di DOMENICO MAZZA – Il periodo immediatamente successivo al secondo dopoguerra ha rappresentato per le Città di Crotone e Taranto il fiorire dell’industria petrolchimica e siderurgica pesante. Tale impostazione economica ha generato un grave lascito di scorie e rifiuti industriali che hanno impattato per larga parte l’Arco Jonico calabro-appulo-lucano. Le aree a nord di Crotone, i siti di Cassano Jonio e Cerchiara di Calabria, la Val D’Agri, nonché considerevoli porzioni dei quartieri di Taranto prospicienti l’area industriale risultano oggi contaminati e sono stati inseriti nella geografia SIN (Siti d’interesse nazionale) da bonificare.
Ad oggi, purtroppo, nessuno o al massimo impercettibili interventi sono stati portati a compimento. Quanto descritto, nonostante giacciano ancora inutilizzati ingenti investimenti dedicati alla bonifica delle aree di stoccaggio. E, malgrado l’insorgenza e l’incremento delle malattie neoplastiche nei contesti urbani posti a ridosso delle aree soggette a contaminazione, la politica non ha ancora posto soluzione ad una condizione che sta arrivando ad un punto di non ritorno.
Utile, ma non bastevole, la recente interrogazione parlamentare sottoposta ai Ministri della salute e dell’ambiente a seguito del “Progetto Sentieri”. Relativo — quest’ultimo — all’analisi della mortalità e al tasso d’ospedalizzazione delle aree antropizzate prossime ai siti SIN. Progetto — il su richiamato — che ci restituisce un quadro allarmante.
Sarebbe necessario, invero, coinvolgere tutti i Gruppi di pressione, tutte le casacche politiche, le Istituzioni comunali, provinciali e regionali (Comune di Taranto, Crotone, Cassano J, Cerchiara, Pisticci, Province di TA, MT, CS, KR, Regione Puglia, Basilicata e Calabria) per avviare una corcertazione unanime che sfoci in una vera e propria vertenza jonica. Finalizzata — la sopranindicata — alla risoluzione, sic e simpliciter, della problematica.
Non ha senso continuare con promesse che, puntualmente, rimangono disattese. È giunta l’ora di muoversi e di farlo coralmente. Non possiamo più permettere che una fra le aree a più alta vocazione turistica dell’intero Paese e, altresì, altamente popolata (tra la provincia di Taranto, il Metapontino, l’area jonica cosentina e il Crotonese vivono circa 1Ml d’abitanti) resti sfregiata e violentata dal lascito di oltre 50 anni d’industria pesante. Oltretutto, ne va della salute dei cittadini che — come già rimarcato — inermi assistono all’incremento di neoplasie tumorali ed altre patologie degenerative, quando domiciliati in quei contesti posti in prossimità dei siti inquinati.
La rimodulazione che il Governo centrale sta operando sui fondi PNRR, così come l’adozione della ZES (Zona economica speciale) unica per tutto il Mezzogiorno d’Italia, potrebbero rappresentare la chiave di svolta per debellare il problema alla radice e scrivere una nuova pagina green così come raccomandato dai dettami europei.
Tuttavia, eventuali operazioni in tal senso non dovranno essere ricondotte al semplicistico concetto di tombatura dei siti. Piuttosto, a fianco operazioni di bonifica permanente andranno effettuate operazioni rigenerative delle aree compromesse. Quanto detto al fine di creare i presupposti per nuove attività a basso impatto che possano rappresentare il ragionevole tasso d’interesse per l’imprenditoria e, al contempo, la condizione ideale per generare incremento dell’offerta di lavoro. Trasformando, quindi, un problema in opportunità e partorendo progettualità finalizzate ad una rinnovata visione industriale che segua le raccomandazioni della green economy.
Agiamo adesso e facciamolo alla svelta. Domani potrebbe essere già troppo tardi. (dma)
(Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia)