesso Editore, dal titolo Il lupo e l’agnello, rifletteva sull’idea che la colpa del mancato sviluppo del Sud fosse da attribuire allo stesso Sud che, nella vulgata, era stato dissipatore di risorse che i meridionali avevano sprecato con ruberie, sottrazioni, sprechi e incapacità varie.

La metafora della fiaba mette in evidenza come il racconto  fosse praticamente falso e la dimostrazione più evidente il fatto che l’infrastrutturazione, che evidentemente dipendeva dallo Stato centrale, fosse rimasta al palo.

Si parla dell’Alta Velocità Ferroviaria oltre che dell’Autostrada del Sole, che già nella sua concezione si ferma a Napoli, lasciando tutto il Mezzogiorno isolato con la pretesa poi che si sviluppasse.

Con il lavoro più recente, La rana e lo scorpione, Rubbettino 2023, si è cercata la motivazione per la quale non è stata adottata anche dal nostro Paese una politica economica più lungimirante, che hanno invece impostato molti Paesi dell’Unione. In particolare lo ha fatto la Germania e anche la stessa Spagna, tra i Paesi più grandi, ma in realtà tutti quelli che hanno problemi di aree estese a sviluppo ritardato.

La risposta è stata che in realtà un Nord, alcune volte provinciale e bulimico, governato da forze spesso localistiche e miopi, lontane dalle visioni di De Gasperi o di Pasquale Saraceno, abbia imposto politiche molto egoiste. Vedasi cosa ha fatto la Lombardia e lo stesso Veneto, ma non sono state da meno Emilia-Romagna e Toscana, che hanno portato a una distribuzione delle risorse basata sulla spesa storica, che ha sottratto ogni anno al Mezzogiorno oltre 60 miliardi.

In tale  lavoro si faceva anche una riflessione importante e cioè che la problematica non fosse tecnica, che il tema non fosse più quello di trovare come si potesse sviluppare il manifatturiero, il turismo, e la logistica. Ma forse quello di trovare le forze che fossero in grado di imporre al Governo nazionale di andare avanti senza quegli stop and go che hanno portato il Mezzogiorno a essere sempre una realtà statica che, negli ultimi vent’anni, ha aumentato di poche unità i propri addetti, compresi i sommersi.

Guardare i dati dell’occupazione complessiva ci fa capire quale dramma abbia vissuto questa parte del Paese, nella quale lavora una persona su quattro, che ha bisogno di milioni di posti di lavoro nuovi, e che invece al massimo per qualche mese è stata destinataria di risorse assistenziali come il reddito di cittadinanza.

Ma il progetto politico che portasse ad avere voce è stato interpretato in tanti modi e disperso in mille rivoli, per cui non è riuscito a formare una forza parlamentare adeguata a imporre al Paese una linea che non fosse frammentaria e discontinua.

Con questo nuovo lavoro ci si pone la domanda seguente: come mai una Comunità che è stata maltrattata per anni da un Paese rivelatosi ostile, che ha impostato un progetto di sviluppo che si realizza con le migrazioni di oltre 100.000 tra giovani e adulti ogni anno verso il Nord, verso l’Europa e anche verso i Paesi d’oltremare, non si ribella? Visto che ha a disposizione la possibilità di votare periodicamente e manifestare il suo dissenso e la sua opposizione.

Come mai la mancanza di infrastrutturazione, che prevede che la stessa distanza possa essere percorsa in ferrovia in una parte d’Italia in un’ora e in un’altra in tre, non fa scattare reazioni?

E perché subisce una sanità che costringe quelli che se lo possono consentire, nei casi più delicati, a prendere un aereo per poter avere un servizio di eccellenza e gli altri spesso a subire trattamenti inadeguati? E un processo formativo mancante di asili nido, di lotta alla dispersione scolastica, di tempo pieno, non fa reagire pesantemente? E infine l’ultimo schiaffo in pieno viso, quell’autonomia differenziata le cui conseguenze saranno devastanti.

E il rosario dei diritti di cittadinanza negati potrebbe continuare senza soluzione di continuità tanto da far dire ad alcuni che questa parte del Paese è utilizzata come se fosse una colonia.

Su questo tema ci si intrattiene con  l’obiettivo di capire le dinamiche, svegliare le coscienze ed evitare che la conclusione di tali differenze di sviluppo e le ingiustizie subite portino a una rabbia diffusa che sfoci in una richiesta di separazione, già molto sentita da una parte non marginale della popolazione. Probabilmente l’abitudine a vivere in una realtà degradata progressivamente ha portato a non reagire. Mentre l’individualismo, tipico delle realtà meno sviluppate, ha portato a cercare soluzioni personali piuttosto che ad azioni di ribellioni collettive, mediante l’indirizzamento del consenso o anche con mai augurabili azioni violente. Ma nulla è per sempre e forse sottovalutare il disagio del Sud è da superficiali. Completa il lavoro la prefazione del direttore dello Svimez, Luca Bianchi, la postfazione che viene riproposta a fianco di Giuseppe Savagnone e tre commenti di Francesco Saverio Coppola, di Nino Foti e di Nino Germaná(pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

CON L’AUTONOMIA IN CALABRIA SI RISCHIA
STOP ALL’EXPORT: È UN SETTORE CRUCIALE

di MASSIMO CLAUSI – La frenata decisiva all’applicazione dell’autonomia differenziata, Antonio Tajani l’ha impressa quando si è reso conto che fra le materie che potevano essere trasferite subito alle Regioni c’era il commercio estero, di sua stretta competenza. È stato allora che il segretario nazionale di Forza Italia, nonché ministro degli Esteri e vicepremier, ha intimato l’altolà.

«Bisogna vigilare affinché l’Autonomia differenziata venga ben applicata – ha detto –. Anche oggi se ne parlerà in Consiglio dei ministri, io ribadirò che, per quanto riguarda il commercio estero, c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato».

Non sappiamo bene cosa vuol dire “vigilare” visto che la legge è chiarissima. Il commercio estero è fra le materie non soggette all’individuazione dei Lep, quindi le regioni potrebbero chiedere immediatamente il trasferimento di funzioni e al massimo il ministro degli Esteri potrebbe fare solo melina per ritardare il trasferimento. Di più non potrebbe fare a norma di legge.

La questione non è di poco conto perché l’export rappresenta per l’Italia, come ha detto lo stesso Tajani, il 40% del nostro Pil. Il problema è che Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni che, quantomeno in valore assoluto, contribuiscono maggiormente all’export nazionale. Cumulativamente le tre regioni sopra citate nel 2022 hanno realizzato il 53,5 per cento delle esportazioni italiane per un volume d’affari prossimo ai 329 miliardi di euro. Se queste regioni dovessero gestire in autonomia l’export e i suoi proventi, facendo un po’ i conti della serva, il Pil del Paese potrebbe avere una contrazione del 20% circa.

Ma cosa succederebbe alla Calabria? Certamente una brusca frenata all’impennata che sta conoscendo in questi anni nell’export. Il dato assoluto è tutto fuorché positivo. Siamo la regione che pesa di meno sull’export del Paese. In valore assoluto rappresentiamo uno scarso 1%. C’è da dire però che negli ultimi anni le nostre esportazioni stanno crescendo. Il valore totale è passato infatti, secondo i calcoli della Sace, da 411,42 milioni del 2020 agli 879,38 del 2023.Quindi un raddoppio in pochi anni.

Come prevedibile la parte del leone la fanno i prodotti agroalimentari che rappresentano il 33% delle merci esportate per un controvalore nel 2023 pari ad oltre 220 milioni. Seguono i prodotti chimici (26%), tessile e abbigliamento (9%); meccanica strumentale (9%) e a seguire il resto. I principali Paesi verso cui esportiamo sono, per quanto riguarda l’Europa, Germania, Francia e Repubblica Ceca. Extra Ue invece esportiamo soprattutto in Usa, Inghilterra e, a sorpresa, in Iraq (4%). La provincia più dinamica in questo settore è quella di Reggio Calabria che rappresenta il 48% delle nostre esportazioni, seguono Catanzaro (21%); Cosenza (17%); Crotone (8%) e Vibo (6%). Abbiamo messo in fila questi numeri per dire che la Calabria in questi anni ha dimostrato una sua vitalità sull’export. Una spinta che ha, o dovrebbe avere, il suo centro propulsivo in una infrastruttura strategica come il porto di Gioia Tauro. Il problema è che questa vitalità rischia una brusca frenata con l’autonomia differenziata.

I principali fattori di crescita dell’export non risiedono tanto nella qualità dei prodotti, che comunque è importante, ma in due fattori che sonole strutture e il capitale relazionale. Se ogni regione dovesse fare da sé verrebbero meno strutture importanti come ad esempio l’Ice (Istituto per il commercio estero) che aiuta le imprese ad entrare nei mercati come quello statunitense che ha regole sui prodotti agroalimentari molto particolari e molto rigide. Ma anche le varie Camere di commercio estere non si capisce bene che fine faranno. E per assurdo anche la Farnesina verrebbe in parte svuotata del suo ruolo. Come farebbe la Calabria con i pochi mezzi economici che gli derivano dall’export ad arrivare sui mercati esteri? È illusorio pensare che basti partecipare a qualche fiera internazionale.

Infine c’è quello che abbiamo definito il capitale relazionale ovvero i contatti con i buyer interessati al Made in Italy. Su questo ci sono strutture e persone specializzate che favoriscono la domanda e l’offerta. Persone che ovviamente in caso di autonomia differenziata si orienterebbero sulle regioni più forti e con margini di guadagno maggiori. Insomma Tajani se n’è accorto un po’ tardi ma l’autonomia differenziata sarebbe nociva per le regioni più deboli e per tutto il Paese. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

L’OPINIONE / Pasquale Amato: Tre ragioni per dire no all’autonomia

di PASQUALE AMATOHo firmato con assoluta convinzione per il Referendum contro l’Autonomia Differenziata spinto da tre ragioni che ritengo fondamentali: Per impedire che, mediante la “spesa storica”, si renda immodificabile il divario Nord-Sud dell’Italia, vanificando qualsiasi futuro tentativo di rompere la spirale perversa creatasi dopo il 1861 e mai risolta. Si condannerebbe il Sud all’eterna condizione di area marginale, alimentando spinte separatiste che porterebbero alla fine della Repubblica italiana.

Per bloccare l’ipotesi nefasta delle venti repubblichette che renderebbero ancora più evanescente il peso dell’Italia nell’ambito della politica europea. Ambito in cui già sta perdendo terreno nella competizione permanente con gli altri Stati, poco disponibili a privarsi di pezzi di sovranità.

Per non indebolire il cammino già tortuoso dell’Unione Europea. Obiettivo sempre più indispensabile nella società globale in cui dominano gli Stati di grandi dimensioni. Uno scenario in cui l’Europa si muove come un gigante dai piedi di argilla per effetto dell’azione frenante dei sovranismi. Un’Italia ridotta a 20 repubblichette, oltre a un disastroso regresso interno che coinvolgerebbe anche le regioni più ricche, contribuirebbe ad affossare definitivamente la costruzione del sogno di Ventotene degli Stati Uniti d’Europa. (pa)
[Pasquale Amato è storico]

Occhiuto: Senza finanziamento Lep stop a tutte le intese su autonomia

«Prima definiamo e finanziamo i Lep e poi facciamo le intese su tutto, sulle materie Lep e su quelle non Lep». È quanto ha ribadito il presidente della Regione, RobertoOcchiuto, nel corso del dibattito sull’autonomia differenziata organizzato con alcuni governatori alla festa delle Cgil Basilicata, in corso a Matera, ricordando che aveva chiesto al Governo una moratoria».

Occhiuto, ricordando che «la legge dice che è possibile fare intese solo dopo la definizione dei Lep, ma ci sono nove materie non ‘lepizzabili’ sulle quali si potrebbe invece procedere subito. Io ho chiesto di fermarci e di aspettare. Ho fatto un esempio, poi ripreso dal mio segretario Antonio Tajani, relativo al commercio estero. Cosa succede agli agricoltori o ai produttori di vino calabresi o campani se cinque Regioni si rendono autonome sul commercio estero? Nessuno lo sa. Allora serve prima una valutazione d’impatto. Qualcuno dice che queste nove sono materie minori. E allora perché dobbiamo fare le intese?».

«Per un governatore di centrodestra – ha detto – aprire una discussione all’interno della sua coalizione su un tema cosi importante come l’autonomia differenziata certamente non è conveniente. Il testo originario di Calderoli non prevedeva la possibilità di differire le intese sino alla definizione dei Lep, quelle sono modifiche che ho fatto introdurre dai parlamentari e dai ministri di Forza Italia, e questo lo rivendico come un merito».

«La legge Calderoli era e rimane una legge che ha due vagoni – ha sottolineato – l’autonomia differenziata, che è una possibilità offerta dalla Costituzione; e i diritti sociali e civili da garantire allo stesso modo in tutto il Paese, questo secondo è un obbligo. Non ho mai cambiato opinione, sin dalla prima Conferenza delle Regioni che ha discusso questo tema: se attraverso la legge Calderoli si ottiene il superamento della spesa storica questo è un grande risultato per il Mezzogiorno».

«Al momento, però, è arrivato in stazione solo il vagone dell’autonomia differenziata. Per la definizione e il finanziamento dei Lep siamo ancora a caro amico. Ma nelle ultime settimane, grazie al dibattito che si è aperto anche nel centrodestra, è cambiato il mood nella coalizione e soprattutto all’interno del mio partito in merito all’autonomia differenziata», ha detto Occhiuto, ricordando che «non tempo l’autonomia: vorrei però evitare, e lo dico alla mia coalizione, di dare una bandierina che non risolve i problemi degli italiani né al Sud né al Nord».

«Questa autonomia differenziata sarà contestata anche al Nord– ha concluso – perché il testo Calderoli non prevede il residuo fiscale, e presto se ne accorgeranno anche i cittadini del Nord». (rrm)

L’OPINIONE / Giuseppe Falcomatà: Autonomia norma fascista che mina la democrazia, i diritti e l’uguaglianza tra le persone

di GIUSEPPE FALCOMATÀ – L’autonomia differenziata è una norma fascista come ogni legge che mina la democrazia, i diritti e l’uguaglianza fra le persone. Le cose vanno chiamate col loro nome e dobbiamo continuare a costruire un’alternativa di programma e di colazione ai governi di destra della Regione e del Paese.

È un accordo fra partiti giocato sulla pelle dell’Italia e sul futuro dei cittadini. Su queste cose tiene il Governo e non possiamo accettare che il Presidente della Regione Calabria, dopo aver votato sì all’autonomia differenziata in Conferenza Stato-Regioni, esprima dubbi a legge ormai approvata. Se aveva perplessità poteva e doveva esprimerla nella sede giusta, svolgendo appieno il ruolo istituzionale di difesa del territorio di cui ha l’onore di essere Presidente. Non l’ha fatto. Anzi, si è tirato indietro anche di fronte alla possibilità di impugnare la norma insieme ad altri Presidente di Regione. Non credo che i calabresi possano continuare a farsi prendere in giro. La Regione Calabria ha tanti problemi che il regionalismo differenziato aquirà.

Non può passare inosservato che dentro lo stesso partito ci sia chi esce pavidamente dall’aula per non opporsi ai diktat di fazione oppure, in Senato, che il relatore della legge sia stato un parlamentare calabrese celebrato dallo sventolio di bandiere di chi, a Pontida, invoca la secessione. Su queste basi si fonda questo Governo: lo scambio delle riforme. Stanno insieme così. Nel frattempo, però, in Calabria continuiamo a faticare e a morire, a dover capire in che direzione va il nostro Paese e se è la stessa che ci chiede l’Unione Europea. Perché se l’Ue ci da i finanziamenti per fare gli asili nido, il Governo italiano non li distribuisce per gestirli. Questa è l’autonomia differenziata: affonda le unghie nella carne viva delle famiglie. Oggi la certezza è che ci sia un difetto di nascita, una discriminazione rispetto alle possibilità di chi nasce qui e chi altrove.

Abbiamo registrato l’ennesima aggressione a personale medico e paramedico del Gom. Questo avviene non solo perché nei nostri ospedali esistono problemi di sicurezza, ma per i limiti dell’organizzazione dell’offerta e delle infrastrutture della rete ospedaliera sul territorio metropolitano. Perché, se sono stati sottratti i fondi del Pnrr per l’ospedale di Locri o il nosocomio della Piana, è del tutto evidente che ogni cosa debba essere gestita dal Gom impossibilitato ad impattare una domanda così forte. Ma, invece, si fanno contratti a 6 e 3 mesi, concorsi ai quali non partecipa nessuno, nonostante siano tanti i medici e gli infermieri che vorrebbero ritornare a costruire un futuro nella loro terra che sia stabile, sicuro e non provvisorio. Sono temi che la Regione, titolare esclusiva della materia sanitaria, non può continuare ad eludere, ancor più se la figura del Governatore coincide con quella del commissario straordinari.

Assistiamo a tutto questo mentre siamo costretti a registrare l’estate peggiore per le coste calabresi con i depuratori che non funzionano, con la gestione centralizzata e l’erogazione dell’idrico fortemente voluta dalla Regione che ha portato numerose crisi nei territori ed i sindaci bersagliati dalla popolazione, con gli incendi dei nostri boschi rispetto a quali non si è fatto nulla. Però, per qualcuno, la buona notizia è che, forse, Uber arriverà anche in Calabria. Ecco, attraverso la battaglia sull’autonomia differenziata, dobbiamo iniziare a costruire un percorso di alternativa a questo governo regionale di influencer e lo dobbiamo fare sui temi, portando all’attenzione dell’opinione pubblica le inefficienze ed i problemi non risolti da chi, a gennaio, sarà al quinto anno di governo della Regione, un centrodestra che è stato alla guida della Calabria per 22 degli ultimi 30 anni. Non crediamo alla favoletta che è da poco che governano.

Questa è la battaglia sulla quale ci dobbiamo concentrare anche in vista del prossimo referendum e della realizzazione di una forza e di un programma politico alternativo, come coalizione, al centrodestra regionale e nazionale. (gf)

[Giuseppe Falcomatà è sindaco di Reggio Calabria]

L’OPINIONE / Franz Caruso: Con attacco ai Vescovi e a mons. Savino la Lega ha superato ogni limite

di FRANZ CARUSO – Con l’attacco frontale ai Vescovi e al Vice Presidente della Conferenza Episcopale, Mons.Francesco Savino, la Lega ha superato ogni limite e scriteriatamente i suoi esponenti, a cominciare dal Vice Premier Matteo Salvini, hanno indirizzato i loro strali e le loro invettive senza controllo nei confronti di chi ha avuto il coraggio di dire la verità su quanto perniciosa sia l’autonomia differenziata per tutto il Paese e per il futuro del Sud e della Calabria.

È dall’inizio di questa amara vicenda che va sotto il nome di autonomia differenziata che siamo impegnati senza tregua a difendere l’unità del Paese da un pericoloso attacco che mina alle fondamenta anche lo sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria. Ed è sin dall’inizio che abbiamo, con grande favore e apprezzamento, constatato la comunanza di posizioni tra quel che andiamo sostenendo e quel che la Cei ha, attraverso Mons.Savino, reso pubblico ancora una volta.

L’autonomia differenziata – non ci stancheremo mai di ripeterlo – è fortemente divisiva perché produrrà una sconsiderata frammentazione in 20 piccole repubbliche generando una inaccettabile discriminazione territoriale e creando, come saggiamente rilevato da Mons. Savino, due Italie, “una prospera e l’altra abbandonata a se stessa”. Bene ha fatto il Vice Presidente della Cei a parlare, a proposito della riforma Calderoli, di “pericolo mortale” e del rischio di acuire il divario già esistente tra Nord e Sud che potrebbe dar luogo ad un vero e proprio “far west” tra le regioni più povere di risorse.

Ecco che  è arrivato il momento di reagire con forza alle spinte secessioniste in atto nel Paese e che vanno in tutti i modi allontanate. Non saranno certamente gli attacchi della Lega alla Ceia farci indietreggiare. Siamo al fianco della Cei e di Mons.Savino, che la rappresenta egregiamente, e non tollereremo altre esternazioni che reputiamo alquanto ingenerose e che hanno il solo scopo di nascondere la polvere sotto il tappeto, ammantando di populismo e demagogia una deriva che la Lega ha abbracciato da tempo e dalla quale fa, ormai, molta fatica ad uscire. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

L’OPINIONE / Santo Gioffrè: Il predicatore e il trafficante di manoscritti

di SANTO GIOFFRÈ – Ieri sono accaduti 2 fatti devastanti per la Calabria e la sua tenuta come entità Etnica, mentre la gente vaga, ubriacata dagli ultimi fuochi d’artificio e feste vinicole. Ieri è uscita una violenta nota della Cei, per bocca di Mons. Savino contro l’autonomia differenziata che sarà la «morte per le Regioni Meridionali…».

A queste decise dichiarazioni rispondono in due; ladri di manoscritti e maestri di porcellum. Zaia, che vuole la moglie piena e il marito ubriaco e il miracolato di Sant’Antonio di Padova, Santo arruolato, da sempre, dai Controrivoluzionari. E che dice l’inventore di porcellum? Ma come, io la legge l’ho fatta recependo, tutte, le osservazioni del Governatore Roberto Occhiuto e, ora, mi dite che il suddetto mio porcellum porterà alla morte del Sud? Mettetevi d’accordo… Già, mettetevi d’accordo!

Allora, se è così, forse, il potente Governatore delle Calabrie Citra, Ultra I e II, deve spiegarci se sa cosa comporterà per la Calabria, tra le altre bestialità, aver dato via libera a Calderoli d’inserire funzioni non Lep che fanno parte di “materie Lep” (ad esempio contrattazione integrativa e retribuzione nel campo della scuola e sanità) dentro la Legge sull’Autonomia Differenziata, per il futuro delle miserie della Calabria. Forse è sfuggita la cosa. Non solo non avremo, più, Sanità pubblica, ma si tornerà ai Maestri di strada alla Zanotti Bianchi per trovare qualcuno che sappia scrivere qualche Sms, come facevano i Preti ai tempi degli Immigrati Italiani in Brasile subito dopo l’Unità d’Italia: cornuti, derubati e bastonati! (sg)

Irto (PD): Ragioni esposte da Savino vanno raccolte per garantire al Mezzogiorno parità di diritti e servizi

Il senatore del Pd, Nicola Irto, ha evidenziato come «le ragioni di eguaglianza e solidarietà esposte ancora una volta da monsignor Savino devono essere raccolte per fermare l’autonomia differenziata, per invertire la rotta: per annullare, con onestà intellettuale, coscienza e responsabilità politica, i gravi squilibri territoriali; per garantire parità di diritti e servizi al Mezzogiorno d’Italia».

«L’allarme sull’autonomia differenziata lanciato da monsignor Savino non è nuovo», ha ricordato Irto, sottolineando come «da tempo  il vicepresidente della Cei parla dei pericoli della riforma Calderoli, che in una recente intervista ha bollato come “far west”. È un errore clamoroso della Lega e del governo Meloni entrare a gamba tesa nelle posizioni autonome della Cei».

«Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, altera la realtà e non dice parole di verità – ha concluso il senatore dem –. Zaia sa benissimo, infatti, al netto della propaganda cui è abituato, che l’autonomia differenziata va ad aumentare i divari territoriali, a creare diseguaglianze estreme tra le aree del Paese, difficilmente sanabili. Sul tema dell’eguaglianza tra i cittadini, che sono anzitutto persone, non si può giocare né scherzare».